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Autore: Elly Priest    29/01/2015    2 recensioni
"L' animale si mosse di nuovo, tra i cespugli apparve il suo manto scuro, era macchiato di sangue. Molto probabilmente era già ferito.
Un bersaglio facile, anche troppo.
Boris si mise in posizione per sparare con il fucile. Prese un pugno di neve e lo ficcó in bocca: un vecchio trucco per non rendere visibile il proprio respiro.
Prese la mira. Faceva respiri profondi, il battito doveva essere al minimo per un colpo perfetto. Sentiva la neve che scendeva nella gola, gelida e pungente.
Il petto si alzava e abbassava lentamente, era arrivato il momento.
Su.
Fece scorrere il carrello, il dito in posizione per sparare.
Giù.
L' animale venne allo scoperto, Boris sparó il colpo, ma scostó il fucile all' istante. Per fortuna mancò la mira colpendo l' albero accanto.
Si alzò subito dalla postazione andando in contro alla preda sanguinante.
Puka correva attorno all' animale, ma era tutt' altro che combattivo. Sembrava curioso, abbaiava e mugolava. Boris oltrepassó il cespuglio che lo separava dalla preda.
Quello che vide lo lasciò senza parole.
-Per l' amor di Dio.. "
Genere: Drammatico, Storico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era il 3 Febbraio, il giorno più freddo dell' anno in Siberia.
Boris aspettava nella fredda steppa che la preda si facesse avanti. Era lontana, ma ben visibile: un lupo, o forse un piccolo orso.
Trecento metri o poco più, un' ottima visuale.
Boris era nascosto su un ripiano più alto rispetto al suo obiettivo, tra due alberi e un cespuglio. La coltre di neve che aveva davanti era candida e perfetta. Si aggiustò per bene il cinturone di cuoio, oggetto molto importante per un Siberiano. Essa era un segno di riconoscimento, ma soprattutto un' ancora di salvezza: in caso di pericolo la si legava al collo del cane da caccia che immediatamente tornava a casa come richiesta d' aiuto.
Puka, il suo fidato cane, era in all'erta, aspettava intrepido di entrare in azione.
Boris gli carezzó le orecchie.
-Calmo, Puka. Ci siamo quasi..
La caccia era un puro fattore di sopravvivenza, impiegarla per divertimento era un grande affronto verso tutte le creature di Dio.
L' animale si mosse di nuovo, tra i cespugli apparve il suo manto scuro, era macchiato di sangue. Molto probabilmente era già ferito. Un bersaglio facile, anche troppo.
Boris si mise in posizione per sparare con il fucile. Prese un pugno di neve e lo ficcó in bocca: un vecchio trucco per non rendere visibile il proprio respiro.
Prese la mira.
Faceva respiri profondi, il battito doveva essere al minimo per un colpo perfetto. Sentiva la neve che scendeva nella gola, gelida e pungente. Il petto si alzava e abbassava lentamente, era arrivato il momento.
Su.
Fece scorrere il carello, il dito in posizione per sparare.
Giù.
L' animale venne allo scoperto, Boris sparó il colpo, ma scostó il fucile all' istante. Per fortuna mancò la mira colpendo l' albero accanto. Si alzò subito dalla postazione andando in contro alla preda sanguinante.
Puka correva attorno all' animale, ma era tutt' altro che combattivo. Sembrava curioso, abbaiava e mugolava.
Boris oltrepassó il cespuglio che lo separava dalla preda. Quello che vide lo lasciò senza parole.
-Per l' amor di Dio..
Quello non era un lupo o un orso: era una bambina.
Piangeva ed era visibilmente spaventata, appena vide Boris gli saltò addosso: si era aggrappata alla sue giacca e singhiozzava. Aveva a malapena sei anni, fortunatamente il sangue sulla giacca non era suo.
Notò che era in pigiama e indossava solamente una giacchetta troppo leggera per quel freddo.
-Mamma...mamma..
Non diceva altro.
Puka annusó la testa della bambina e mugoló vedendola singhiozzare.
Guardando il lontananza, verso il cielo salivano delle volute di fumo: il villaggio di Vladjstik. Boris capí immediatamente quello che era successo.
Non sapeva chi fosse, nemmeno come si chiamasse, ma Boris non poteva rimanere indifferente.
Il sole stava tramontando, si chiese come lei fosse sopravvissuta con quel freddo. A giudicare dal colore del sangue, erano passati due o tre giorni. Era un miracolo di Dio se era ancora viva.
Prese subito una coperta dal bagaglio e la avvolse per intero. Prendendola in braccio si rese conto di quanto fosse piccola e fragile. La bambina si calmó mentre Boris prese la via per tornare a casa.
Puka faceva strada tra la neve alta, il manto argentato si confondeva con il paesaggio.
Boris si sorprese a vedere come lei si fidasse così ciecamente di uno sconosciuto, soprattutto dopo tutto quello che aveva passato. Tuttavia era una creatura pura e indifesa, aveva bisogno di qualcuno su cui fare affidamento.
É solo una bambina... é così piccola!
Decise di prendersi questa responsabilità.
In Russia erano tempi molto difficili, l' esercito comunista faceva retate in ogni paese che si opponeva al suo dominio. Ogni singolo individuo veniva stipato su un treno, senza cibo né acqua, diretto al confine.
Chi era fortunato moriva subito, gli altri attendevano un destino ben peggiore durante il viaggio.
I sopravvissuti cercavano di ricrearsi una vita, oltre il confine. Intanto i villaggi venivano bruciati, le donne violentate e Dio solo sa cosa accadesse ai piccoli orfani.
Orfani come lei.
La bambina aveva smesso di piangere, ma era sveglia, stremata da tutto quello che aveva passato. Stava morendo di fame, non sapeva chi era il suo salvatore, ma avvolta in quella coperta si sentiva al sicuro.
Sapeva solo che poteva fidarsi, Boris le ricordava tanto suo nonno: gli occhi gentili, i capelli un po' grigi.
Tutti i nonni sono buoni... anche lui lo é!
Il viaggio procedeva in silenzio, non avevano fretta, ma Boris avanzava comunque a passo sostenuto. Il sole stava velocemente scomparendo dietro le montagne portando via con sé il calore. Arrivò il vero freddo, ma appena lui vide le casette illuminate capí di essere arrivato a Fiume Basso.
Lei era silenziosa nel suo fagotto di coperta mentre si faceva cullare dalle sue braccia forti.
Il rientro a casa fu una grande sorpresa. Sbatté gli stivali dalla neve ed entrò nella porta di legno. Mise appena un piede nella cucina che Svetlana si girò all' improvviso vedendo il piccolo fagotto.
-Cosa é successo?
Boris le mostrò il viso della bambina e sorrise.
-Una benedizione di Dio.
Svetlana si mise subito a fare bollire il té per lei. Boris la posò delicatamente sul piccolo divano vicino alla stufa.
-Ecco qua.. stai meglio?
La bambina annuí piano, aveva le guance rosse e gli occhi gonfi dal pianto. Si guardava attorno incuriosita, in un angolo c'era uno strano spazio con immagini e croci. Boris notò la sua espressione e lo indicò.
-Quello é l' angolo rosso. Lí teniamo i santi che ci proteggono.. e le foto della famiglia. Serve anche per ricordarci che noi siamo Siberiani.
Siberiani, quella parola le era familiare. Boris le sorrise in modo caldo mentre raccontava. Anche il suo tono la faceva sentire bene, le piaceva sempre di più. 
Nonno...
Svetlana entró con una tazza di té.
-Povera creatura... Avrai un freddo terribile!
Carezzó il viso morbido della piccola guardandola dolcemente. Il tocco della sua mano la fece sentire a casa.
-Bevi, starai meglio.
Mamma...
Boris le fece un cenno e lei uscí dalla stanza. La piccola beveva lentamente il suo té mentre lui aspettava paziente nel silenzio.
-Siberiani..?
Boris la guardò un po' sorpreso.
-Sí, noi siamo Siberiani. Una famiglia che sta sempre insieme.. ma soprattutto una comunità in cui ci si aiuta. Dio ci sostiene in ogni cosa, e ci aiuta sempre. La nostra famiglia é protetta da Lui. E' grazie a lui se ora sei qui con noi!
La bambina teneva in mano la tazza piena.
-Una famiglia come mamma e papà?
Le sorrise dolce e le carezzó i capelli castani.
-Sí, abbastanza.
Lei si sentì veramente a casa, conquistata dal calore di Boris e dalle sue parole.
-Vuoi fare parte di questa famiglia?
Lei sorrise per la prima volta. Boris si sentì un po' affrancato davanti a quel visetto angelico.
-Sí! Mamma e papá quando tornano? Mamma mi ha detto che sarebbe tornata!
Boris cercò di mantenere il sorriso rassicurante, ma evitò la domanda.
Come poteva dirle che con ogni probabilità loro erano morti? Non se la sentiva di darle la risposta, non lì, non in quel momento.
-Nonno..?
Rimase esterrefatto. Non si aspettava che lo chiamasse così, ma annuí piano.
-Posso stare con te?
Boris le sfioró una guancia con il dito.
-Certamente, come ti chiami?
-Mi chiamo Alya.
Boris chiuse le sue mani tra quelle piccole della bambina. Erano calde e così minuscole rispetto alle sue callose da cacciatore.
-Va bene, Alya. Io sono Nonno Kuja.


A Fireslot, mio fidato recensore, grazie.

Altri racconti del Ciclo Siberiano, disponibili sul mio profilo.

Della stessa raccolta: Educazione Siberiana, Solo la Morte ci Avrebbe Divisi, Perchè Nulla Vada Perduto, Il Volo della Colomba.
   
 
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