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Autore: ___Page    29/01/2015    2 recensioni
Non era un pivello, questo lo sapeva bene, la Fenice.
Era uno dei più giovani capitani che fosse riuscito a far parlare tanto di sé e la Flotta dei Sette gli aveva offerto il suo seggio vacante, da lui caparbiamente rifiutato.
Era uno spirito libero quel ragazzo, volubile come la sua stessa natura di Rogia e il comandante della prima flotta si chiedeva se suo padre avesse fatto bene a fargli una simile proposta e se non si fosse appena messo un piantagrane in casa.
*Scritta per il compleanno di fenicerossa_00*
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Marco, Portuguese D. Ace
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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FUOCO E CENERE





Appoggiato allo stipite di una delle porte che davano sul sottocoperta, respirava a pieni polmoni l’aria della sera.
Capitava raramente di trascorrere la notte sulla Moby Dick e solo i comandanti avevano un simile privilegio ma quella era una serata speciale, perché per Barbabianca l’adozione di un nuovo figlio era la cosa più importante che potesse capitare.
Solo, Marco non era così convinto che ci fosse effettivamente qualcosa da festeggiare.
Quel ragazzo non sembrava affatto convinto di volersi unire a loro ed era certo che in quel preciso momento, con lo sguardo rivolto al cielo e gli occhi persi sul firmamento, stesse pensando alla sua ciurma che si era visto costretto a scacciare, pur di salvare loro la vita.
Non era un pivello, questo lo sapeva bene, la Fenice.
Era uno dei più giovani capitani che fosse riuscito a far parlare tanto di sé e la Flotta dei Sette gli aveva offerto il suo seggio vacante, da lui caparbiamente rifiutato.
Era uno spirito libero quel ragazzo, volubile come la sua stessa natura di Rogia e il comandante della prima flotta si chiedeva se suo padre avesse fatto bene a fargli una simile proposta e se non si fosse appena messo un piantagrane in casa.
Si rendeva conto che non aveva poi molta scelta e temeva potesse accettare solo per mancanza di alternative, senza un sincero interesse a diventare davvero uno dei figli di Edward Newgate.
Ma lui stesso, nonostante la sua naturale diffidenza, quel pomeriggio non era riuscito a resistere e, avvicinatosi a lui per far cozzare i boccali di birra in un brindisi poco sentito dal moro, gli aveva passato un braccio intorno alla spalla, illustrandogli i vantaggi dell’unirsi a loro, cercando di convincerlo a restare.
Perché poi, non lo sapeva nemmeno lui.
Si fidava cecamente di suo padre, quello era vero ma si rendeva conto che la questione non potesse esaurirsi lì.
Aveva qualcosa quel ragazzo, una luce negli occhi e un’aura che lo circondava che trascinava e faceva venire voglia di stargli vicino.
Aveva un sorriso contagioso a cui era difficile restare indifferenti.
Si rese conto in quel momento, Marco, che gli sarebbe piaciuto poterlo contemplare anche in quel momento.
Si staccò dallo stipite per avvicinarsi ma, una volta a pochi passi da lui si accorse che non stava affatto ammirando le stelle ma che dormiva placidamente.
E senza volerlo si ritrovò ad essere lui quello in ammirazione.
Ammirazione del volto perfettamente regolare, spruzzato di lentiggini e incorniciato da ciocche more e mosse.
Ammirazione delle palpebre rilassate nel sonno, dietro alle quali si nascondevano due profondi occhi scuri, bramosi di vivere nuove avventure.
Ammirazione del sereno sorriso che gli piegava le labbra, assaggio di quello luminoso come il sole che tanto lo aveva colpito.
Sussultò, Marco, rendendosi conto delle sensazioni che Pugno di Fuoco gli provocava nonostante lo avesse appena conosciuto.
Lui era noto come la Fenice, il suo frutto era mitologico e il suo potere potenzialmente sconfinato.
Ma aveva sempre saputo che la vera forza della fenice è la capacità di rinascere dalle proprie ceneri.
Solo, lui non si era mai bruciato prima, ragion per cui non poteva dire di conoscere appieno il proprio potenziale.
Mentre tornava sui suoi passi, si riaccostava alla porta del sottocoperta, si fermava e si voltava un’ultima volta verso Ace, il comandante della prima flotta si ritrovò a pensare che, forse, aveva appena trovato la fiamma che sarebbe stata capace di bruciarlo.
E, per quella stessa fiamma, Marco la Fenice sarebbe risorto dalle proprie ceneri. 




 
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