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Autore: Bidirezione    29/01/2015    1 recensioni
Almeno una volta a settimana si presentava da me sbronzo da morire, ciondolando nel giardino e piombandomi addosso sui primi gradini di casa; avevo preso l'abitudine di lasciare il cancelletto aperto e a volte pure la porta d'ingresso, se per caso mi trovavo impossibilitato a raggiungerlo in tempo.
Non era uno sbronzo felice, Sasuke. O almeno, non quando beveva davvero troppo.

Sasuke si presenta sbronzo quasi ogni sabato notte a casa di Naruto, in questa Raccolta Naruto vi parlerà di questi sabati notte e di altri, dettati dai desideri, capricci, tristezze, dolori ma anche risate e sproloqui di un Sasuke sofferente e ambiguo e assieme forse scopriremo cosa sta dietro a tutto questo dolore, che genere di vita conducano entrambi, che genere di epilogo li attenda.
[NaruSasu, SasuNaru, angst, tragicomico.]
Genere: Angst, Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Nessun contesto
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Salve gente, non dico niente sul ritardo...che è meglio. Piuttosto mi scuso, inchinandomi a Voi che avete dovuto attendere così a lungo. Spero con questo capitolo di ripagare almeno un poco le vostre attese... Che dire, è un capitolo diverso, non si tratta di un sabato! Non svelo altro ;) Buona lettura, grazie a quanti stanno seguendo questa storia *__*
Bidirezione



Una giornata perfettamente normale.

Avevo sempre ascoltato le canzoni di un autore che ai più non era mai piaciuto, e con i più intendo quelli della mia generazione. “Che schifo”, “Ma che è sta roba melensa?” “Vogliamo parlare dei testi?” tutte domande che mi ero sentito fare ogni volta che avevo proposto qualche canzone di questo autore ai miei amici, conoscenze o chicchessia. Fino a che avevo deciso di tenermelo per me, il mio cantante preferito, perchè tanto nessuno ci capiva un accidente. Quello che vedevo io sentivo io nelle sue canzoni nessun altro lo vedeva, se non quelli forse come me perchè legati a qualche ricordo che, in una maniera o nell'altra, aveva avuto quella determinata canzone di sottofondo. Così avevo preso ad ascoltarlo con le cuffie nelle orecchie o a pieno volume nella “sala della musica” del nonno al piano di sopra. Gelosamente ascoltavo canzoni che arrivavano a toccare corde di me che nessun altra cosa al mondo – nemmeno Sasuke - riusciva a toccare.
Si trattava di vera e propria musicoterapia.
“Non è che vuoi entrare in qualche specie di trance mistica tu?” mi domandò un giorno il nonno trovandomi steso sul divano, chiuso dentro nella saletta con la canzone preferita del mio album preferito del mio autore preferito a pieno volume. Avevo le lacrime agli occhi quando risposi che “Musicoterapia, nonno. Non la trovi una cosa figa?”
Nonno non mi rispose e scosse la testa mentre usciva dalla stanza, dimenticandosi di chiudere la porta. Avrei voluto chiedergli se a lui quell'autore piaceva, stavo quasi per rincorrerlo perchè dopotutto era la mia ultima possibilità di trovare qualcuno per cui quell'autore valesse come valeva a me, ancora più di tutto l'oro del mondo; ma le noti trascinanti e malinboniche della canzone mi fecero rimanere incollato al divano e quella domanda non gliela feci mai più, anche se avevo un sentore che a lui quell'autore in un modo o nell'altro lo conoscesse, gli fosse familiare.
Avevo la sicurezza, mentre mi lasciavo cullare da certe canzoni, di ritrovare una casa, una famiglia, un'atmosfera che avevo avuto in passato. E mi si scioglieva quel groppo alla gola che spesso mi mozzava il respiro e incominciavo a piangere come un bambino.
Avevo quindici anni quando scoprii che certe canzoni ti riportano indietro negli anni, nei ricordi, tolgono da te ciò che c'è di oscuro, oltre che di positivo, mescolandoli a volte, creando mix letali eppure benefici.
Scendevo giù in cucina dal nonno più leggero e più riposato, seppur stordito a livelli incredibili, visto quanto se la rideva il nonno mentre lo aiutavo ad apparecchiare la tavola.
“Ti va di mangiare uova?”
“Uh si, ideona!”
Ma poi cominciavo a parlare delle solite cose col nonno e anche la più remota, ultima, possibilità di porre quella domanda al mondo veniva meno.
Io e quell'autore eravamo definitivamente destinati a rimanere legati senza che il mondo potesse intromettersi.
Cominciò così la mia dipendenza dall'autore della mia vita.
A ripensarci ora, a 14 anni ero un ragazzino proprio strano.
Musica malinconica e soave, testi semplici metaforici ed infantili, grandi cori gospel o sussurrati, simpatie di giochi linguistici: ecco tutto ciò che adoravo in un brano musicale.
Eppure quel mix mi piaceva: toccava cose dentro me, l'ho già detto, cose che avrei scoperto meglio più avanti.
La vera musicoterapia sarebbe arrivata molto, molto più avanti.
All'epoca ero esclusivamente un bambino strano, che andava in cerca di emozioni nella sua stessa casa, in compagnia di se stesso.

Tutto qua.



« Che ci faccio qui? »
Guardai Sasuke c0n l'espressione più sconfortata di cui ero capace, roteando poi gli occhi in giro per il corridoio gremito di persone.
« Me lo sto chiedendo anche io, in effetti. »
Riflettei intensamente sul fatto che mi trovavo in una sede universitaria, o meglio: nell'università che frequentava Sasuke. Stavo aspettando facesse l'esame.
Aspettavamo da quaranta minuti e del professore neanche l'ombra. La gente attorno a noi sembrava dovesse andare al patibolo o a combattere tra gladiatori, l'atmosfera era così tesa che avevo tutto un brivido lungo il corpo. Fortunatamente c'erano quei due - tre individui con un'aurea più tranquilla che guarda a caso erano in piedi vicino a me e Sasuke. Con un ragazzo col codino ci avevo pure parlato un po', ascoltando come se ne sapessi qualcosa il suo affermare che la materia che aveva studiato per quell'esame era stata la cosa più noiosa che avesse mai incontrato dopo la sua fidanzata.
Mi faceva strano trovarmi in quell'ambiente, e all'inizio mi ero sentito davvero a disagio: tutti studenti prossimi alla laurea e io in università non ci avevo mai messo piede prima! E soprattutto l'ultima volta che avevo studiato davvero qualcosa era stato per l'esame di maturità, due anni e mezzo prima.
« Ma sono andati a farsi l'aperitivo? » domandai cercando lo sguardo non solo di Sasuke ma pure del ragazzo col codino, che mi pareva si chiamasse Shikamaru. Questi ridacchiò appena annuendo, poi alzò le spalle e « un classico.» disse con aria stanca.
Tornai ad osservare Sasuke che sul volto dall'espressione composta tradiva un velo di ansia, glielo notavo dal modo in cui socchiudeva le labbra o risucchiava le guance, dagli occhi un po' troppo spalancati. Non sapevo come confortarlo in una situazione del genere, perciò dissi la prima cosa che mi passò in mente.
« Andrà bene, vedrai »
Ovviamente non feci altro che irritarlo di più.
« Ovviamente non serve che me lo dici tu. » sussurrò senza farsi sentire da Shikamaru che comunque aveva preso a fissare fuori dalla finestra, perso in chissà quali pensieri.
Mi faceva strano pure vedere Sasuke nell'ambiente che lo aveva rubato un po' a me in quegli ultimi due anni. Il suo seguire i corsi era stato un po' uno choc i primi tempi, abituato come ero a vederlo ogni giorno. Ma poi avevo preso a lavorare a tempo pieno dal nonno in agenzia e lo choc era stato sostituito da un senso d'abitudine e dalla certezza che ci saremmo visti ogni weekend.
Credo che pure per Sasuke i primi tempi di allontanamento da me furono non facilissimi; a volte metteva dei bronci incredibili senza apparente motivo, quando ci rivedevamo il sabato pomeriggio o sera, e poi venivo a scoprire che era perchè non avevo risposto a un suo messaggio e inutilmente gli dicevo che era perchè all'agenzia non avevo un minuto. Sia chiaro, non me lo dava a vedere che gli mancavo, non sarebbe stato da lui, ma quei bronci e certi suoi sabati possessivi mi avevano sempre fatto capire che all'effetto della lontananza non era estraneo nemmeno lui. C'erano dei sabati notte in cui il suo corpo parlava da solo, si trattava di quelle volte in cui mi sentivo desiderato in una maniera così appagante da farmi dimenticare di colpo tutta la stanchezza e la frustrazione di un'intera settimana passata lontano da lui e vicino ai problemi fastidiosi della quotidianità lavorativa.
A ripensarci ora, realizzo che mi sentivo come un papà che per un motivo o per l'altro si ritrova nella scuola dove il figlio studia.
« Ecco mi pare stiano arrivando. »
Arrivarono i professori in smoking, o meglio, come avevo appreso, il professore e i suoi due elegantissimi assistenti. Entrarono nell'aula di fronte a dove ci trovavamo noi per uscirne subito dopo a fare l'appello.
Sapevo che Sasuke era il primo della lista, poiché il giorno in cui si era iscritto on-line all'esame era uno di quei sabati in cui eravamo tranquilli a casa, lui sobrio io mezzo annientato dal sonno. Ma per qualche strano (ma da quelle parti
classico caso del destino) si ritrovò sesto.
Mi colpì il modo in cui Sasuke non protestò in alcun modo alla lista improvvisata che il docente fece la lista scegliendo la gente a caso nel gruppetto che si era formato di fronte a lui. Fui lì lì per protestare io quando una tipa dai capelli rossi e dall'aria antipatica passò avanti a Sasuke che stava per dire il proprio nome quando il professore lo aveva guardato per dirgli di presentarsi.
Mi venne da sorridere.

« Che è quel sorrisetto? »
Sasuke mi guardò con odio, appena la gente intorno a noi fu scemata a causa dell'inizio dell'appello. In pratica quel giorno il professore avrebbe esaminato dieci persone, quindi a parte i curiosoni nel corridoio eravamo rimasti io, il ragazzo col codino, un amico di questi, e delle ragazze troppo chiassose (tra cui la tipa rossa di poco prima).
Quel giorno appresi un sacco di cose su come funzionano le cose in università.
Mi sentivo così sciocco!
« Nulla, nulla, però ti passano davanti noto... »
La tipa rossa udì le mie parole e subito si mise a confabulare sotto voce con una ragazza castana al suo fianco, lanciandomi occhiatacce di sottecchi. Le mostrai la lingua e così lei mi diede le spalle
«... questa è l'università, Naruto. Mica l'asilo. »
Di certo Sasuke era nervoso, ma di un nervosismo diverso da quello che gli conoscevo. Un nervosismo più normale, che accomunava un po' tutti gli esseri umani davanti ad una prestazione di quel genere, perciò non mi preoccupò quel nervoso. Anzi, sapevo che non avrebbe fatto altro che aiutarlo a prendere un voto altissimo. Dopotutto Sasuke aveva la media altissima, checchè ne dicesse quella merda di suo fratello.
Ad ogni modo alta era l'ansia perchè aveva il chiodo fisso del risultato da
mostrare a suo fratello: questa era una cosa che non potevo tollerare ma a parte qualche volta non gli avevo detto nulla. Spiegargli che il voto lo doveva prendere solo per sé era inutile.
Non era stato facile giungere in università quel pomeriggio, a causa di questo gran nervoso di Sasuke. Avevo rischiato di incendiarlo già da metà mattina quando mi ero presentato a casa sua con uno sbadiglio che mi bloccava la mascella. Mi aveva odiato: gli mettevo sonno! E non poteva permetterselo. Inoltre avevo dimenticato di far benzina alla macchina e la fermata al primo distributore disponibile era stata per Sasuke un colpo al cuore. Quanto me ne aveva dette! Stavo per bloccare la macchina e farlo andare all'università da solo ma poi mi ero reso conto che era fuori dalla mia portata fare un'azione simile e quindi avevo impostato la prima marcia e sgommai fuori dal distributore.
« Pensa che è il tuo quasi ultimo esame! »
« Me ne manca ancora uno dopo questo, coglione. »
Inutile, erano cinque ore ormai che qualsiasi cosa dicessi non andava bene. Cominciavo seriamente a innervosirmi anche io, quindi tirai fuori il cellulare e mi misi a giocare con un gioco di memoria stupido.
Sasuke prese a fissarmi senza interruzione.
Quel giochino di memory era un mio vizio, dovete sapere. Diciamo che era un po' il mio scaccia-pensieri, il mio antistress. Nonostante non arrivassi che al terzo livello quasi sempre, perdermi a giocarci rappresentava recuperare un po' di solidità mentale. A volte mi aiutava anche ad estraniarmi da un ambiente che mi metteva a disagio.
Di certo però sembravo un idiota poiché era un giochino con i tasselli raffiguranti del cibo, una cosa molto da bambini. Del tipo che dovevo accoppiare delle brioche con delle brioche e dei gamberoni con dei gamberoni, ecco. Potete immaginare come Sasuke odiasse quel gioco.
« Dopo dobbiamo passare a prendere tuo nonno? »
Sasuke che mi faceva una domanda era cosa più unica che rara, specie in quella situazione, ma visto che stavo giocando a quella “merda” come la chiamava lui e che l'ansia gli giocava brutti scherzi la vidi come una cosa normale e col mio più grande sorriso chiusi il gioco al terzo livello e risposi che sì, dovevamo passare a prendere Jiraya visto che eravamo da quelle parti...nonno era andato a trovare un suo vecchio amico non molto lontano da dove ci trovavamo noi, ci era andato in corriera al mattino presto, avendo io la macchina.
« Sperando non finiate a mezzanotte. » aggiunsi cercando uno sguardo complice dai presenti, che ricevetti dal ragazzo col codino.
« A quanto pare però è il mio turno. » disse questi e mentre lo diceva sembrò davvero stanco e tristemente sorpreso. Lo vidi afferrare la sua borsa da terra e entrare a testa bassa e ciondolante in aula, mentre vi usciva il suo amico un po in carne che aveva appena sostenuto l'esame.
Venni colpito per la seconda volta da una cosa: dal modo in cui Sasuke si avvicinò al ragazzone e cominciò a fargli quesiti su cosa gli avesse chiesto il professore.
Quei lati di Sasuke mi impressionarono. Asociale, timido, chiuso, arrivista? A me sembrava tutt'altro da quello che lui stesso diceva di sé grazie al lavaggio di cervello di quella strega di Itachi.
Era un Sasuke inedito quello che mi si presentava, al di là delle arrabbiature con il sottoscritto (la normalità). Una persona perfettamente integrata col suo ambiente, ecco.
Ne fui felice. Talmente tanto felice che cominciai anche io a intromettermi nella conversazione tra i due, fino a salutare con una pacca sulla spalla quel ragazzone che scoprii chiamarsi Chouji quando ci disse che doveva andare a prendere il treno.
« La tua fisicità non ha limiti. » mormorò Sasuke quando rimanemmo soli vicino alle finestre. Mi guardò con un sorrisetto di compatimento, ma non sembrava poi così sconfortato da quella mia manifestazione di solarità e fisicità con gente sconosciuta.
« Mi ispirava quel tipo, sai come è. »
Sasuke ridacchiò.
«...in che
senso? » mi chiese avvicinandosi a parlarmi con la bocca all'orecchio.
Sembrava si fosse dimenticato di dove si trovasse per qualche istante.
Mi sentii particolarmente ispirato dalla situazione e mi chinai a mordicchiargli un orecchio, per poi addossarmi alla parete già con le braccia a mo' di difesa per il sicuro attacco che il buon tempestivo Sasuke mi avrebbe sferrato.
« Cazzo fai? » ringhiò ma non mi diede alcuna botta, anzi si distaccò da me di un passo andò a controllare se per caso si vedesse qualcosa dalla porta semi aperta dell'aula dove si stava svolgendo l'esame.
Sembrava tutto composto nella sua tenuta elegante da esame, il suo passo sicuro e la schiena bella dritta, ma sapevo che in quel preciso istante stava sudando come fosse estate nella sua camicia bianca stirata fin troppo bene dal fratello e che le spalle nascondevano una tensione non poco piccola.
Lo avevo colto decisamente di sorpresa con quel morso che, tra l'altro, mi aveva eccitato non poco. Ma fortunatamente nessuno notò niente, poichè mi ero subito girato verso la finestra e avevo preso a guardare fuori, per distrarmi, anche se il pensiero di un Sasuke che non si era accorto di star usando un po' troppa
complicità con me davanti a tutti mi stuzzicava al punto da farmi sorridere come un ebete alla vetrata.
« E' il mio turno, idiota. »
Poco dopo sentii un respiro caldo sulla nuca, mi rivoltai di scatto e lo trovai pallidissimo e con gli occhi sgranati.
Era incredibilmente terrorizzato, lo sapevo e per questo mi venne da sorridere: Sasuke Uchiha che si faceva prendere dal panico prima di entrare nell'aula di un esame!
Probabilmente questa fu l'unica cosa giusta che feci in quelle ore d'attesa all'esame, visto che Sasuke acquisì colore nelle guance e gli occhi si assottigliarono di colpo. Mi diede un calcio su una caviglia e poi sgusciò via oltre la porta che richiuse con troppo rumore alle sue spalle.
Lo avevo distratto e fatto tornare in sé dopo la chiamata del professore, facendolo arrabbiare certo, perchè avevo riso di lui, ma avevo fatto la cosa giusta, tirando fuori uno dei miei sorrisi più ingenui, quelli che mostro solamente quando qualcosa davvero coglie la mia attenzione.
A pensarci ora: quanto era
normale tale giornata? Era da un sacco di tempo che non vivevamo del tempo assieme con gli altri, in un ambiente ricco di persone e stimoli sociali, che non vivevamo all'infuori di noi. E' una constatazione che mi fa fremere di tristezza, perchè so che non ce ne furono altre per lungo tempo, poi, di giornate così normali, di giornate come quelle della maggioranza delle persone, forse.
Rimasto solo guardai a lungo la porta socchiusa davanti a me e tirai le orecchie più che potevo ma non riuscii ad ascoltare alcunchè di ciò che il professore stava chiedendo al mio Sasuke, perciò venni preso da uno strano moto di ansia e mi rimisi a giocare a memory sul telefonino, stringendomi nelle spalle ed appoggiandomi alla parete fredda.
Aspettare un amico che fa un esame... tutto così
fottutamente normale. Eppure prima e dopo quell'esame era e sarà l'inferno.
Mi si prospettava un pomeriggio buono, molto buono, nel quale Sasuke sarebbe stato al settimo cielo per via del voto ricevuto e sapevo che dovevo far tesoro dei sorrisi della felicità che Sasuke mi avrebbe mostrato, eppure sapevo che non ci sarei riuscito poiché il pensiero di quanto fosse assurdo che lui dipendesse da un voto
– da suo fratello – mi avrebbe continuamente continuato a balenare per la testa, infastidendomi, distraendomi dalla felicità – seppur finta – di chi amavo.
Perciò sì abbracciai con trasporto Sasuke, appena arrivammo dietro l'angolo dove nessuno ci potesse vedere, quando uscì dalla stanza d'esame; perciò sì gli dissi che era un grande e mi feci offrire da bere, ma le mie frasi, il mio sorriso continuò a suonare troppo teatrale, stanco, sbiadito.
Avevo paura della felicità di Sasuke, di qualsiasi forma di felicità potesse trattarsi. C'era sempre il buio dietro le porte. Sempre.
« Stasera dormo da te, deciso. »
Mi voltai a guardarlo stupito, una volta salito in macchina.
Avevo sentito bene? Era mercoledì!
« Ma c'è il nonno... » biascicai riuscendo solo a pensare al fatto che effettivamente il nonno in quei giorni si trovava a casa per fare un po' il punto della situazione all'agenzia.
Mi si era inaridita la gola, e non solo a causa del troppo parlare lungo il tragitto verso il parcheggio dall'università o nel bar. Ero stato colto talmente tanto di sorpresa che ero rimasto a bocca aperta, e poi avevo respirato di bocca per non soffocare.
Nessuno mi ha più stupito come Sasuke.
« E non ti pare le cose siano più interessanti, così? »
Annuii immediatamente girandomi per non dargli a vedere le guance rosse.
Erano momenti di felice stupore, mi accontentavo e ci accontentavamo di poco, dopotutto.
Avremmo fatto l'amore tappandoci la bocca l'un l'altro per non farci sentire dal vecchio, sepolti sotto ad un mucchio di lenzuola, proprio come una volta, come quando avevamo sedici anni.
Mi salì un brivido lungo la schiena a pensare che davvero avremmo fatto l'amore avvinghiati come due adolescenti che non vogliono farsi scoprire, a reprimere le urla di piacere l'un con l'altro.
Sarebbe stata una nottata memorabile, se solo avessi potuto godermi in pieno almeno quella! Dannato pensiero! Dannato Sasuke che dipendeva da un voto! Da un cazzo di giudizio! Dannato Sasuke che aveva risposto alla chiamata di Itachi e gli aveva detto il voto, dannato Itachi che non era capace di essere falso e aveva messo su un tono falso che l'avevo sentito persino io vicino a Sasuke mentre gli faceva i complimenti e gli diceva “Va' a divertirti”.
Dannato me che non ero capace di sbattermene e di godermela e basta quella situazione idillica che mi si prospettava con un tuffo nel passato più bello.
Dannato pensiero.
Quando ripartimmo ero già che cantavo sulle note della mia canzone preferita, “Senza di te”, di quel famoso mio autore del cuore di cui vi ho parlato poco fa e Sasuke era già a minacciarmi di morte se non tiravo fuori quel “cd indecente” e mettevo su una “buona radio”.
Ero già tornato il Naruto solito, quello scanzonato che tutti conoscono, persino Sasuke conosce ancora.
Eppure dentro avevo l'inferno. Si specchiava nei miei occhi all'incontrario, dentro me. Mi diceva, l'inferno, che stava per arrivare.
Ero in preda ad un'illusione ormai, vivevo così.
Disillusioni e illusioni. Che fine avrei fatto?
Intanto avrei fatto l'amore, almeno questa certezza un po' sciocca in testa.
Sì, avrei fatto l'amore.



   
 
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