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Autore: Alexiel Mihawk    29/01/2015    2 recensioni
Mamori aveva capito che Hiruma avrebbe tentato di entrare al Saikyoudai ancora prima che fosse lui a dirglielo.
Che poi non è che glielo avesse propriamente detto, si era presentato un giorno a casa sua, a metà del terzo anno, entrando dal balcone del primo piano, e le aveva smollato una pila di libri sulla scrivania.
«E cosa ci dovrei fare con questi?» aveva domandato lei senza sconvolgersi minimamente per l’entrata in scena.
«Studiare per il test di ingresso, manager di merda».
«Saikyoudai?»
«Ovviamente»
«E se avessi voluto entrare in un’altra università?»
«Avresti voluto?» aveva domandato il ragazzo facendo una bolla con la gomma da masticare e sollevando con ironia un sopracciglio.
«No».

Ambientata tra il 332 e il 333 di Eyeshield, quando Hiruma e Mamori sono all'università. Accenni HiruMamo.
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mamori Anezaki, Youichi Hiruma
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Autrice: Alexiel Mihawk | alexiel_hamona
Titolo: Got your back
Personaggi: Youichi Hiruma, Mamori Anezaki, Agon Kongo, Mamoru Banba, Hayato Akaba, Ikkyu Hosokawa
Genere: slice of life, sentimentale (accennato)
Avvertimenti: one shot, missing moments
Parole: 2748
Rating: sfw / verde
Note: Non scrivevo in questo fandom da una vita e mezza e ho ripreso in occasione del Cow-T di maridichallenge, avevo appena finito di rileggere il manga, e il prompt diceva di scrivere di “Un fandom, o una ship, su cui hai scritto in passato, ma non scrivi da un po'” e non scrivevo di Eyeshield dal 2009. Avere raggiunto i 25 e continuare a scrivere degli stessi fandom di quando ne avevi 19, almeno la prima storia che scrivo da che ho fatto un quarto di secolo è su un fandom un sacco malcagato.
La scena finale è ispirata a questa fanart di Deus-Nocte.

 
 
Got your back
 
 
Mamori aveva capito che Hiruma avrebbe tentato di entrare al Saikyoudai ancora prima che fosse lui a dirglielo.
Che poi non è che glielo avesse propriamente detto, si era presentato un giorno a casa sua, a metà del terzo anno, entrando dal balcone del primo piano, e le aveva smollato una pila di libri sulla scrivania.
«E cosa ci dovrei fare con questi?» aveva domandato lei senza sconvolgersi minimamente per l’entrata in scena.
«Studiare per il test di ingresso, manager di merda».
«Saikyoudai?»
«Ovviamente»
«E se avessi voluto entrare in un’altra università?»
«Avresti voluto?» aveva domandato il ragazzo facendo una bolla con la gomma da masticare e sollevando con ironia un sopracciglio.
Mamori aveva sbuffato; anche se non lo avrebbe mai ammesso era contenta che Hiruma le stesse implicitamente dicendo che lei era l’unica da cui non voleva separarsi, nemmeno all’università (soprattutto considerando che sia Musashi che Kurita avrebbero preso strade diverse e Sena sarebbe addirittura partito per Notre-Dame), quindi aveva incrociato il suo sguardo e aveva risposto con l’ombra di un sorriso sul viso.
«No».
Hiruma invece di rispondere aveva iniziato a gesticolare, utilizzando il loro linguaggio in codice, per poi sparire oltre la finestra, prima che lei gli lanciasse contro qualcosa.
Se superi il merdossissimo test ti compro un vassoio di bignè alla crema.
E ovviamente lei il test lo aveva superato. Entrambi lo avevano superato. Non che ci fossero dubbi, erano due degli studenti più brillanti del Deimon e con le loro capacità sarebbero potuti entrare in qualsiasi università, ma, Mamori lo sapeva, Hiruma voleva creare una nuova squadra di football, una squadra che fosse talmente forte da riuscire a sconfiggere chiunque e per farlo aveva bisogno di Agon.
Così la sua scelta – anzi la loro scelta, perché anche se non lo avrebbe mai ammesso lei lo avrebbe seguito ovunque – era ricaduta sul Saikyoudai, era lì, infatti, che la maggioranza degli studenti provenienti dallo Shinryuuji Naga andavano a finire.
Così era iniziata la loro nuova vita da universitari.
Hiruma si era fatto riconoscere fin da subito e per tutta la prima settimana era sparito chissà dove; l’inizio di Mamori era stato più tranquillo, quasi noioso, aveva avuto il tempo di conoscere nuove persone, avvicinarsi a gente normale, seguire i primi corsi. Tutto era sembrato procedere nel modo più ordinario possibile, almeno finché non aveva incontrato Banba in corridoio.
Il gigante l’aveva riconosciuta da lontano e le si era avvicinato sorridendo (ed era incredibile quanto potesse essere intimidente, non ci aveva mai fatto caso prima).
«Anezaki, giusto?» aveva domandato con gentilezza.
Mamori aveva annuito, quasi stupita che si ricordasse il suo nome da quell’unica partita negli Stati Uniti.
«Credo che ci sia bisogno di te» aveva continuato il lineman con tono esasperato, il tono di chi già non ce la fa più. E lei aveva capito subito che c’entrava Hiruma, così lo aveva seguito senza dire una parola.
L’amena scena che si era parata di fronte ai suoi occhi era stata la prima di una lunga serie ed era stato esattamente in quel momento che Mamori aveva capito che la sua vita universitaria sarebbe stata turbolenta e caotica almeno quanto quella liceale: Hiruma con il fucile spianato era impegnato a minacciare senza remora alcuna una serie di studenti del terzo anno della squadra di football americano, al suo fianco Agon Kongo si stava scrocchiando le nocche delle dita, mentre Ikkyu cercava senza successo di farlo desistere dall’evidente proposito di riempirli di botte.
«Hiruma-kun! La vuoi smettere?»
Era stata quella la prima frase (prima di una lunga serie di simili eco) pronunciata da Mamori nel nuovo club di football americano, mentre si parava tra il compagno e gli studenti più anziani, evitando con fare esperto i colpi di proiettile.
«Manager di merda. Stai zitta, non vedi che ti sto liberando il posto?»
«Liberando il che?» aveva domandato perplessa.
Banba aveva sospirato e quindi aveva allungato un braccio ad indicare un ragazzo con gli occhiali seduto dietro quelli del terzo anno.
«Lui era il nostro manager, prima che arrivasse Hiruma e –»
«E il cazzo» era stata la risposta del biondo «Abbiamo già una manager – siccome ancora non avevi fatto domanda, ti ho iscritta io al club – non ci serve questo quattrocchi di merda. Fuori dalle palle».
Mamori non aveva replicato, aveva soppresso a fatica un sorriso e aveva accompagnato il non più manager fuori dalla porta, quindi si era girata verso i membri della squadra (per niente intimorita dagli sguardi gelidi d Agon e dalle dimensioni di Banba) e aveva sorriso.
«Iscrivimi di nuovo a qualcosa senza chiedermelo e ti mollo in mezzo a una strada».
Hiruma le aveva risposto mostrandole il dito medio.
Così era iniziata la loro vita al Saikyoudai.
 
Era stato strano abituarsi a questa nuova squadra, abituarsi a questi soggetti così incredibilmente problematici e nel caso di Agon insopportabili, ma lei era Mamori Anezaki e non si sarebbe scomposta di fronte a niente, non più. Erano oramai lontani i tempi in cui sentiva il cuore balzarle in gola al pensiero che Sena potesse farsi male anche solo camminando, e il suo istinto materno era stato sostituito dal pressante desiderio di vincere – e probabilmente parte della colpa era di Hiruma, perché passavano davvero troppo tempo insieme.
A distanza di quasi un anno Mamori non sarebbe stata in grado di rinunciare alla sua nuova routine, gli screzi senza fine tra Agon e Hiruma, i pomeriggi passati a organizzare gli allenamenti, le chiacchierate inaspettatamente interessanti con Banba (ed era rimasta piacevolmente stupita nel vedere quanto il lineman fosse intelligente, lei che era sempre stata abituata a vivere in mezzo ad un branco di idioti).
Il nuovo edificio del club di football americano era stato fatto costruire da Hiruma (sotto ricatti alle alte sfere dell’università) qualche mese prima, quando Mamori vi giunse quel pomeriggio, metà dei membri del team si trovava già lì, per lo meno quelli che Hiruma considerava degni della sua attenzione, perché gli altri erano stati spediti senza tante cerimonie ad allenarsi.
«Finalmente sei arrivata manager di merda» la salutò il ragazzo biondo masticando una gomma «Mentre tu cazzeggiavi, sono arrivate le candidature degli studenti del prossimo anno».
«Non abbiamo bisogno di quei bastardi, altra spazzatura che si aggiunge alle merde del terzo anno» intervenne Agon, con la solita delicatezza che nessuno riusciva a fargli perdere.
«Agon-kun, non dovresti parlare così, soprattutto dei tuoi sempai».
Il ragazzo le sorrise, come ogni volta in cui lei lo riprendeva.
«Mamori-chan, prova a richiedermelo in privato e ti dimostrerò quanto so essere gentile».
Una sventagliata di mitra si frappose tra di loro e, come al solito, Mamori si ritrovò, senza bene sapere come, dietro la sedia di Hiruma, che solo allora riprese a parlare.
«Yamato, Taka e uno dei fratelli Eh-eh sono nella lista di quelli che hanno fatto domanda».
«Fratelli che?» domandò Ikkyu perplesso.
«Jumonji-kun, immagino? Escludo che gli altri siano in grado di entrare al Saikyoudai…»
«Manager di merda, è il discorso più cattivo che ti abbia mai sentito fare nei confronti di quei tre imbecilli».
«Con loro» loro interruppe Banba, che oramai da tempo aveva deciso di ignorare gli exploit di Hiruma e Agon «La nostra squadra diventerà ancora più forte. Potremmo davvero non avere rivali».
«Non ne sarei così sicuro» intervenne Akaba, passandosi una mano tra i capelli rossi «So che Sena e Monta hanno intenzione di entrare all’Enma, potrebbe rivelarsi il nostro avversario più forte durante il prossimo anno. Senza contare che Shin, Ootawara e Sakuraba nella squadra dell’Oujo».
«Oh, sì!» aggiunse Mamori, mentre con perizia preparava il tè e lo serviva ai compagni «La madre di Sena mi diceva che ha sostenuto l’esame d’ammissione e Suzuna-chan mi raccontava che anche Riku-chan ha intenzione di iscriversi lì».
«Che rottura di coglioni, quei due piccoli bastardi».
«Però Kurita-kun sarà contentissimo, e anche tuo fratello, Agon-kun».
«Non vedo comunque il problema» riprese Banba «con Taka, Yamato e Jumonji non dovremmo avere nulla da temere da quei tre. E non mi sembra che Unsui si sia mai rivelato un ostacolo per te, Agon».
«Unsui è più forte di quanto credi, bastardo di un gigante» replicò inaspettatamente il più giovane dei gemelli Kongo, sollevando un sopracciglio con aria alterata (non una grande novità, visto che Agon era solito incazzarsi per qualsiasi cosa).
«Dico solo che sei più forte di lui».
«E con questo cambiamo argomento, eh» intervenne Ikkyu, cercando di evitare l’ennesima catastrofe «Hiruma hai un piano?»
«Che domanda del cazzo. Cercate di allenarvi come si deve, branco di imbecilli, mentre io e la manager di merda pensiamo a usare il cervello».
«Sebbene il tuo modo di fare sia perennemente irritante e mi faccia voglia di tirarti la chitarra in faccia, sono comunque convinto che la melodia che fa da sfondo alle nostre vite sia la stessa».
«Akaba, no. Ma proprio no» borbottò Banba prendendolo per la collottola e trascinandoselo via.
«Se non li annientiamo ti spacco la faccia, bastardo» concluse, invece, Agon prima di sparire verso il campo con Ikkyu.
Mamori si lasciò andare su una delle sedie a fianco di Hiruma, sospirando.
«Non dovresti provocarlo così».
«Kekekeke, ha solo bisogno di sentirsi dire che può essere battuto da qualcuno o quello stronzo non si allenerà mai seriamente».
La ragazza scosse il capo, sconsolata, allungando la mano verso un vassoio di bignè alla crema.
«Quelli sono per dopo l’allenamento, manager di merda, ancora a rubare il cibo?»
«Fatti i fatti tuoi, e comunque faccio parte di questa squadra anche io».
«Come se non lo sapessi» rise il ragazzo «Hai montato i video che ti ho passato?»
Mamori sbuffò, che domande erano?
«Per chi mi hai preso? Certo che li ho montati. Devo solo finire di compilare le schede sugli studenti delle squadre avversarie».
«Non mi dire, hai fatto qualche ricerca, manager di merda?»
«O forse ho ricattato qualcuno».
Hiruma scoppiò a ridere, divertito.
«Muoviti, andiamo a finire di sistemare questa roba».
«Oh, ma non si può, non oggi. Casa mia è inagibile, stiamo ridipingendo, ricordi? È pieno di operai».
Per qualche motivo l’idea di Mamori in una casa piena di operai, impegnati a guardare dove non dovevano invece di concentrarsi sul lavoro, scatenò in Hiruma una spiacevole sensazione alla bocca dello stomaco.
«Stai zitta e seguimi, manager di merda».
 
Mamori non era mai stata a casa di Hiruma prima.
Durante i loro anni di liceo non le sarebbe nemmeno venuto in mente di chiedergli dove abitasse, principalmente perché la cosa non le era mai interessata più di tanto. Quando poi si erano iscritti all’università, vedersi anche al di fuori del campus era diventata quasi una prassi. Sia che fosse per studiare, che per organizzare strategie di gioco Mamori e Hiruma avevano iniziato a trascorrere quasi tutto il loro tempo assieme, tanto che persino la madre di Mamori si era abituata a ritrovarsi Youichi-kun (come solo lei aveva il coraggio di chiamarlo) per casa a qualsiasi ora del giorno, sia che il ragazzo entrasse dalla porta che dal balcone.
Tuttavia la residenza di Hiruma non era mai stata nemmeno presa in considerazione, e Mamori aveva in qualche modo cominciato a pensare che Hiruma vivesse e basta, che non avesse una casa, che semplicemente dormisse nel club di football americano, e ovviamente la cosa era così insensata e ridicola che a pensarci bene nemmeno lei ci credeva davvero, ma si sa le convinzioni sono dure a morire.
Quando raggiunsero l’abitazione del ragazzo, Mamori si ritrovò con la bocca aperta e per poco non andò a sbattere contro la schiena di Hiruma, fermo a cercare le chiavi di casa. Il villino (che a tratti sembrava un bunker e lei era quasi sicura che ci fossero doppi vetri antiproiettile alle finestre) era semi vuoto, l’arredamento essenziale, ma elegante e sulle pareti spiccavano poster di football americano, tra i quali Mamori riuscì a riconoscerne un paio del Deimon.
«Vivi da solo?»
«Cosa ti aspettavi, manager di merda?»
«Scusa, vivi da solo e siamo sempre stati a rompere i coglioni a mia madre a casa mia?»
«Tua madre ci prepara da mangiare» fu la laconica risposta che la lasciò un po’ interdetta, perché era come se Hiruma le avesse appena detto che il calore che si respirava a casa sua era qualcosa che lui invidiava.
«Hai seriamente una lampada a forma di pallone da football?» domandò cercando di cambiare argomento.
«Cosa ti aspettavi? Dei cazzo di gattini rosa?» rispose il ragazzo lasciandosi andare sul divano e tirando fuori il computer dalla borsa.
«Non so, però immaginavo ci fossero più armi in giro».
«No, manager di merda, quelle sono in cantina e alcune al piano di sopra. Ora vedi di tirare fuori i dati sulle merdosissime matricole».
Mamori si sedette accanto a lui, iniziando a sfogliare il grosso quaderno che utilizzava per tenere tutti gli appunti e le informazioni.
«Vuoi prima le buone o le cattive notizie?»
«Non esistono cattive notizie, Anezaki».
«Come ti pare. Partiamo dall’Oujo, il loro quarterback attuale non è una grande minaccia – siamo stati davvero fortunati che Takami-san abbia deciso di iscriversi allo Shuuei – ma Shin rimane il loro asso, e come sai né Ootawara, né Sakuraba sono da sottovalutare. Da quest’anno, se riesce a non farsi espellere, dovrebbe aggiungersi anche Daigo Ikari».
«Ma quest’anno noi abbiamo Jumonji, Yamato e Taka, non sarà certo l’Oujo a bloccarci».
«Hai detto così anche l’anno scorso e poi per vincere contro Shin abbiamo dovuto fare un numero tale per cui poco ci è mancato che Agon ti uccidesse sul posto».
«Il rasta del cazzo deve imparare a perdere».
«Passiamo ad altro, ti prego. L’Enma sarà la vera sfida questa volta, ho idea che l'anno trascorso in America abbia reso Sena molto più forte di quanto pensiamo».
«Sei preoccupata per lui, Manager di merda?» chiese Hiruma sistemandosi meglio il computer sulle ginocchia, dandole la schiena e allungando le gambe verso il bracciolo del divano.
«No» borbotto Mamori appoggiandosi a lui e scribacchiando sui fogli «Sono preoccupata che possa essere di ostacolo per la vittoria».
«Oh, non preoccuparti. Clifford mi ha mandato tutti i video delle partite e anche qualcuno degli allenamenti».
«Cosa?! Come ci sei riuscito?»
«Gli ho fatto scrivere da tua madre, dicendo che voleva fare un regalo alla madre del gamberetto o una cazzata simile».
«Non posso credere che ci abbia creduto…»
«Anezaki, chi non crederebbe a tua madre?»
«Oh, sei un demonio. In ogni caso sai che Sena non è l’unico da cui dobbiamo guardarci le spalle, vero? Anche Rikkun e Monta sanno il fatto loro. E con loro tre, insieme a Unsui, Kurita, Mizumachi e Koutaro, beh… Credo che l’Enma abbia qualche possibilità».
«Sai cosa credo io, invece, manager di merda?» domandò Hiruma sistemandosi meglio contro la schiena della ragazza «Che li uccideremo tutti».
«Sarà meglio per voi, o giuro che mi inventerò un allenamento così estenuante da ridurvi tutti a pregare in aramaico antico!»
«Sto già tremando».
«Gh, come ti pare. Hiruma-kun, se riusciamo ad arrivare al Rice Bowl anche quest’anno, ci sono buone possibilità che ci ritroveremo contro Musashi».
«La squadra del vecchio è la peggiore dell’X-League» le ricordò il biondo senza smettere di scrivere a computer.
«Sì, ma Jumonji mi diceva che Togano e Kuroki hanno intenzione di entrare a farvi parte e –»
«E non sono mai stati un problema quei due».
«E fammi finire di parlare! Kid e Tetsuma, sono tornati dagli stati uniti e secondo alcune voci hanno intenzione di unirsi a loro. E anche Gaou».
«Tsk. Pensare che quello stronzo non abbia voluto iscriversi all’università, con il cervello che si ritrova. Saremmo stati imbattibili».
«Cerchiamo di esserlo lo stesso» borbottò Mamori appoggiando il capo contro la sua schiena e chiudendo gli occhi.
Hiruma smise di scrivere e scoppiò una bolla con la gomma da masticare.
«Oi, Mamori».
«Sì, Hiruma?»
La ragazza soppresse un leggero brivido, era raro che la chiamasse per nome, era già capitato qualche volta, soprattutto da quando avevano iniziato a trascorrere tanto tempo assieme. A Hiruma usciva naturale, come se stesse rivolgendosi a Cerbero, o a Sena, o a chiunque altro. La chiamava per nome nello stesso modo in cui chiamava per nome uno qualsiasi dei loro compagni di squadra, però a lei era sempre sembrato che non lo facesse a caso; la chiamava Mamori solo quando era particolarmente serio, quando doveva comunicarle qualcosa di importante o quando aveva bisogno della sua più completa attenzione.
«Li uccideremo tutti» disse Hiruma, appoggiando il capo su quello della ragazza.
«Lo so, Youichi».
«Quindi vedi di coprirmi le spalle ancora per un po’, manager di merda».








   
 
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