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Autore: Caramel Macchiato    29/01/2015    1 recensioni
Questa storia è incentrata su Kentin e Amira: come si sono conosciuti, come si svilupperà la loro relazione, cosa dovranno affrontare insieme o da soli.
È la prima storia che pubblico, spero vi interessi! Se avete critiche, consigli o altro, scrivetemi per favore! Mi interessano i vostri pareri :)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Febbraio cominciò con una stupenda giornata di sole e continuò con pesanti nevicate e strade ghiacciate. La data di consegna della ricerca si avvicinava e, ora che sapevo il giorno del compleanno di Kentin, mi ero accorta che coincidevano. C’era qualcos’altro a cui non avevo pensato: dopo quel giorno non avrei più avuto una scusa da dare a chi mi chiedeva perché giravo con lui dopo scuola. È ben risaputo che più vorresti che il tempo si fermasse, più quello scorre rapidamente, così non mi restò che cercare un regalo per il ragazzo e tentare di non pensare a quanto poco tempo mi restava. Arrivò il fatidico venerdì venti febbraio, una giornata nuvolosa ma piuttosto calda per quel mese, e io mi ritrovai a scuola con un sacchetto di biscotti fatti a mano nascosti nella mia borsa e un pacchetto nel mio armadietto. L’insegnante di storia ci guardò da sopra i suoi occhiali con la montatura in tartaruga. - Ed eccoci al capolinea. Avete avuto poco più di due mesi per fare questa ricerca; spero abbiate imparato molto sul secolo che vi ho assegnato e che abbiate stretto un buon rapporto col vostro partner-. I suoi occhi guizzarono su di me, ma il mio viso restò impassibile, troppo assorto per farci caso. - Ora: chiamerò le varie coppie che, per favore, verranno qui con la loro ricerca e mi faranno un breve epilogo di ciò che li ha particolarmente colpiti, interessati o meno sul loro periodo. E se ci sono stati dei dissidi tra voi, è il momento buono per cantarmele!-. Una leggera risata percorse la classe per quei due secondi, prima che la prima coppia venisse chiamata e il resto dei compagni si mettesse a farsi gli affari propri o a parlare in piccoli gruppi. Io lanciai subito una rapida occhiata a Kentin, che teneva stretto il nostro malloppo di grandi dimensioni. Sembrava pallido, ma i suoi occhi erano invisibili dietro le spesse lenti degli occhiali. Sentii il famoso nodo allo stomaco che mi prendeva ultimamente, facendomi mancare l’aria. Dopodiché una grande tristezza mi assalì impercettibilmente, rendendomi man mano sempre più malinconica. Appoggia il mento ad una mano con un’espressione da martire che presto attirò l’attenzione dei miei compagni, che subito mi circondarono e presero a chiedermi il perché e il percome, cercando di tirarmi su di morale. - Tu e Kentin avete fatto un enorme lavoro!- Commentò con aria guardinga una, bisbigliando abbastanza forte da farsi sentire dal ragazzo – Ma lui ha fatto qualcosa o era troppo lento per seguirti?-. Sentii un moto di rabbia assassina percorrermi le vene e, con la coda dell’occhio notai che Kentin era arrossito, senza distogliere gli occhi dal nostro lavoro. - Ti sbagli- Risposi, con tono sicuro e abbastanza forte perché tutti mi sentissero – Kentin si è rivelato un vero genio delle ricerche, io ho fatto ben poco paragonato a quello che ha fatto lui. Ci ha messo anima e corpo e, se prenderemo un ottimo voto, sarà per la maggior parte merito suo-. I miei compagni sembravano perplessi e dubbiosi, ma non misero in discussione ciò che avevo detto e cambiarono argomento con disinvoltura. Mi girai di nuovo verso il ragazzo, che mi regalò un breve sorriso di ringraziamento, per poi girarsi precipitosamente ed assicurarsi che nessuno lo avesse visto. Io sentii l’ennesima stretta al cuore e, solo quando finalmente la prima campanella suonò, potei uscire e distrarmi con un po’ d’aria fresca. Non riuscivo a capire perché facesse così male la prospettiva di continuare la mia vita come l’avevo vissuta prima di dicembre, non riuscivo bene a spiegarmi la grande parte drammatica di tutto questo putiferio. Avrei continuato ad essere una regina ma… Mi stava bene che lui avrebbe continuato ad essere un nessuno? Avevo scoperto che mi piaceva passare il tempo in sua compagnia, anche se a volte mi faceva imbestialire con quel suo modo di fare da” tutto ciò che faccio è sbagliato, chiedo scusa in anticipo”… Mi appoggiai sconsolata al muro della scuola e presi a fissare le nuvolette di vapore che mi uscivano dal naso, rabbrividendo di tanto in tanto. Sentii dei passi nella neve ma non mi voltai finché quelli non si fermarono accanto a me, scoprendo che appartenevano ad un Alexy con un gigantesco sorriso e i capelli azzurri scoloriti. - Ma guardati, sembri un pagliaccio- Lo salutai con un sorriso critico. - Lo so, devo ritingerli- Sospirò lui, guardandosi una ciocca sconsolato. - Cosa ti turba- Prima che potessi ribattere, aggiunse – Sei un libro aperto Am, non negarlo-. La mia bocca si piegò in una smorfia e presi a fissare la neve accumulata sui rami, un fine strato geometrico che combatteva contro la forza di gravità. - Io… In verità non lo so. Sono confusa da me stessa. Oggi c’è stata la consegna del progetto di storia. In verità non è ancora finita, io e Kentin non l’abbiamo ancora consegnata-. Alexy aprì la bocca in una grande “o” muta, gli occhi accesi da un pensiero. - Dopo oggi non potrò più vederlo come prima, sarà addirittura impensabile considerarlo come un amico come ho fatto finora-. - E ti dispiace?- Stavo per ribattere secca, ma mi fermai a pensarci. Mi dispiaceva? Beh, se quella morsa implacabile allo stomaco non era dispiacere, cosa poteva mai essere? Annuii e gli lanciai una rapida occhiata per vedere la reazione, ma lo sorpresi a fissarmi con uno sguardo dolce e comprensivo da uomo vissuto. - Perché mi guardi così?- Scattai. - Oh, così come?- - Non fare il furbo Alexy!- - Ma io ti guardavo come ti guardo sempre- Fece lui, con un sorriso angelico che non me la dava a bere per nulla al mondo. Gli saltai addosso e prendemmo a lottare furiosamente nella neve come due bambini, con l’unica differenza di peso e statura. - Okay, okay, mi arrendo!- Proclamò lui in fine, sdraiato nella neve con me a cavalcioni sul suo petto, i capelli pieni di cristalli bianchi. - Era ora! Figurati che una donnina come te può battermi!- Scherzai con finto orgoglio. - Ascolta Am, io e Armin e da un po’ che ne parliamo e la faccenda si sta facendo evidente, ma tu non lo capisci-. Mi scostai da lui permettendogli di mettersi seduto. Lui si sistemò i capelli, poi mi fissò dritto negli occhi. - Non è che, ipoteticamente parlando, tu ti stia prendendo una cotta per lui?-. Sentii un fulmine d’orrore percorrermi dalla punta dei piedi fino a quella dei capelli. Eppure c’era qualcosa, qualcosa di piccolo che cercava di farsi sentire dal profondo del mio cuore. - Vorrai scherzare!- Abbaiai d’istinto. Lui alzò le mani in segno di resa e si rialzò, aiutandomi poi a fare altrettanto. - Scusa, come non detto. Era solo un’ipotesi. Beh, in questo caso perché non fai un pensierino su Armin?- - ALEXY!- - Okay, scusa, un altro buco nell’acqua-. La campanella suonò d’improvviso, facendo comparire un sorriso di sollievo sul viso del gemello, che mi salutò per poi saltellare all’interno della scuola. Io innamorata di Kentin? Era semplicemente impensabile. Scacciai il nodo che avevo in gola e rientrai a scuola, cercando di scrollarmi di dosso gli ultimi fiocchi di neve e rassegnandomi all’idea di avere pantaloni e giacca bagnati. Appena entrai in classe, incrociai gli occhi verdi di Kentin e il mio cuore perse un colpo. Sentii un brivido alla colonna vertebrale mentre mi sedevo. Che diavolo mi stava succedendo? Non feci in tempo a riprendere il mio solito contegno che il prof ci chiamò. Mi avvicinai alla cattedra subito seguita dal ragazzo, che posò delicatamente il fascicolo davanti al prof, che sgranò gli occhi e un sorrise compiaciuto. - Vedo che le mie previsioni si sono avverate-. Commentò. - Kentin ha svolto gran parte delle ricerche-. Mi affrettai a precisare sulla difensiva, impaurita che potesse fare commenti del genere di quelli che avevano fatto i miei compagni. L’insegnante mi sorrise con fare rassicurante, poi prese a sfogliare il malloppo. - Ditemi le vostre impressioni-. Così cominciammo ad elencare cosa ci era piaciuto e cosa ci aveva colpito, completandoci le frasi a vicenda. Quando finimmo il nostro resoconto, ci scambiammo un sorriso d’intesa. - Vedo. Si è creato un bel rapporto tra voi due, anche se siete gli opposti-. Alzò gli occhi illuminati da una scintilla su di noi – Avete critiche o lamentele?-. Ci scambiammo uno sguardo, poi presi coraggio e parlai. - Immagino avesse notato il mio disappunto all’inizio. Voglio scusarmi, avevo torto-. L’insegnante mi sorrise con un lieve cenno del capo. - Lo immaginavo. Nulla ci spaventa di più di ciò che non conosciamo. Potete andare-. Ci voltammo e capii che era l’occasione: lo fermai per una manica. - Dopo le lezioni sulla scala antiincendio- Fiatai con voce appena percettibile, per poi superarlo con disinvoltura, come se non fosse successo nulla. Mi sedetti al banco e tutto d’un tratto mi resi conto che era finita. In un battere di ciglia. No, non era finita, dovevo trovare un modo entro quella sera, quando gli avrei dato i miei regali. D’istinto lanciai un’occhiata alla borsa in cui c’erano i biscotti e mi sentii arrossire. E se erano schifosi? E se si erano rotti? E se… Mi arrabbiai con me stessa, mettendomi il broncio da sola. I “se” e i “ma” non portavano da nessuna parte, e farsi paranoie prima del momento non avrebbe che peggiorato la situazione. Non riuscii però ad affogare la curiosità sui biscotti, così infilai una mano nella borsa e li tastai delicatamente, sentendo un sospiro di sollievo uscirmi dalle labbra nel constatare che erano integri. Passai il resto della giornata a contare i minuti che mi separavano dalla fine delle lezioni, sudando freddo e non riuscendo a star ferma un secondo. Relegata dietro un banco com’ero, continuavo a muovere nervosamente le gambe, a giocherellare con la penna e ad attorcigliarmi ciocche di capelli tra le dita. Quando finalmente le prime note della campanella risuonarono per tutto l’edificio, lasciai andare un gigantesco sospiro e mi preparai a comportarmi con disinvoltura mentre dentro di me sentivo l’emozione che ballava il tip tap nel mio stomaco. - Amira! Che ne dici di andare a festeggiare la fine della ricerca tutti assieme?- Mi chiese il mio vicino di banco, con un sorriso che sembrava lontanamente qualcosa di ammagliante. Io ricambiai il sorriso e scossi la testa. - Non posso, mi spiace. Ho già un appuntamento-. - Cosa? Amira ha il fidanzato?- Saltò su qualcuno. - Ma si scemo: Armin! Te ne sei già dimenticato?- Gli rispose qualcun’altro. Io li lasciai a discutere, ringraziando mentalmente Armin per aver continuato a divulgare il grande gossip su noi due. Andai agli armadietti ed estrassi il pacchetto regalo, soppesandolo tra le mani con fare pensieroso. Chissà se gli sarebbe piaciuto. Qualcuno mi batté una pacca sulle spalle, mi girai perplessa e vidi proprio Armin che si allontanava facendomi l’occhiolino. Tornai a fissare il pacchetto e mi sentii arrossire violentemente, così lo ficcai nella borsa e mi diressi verso l’uscita, le parole di Alexy che ancora mi rimbombavano in testa. “ Io e Armin è da un po’ che ne parliamo… Non è che ti stai prendendo una cotta per Kentin?” Alzai le braccia al cielo furiosa, riuscendo a stento a trattenere un ruggito animale, ma destando comunque l’interesse di chi mi passava accanto. Quella situazione tabù mi stava esasperando. Mi diressi a passo di carica verso la scaletta e, trovandola vuota, mi sedetti infuriata sull’ultimo gradino, la schiena rivolta verso la ringhiera e ai possibili scocciatori che avrebbero potuto disturbarmi. Il cielo si stava già oscurando e la stella della sera già brillava. Sentii dei passi e subito seppi che era lui, così mi girai e vidi il suo viso arrossato dal freddo avanzare nella neve. Appena mi raggiunse e si sedette sulla scala non riuscii più a trattenermi. - Buon compleanno!- Esclamai, allargando le braccia con fare teatrale. - Grazie-. Sorrise pieno di riconoscimento. - Volevo portare torta e candeline, ma mi sembrava troppo complicato, allora ho chiesto alla mamma di aiutarmi con questi-, Spiegai frugando nella borsa e tirando fuori i biscotti, sentendomi via via sempre più imbarazzata. Lui sgranò gli occhi e un sorriso trentadue denti gli illuminò il viso. - Biscotti! Grazie mille!-. - Magari non sono buoni, forse si sono pure sbriciolati e…- M’interruppi non appena diede un morso al primo biscotto, pronta a cogliere un qualsiasi segno di disgusto sulla sua faccia, ma non ne vidi. - Che buoni!- Esclamò leccandosi le briciole dalle dite – Quelli fatti in casa sono sempre i migliori!- Ricambiai il sorriso sentendomi più leggera, poi mi ricordai del secondo pacchetto e ripresi a frugare nella borsa. - In verità c’è un altro regalo-. - Un altro?- - Sì. Ecco, tieni-. Lui sembrava sinceramente sorpreso, e scartò il pacchetto con la cura di chi non ne riceve molti nella vita. Appena la carta cadde, rivelando una sciarpa verde, lui prese a saggiarla con le dita. - Ho pensato che s’intonava con i tuoi occhi-. Borbottai a disagio. Lui ricambiò il mio sguardo, poi si tolse quella grigia che aveva al collo e si mise quella che gli avevo regalato. - Com’è morbida- Mormorò affondandoci il viso. - Ti piace?- - Eccome. Non ho parole-. Sbirciai il suo viso ma sembrava sincero e profondamente commosso, con gli occhi lucidi. Ecco, pensai, è fatta. Mi alzai e mi stiracchiai soddisfatta. - Beh, allora siamo davvero giunti al capolinea- Commentai, notando una sfumatura triste nel mio tono. Abbassai gli occhi e incontrai i suoi, allarmati. - Vuoi dire che… Non ci vedremo più?-. Chiese titubante. - Non abbiamo più un motivo per farlo- Risposi, cercando di convincere anche me stessa. Kentin abbassò lo sguardo, poi lo rialzò con un espressione che non gli avevo mai visto. - Gli amici hanno bisogno di un motivo per frequentarsi?- Sentii gli occhi diventarmi lucidi dal sollievo, capendo che anche lui voleva ancora incontrarmi. Sorrisi raggiante e scossi la testa, risedendomi al mio posto e prendendo a chiacchierare, mentre il cielo diventava sempre più scuro.
   
 
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