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Autore: Heaven_Tonight    28/01/2015    14 recensioni
"Un anno.
È passato un anno da quella notte in cui hai trovato Katty nella neve e con lei, Ville.
È passato un anno eppure hai ogni attimo trascorso con loro in quella casa in Finlandia impresso a fuoco nel tuo cuore.
Occuparti di Mara e pensare al fatto che perderai la tua migliore amica, la sorella che non hai mai avuto, ti annienta.
E non hai tempo per pensare a ciò che ti manca, a ciò che hai perso perché pensi a ciò che stai per perdere senza possibilità di appello.
Quante volte sei stata sul punto di cedere e tornare indietro?
Quante volte hai preso tra le mani il cellulare con il dito sospeso sul suo nome in rubrica?
Hai ceduto solo una volta, qualche mese fa, poco prima di Natale."
Missing Moments di "Ikkunaprinsessa". Lou e Ville, ognuno nel suo mondo e nella nuova realtà, ricordano ad un anno di distanza il loro primo incontro.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Ville Valo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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<big><small>Hearts at war</small></big> Missing Moments di "Ikkunaprinsessa" partecipante al contest "Una canzone per musicisti"
indetto dal forum "
Scrittori on the Road".
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La neve scricchiola delicatamente sotto i tuoi passi.
C’è un silenzio ovattato, magico e irreale.
Il mondo ricoperto da quel delicato manto candido sembra più bello, più pulito.
Puro.
Ogni angolo appuntito si arrotonda, gli alberi grigi e spogli assumono un aspetto fiabesco ricoprendosi di miliardi di cristalli di ghiaccio.
Perfetti. Ognuno diverso dall’altro.
Sotto la luce gialla dei lampioni brillano come glitter.
È uno di quei rari momenti in cui sei quasi in pace con te stesso.
Ci siete solo tu e quella soffice distesa immacolata.
E i tuoi pensieri, solitamente stridenti nella tua testa, sembrano adagiarsi mollemente l’uno sull’altro come i fiocchi impalpabili che ti carezzano il viso.
Simili ad ali di farfalla.
Simili allo sfiorare delicato delle sue ciglia.

Ti fermi per qualche istante in mezzo alla strada deserta e lasci che cadano leggeri a baciarti il volto rivolto al cielo.
In una notte come questa esattamente un anno fa, le hai parlato per la prima volta.
In una notte come questa ogni tua certezza è crollata come un castello di carte.
E le hai offerto il fianco lasciando che vedesse la parte di te che tieni nascosta a tutti.

Sei furioso.
La tua rabbia è di quelle che solitamente scoppiano violente come un incendio, radendo al suolo ogni cosa che incontra sul suo cammino, per poi scemare nello stesso modo improvviso.
Non questa volta. Questa volta è una rabbia silenziosa, lenta e costante.
Di quelle che ti consumano pian piano ma inesorabilmente.
È una rabbia composta e discreta ma aggrappata come una sanguisuga alle tue viscere.
Si sta nutrendo di te e delle tue energie togliendo a tutto il resto la giusta visuale.
In passato ti saresti lasciato andare al melodramma assaporando la sofferenza per poi usarla e tirarne fuori una delle tue canzoni capaci di far sospirare e piangere milioni di persone.

Un tempo avresti reagito diversamente.
Avresti pianto forse, ti saresti rintanato nell’oblio dell’alcool per poi tornare tra le braccia confortanti della tua musica.
Avresti fatto quella vita per qualche mese forse.
Ma poi saresti tornato alla tua vita normale.

Hearts at war
drunk on dreams of all that's been lost
now let them bleed
just let them

Questa volta non è così.
Non riesci a trovare le parole giuste per raccontarlo a te stesso, figuriamoci metterlo in musica.
Dai improvvisamente un calcio alla neve rischiando di scivolare.
Soffochi una risatina.
È una fortuna che non ci sia nessuno in giro: avrebbero assistito allo spettacolo di te che tiri calci al nulla e subito dopo brancoli per non cadere a terra.
Ti fermi nuovamente a prendere respiro.
Stai facendo una fatica enorme per non ridere a crepapelle.
Una risata che non è affatto allegra. O liberatoria.
Posi le mani sulle ginocchia tirando dei lunghi respiri, inalando l’aria gelida.
Porti un po’ di refrigerio alla tua anima in fiamme, lasci che ti riempia i polmoni e freni la risata isterica che preme per uscire.
«Idiota.»
Sussurri a te stesso.
La tua voce sembra riecheggiare lungo la strada deserta, eppure hai bisbigliato appena.

*Il tempo passa troppo lentamente quando si è infelici.

Run away as far as you can
And hide behind all the promises
but i'll find you 'cause you are of fire
and I'm of rain

Lei era andata via con la primavera.

Le settimane si era susseguite ed erano diventate mesi.
E poi hai smesso di chiamarla.
Sentire la sua voce sottile e dolce arrancare scuse incomprensibili o sentirla trattenere il fiato e le lacrime dopo i tuoi assalti rabbiosi, era diventato troppo.
Eri stato attento a non mostrarti per come invece ti sentivi davvero.
A non mostrarle quella parte di te che non piace a nessuno.
Avresti voluto urlare come un matto e imprecare e convincerla con tutti i mezzi possibili a tua disposizione a tornare da te.
Alla fine hai smesso di metterle pressione e sperato che lei sentisse la tua mancanza tanto quanto tu sentivi la sua.
Ma lei non è tornata.

I mesi hanno portato l’estate e le lunghe notti bianche durante le quali l’insofferenza triplicava.
Hai sempre amato l’estate finlandese, la luce, il caldo e il profumo della natura nel pieno della sua rigogliosità.
Al contrario di quello che sei nell’immaginario dei tuoi fan, non sei soltanto una creatura della notte. Tutta quella luce, l’allegria che aleggiava nell’aria e sui volti di chi incontravi per strada però cozzava troppo con il tuo stato d’animo e avresti voluto soltanto sprofondare nel gelo del buio invernale, come quello che avevi dentro.

L’estate per tua fortuna era durata poco e l’autunno ne aveva preso velocemente il posto.
Avresti dovuto gioirne: significava che presto potevi finalmente rinchiuderti e bofonchiare da solo tutto il tempo.

I colori caldi delle foglie sugli alberi ti hanno ricordato i colore dei capelli e degli occhi di Lou.
Non hai capito cosa ti disturbava finché non ne hai raccolto una dal tuo giardino e hai avuto la visione fugace dei suoi capelli fra le tue dita.
Hai seriamente pensato di dar fuoco a tutto ciò che di vivo era nel raggio di venti metri.
È stato in quel momento che la tua rabbia e frustrazione hanno preso una piega tragicomica.
Sei consapevole di ogni tuo difetto, di ogni tuo limite ma non avevi calcolato il “Fattore Lou”.
Di tutte le donne che hai avuto è l’unica della quale aspetti ancora il ritorno.
La cosa divertente è che non hai mai parlato a nessuno di lei, neanche al tuo migliore amico.

Non vuoi parlarne perché stupidamente vuoi tenerla soltanto per te.
Non vuoi parlarne perché temi che qualcuno ti dica ciò che non vuoi sentirti dire e ammettere a te stesso.
Non vuoi parlarne perché temi di scoprire che lei è stata effettivamente soltanto un fantasma nella tua vita.
Nessuno a parte Nur, Julian e Simone, ha mai saputo nulla di te e Lou.

O almeno era quello che pensavi fino a poche ore prima quando ti sei imbattuto nel tuo vicino di casa.


******


Il sig. Korhonen incespica continuamente sul selciato reso scivoloso dal ghiaccio e corri in suo aiuto, spinto da non sai quale spirito altruistico.
Come avrebbe fatto Lou.
Lui ti guarda stupefatto mentre lo tieni saldamente sottobraccio, aiutandolo ad attraversare i pochi metri fino alla sua porta.
«Non dovrebbe uscire da solo con questo tempo.»
Gracchi con voce rauca nascondendoti dietro i capelli che ti ricadono sugli occhi.
Ti sei sentito messo a nudo sotto quello sguardo azzurro, limpido e diretto.
«Di solito c’è sempre… c’era – si corregge prontamente lui dopo qualche istante – qualcuno ad aiutarmi quando nevica così.»
«Lo so.»

Quelle due sillabe le hai sputate fuori troppo in fretta.
Il sig. Korhonen ti batte la mano nodosa sul braccio.
«Manca anche a lei, eh? – I suoi occhi azzurri tornano a scandagliarti – Immagino le manchi molto più di quanto possa mancare a me. O di quanto sia disposto ad ammettere.»

La risposta acida e glaciale che ti viene su spontanea svanisce subito.
Hai sempre odiato gli impiccioni e ancor di più per qualcosa o qualcuno che non sei disposto a condividere. Poi ti balena l’idea che forse è stata Lou a parlagliene e hai voglia di sentirlo parlare di nuovo di lei.
Davanti alla porta lui ti lascia il braccio trafficando per infilare la chiave nella toppa.
Fremi insofferente davanti alla sua lentezza.

«Vuole che la aiuti?»
La tua voce è rude e secca eppure l’anziano vicino sembra non farci caso.
Anzi, sei quasi sicuro che se la ride sotto i baffi.
«No, ce l’ho fatta. – dice un istante dopo spalancando la porta – Le va di entrare?»
Ti guarda con l’espressione di chi si aspetta una risposta negativa.
Il tepore dell’interno della casa ti attira.

«Perché no?»
Ritrovi a fatica il tuo fascino e la gentilezza in qualche meandro nascosto.
«Grazie Sig. Korhonen.»
L’uomo ti invita ad entrare con un cenno della mano e richiude con un tonfo secco la porta dietro di sé.
«Non sapevo conoscesse il mio nome.»
Stiri le labbra al suo indirizzo in quello che dovrebbe somigliare ad un sorriso.

«Beh, lei vive qui da molto più tempo di me.»
Rispondi evasivo con un risposta senza senso e lo segui all’interno.
Sviare abilmente la domanda implicita: sei un vero campione in questo.
Non sei ancora pronto a pronunciare il nome di lei in sua presenza.
Ti guardi intorno distrattamente focalizzando pian piano ciò che ti circonda.
Sai benissimo chi è in realtà il tuo vicino di casa ma rispetti la privacy altrui allo stesso modo in cui difendi la tua.
La casa è molto più simile alla Torre di quanto ti aspettassi.
Ricolma di quadri, fotografie e libri.
Ricordi di una vita.

Il sig. Korhonen ti sorride comprensivo.
«Dovrebbe farne qualcosa della sua rabbia e frustrazione, sa?»
Il tono è quello che ha tuo padre quando ti fa le ramanzine e questo ti irrita e ti intenerisce allo stesso tempo.
«Già… la smetta di darmi del lei. Mi fa sentire vecchio.»
Ridacchi a disagio.
Lui ride con te e improvvisamente dimostra vent’anni di meno.
«Io lo sono ma puoi darmi del tu ugualmente! Accomodati pure dove vuoi.»

Indica con un gesto le poltrone, quattro in tutto, messe in tondo intorno ad un tavolino basso.
Lo ringrazi in un sussurro.
Lui si siede di fronte, le mani ossute e nodose incrociate sul petto, osservandoti intensamente.
Esattamente come avrebbe fatto tuo padre.
Ricambi lo sguardo allo stesso modo.
Il silenzio è tangibile ma hai smesso di sentirti a disagio.
Non ti senti giudicato, soppesato.
Ti sta guardando come un nonno o un padre guarda il figlio scapestrato bisognoso di una tirata di orecchie, seguita da una pacca sulla spalla e un bicchiere di vodka.
Lui sospira e scuote la testa e ne approfitti per guardare la neve che ricomincia a scendere al rallentatore al di là dei vetri.
Noti che c’è un cavalletto disposto a lato della finestra e ti alzi con uno scatto veloce, curioso di vedere da vicino cosa stia dipingendo e anche perché non riesci più a stare fermo.

C’è solo una bozza appena accennata sulla sinistra della tela rettangolare, qualche pennellata di colore di prova sul bianco dello sfondo della tela ancora nuda.
Blu, viola, cremisi, giallo.
E rame.
Nei capelli abbozzati della figura di donna raccolta su se stessa in basso a sinistra.
Onde quasi indistinguibili danno movimento alla macchia arancio ancora grezza.
Non ha ancora un volto, una forma precisa ma sai con certezza chi sia la donna del quadro.

Tenti dapprima faticosamente di placare la rabbia che ti è montata dentro all’improvviso, poi di frenare il galoppare impazzito del tuo cuore.
La schiena ti fa male per lo sforzo che hai fatto nel reprimere l’impulso di farlo a pezzi.
E ora allo stesso modo senti un dolore sordo da qualche parte lì, al centro del petto.
Non hai idea di quanto tempo sia passato perché hai l’impressione di essere immobile davanti a quel dannato quadro da un’eternità.

Now let them bleed…


«È soltanto una bozza per ora. Non dipingo da così tanto tempo… Non riesco a tenere il pennello fra le mani.»
La voce dolce del sig. Korhonen alle tue spalle ti fa sobbalzare e si spegne non ricevendo una risposta da parte tua.

È ancora una bozza ma la prova tangibile che lei c’è stata è lì, davanti ai tuoi occhi e questo non lo avevi calcolato.
Non oggi.
Cerchi un modo per uscire da quella casa senza dare l’impressione di essere fuori di testa.
Ti giri impettito e ancora una volta ci sono quei chiari occhi azzurri a fissarti, ora con una punta di commiserazione.
Forse non sei così bravo a nasconderti come credi.

«So come ci si sente a perdere qualcuno che si ama. Non devi fingere di esserne immune. Non devi permettere che la rabbia e la delusione soffochino il ricordo che hai di lei.
È lì fuori da qualche parte. Non è svanita nel nulla.»


Stringi così forte le mani a pugno che ti stai facendo male da solo.
E non sei capace di dire nulla senza offendere quel caro vecchietto la cui sola colpa è quella di aver dipinto la donna che amavi.
Che ami.
Ti correggi da solo prima che il tuo orgoglio smisurato te lo impedisca.

Ti limiti a fissare arcigno il tuo vicino di casa.
«Non l’ho persa. Ha scelto di andarsene. Ora devo andare.»
Ringhi con voce rotta al suo indirizzo prima di infilare il primo corridoio che ti trovi davanti aprire la porta e finire nuovamente tra le braccia del bianco e gelido paesaggio.

In quel momento non ti importa molto di dare l’impressione di un ragazzo alle prime armi e alle sue prime delusioni d’amore.
Ne hai avute tante e ci sei abituato.
Non capisci cosa ci sia di diverso stavolta e questo ti fa arrabbiare più di tutto.
Forse perché da una come Lou non te lo aspettavi.
Forse perché presuntuosamente credevi che la piccola, fragile e innamorata Lou non ti avrebbe mai mollato su due piedi senza troppe spiegazioni.
Cammini spedito senza una meta finché ti rendi conto di avere il fiato corto e un velo leggero di sudore sotto il capello.
Rallenti e ti godi la neve.
Hai le scarpe inzuppate e i piedi intirizziti dal freddo ma non sei ancora pronto per tornare a casa.

Alla tua destra c’è l’albero che ha dato riparo a te e Lou.
Lo ignori.
Come ignori i ricordi di quella notte, l’ultima in cui hai fatto l’amore con lei.
L’ultima in cui l’hai tenuta fra le braccia.
Col senno di poi hai capito che Lou sapeva fin da allora che ti avrebbe lasciato.
Era un decisione che aveva già preso.
Il modo in cui aveva fatto l’amore avrebbe dovuto metterti in allarme.
La luce nei suoi occhi era diversa dal solito, come la frenesia nelle mani e sulle labbra.

Ripercorri quegli istanti con la mente soffocando le emozioni che ti balzano addosso.
Odi sentirti vulnerabile.
La neve cade sempre più fitta, non senti più gli arti, non hai ombrello e stai velocemente diventando un pupazzo vivente.
Sarebbe opportuno tornare a casa e infilarsi sotto una doccia bollente.
Senti freddo ma il fuoco che ti arde dentro non accenna a placarsi e tra le quattro mura ti senti soffocare.
Imbocchi lentamente, svogliatamente, la via verso casa.

Pensi al sig. Korhonen.
Sei scappato via senza neanche ringraziarlo. Ti riprometti di chiedergli scusa appena possibile.
Quell’abbozzo di ritratto ha portato a galla soltanto quello che ogni giorno ignori e tenti di minimizzare.
È passato un anno e tu ti senti ancora come il giorno in cui sei tornato a casa e hai trovato solo la coinquilina di Lou, Nur su tutte le furie e Katty, la tua Katty, la “vostra” Katty, persa e mogia.
Quell’abbozzo di ritratto ha di nuovo fatto sanguinare ferite mai rimarginate.
Sai con certezza matematica che tornerai dal sig. Korhonen non soltanto per chiedergli scusa.
Sai che tornerai in quella casa per rivedere Lou.
Anche attraverso un quadro.
Anche se non potrai sentire le sue labbra o l’odore della sua pelle o la setosità dei suoi capelli tra le dita, sul tuo viso.
O il miele nei suoi occhi.

Sei davanti alla tua Torre.
Rifugio e prigione.
Salvezza e tormento.
Sei in gabbia.
E la tua gabbia ha sbarre invisibili.

Spingi il pesante cancello nero e lo richiudi dietro di te.
Ti fermi all’istante ricordando che all’interno oltre la tua bellissima gatta schizzinosa e altera, troverai con tutta probabilità la donna che non ti molla un istante da quando Lou è andata via.
Le sei riconoscente anche se spesso fingi di dormire quando lei ti cerca nel buio della tua stanza.

Le sue mani non sono quelle di Lou.
La labbra non sono le sue.

Sorridi amaramente e ti biasimi.
Sei l’eterno insoddisfatto per eccellenza.
Hai tutto.
Successo, fama, soldi, talento e donne.
Niente è mai abbastanza.
Niente è mai troppo.
Ma il tutto che hai ora non è Lou.

And there's no escaping
What we have brought upon ourselves again
There's no way out baby





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L’immagine riflessa che ti rimanda lo specchio è spietata.
Non hai mai avuto un aspetto più orribile di quello.
Ti passi le dita sotto gli occhi, sulle guance, le labbra e stenti a riconoscere la donna che ti fissa.
È inutile truccarsi: il disastro non puoi nasconderlo sotto il fondotinta o un velo di mascara.
In salotto c’è la piccola Lily di 8 mesi che lancia urla deliziate.
Insieme a Simone fanno un baccano tremendo.
Dovresti andare di là e dirgli di smetterla di far casino così che Mara possa dormire un po’ dopo aver passato una notte in bianco.
E tu con lei.
Sospiri.
Sei così stanca da sentirti atrofizzata.
Quasi non senti più i muscoli e le ossa.
Ci sono milioni di cose da fare e una giornata di 24 ore non sembra bastare.
Occuparsi di Mara non facendole pesare la sua malattia e allo stesso tempo tenere su il morale del marito Karl, badare alla piccola Lily, tenere buona tua madre che continua a chiederti di tornare a casa e cercare di non crollare su te stessa, è sempre più dura.

«Grace, non è tuo compito star qui ogni ora della giornata. Possiamo darci il cambio.»
Simone te lo dice ogni giorno e tu ogni giorno lo ignori.
Come ignori il fatto che abbia ragione.
«Will, non ho niente di meglio da fare. Mi sento utile qui e non voglio tornare a casa, dove mia madre continuerebbe a rimbrottarmi continuamente, peggio di quanto faccia tu.»
È la tua solita risposta.

La verità è che essere indaffarata e non fermarti un secondo ti aiuta a non pensare.
A non pensare a te stessa.
A non pensare a lui.
Quel mattino hai distrattamente guardato la data sul calendario mentre sbadigliavi sul tuo caffè, guardando Mara che dava da mangiare alla piccola Lily.

Un anno.
È passato un anno da quella notte in cui hai trovato Katty nella neve e con lei, Ville.
È passato un anno eppure hai ogni attimo trascorso con loro in quella casa in Finlandia impresso a fuoco nel tuo cuore.
Occuparti di Mara e pensare al fatto che perderai la tua migliore amica, la sorella che non hai mai avuto, ti annienta.
E non hai tempo per pensare a ciò che ti manca, a ciò che hai perso perché pensi a ciò che stai per perdere senza possibilità di appello.

Quante volte sei stata sul punto di cedere e tornare indietro?
Quante volte hai preso tra le mani il cellulare con il dito sospeso sul suo nome in rubrica?
Hai ceduto solo una volta, qualche mese fa, poco prima di Natale.

Spinta da Mara che ti spronava a chiamare Ville ogni volta che le davi la possibilità di introdurre l’argomento, una notte hai ceduto.
Volevi sentire la sua voce, dopo mesi che lui non ti chiamava più.
Ville Valo non corre dietro a nessuna del resto.
Specie a una come te.
Specie se una come te ha tagliato la corda tornando in Italia quando lui non c’era e non poteva fermarti.

Run away as far as you can
And hide behind all the promises…

Volevi solo sentire la sua voce e lo hai chiamato.

E al posto della sua splendida voce roca e sexy, invece c’era la voce di una donna.
Amy, senza dubbio.
Nel cuore della notte chi ti aspettavi che rispondesse?
Del resto lei te lo ha detto chiaramente: c’è sempre stata quando Ville aveva bisogno e lui torna sempre da lei.
Sempre.
Hai avuto la conferma che volevi e anche se non hai più pianto per lui, quella notte qualcosa si è incrinato irrimediabilmente dentro te.
Nur te lo ha sempre detto: «È soltanto un uomo, per nulla diverso dagli altri.»

«Smettila di chiamare: lui non vuole parlare con te.»
Sono state queste le lapidarie parole di Amy e subito dopo ha chiuso la conversazione.
E tu sei rimasta a fissare il suo nome sul display.

Now let them bleed
just let them…

Quando lo hai raccontato a Simone lui ha sbraitato in modo poco elegante con testuali parole: «Scommetto che quella vacca secca legge i suoi messaggi e sequestra il suo cellulare quando lui è svenuto da qualche parte ubriaco perso!»

Le parole di Simone ti hanno fatto l’effetto di uno schiaffo.
Non solo per la presenza di Amy, cosa che avevi già messo in conto, quanto per il pensiero di Ville così vulnerabile e debole.
Ti riesce difficile immaginare l’uomo sicuro di sé, ironico e brillante, senza il suo autocontrollo in balìa di un mostro che non lascia scampo.
Non puoi far nulla per lui.
Ogni scelta comporta delle conseguenze e lo hai accettato.

Ti scuoti lanciandoti uno sguardo di rimprovero allo specchio.
Torni in salotto dove Simone è steso sul tappeto con Lily a saltargli sul petto.
Incroci lo sguardo di Beppe, il suo compagno, che osserva intenerito la scena dal divano.
Ti sorride fulmineo e batte con la mano accanto a sé chiedendoti silenziosamente di sedere.
Se ti siedi crolli svenuta e ci sono troppe cosa da fare e tu non riesci a rilassarti.
Non riesci a star ferma.
Gli occhi nerissimi di Beppe si stringono preoccupati quando gli passi davanti e rifiuti l’invito con un buffetto sulla testa.

Entri in punta di piedi in camera di Mara: vuoi assicurarti che sia tutto a posto e che stia dormendo.
La stanza è semibuia: soltanto la luce del tramonto dorata filtra attraverso le persiane accostate.
Ti rendi conto che non è sola, che Karl è con lei e bisbigliano come due innamorati.
Non ti hanno vista per fortuna e fai per uscire il più in fretta possibile ma non puoi fare a meno di sentire le loro parole d’amore.
Karl è steso accanto a Mara, le accarezza i capelli e il viso e lei sospira debolmente.
Ti ritiri silenziosamente accostando l’uscio.

Una stretta dolorosa ti costringe il petto.
Ti senti come quella volta poco prima che Lily venisse al mondo.
All’epoca non sapevate ancora della malattia di Mara e l’attesa del lieto evento metteva a tutti voi un’energia nuova.
Simone non faceva che parlare di quante cose la bimba avrebbe avuto da imparare, di tutte quelle cose che lui le avrebbe insegnato, fantasticava su una futura stilista e così via.
Inutile fargli notare che era figlia di Mara e Karl e non un suo giocattolino!
Mara ne era divertita e faceva progetti con lui, dandogli corda.

Da poco Karl aveva comprato una piccola casa in riva al mare.
Lui e Mara avevano deciso di allontanarsi dal caos della città per permettere alla piccola Lily ed eventuali futuri fratellini, di poter vivere libera in mezzo alla natura.
La casa bianca posta quasi direttamente sulla spiaggia era un piccolo gioiello di pace e tranquillità e la prima volta che ci avevi messo piede avevi trovato ciò che da mesi cercavi invano in casa dei tuoi.
Non hai esitato ad accettare l’invito di Mara: vi voleva tutti accanto quando finalmente la piccola sarebbe venuta al mondo.
In quei giorni lei ti ha chiesto continuamente di raccontarle cosa fosse successo tra te e Ville, insisteva perché tu tornassi indietro, che la smettessi di aver paura e di goderti la felicità che lei ti vedeva chiaramente in viso nonostante tutto, quando parlavi di lui.

Quel pomeriggio eri entrata in camera di Mara pensando di trovarla sola.
La scena che ti eri trovata davanti è stata una delle più belle e tenere che tu abbia mai visto.
Karl era inginocchiato davanti a lei che aveva la pancia rotonda e prominente scoperta.
La accarezzava e sussurrava frasi in tedesco alla piccola non ancora nata.
Mara gli stringeva i capelli fulvi e folti, strofinandogli la nuca.
Anche allora come poco prima non si erano accorti di te, presi dalla loro personale magia.
Ti senti in colpa ma in fondo al cuore invidi la tua migliore amica per tutto quello che tu non avrai mai: una casa, un amore assoluto e perfetto e una figlia.
Perderanno tutto questo troppo presto.
Sei una persona orribile.

Hai sognato quella scena molte volte in seguito.
Ma i capelli di lui erano mossi e castani e le parole sussurrate erano in finlandese.
La voce era bassa e profonda e roca… e al posto di Mara c’eri tu.

Just let them…

In salotto trovi una scena altrettanto tenera: Simone e la piccola Lily ora silenziosa, con il pollice in bocca in procinto di un sonnellino.
Lui le accarezza i capelli scuri con un sorriso che non gli hai mai visto prima e Beppe stringe la sua mano, accarezzandone piano il dorso con un dito.
Questa volta la stretta si fa più dolorosa.
Giri nuovamente sui tacchi uscendo in veranda.
Ovunque intorno a te c’è amore.
Tranne che per te.
Ridi sottovoce con amarezza.
È stata una tua scelta e ora ne paghi il prezzo.

Have you thought about all the words
that we left unsaid…

Ville è il passato e davanti a te vedi solo la nebbia.
Senti nella tua testa i rimproveri di Simone: «Muovi quel culo e torna da lui. Fa una cosa buona nella tua vita, per una volta!»

Il sole è sempre più basso all’orizzonte.
Hai voglia di muoverti, mettere distanza tra te e tutto l’amore romantico che pervade la casa.
Almeno per qualche minuto.
Scendi fulminea i tre scalini che ci sono tra la casa e il sentiero che porta direttamente alla spiaggia. Cammini spedita stringendoti addosso il maglione di Mara.
Temi quasi che le tue giunture possano mettersi a cigolare come i meccanismi di un robot: sei legnosa, rigida come un pezzo di marmo.

«Rilassati, ‘Prinsessa’…»
Ville te lo ha detto innumerevoli volte, perfino la notte in cui vi siete incontrati.
Sembrava conoscerti meglio di te stessa e capace di tamponare ogni tuo sbalzo d’umore.
Non ti rilassi da un tempo indefinito, ormai.

La brezza marina ti schiaffeggia i capelli sul viso, accecandoti.
È marzo e la primavera non è ancora scoppiata.
Riesci a sentirla però nelle giornate sempre più lunghe, nei raggi del sole sempre più tiepidi.
Quel giorno ad esempio è stato stranamente più caldo degli altri.
Perfino Mara ne ha gioito insistendo per uscire dalla sua stanza e respirare l’aria profumata di salsedine.
Vorresti che i raggi del sole potessero raggiungere quella parte di te che è rimasta congelata nel tempo.

So, after all that we have done
are you feeling cold like the winter sun

In marzo ad Helsinki c’è ancora la neve.

Ti manca infinitamente la neve.
Ti manca Helsinki.
Ti manca casa.
Katty.
Nur.
Il sig. Korhonen.
Il tuo lavoro.
Ti mancano le notti infinite dell’inverno e la luce costante dell’estate.
Ti manca passeggiare nel parco che da dietro casa del sig.K. porta fino alla spiaggetta.
Ti manca…

Hearts at war for a thing called love
And there's no escaping


Blocchi il vagare del tuo cervello prima che torni su pensieri che non ti faranno stare meglio.

Immediatamente fai la lista delle cose da fare.
C’è da cucinare e poi preparare la pappa di Lily, ci sono le camicie di Karl da stirare e la lavatrice da fare, devi chiamare tua madre e rassicurarla che nessuno ti sta tenendo in ostaggio, farti coccolare dai borbottii da orso di tuo padre, impedire a Simone di cambiare l’arredamento della casa come ha minacciato di fare poche ore prima.

E nel frattempo sorridere a tutti.
Sorridere perché tutti possano evitare di fare domande, di guardarti con aria preoccupata o con commiserazione.
Sorridere perché temi che se lasciassi andare a ruota libera quello che veramente senti, potresti iniziare a piangere per non smettere più.

Let them bleed…

Abbassi lo sguardo a fissare le scarpe lambite dalla risacca del mare.
Ne hai rovinato un altro paio.
Chiudi gli occhi respirando l’aria salmastra.
Ti lasci cullare dal moto ritmico del rumore delle onde, fregandotene del fatto che ti stai bagnando i piedi.
Se la schiena non ti facesse male ti piegheresti a toglierti tutto per poter infilare i piedi nudi nell’acqua e nella sabbia.
Il sole è ormai al di là dell’orizzonte e il colore del cielo da arancio sta diventando viola e indaco.
È un vero peccato che tu non riesca a vedere le stelle: c’è troppa foschia.
Forse più tardi quando tutti andranno a dormire, tornerai a passeggiare di nuovo e sarai più fortunata.

Non pensare. Lascia che passi.

…just let them…

«**Grace!»

La voce limpida di Simone ti raggiunge nonostante il rumore delle onde.
Ti giri a metà.
Non hai voglia di tornare dentro.
«Hai intenzione di congelarti lì fuori? Torna qui, abbiamo bisogno di te.»
«Arrivo, Will…»
Don't be afraid
(It would be a shame)

È una bella cosa sapere che qualcuno ha bisogno di te.




*****



Salve a tutti!

Torno a tediarvi con una nuova OS, questa volta song fic, grazie al forum che ha indetto il contest.
In realtà era una cosa che avevo in mente da tanto ma non sapendo in che modo inserirla nella long, una OS è sempre il metodo migliore per avere questi momenti persi.
Ho colto la palla al balzo per portarvi a dopo un anno dal loro primo incontro, la famosa notte che tutti ricordano come "L'arpionamento della villica chiappa", per intenderci.
Per i più romantici, quello in cui hanno trovato la piccola peste nera, Katty. :D
E niente: spero vi possa piacere e mi raccomando: fatemi sapere cosa ne pensate.
Sono qui per questo!
Alla prossima!



*“Il tempo passa troppo velocemente quando si è felici”

Tratto dal Cap. diciassette di Ikkunaprinsessa: “Under a layer of glass”.
Lou e Ville vivono in questo momento in uno stato di grazia perenne, insaziabili l’uno dell’altra.
Mi piaceva l’idea di inserire in qualche modo un pensiero completamente agli antipodi di quello che troviamo nella long.
** Wille&Grace è il modo che hanno Lou e Simone di chiamarsi tra loro, come i protagonisti della famosa sitcom americana.

La song è
HIM - Hearts at War.





PS: Come molte autrici che seguo mi è venuta voglia di aprire un gruppo
Gruppo Facebook dedicato alle discussioni e tutto ciò che ci passa per la testa sulle storie o le OS finora scritte,
dove potremo parlare liberamente, confrontarci come se fossimo in una piccola sala da thè, riservata... da brave signorine composte. ;)


Siete le benvenute.

Alla prossima!
Baci baci,
*H_T*







   
 
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