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Autore: Meckenzie Moon    29/01/2015    1 recensioni
Rosemary Isobel Grey è una ragazza di sedici anni che vive nella città di Londra. Ambientata nel 1864 la storia presenta inizialmente un clima borghese fatto di frivolezze e di rispetto per l'etichetta da cui Rose fugge rifugiandosi nel mondo dei suoi libri. Orfana sia di madre che di padre Rose vive sola assieme alla sua cara balia e a suo zio. Destinata a un matrimonio con uno sconosciuto, di cui si innamora, Rose vuole ottenere un'avventura tutta sua e ci riuscirà grazie al suo carattere ribelle e al suo spirito di avventura che daranno una svolta decisiva alla storia rivelando la sua vera natura. Quale(?). Lo scoprirete se leggerete il mio racconto. Affiancata da creature mitologiche e mistiche come draghi, sirene, vampiri, da personaggi straordinariamente strani combatterà contro il male e assieme al suo grande amore Daniel dal cuore di ghiaccio. Ma solo per poco, perchè l'amore e la fratellanza vinceranno su tutto il male o forse no. Ci tengo a precisare che i vari capitoli sono frutto di una serie di sogni che ho fatto di recente e che ho deciso di scrivere. Spero vi possa piacere perchè le cinque isole del quadrifoglio vi stanno aspettando!!!
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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CAPITOLO 1
Contessina! Signorina Rose!! <>, si sentiva nei corridoi di casa Grey, beh se così si può chiamare, casa. Mentre Marykate e tutta la servitù era in preda al panico un’altalena appesa a una vecchia e saggia quercia portava sempre più in alto una che si può definire un buon partito per il proprio figlio.
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 Di bella presenza, educata  ma soprattutto ricca. Nel 1864 la gente non pensava ai sentimenti, all’amore bensì al potere. I soldi e una bella donna era tutto ciò che un uomo ottocentesco londinese doveva possedere. Ma questo non era quello che pensavo io. C’è stata solo una persona che mi ha insegnato questo dolce e tenero sentimento e quella persona era la Contessa Lady Diana, mia madre. Così amorevole e solare, accendeva tutti nella grande e vuota casa Grey che adesso si ritrovava con oltre trenta stanze da pulire, un gigantesco giardino attorno e due persone, o meglio una persona che ci viveva. Dalla morte dei miei genitori sono stata affidata alle cure dello zio, il fratello di mio padre. Lo zio Frederic era spesso in viaggio per affari. Anche se non si sa ancora come, mio padre aveva lasciato molti debiti da saldare e lo zio Frederic stava facendo il possibile. A prendersi cura di me durante i suoi viaggi era Marykate, balia da secoli nella casata dei Grey. Una fata madrina che veglia sempre su di te. Era lei che al mattino mi vestiva, non perché non sapessi farlo ma per una questione di etichetta, lei era solo la mia balia agli occhi della società. Per me voleva era molto di più. Una seconda mamma a tutti gli effetti. Nonostante gli sforzi, lo zio Frederic non riusciva a saldare tutti quei debiti e si vide costretto a prendere decisioni drastiche e a stringere patti con persone sbagliate e decisamente poco affidabili che sanno solo bramare potere e denaro. Trovò soluzione a tutti i suoi problemi nel Consigliere della Regina, un uomo avido e avvolto dall’oscurità della vendetta servita su un piatto d’argento. Grazie a lui avrebbe ottenuto il titolo nobiliare di duca, saldato tutti i debiti e l’onore della famiglia Grey sarebbe stato salvo dalla rovina. Io gli ero debitrice, per me subito dopo Marykate lo zio Frederic rappresentava una delle persone più care, quasi un padre. Il minimo che potessi fare era stare agli accordi, sposando uno di quei scapestrati dei figli del Consigliere della Regina. Un uomo davvero molto influente nella società ricca inglese. Ogni giorno mi preparavo per questo momento ma oggi stranamente non ero abbastanza pronta. Infondo stavo per sposare un perfetto sconosciuto. Credo sia una reazione del tutto normale.
 
<< Ahhh eccovi qui contessina, finalmente, dovevo immaginare che eravate immersa in uno di questi cosi, è ovvio, come potevate sentirmi, ma come vi è venuto in mente di venire qui dopo che ha piovuto per settimane >> disse Marykate con respiro affannoso, tutta infuriata ma allo stesso tempo sollevata per avermi trovato.
<< Cosi? >> le risposi quasi offesa. << Sono libri, dovresti provare a leggerli ogni tanto impareresti molte cose, scopriresti nuovi mondi, posti esotici, specie di animali mai viste sulla faccia della terra, coraggio, sacrificio, avventurieri dal cuore impavido, maestria con le spade, intrepidi duelli che ti trafiggono il cuore o ti fanno innamorare con la freccia di cupido ..>> continuai volteggiando intorno alla quercia e atteggiandomi a moschettiera.
<< Non sarebbe un problema se solo non fossi analfabeta >> scoppiò in una risata abbastanza contenuta, ma il suo contegno durò poco, una burbera signora col fazzoletto di seta sul naso, per ripararsi dai microrganismi presenti nell’aria, con cortese e autorevole voce rimproverò Marykate.
 << Che cos’è questo, è inaudito, una contessina del vostro rango, guardate come vi siete conciata tutta sporca di fango, in quanto a te Marykate ne riparleremo più tardi. Adesso sbrigatevi a prepararvi il Principino sta per arrivare >> disse Adolfa,la governante della casa, allontanandosi schizzinosa e agitando il fazzoletto qua e là per via degli insetti che con vista di drago solo lei riusciva a vedere.
Con uno sguardo di intesa io e Marykate ridemmo a crepa pelle e con tono scherzoso <<  Che cos’è questo, è inaudito! >> ripetemmo fino al susseguirsi di una risata dopo l’altra che ci hanno tenute ancora per un po’ a terra.
Tirando un forte sospiro per riprendersi da tutto quel movimento Marykate si ricompose e disse << Forza sbrighiamoci a prepararvi, il Principino ( così lo chiamavano per la sua bellezza) sta per arrivare >>.
Marykate aggiunse gli ultimi ritocchi finali tra cui un braccialetto di piccole perle in cui se ne alternavano altre color argento, oro e bronzo che un tempo è   appartenuto a mia madre, diceva che indossarlo per una occasione così importante mi avrebbe portato fortuna. L’agitazione che arieggiava nella mia stanza era così forte che non si sentivano nemmeno i continui lamenti di Adolfa. Quando Peter, il maggiordomo, annunciò l’arrivo del tanto atteso Principino. Tutto d’un tratto l’ agitazione dalla mia stanza si spostò ai piani inferiori della casa.
Lunghi capelli color rame scendevano come se fossero scale a chiocciola percorrendo la scia tracciata dalla mia schiena, un vestito rosa opaco mi nascondeva le gambe, gli occhi da vampira verdi coronati da uno spiraglio d’ambra, illuminavano delicatamente il mio volto pallido e olivastro.
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 Era arrivato il momento di ripagare lo zio per tutto quello che aveva fatto per me. Detto questo non significa che non avessi a cuore il destino della dinastia della famiglia Grey, nonostante ciò significasse diventare moglie, il che mi spaventava e molto. Ma il mio unico desiderio era solo avere accanto i miei genitori in quel momento così propizio. Consapevole del fatto che questo desiderio era del tutto irrealizzabile, quel giorno scesi le scale come la Regina di Inghilterra che tiene sollevata, fiera e orgogliosa, la sua mano e leggiadra nell’aria la fa ruotare prima verso destra e senza essere maldestra non completa il giro e ruota a sinistra e così via fino al trono. (L’unica differenza è che io stavo andando all’altare a soli sedici anni una cosa impensabile per noi persone del ventunesimo secolo). Elegante e raffinata ma soprattutto molto lentamente decisi di scendere quelle maledette scale che mi portavano dal Principino. Sentivo che una volta finita quella rampa di scale non ce ne sarebbero state altre e di conseguenza avrei cessato di essere la Contessina Grey. Mi fermai un momento e feci un profondo respiro, poi l’ultimo scalino segnò la fine della partita, i giochi si erano ormai conclusi, ammesso che prima si stesse giocando. Ed eccolo lì, che aspettava infingardo. Era presso poco più alto di me, ma non potevo dirlo con certezza dato che si era inchinato alla mia presenza. Non sembrava affatto un diciottenne, bensì neanche io dimostrassi la mia vera età per i vocaboli che usavo quando parlavo (almeno questo è quello che pensava Marykate). I suoi capelli erano di un biondo scuro lucente e i suoi occhi erano di un azzurro limpido, così intensi da potersi perdere dentro. Un mare nel quale sarei stata quasi contenta di affogare. Prese la mia mano e le diede un bacio, delicato come ali di farfalla, tra il metacarpo e le falangi come desiderava l’etichetta. Il cuore cominciò a battere all’impazzata e tra me e me pensai << se questo bacio così piccolo ha provocato dentro di me una tempesta, che cosa sarebbe successo se avesse osato di più >> sebbene questi pensieri non dovrebbero esistere nella testa di una sedicenne per bene come me.

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 Ma io ero diversa dalle altre, io ero nata sbagliata. Non ero classica ero originale e questo spaventa gli uomini. Bella da guardare difficile da domare. Infatti avevo la reputazione di essere un po’ ribelle e di essere diretta e concisa nelle cose. Quel pensiero mi portò indietro nel tempo, a quando i miei genitori erano ancora vivi. Mi ricordai una delle poche conversazioni che ebbi con mia madre. Ne rimanevo sempre affascinata dalle storie che mi raccontava su come aveva conosciuto mio padre, e di come si erano innamorati. Adoravo soprattutto la parte del loro primo vero bacio. Ma essendo ancora bambina in alcune fasi del racconto le facevo domande del tipo:
Come finiscono le farfalle nella pancia? Come ci arrivano?
Come fanno a sapere il quando è il momento giusto per spuntare fuori?
O forse non spuntano così dal nulla ma nascono dentro di noi piano piano?
Oppure facevo affermazioni come:
Se fa così male io non mi innamorerò mai!
Io al posto delle farfalle sento gli ippopotami mamma. Sono forse ammalata?
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A interrompere questi flashback fu una voce seducente, << Sono Daniel Stratford piacere di fare la vostra conoscenza contessina >>.
<< Il piacere è tutto mio >> risposi arrossendo inconsciamente sulle guance. Mi scortò in salotto dove lo zio Frederic e il Consigliere stavano firmando l’accordo. La cosa che mi infastidiva non erano le persone in se ma la loro contentezza in un giorno che per me non lo era affatto. Ma a rendere ancora più insopportabile quel momento era il falso sorrisetto nell’angolo della bocca del Principino. Come faceva ad essere così tranquillo, come poteva concedersi così senza lottare, davvero non gli importava nulla di sposarsi e di  andare a vivere con una sconosciuta. Sembrava talmente abituato e disinvolto a situazioni del genere e questo accrebbe il mio imbarazzo nei suoi confronti. Se io in quel momento rappresentavo l’ancora di salvezza della famiglia, allora chi avrebbe salvato me da una vita falsa, ipocrita e infelice. Non ebbi modo di rispondere a tutte quelle domande che mi ronzavano in testa che i miei pensieri vennero nuovamente interrotti. << Firma qui >> disse zio Frederic. Il ghigno soddisfatto sul viso del Consigliere era inquietante e insopportabile. In realtà tutto in quella stanza lo era. Finito di firmare il contratto di clausura dall’amore vero mi venne concessa una settimana di tempo per organizzare le nozze concordate. Inserito nel contratto c’era una sorta di regolamento, una serie di regole che dicevano come avrei dovuto comportarmi una volta diventata sua moglie. Solo a leggere la prima mi veniva la nausea:
  1. La futura Duchessa deve sempre abbassare lo sguardo quando parla col Consigliere;
  2. Alla futura Duchessa è concesso tornare a casa solo nei periodi di festa;
  3. Entro un anno dal matrimonio dovrà dare alla luce un discendente maschio, forte e sano, che possa essere degno di portare il nome Stratford;
  4. La futura Duchessa non dovrà mai contraddire il Consigliere o suo figlio e interferire in questioni politiche;
  5. Egli cambierà nome in uno più appropriato per il ruolo che ricoprirà nella società. Il nome verrà scelto dal figlio del Consigliere in quanto futuro marito e erede del patrimonio Stratford …
Era evidente che avevano preso precauzioni nei confronti del mio carattere. Se la mia pessima e originale reputazione era arrivata fino a Città Alta come avrei potuto affermarmi nella società un volta diventata sua moglie. Tutto questo era un incubo da cui volevo svegliarmi ma qualcosa me lo impediva. Un mostro sotto al letto non mi lasciava in pace e infondeva paura e oscurità dentro di me. Più andavo avanti a leggere e più le regole si facevano assurde e prive di alcun significato logico che poteva essere interpretato dalla mia mente.
Svegliati! Svegliati Rose. Purtroppo non era un sogno. Esso stava per diventare il peggiore dei miei incubi.
 
   
 
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