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Autore: ciccina_chan    28/01/2015    3 recensioni
AKANE: l'avevo giurato a me stessa, basta relazioni. Eppure con lui era stato impossibile fermarsi: come puoi opporti a un uragano d'estate?
RANMA: non conoscevo una ragazza decente. Lo giuro, non so perché, ho avevano problemi psicologici o idee strane. Ero una calamita per stranezze. Ma poi era arrivata lei, e mi aveva affascinato, conquistato, distrutto. Mi aveva ucciso, totalmente. La cosa più meravigliosa e disastrata della mia vita.
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~RANMA

“Toglimi ‘sta maschera
Fallo con le tue mani
Poi guardami dentro agli occhi
E dimmi se te lo aspettavi”
- Mostro & Low Low

Il mattino seguente ero rimasto più del dovuto nel mio letto.
Sentivo ancora l’imbarazzo del giorno precedente frullarmi nello stomaco. Cosa mi era venuto in mente?
Ero stato uno sbruffone, ma in quel momento la vista del suo corpo mi aveva mandato totalmente in confusione.
La pelle leggermente arrossata, le gocce d’acqua intrappolate tra i suoi capelli.
Avevo mentito e non riuscivo a capirne il perché. Era bella, molto.
Avevo visto ben poche ragazze meglio di lei. Anche se meglio forse “meglio” non era il termine giusto. Sarebbe stato difficile essere meglio di così.

< Ranma, figlio scansafatiche! Cosa ci fai ancora a letto? Alzati! > mio padre che urlava. Quanto era irritante quell’uomo.
Non mi ero degnato di rispondere, solo per avere la piccola soddisfazione di immaginare l’espressione di disappunto che avrebbe preso posto sul suo viso. Insomma, le piccole ripicche dei figli.

Una volta in sala da pranzo, in boxer e canottiera come mio solito, avevo visto tutti riuniti intorno al tavolo a fare colazione. Tutti tranne la piccola mora.
Avevo quindi iniziato a immaginarmi scene, milioni di film mentali, nella quale lei non si era presentata a causa di ciò che era successo la sera prima, pensieri che mi portarono a lanciare frequenti e rapide occhiate verso la porta.
< Hei Ranma… Akane arriva tra poco. Al mattino, da fissata com’è, va sempre a correre. Ora che ci penso, l’ha sempre fatto da quando ha iniziato il liceo… comunque non dovrebbe metterci molto > aveva detto Nabiki con un sorriso sornione
< E – E quindi? Perché dovrebbe interessarmi? > avevo ribattuto, arrossendo all’istante. Ma cosa stavo dicendo? Ranma Saotome non arrossiva, prendeva solo colore a causa del calore esterno. Si, sicuramente era così.

< Eccomi > un’Akane in divisa era entrata nella stanza sorridendo a mo’ di scusa
< Sorellina, Ranma temeva ti fossi persa > ancora Nabiki, con il suo tono malizioso
< Ma così? > stavo per ribattere, subito interrotto dalla ragazza piuttosto scocciata
< Dubito che a Ranma interessi. Insomma, lui ha…vedute migliori. Giusto? > il suo sguardo mi fece saltare i nervi, uno a uno.
< Ah certamente > io.
< Ottimo > aveva detto lei, per poi dedicarsi al suo riso.
Merda, lo avevo fatto ancora. Avevo reagito d’istinto, senza pensare a quanto potessi essere antipatico.

E lei odiava questa cosa, profondamente. In seguito avrei quindi cercato di eliminarla, di riflettere, nonostante fosse una cosa pressoché impossibile, ma lei lo avrebbe apprezzato, definendomi un “idiota che cerca di redimersi”.
Il tragitto verso scuola fu stressante, o perlomeno, lo fu per me.

Akane, appena partiti, si era attaccata al telefono, parlando con un certo Andy, mentre Nabiki scorreva svogliatamente la Home di facebook, con le cuffie nelle orecchie.
Insomma, io mi trovavo lì, costretto a camminare in silenzio. Questo mi portò ad ascoltare la conversazione di Akane. 
Che sia chiaro, non mi importava con chi stesse parlando o di cosa stesse parlando, ero semplicemente annoiato.
< Oh An, si, ci sono ragazzi carini qui > aveva detto, ridendo a qualche battuta dell’altro. Ragazzi carini eh? Ora ero interessato.
“Ah no, quando verrai a trovarmi li vedrai. … Inizio domani. … Okay ce ne sono un paio e sì, con tutti i criteri. … il ragazzo con cui divido la casa? Ah, un idiota “
Questo fu quello che sentii della conversazione prima di notare lo sguardo traverso di Akane. Lì quindi mi voltai, accelerando il passo. Un idiota? Era questo che pensava di me? Bene.

< Ranma! > una voce femminile mi aveva raggiunto alle spalle appena ero entrato a scuola, facendomi voltare: Ukyo Kuonji, la mia più cara amica. Era una bella ragazza e sarebbe piaciuta a chiunque, ma si era fissata a un caso disperato come me.
< Ucchan > avevo risposto con un piccolo sorriso
< Allora? Chi sono le due ragazze con cui sei venuto a scuola? > aveva detto, alzando lo sguardo verso Akane e Nabiki, che stavano entrando in quel momento. Non potei non guardarle e, soprattutto, non potei non notare gli sguardi di gran parte dei ragazzi puntati sulla minore.
< Nessuno > e mi ero voltato spazientito, entrando in classe
< M – Ma come? > aveva riprovato la mora, non ottenendo risposta.
Non sapevo il perché, ma pensare ad Akane in quel momento, tantomeno parlare di lei, mi irritava, e molto. 
In effetti, aveva tutte le motivazioni per definirmi un idiota: ero stato sgarbato, cretino e sbruffone. Insomma, un vero e proprio idiota. Avevo iniziato quindi a pensare a come chiederle scusa, sapendo bene che farlo sarebbe stato impossibile: non sarei mai riuscito a scusarmi con nessuno. Il mio orgoglio smisurato me lo avrebbe impedito

< Blutta vipela togligli le mani di dosso! > un urlo e Shampoo mi si era fiondata contro, allontanando Ukyo con un calcio.
< Ma Shampoo! Tutte le volte la stessa storia! >
< Lasciamii > le nostre urla riempirono la classe, creando il solito baccano.
Tutti si voltarono, osservando la scena incuriositi, come al solito.

Solo Akane, quando era entrata, non ci aveva degnato neanche di uno sguardo.                                                                                                                       
Si era seduta, mettendo i libri sul banco. Pareva chiusa in una bolla di sapone, disinteressata a qualsiasi cosa le stesse intorno.
Si era accorta di noi solo quando aveva notato di avere due pranzi. Allora aveva alzato distratta lo sguardo, posandolo su di me e guardando contrita Shampoo.
< Tu... ehm scusami, devo dargli il pranzo > aveva detto una volta alzata, posandolo sul mio banco, ma Shampoo non si fece sfuggire l’occasione < E pelché avevi il suo planzo? >
< Stamattina li ho presi entrambi > aveva risposto semplicemente, tornando al suo posto. Se c’era una cosa che Shampoo odiava più delle ragazze che mi stavano vicino, era il fatto di essere ignorata, e Akane l’aveva appena fatto, e in grande stile.
< Tu, piccola lagazzina della città, vedi di stale lontana dal mio Lanma >
< Oh, non c’è problema >
< Tu… tu >
< Hai finito? Dovrei ripassare per la prima lezione > aveva cercato di concludere Akane, aprendo un libro e cercando la pagina da leggere.
Pessima mossa.
< Come osi ?! Io… ti sfido! Domani, nello spiazzo del palco, alti malziali miste > aveva urlato la cinesina, chiudendo con uno scatto il libro di Akane.
< Va bene > aveva solo risposto l’altra, per poi riaprire con uno strattone il libro.

Sotto la sua indifferenza, vidi però tanta rabbia, e competizione, la stessa che avevo visto il giorno prima, anche se in misura minore, nei suoi occhi.
E mi fece paura: non sapevo quanto Akane potesse essere forte, ma stava sottovalutando Shampoo. 
La cinesina era la ragazza più forte e abile nelle arti marziali che avessi mai incontrato, e, soprattutto, era molto, molto pericolosa.
Intervenni quindi, per cercare di salvare Akane dalle grinfie di quell’arpia
< Hei ragazze, calmatevi. Non mi sembra il caso di arrivare ad uno scontro >
Shampoo mi guardò invaghita mentre Akane continuò a guardare il suo libro, reagendo con uno svogliato
“E perché?” , totalmente fuori luogo. Non mi era parsa stupida, avrebbe potuto fare due più due.
< Perché esiste la parola >
< Le arti marziali sono un linguaggio che, guarda caso, è un insieme di parole > ancora non mi guardava
< Io intendo parole, vere parole! > avevo alzato la voce, sentendo la mia pazienza svanire
< Ma insomma, mi spieghi cosa vuoi?! > aveva esclamato irritata voltandosi verso di me
< Voglio salvarti il culo! > le avevo urlato a mia volta.
Lei aveva spalancato i grandi occhi, nella quale avevo visto un turbine di emozioni: incertezza, voglia di competere, indignazione. E credo che l’ultima aveva prevalso su tutte le altre, perché mi aveva guardato fredda, liquidandomi con un < Non c’è n’è bisogno. So difendermi da sola, non ho bisogno della tua preoccupazione > tenendo gli occhi fissi nei miei, per sfidarmi a ribattere
< Bene, prendile allora > avevo concluso, ferito. Io cercavo di aiutarla e lei reagiva così. Poteva stare da sola nella sua crisi premestruale.

Non ci eravamo guardati per tutto il giorno e non eravamo tornati a casa insieme.
Non l'avevo vista fino al tardo pomeriggio, mentre stavo uscendo per andare in palestra.                                                              
Era nel giardino, sul retro della casa, con una tuta bianca. Ansimava leggermente, concentrata a colpire un avversario invisibile.
I suoi colpi erano secchi, forti e precisi. Il corpo si muoveva sinuoso, veloce.
I capelli le sfioravano il collo, mentre cercava di sferrare un calcio complicato, avvitandosi su se stessa e scattando rapida.
Lo sguardo concentrato, i muscoli in tensione. Potenza, rabbia e meraviglia in un’unica figura.
Quell’immagine mi sarebbe rimasta impressa a lungo.
Non ero intervenuto, nonostante il mio corpo si sentisse richiamato dal suo elemento.
Ero rimasto fermo, ad osservarla, fino al tramonto, saltando per la prima volta un allenamento.
Ma non mi importava: si capisce com’è fatta una persona dal modo in cui questa combatte.
E io volevo capire come fosse fatta lei, anche se quella scelta mi avrebbe costretto a stare rannicchiato per ore dietro ad uno scomodo muretto.

 

  
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