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Autore: Crashead    29/01/2015    0 recensioni
[Nuno Bettencourt http://it.wikipedia.org/wiki/Nuno_Bettencourt]
"My body craves your touch, I crave you"
Ne è davvero valsa la pena?
Lasciare tutto per un uomo più grande era così necessario?
Genere: Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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crave

Erano passate più di quattro settimane da quella richiesta di Nuno di lasciare tutto per partire con lui in tour, in giro per il mondo.
Le cose stavano andando bene. Avevano imparato a conoscersi, ad aprirsi l’uno con l’altra, a condividere ricordi e aneddoti, a divertirsi e ridere insieme, anche per poco. Avevano imparato a conoscere i loro corpi, appartenevano l’una all’altro. Il contatto tra una pelle e l’altra era sempre una scarica di adrenalina e sentimenti. Candice aveva il cuore finalmente pieno.
Qualche mese dopo le cose cambiarono. Il chitarrista era diventato man mano più pensieroso. Aveva sempre la testa altrove. La ragazza iniziò a dubitare di tutto, di ogni azione da lei compiuta, perfino della scelta presa quella sera di giugno. Erano circa dieci giorni che era cambiato completamente. Era come se la evitasse. E ogni giorno, ogni ora, ogni minuto era una fitta al cuore sempre più violenta.
 
“Got the right house but the wrong address, I should have my head examined”

Non era possibile che tutto cambiasse in così poco tempo. Certamente, lei sapeva già che per lui era stato solo un colpo di fulmine, ma non si aspettava certamente una fine così brusca. Decise di parlargli. Ci provò e riprovò. Eppure lui riusciva sempre a scamparle. Scuse su scuse, oppure la distraeva con un semplice bacio e un sorriso, dicendole che non c’era niente di cui parlare. E lei se ne convinceva. Poi si riprendeva, si prometteva che alla sera non le sarebbe scampato. E ogni  notte sempre la stessa storia. Candice si addormentava sul letto del pullman o dell’albergo  in cui si trovavano al momento, dopo averlo aspettato per ore. E ogni volta che si svegliava, lui si stava già preparando per andare chissà dove, chissà a quale dannata “intervista”.
 
“I finally found the difference between a kiss and germ warfare I siphoned gasoline”
  
Ma che diamine aveva pensato? Che un uomo di quaranta e passa anni si innamorasse di lei? E che cosa doveva finire? Niente, perché niente era proprio quello che era iniziato. Si frequentavano, non erano nemmeno impegnati. Continuava a chiedersi il perché di quegli atteggiamenti. Erano iniziati così dal nulla. Si sedette a terra, esausta, appoggiandosi alla porta della stanza dell’hotel. Non si ricordava nemmeno in che città fosse. Aveva sguardo e mente solo per lui. Sentì gli occhi inumidirsi. “Ma chi me lo fa fare?” pensò stringendosi le ginocchia al petto. Era una povera illusa, ecco la verità. Si era lasciata abbindolare dalle sue belle parole e puf, aveva lasciato tutto per stargli dietro. Lei ci stava male per tutto questo, e lui...lui sembrava così tranquillo. Per quel poco che in realtà aveva potuto vedere. Era lei l’unica che ci stava male. Le mancava anche solo il tocco delle sue dita callose da chitarrista sul braccio, le parole sussurrate all’orecchio quando le spostava dolcemente i capelli, la bocca carnosa aprirsi in quei sorrisi meravigliosi, gli abbracci infiniti prima di addormentarsi, appoggiare la testa sul suo petto e ascoltare il suo cuore...
 
“Your eyes, your ears, your mouth, your nose, your arms, your legs, your heart, your soul”
 
Dio, era così bello. Le scappò un sorriso, subito spento dalle lacrime che le scorrevano sul viso. Dannata sensibilità. Chiuse gli occhi e si sforzò di non fare alcun suono. Si sentiva una completa imbecille a piangere. Cosa importava a lui? Si era soddisfatto, il gioco era finito. Eppure Candice non sopportava tutto questo, era stata abituata fin troppo bene, aveva ricevuto davvero molte attenzioni in quel breve periodo, si era sentita così bene. E ora sentiva solo il vuoto, nell’anima e fuori da sé.
 
“Touch me, touch me, touch me, touch me. My body craves your touch…”
 
Due colpi alla porta.
-Candice! Dai, dobbiamo  andare!- La ragazza si alzò di fretta, asciugandosi il viso umido con il dorso della mano. Aprì la porta a Nuno, sforzandosi di apparire il più serena possibile. Lui entrò in fretta, prendendo la sua valigia e il giubbotto. -Dai, sbrigati, sei ancora senza scarpe!-
-Oh, già- mormorò. Si infilò a fatica un paio di Converse, prese le sue cose e uscì con lui dalla stanza, controllando sbrigativamente di non aver dimenticato nulla. Il chitarrista chiuse la porta e quando si voltò, trovò la ragazza esattamente di fronte.
-Tutto bene? Che hai agli occhi?-
-Nulla...sarà la polvere. Senti Nuno...ho bisogno di chiederti una cosa, e...-
-Piccola mia, non è importante. Ora dobbiamo andare, un’ altra città ci aspetta!- le diede un bacio sulla fronte e si avviò lungo il corridoio, verso l’ascensore. Candice sentì ancora le lacrime salire. Fece un respiro profondo e si morse il labbro, sforzandosi di resistere. Il sapore del sangue le invase la bocca.
 
“A snapshot of you, tucked in my shoe. So close and yet so far from you.”
 
Uscirono dall’albergo e salirono sul tour bus, probabilmente diretto all’aeroporto. Si sedettero uno dalla parte opposta dell’altro, sui divanetti vicino alla porta. Lui era girato verso il finestrino. Candice si strinse nelle spalle, cercando invano la forza per sopportare tutta quella frustrazione, per superare la situazione. Tirò fuori il cellulare dalla tasca della felpa. Una foto di Nuno scattata diverso tempo prima illuminava lo schermo.
Altra fitta al cuore. Altro morso al labbro.
Spostò lo sguardo verso di lui. I suoi occhi erano riflessi nel vetro, e lo sguardo si posava proprio su di lei.
 
“I'm sitting at the back of the bus, I picture you driving your rearview mirror eyes”
 
La distanza. Su un dannato bus. Erano così lontani l’uno dall’altra. Cosa avrebbe dato per una carezza, solo per una. Su di lei regnava l’apatia, uno stato di non emozione. Solo dolore, un dolore immenso. Più pensava, più si rendeva conto di aver lasciato tutto per un uomo che era improvvisamente cambiato, privandola di tutta la vita che c’era in lei. Quanta ingenuità, quanta innocenza. Lei gli aveva donato ogni particella del suo corpo, un corpo che ora non era nemmeno più in grado di sopportare l’assenza di contatto. Si sentiva al sicuro anche solo quando le prendeva la mano.
Ora, più nulla.
 
“Your eyes, your ears, your mouth, your nose, your arms, your legs, your heart, your soul. Touch me, touch me, touch me, touch me. My body craves your touch…”
 
Ciò che apparentemente era solo qualcosa di esterno, le stava mancando anche interiormente. Sentiva la sua anima fluttuare e vagare senza meta in quella scatola di ossa e tessuti.

“…I crave you”
 
Perchè non riusciva a raccogliere le forze? Perché non riusciva a riprendersi la sua vita, a non essere succube di una persona? Cosa cavolo c’era di sbagliato in lei? Dov’era tutta la determinazione? Dove? Odiava vedersi in quello stato, odiava tutto. Ma le cose dovevano cambiare. E solo lei era in grado di farlo. Era il problema e contemporaneamente la soluzione. Che senso aveva continuare a disperarsi silenziosamente, a nascondere tutta quella sofferenza? Se non sopportava sentirsi così, allora per quale motivo continuava a farsi pena da sola, senza uscire da tutto questo?
 
 “A prisoner, I'm the warden too. Nothin' worse than self made misery”
 
“Posso farcela. Devo.” Strinse I pugni e si alzò, andando verso Nuno. Lo chiamò, debolmente, poi aspettò che si girasse. I loro occhi si incrociarono all’istante. I suoi sembravano sorpresi. O forse spaventati?
-Dimmi Candice-
“Forza, va tutto bene” si ripeté convinta.
 
“If Moses truly parted the sea, then can I quit smoking. My miracles run weak, yes they do.”
 
-Parlami. Ti prego. Dimmi cosa c’è che non va, ti prego. Ti prego Nuno- Alla prima parola le lacrime avevano ripreso a uscire copiosamente dai suoi occhi. E alla fine della frase era crollata in ginocchio, senza forze. Aveva tenuto tutto dentro troppo a lungo. Le parole erano uscite tra i singhiozzi. Il musicista scese dal divano e la raggiunse a terra.
-Candice ma che ti prende? Di cosa stai parlando? Che cavolo stai blaterando?-
-Mi manchi, Nuno- altri singhiozzi.
-Ma sono qui, dannazione, non vado da nessuna parte!-
-Non ci sei mai, mi eviti, sono così sola...e sto così male- gli occhi le bruciavano, la vista era completamente appannata.
-Candice, ascolta...-
-No! No, cazzo! Ascoltami tu!- gridò esasperata. Gli stava vomitando in faccia tutto il dolore, tutta l’oscurità che si era impossessata di lei. - Che cosa c’è che non va? Non mi consideri più, sparisci, non ti vedo mai, se provo a parlare hai sempre da fare, non mi tocchi nemmeno più! Cosa c’è? Dimmelo se ti sei stufato, me ne vado subito! Ti prego, dimmi cosa sta succedendo, perché io non reggo più. Dov’è finita tutta la dolcezza, tutto ciò che mi hai dato in questo tempo? Hai già scordato tutto? Ti faccio così schifo? Sono così stupida e giovane per te?-
Nuno sentì gli occhi inumidirsi. Gattonò dietro di lei e si appoggiò alla parete del bus, prendendola sopra di sè, cullandola.
-Va tutto bene. Perdonami. Il fatto è che...sai, In questi ultimi giorni ho avuto veramente tanto da fare...per il divorzio.  Ho concluso le pratiche, Candice. Proprio questa mattina. Avrei voluto dirtelo, ma non sapevo come farlo. Ero così preso da tutte quelle carte, quelle leggi, quelle norme. Pensavo solo a quello, al fatto che ho chiuso un importante capitolo della mia vita. Mi sento un fallito. Ho preso parecchio tempo per riflettere. Non sono riuscito a tenermi una famiglia, chi mi dice che riuscirò a tenermi te?- Sentiva il respiro affannato di Candice, la sua maglietta diventare umida delle lacrime della ragazza. -Mi sento ridicolo. Ho quasi 50 anni, eppure ho bisogno di una ragazza piena di vita come te per star bene. Sento il mio orologio biologico correre sempre di più. Gli anni sono volati, e la mia vita privata alla fine si è rivelata tutt’altro che solida. Ma chi voglio prendere in giro? Vedi? Penso a quanto faccio schifo e in realtà lo faccio davvero perché non mi sono nemmeno accorto di quanto tu stessi male. Ti ho abbandonata, e mi dispiace. Ma non sapevo come dirti che tutto l’incubo è finito. Sono ancora scosso, confuso. Chi lo sa se tu vorrai stare tutta la tua vita con un uomo che ha vent’anni anni in più di te?-
Ci fu un momento di silenzio. Un lungo momento. La voce di Nuno aveva tremato tutto il tempo.
Candice tirò su col naso.
-Mi dispiace. Non ho minimamente pensato al...al divorzio. Ho pensato solo a me stessa. E’ che non addormentarmi con te al mio fianco, non abbracciarti più ogni volta che mi andava, non sentire il tuo respiro sulle mie labbra, non sentire più le tue dita sulla mie... ecco vedi, tutto questo mi ha lasciata disorientata. In questo tempo è come se avessimo vissuto in simbiosi. Probabilmente sono diventata dipendente da te, Nuno. O più semplicemente, ho capito quanto ogni singolo e piccolo gesto, per me significhi veramente tanto. Ti ho desiderato così a lungo. Le mattine, quando mi svegliavo sola, avrei dato qualsiasi cosa per una carezza. Per un tocco della tua pelle sulla mia.-
-Perdonami. Ora che ti ho qui, sulle mie ginocchia e sul mio petto, capisco quanto anche a me sia mancato tutto ciò che hai detto. Mi dai sicurezza, pace. E ti desidero.-
-Non andartene mai più, Nuno- mormorò Candice cullata tra le braccia muscolose dell’uomo.
-Ora che è tutto sistemato, non me ne andrò più. Andrà tutto bene, te lo prometto Non ti lascio...amore.-
La ragazza sussultò a quella parola. Sollevò il viso, incontrando le labbra calde e umide del chitarrista. Quanto tempo. Le loro bocche si mossero dolcemente, in una danza delicata e ricca di passione. Si muovevano perfettamente in sintonia.
Quei giorni di lontananza li avevano segnati profondamente, avevano provato il vuoto. Ma era bastato un istante per ritrovarsi e per non mollarsi più.
 
“Your eyes, your ears, your mouth, your nose
, your arms, your legs, your heart, your soul.
Touch me, touch me, touch me, touch me. My body craves your touch”



   
  
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