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Autore: LullabyPotter    29/01/2015    4 recensioni
Il fuoco era alto, e scoppiettava allegramente in mezzo a loro. Avevano mangiato da poco, e ognuno si era messo a fare qualcosa di diverso: Kili intagliava il legno, Fili fumava la pipa, Thorin pensava guardando un punto non meglio precisato. Anche Soraia pensava, ma fissando il fuoco: seguire le fiamme che danzavano la aiutavano a mettere ordine nella sua mente. Soprattutto perché doveva chiedere una cosa a Thorin, e sapeva già che lui sarebbe stato contrario.
Dal Prologo
_Eagle ||
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fili, Kili, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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La Piana dell’Orco

 
Il fuoco era alto, e scoppiettava allegramente in mezzo a loro. Avevano mangiato da poco, e ognuno si era messo a fare qualcosa di diverso: Kili intagliava il legno, Fili fumava la pipa, Thorin pensava guardando un punto non meglio precisato. Anche Soraia pensava, ma fissando il fuoco: seguire le fiamme che danzavano la aiutavano a mettere ordine nella sua mente. Soprattutto perché doveva chiedere una cosa a Thorin, e sapeva già che lui sarebbe stato contrario.
Sospirò. Doveva averlo già fatto diverse volte, perché Thorin, continuando a guardare l’orizzonte scuro, le chiese, col suo usuale tono non propriamente dolce: «Si può sapere che cosa ti prende, questa sera?»
Soraia lo guardò aggrottando la fronte, mentre anche Kili e Fili si voltavano verso di lei. «Cosa intendi dire?»
«Non fai altro che sospirare da quando abbiamo cominciato a cenare.»
Soraia esitò. Non era proprio così che aveva immaginato di cominciare la conversazione. «Sto solo pensando.» disse infine.
«Mh.» fu l’unica risposta.
Soraia incrociò lo sguardo di Kili, che le fece un lieve cenno con la testa. L’umana si morse il labbro e sospirò un’ultima volta. «Zio, devo chiederti una cosa.»
Thorin finalmente si voltò verso di lei, incitandola con lo sguardo a porre la sua domanda.
Soraia esitò ancora un attimo, prima di parlare. «Mi accompagneresti dagli elfi?»
 
Dieci anni prima
 
Bard appoggiò il remo e si sedette accanto a Soraia. «Allora» cominciò. «cosa volevi dirmi?»
Soraia sospirò. «Ho deciso di andarmene da Esgaroth.» disse infine. «Voglio partire.»
Il barcaiolo la guardò attentamente. «Ne sei sicura?»
Lei annuì. «Ne ho bisogno. Voglio cercare le mie origini, capire chi sono e… da dove vengo. E non posso farlo standomene a Esgaroth. Io amo la città e la tua famiglia ma non posso stare ferma qui senza sapere.»
Bard annuì, e sebbene i suoi occhi fossero mesti, le rivolse un sorriso. «Sì. D’accordo.» disse solo. Avevano già fatto tante volte quel discorso, solo che era sempre stato ipotetico. Ora era reale, e Bard non poté dire di non esserselo aspettato. «Va bene. Allora devi avere questo.» si alzò e si avvicinò a un fagotto di tela che Soraia lo aveva visto caricare prima di partire. Glielo porse, e lei gli rivolse uno sguardo perplesso mentre lo apriva. Quando poi scoprì cosa conteneva, il suo volto si illuminò. «Bard! È splendido!»
Era un arco. Semplice, in legno, recava diverse iscrizioni incise. Soraia le riconobbe subito: la ballata che le piaceva tanto, quella su Girion, l’antenato di Bard che cercò di uccidere il drago con le frecce nere. Bard gliel’aveva raccontata spesso quando erano bambini, e sull’arco il barcaiolo aveva inciso anche il finale che lei aveva suggerito la prima volta che l’aveva sentita: Girion colpiva il drago con l’ultima freccia nera rimastagli, prima di essere ucciso dalla creatura stessa che si era poi rintanata, ferita, nella montagna appena conquistata.
All’interno del fagotto, Bard aveva inserito una faretra e una ventina di frecce. «Dicevi sempre che volevi un arco tutto tuo, e così... sono riuscito a recuperare del legno robusto. Ci ho messo un po’, ma...» non finì di parlare. Soraia aveva appoggiato il fagotto accanto a sé, si era alzata e lo aveva abbracciato di slancio.
«Grazie, Bard» sussurrò al barcaiolo, che ricambiò l’abbraccio con un sorriso.
 
ʚ
 
Quando Soraia posò i piedi sull’altra sponda del lago, le sembrò quasi strano. Non era mai stata fuori da Esgaroth, e adesso se ne stava andando. Semplicemente.
Si voltò e guardò Bard. «Grazie. Salutami la tua famiglia.»
«Contaci.»
Si abbracciarono di nuovo. Ogni volta, Bard la prendeva in braccio perché lei era molto più bassa di lui, ed era l’unico modo che aveva per abbracciarla. «Cerca di non sparire. Fatti viva, ogni tanto.»
«Ti invaderò la casa di lettere.»
Risero insieme. Poi, Soraia si mise sulle spalle la faretra, lo zaino che si era portata dietro da Esgaroth, e l’arco. Al fianco aveva già assicurato la spada che aveva rubato all’armeria anni prima, e di cui nessuno si era mai accorto perché era vecchia e piccola, inadatta alle guardie ma perfetta per lei. L’aveva chiamata Orfana.
Salutò ancora una volta Bard e poi cominciò a incamminarsi, e l’umano la osservò andare via finché non sparì alla sua vista.
Soraia decise di seguire il fiume. Nonostante il suo obiettivo fosse trovare gli elfi, aveva scelto la via più lunga: la tentazione di vedere le terre fuori da Esgaroth era troppo forte.
Erano passati sette o otto giorni quando incontrò qualcuno per la prima volta da quando aveva cominciato a viaggiare. Stava camminando tranquilla, bevendo di tanto in tanto dalla sua borraccia, quando sentì rumori di passi. Passi rapidi, di qualcuno che correva. Soraia aveva sempre avuto i sensi più sviluppati rispetto agli umani con cui era cresciuta a Esgaroth, e quindi non faticò a notare i due nani che correvano. Uno moro, con faretra in spalla e arco in mano; l’altro biondo che brandiva una spada nanica.
Subito dopo, dietro di essi comparvero coloro dai quali i due nani stavano scappando: orchi. Brandivano armi di vario tipo e sembravano particolarmente arrabbiati.
Soraia sorrise. Ecco l’occasione perfetta per provare l’arco che Bard le aveva costruito.
Strinse l’impugnatura e incoccò. Rimase in trazione per un solo istante, prima di lasciar andare la corda. Il primo orco cadde e venne travolto dai suoi compagni che continuarono la corsa.
Mentre i due nani si avvicinavano insieme all’orda, Soraia continuò a scoccare. Ne uccise una decina, prima di rimettere l’arco a tracolla. Rimase ferma, immobile, mentre l'incantamento veniva emanato dalle sue labbra. Ma non lo lanciò subito. Aspettò finché i due nani furono abbastanza vicini, e quando l’ebbero superata pronunciò l’ultima parola.
Una forte onda d’urto colpì gli orchi, fermando all’improvviso la loro corsa. Barcollarono per diversi istanti, prima di cadere uno dietro l’altro e non muoversi più.
Soraia rimase in piedi ancora per qualche secondo, osservando la piana disseminata di corpi. Fece qualche respiro profondo, poi cadde.
L’ultima cosa che vide fu il viso del nano dai capelli scuri che era subito accorso a prenderla tra le braccia.

 

»Note dell'autrice ~

Vi prego, non fucilatemi! Alur ~ I-io lo so che ho una MAREA di fan fiction da finire. Lo so. Ma sono in fissa Hobbit adesso, quindi sorbitevi questa.
E non vi preoccupate che ci sarà lentamente una spiegazione a tutto - soprattutto al fatto che Soraia chiama Thorin zio. Giuro. Il motivo c'è e ha senso. Lo scoprirete solo leggendo.
E se ho scritto cagate ditemelo. No perché io mi sto doumentando, ma capirci qualcosa nell'universo immenso che ha creato quel genio di Tolkien non è facile.
...ok ok, vi lascio in pace.

Eagle ||
  
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