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Autore: Paperback White    31/01/2015    3 recensioni
Storia ispirata al film Backbeat, che ho revisionato e migliorato, a distanza di un anno dalla sua prima stesura.
Uno spaccato della vita di due personaggi realmente esistiti, John e Stuart, pronti ad accogliere tutto quello che la piccola cittadina ha da offrigli, venendo a capo dei sentimenti che provano l'uno verso l'altro.
AVVERTENZE: Lenncliffe (John/Stuart)
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Astrid Kirchherr, John Lennon, Stuart Sutcliffe
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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La vita ad Amburgo tra gli anni '50 e '60 era una vita piena di sregolatezze.
Sesso e droga erano i due punti cardine della vita dei giovani amburghesi che si divertivano a lasciarsi andare in qualsiasi modo. Ogni perbenismo e inibizione scompariva, e loro si davano senza problemi ai piaceri della carne e delle sostanze, che accentuavano i loro sensi.

La guerra era finita da anni, e la società europea era ormai in ripresa: il ricordo delle bombe e il rumore delle pistole erano immagini sfocate nella mente dei ragazzi, che avevano assistito a tutto ciò rinchiusi nei bunker, oppure fuggendo da una parte all'altra della città, con le madri che li proteggevano, premendoli contro il proprio petto per nascondere quella miseria ai loro occhi.
Così, quei bambini erano cresciuti, lasciando alle spalle quei terribili momenti, ed erano oggi dei giovani uomini e delle giovani donne, desiderosi di vivere al massimo quegli anni così spensierati.
E la spensieratezza, nella mente giovanile, equivale anche al sesso.

Tutte le più profonde pulsioni fisiche erano state accantonate e messe da parte negli anni della tragedia, ed ora che le loro esistenze non erano più in pericolo, uomini, donne e ragazzi sfogavano i loro più bassi istinti. Si nascondevano dietro delle maschere, mostrando alla luce del sole solo quello che poteva essere accettato. Ma, quando sorgeva la notte, il buio accompagnava le danze sfrenate di quei corpi, che tra alcool e pasticche trovavano un modo alternativo per divertirsi.

Tutti conoscevano i passatempi che offriva la Grosse Freiheit, e tutti sapevano che non era il posto adatto in cui farsi vedere. Per questo, scappavano come piccoli insetti impazziti, prima che il sole fosse alto nel cielo, spargendosi per le vie della città, e ritornando a recitare il loro ruolo.
Ma, vi era anche chi non aveva alcun interesse a nascondersi.

Come quei cinque ragazzi che da qualche mese alloggiavano in una stanzetta di un cinema, una delle camere più sporche e sudice esistenti, dove erano stipati come bestie, e consumavano qualsiasi cosa, dai pasti, dai sonni agitate, alle notti in dolce compagnia.
Erano inglesi, abituati a vivere nello stesso mondo delle apparenze, i cui diversivi erano maggiormente celati alla vista di tutti.
Per loro quindi, quel posto era come un piccolo paradiso privato: donne pronte ad aprire le gambe al minimo schiocco di dita, pillole che ti facevano schizzare per tutta la notte, e soprattutto, potevano suonare tutto quello che volevano.
Assomigliavano in tutto e per tutti a degli scarafaggi: sporchi e malconci, che zompettavano dal palco alle molle del letto, famelici, cercando di saziarsi con quello che veniva offerto loro.
Spesso avevano condiviso insieme quei momenti, scambiandosi cibo, droga e donne, in un orgia infernale che non aveva fine.
Avevano appena vent'anni e sognavano la gloria, un palco dove esibirsi, con ragazzine urlanti il loro nome, quel nome che rimembrava esseri disgustosi, e al tempo stesso rievocava il battito, il ritmo, la musica: The Beatles.
Cosa poteva fare per i Beatles, una città come Amburgo? Due erano le opzioni: poteva distruggerli, sfiancarli, e allontanarli dalle scene, o poteva motivarli, insegnargli a sapersi muovere sul palco, a farsi notare anche da chi non vuole sentirti perché non hai due tette e un bel culo.

Tra questi cinque, due erano particolarmente legati.
John e Stuart.
Si erano conosciuti qualche anno prima, frequentando entrambi l'accademia d'arte, e legandosi in pochissimo tempo.
Eppure a vederli, non potevano apparire più diversi.
Stuart era un ragazzo più riservato, col classico fascino da artista, preso spiritualmente e intellettualmente dal mondo dell'arte, della tela e dei colori. Era bello, con quei lineamenti nordici, così perfetti, come se quel volto fosse stato scolpito appositamente per esprimere il vero concetto di "bellezza".
John invece, era più tormentato, spavaldo e sbruffone. Non era perfetto come il suo amico, con un naso aquilino che troneggiava sul suo volto, ma aveva un sorriso enigmatico, attraente ed espressivo. Era un'artista anche lui, che amava perdersi dentro una melodia, pizzicando le corde della sua chitarra per trasportare la sua mente in un luogo diverso, dove poteva vivere sereno.
Eccoli qua, Sutcliffe e Lennon, la strana coppia.
Tutti erano sorpresi nel vederli insieme, come se ci fosse qualcosa di sbagliato in quella amicizia.
Le diversità sono uno sbaglio? Per loro non era così: era in quel modo che si arricchivano l'un l'altro, giovandosi della compagnia dell'amico, e arrivando ad imitare comportamenti e modi di dire.
Se a Stuart questa loro differenza andava bene, John sentiva il bisogno di trovare un piano comune su cui confrontarsi.
Perché? John non sapeva rispondersi: sapeva solo che doveva mantenere un contatto con Stuart, per non allontanarlo.
Ne aveva già perse troppe di persone, nella sua vita.

E quel punto d'incontro, fu la musica.
Stuart aveva sempre sostenuto il talento di John, ma non era davvero interessato a suonare. Sentiva che l'unico strumento che potesse tenere in mano era il pennello, e non quella Fender, che John gli costrinse a comprare con i soldi della vendita di un quadro.
-Paul, digli che non è il caso...- lo pregò il ragazzo, chiedendo il suo appoggio.
-Lo sai com'è fatto John, vuole che tu faccia parte del gruppo...- sottolineò il ragazzo, come se fosse estraneo a quella decisione -Ma tranquillo, ti aiuterò io ad imparare-
Se John Winston Lennon decideva una cosa, nessuno poteva discutere.
E quindi eccolo là, il povero Stuart, su quel palco vicino a Pete, George, Paul e John. Si sentiva davvero fuori posto.
Come dirglielo? Non poteva deluderlo.
E così, per amore del suo amico, non disse nulla.
Se questo rendeva felice John, si sarebbe sforzato, e lo avrebbe accompagnato ad ogni esibizione, facendo di tutto per contribuire al suo sogno.
-Insieme arriveremo alla fama, conquisteremo il mondo-
Era quello che amava ripetergli, con gli occhi che brillavano, guardandolo con intensità.
-Amburgo quindi? - ripeté Stuart a voce alta -Sembra un buon posto per iniziare-
John annuì, afferrando la bottiglia di birra che aveva accanto a lui, e facendola tintinnare con quella che aveva in mano il suo amico.
-Sarà uno sballo! - gli promise John.

Ed eccoli li, nel luogo dove tutto doveva avere inizio. Oppure una fine. Perché spesso, è dalla fine di qualcosa che nascono le novità.
E quello era decisamente la fine della vita che conoscevano: erano fisicamente ed emotivamente distrutti.
Stuart non era più sicuro di aver preso la decisione giusta, nonostante John lo incoraggiasse a continuare. Lui non era tagliato per quel mondo, lui non era bravo come John, che attirava tutti gli sguardi su di se, e ti rapiva appena vibrava quelle corde e intonava una canzone al microfono.
Era il piccolo Stuart Sutcliffe, e aveva il suo mezzo per comunicare. Un mezzo muto, che non necessitava di urlare per farsi sentire, accarezzando dolcemente i tuoi occhi.

Fu quando aveva perso ogni speranza che incontrò lei. Bella, bionda, con lo sguardo serio e una sicurezza insolita, vista la sua giovane età.
Astrid Kircherr.
Giovane fotografa, esponente del gruppo Exi, che amava vestirsi di nero e leggere i versi di Satre. Anche lei, come Stuart, comunicava attraverso un foglio, una pellicola invece che una tela, ma poteva comunque capirlo.
Cosa in cui John non era riuscito.
Anche lui era rimasto abbagliato dallo splendore di quella donna, sperando di poter vedere cosa nascondessero quei pantaloni scuri.
Ma Astrid era attirata dalla stonatura del gruppo, Stuart.
Oh, non che questo rendesse la partita facile al giovane pittore: Astrid non era una delle puttanelle che si erano portati a letto, non bastavano moine e una canzone per poter entrare dentro di lei, ci vuole intelligenza, personalità, e passione.
E per questo, la conquista di quella ragazza assunse un sapore nuovo per Stuart.
John vi rinunciò quasi subito, consolandosi tra le labbra e le cosce di qualche altra tedesca, mentre scriveva lettere d'amore alla sua Cynthia.

Astrid fu come l'acqua nel deserto per Stuart: lo incoraggiò a fare quello per cui era davvero portato, senza seguire quello che voleva John.
Perché doveva accontentarlo? Perché doveva farsi plasmare da lui? Credeva di non venire accettato dal suo amico?
Astrid lo fece riflettere sulla sua amicizia con John, ponendogli forse una delle domande più spaventose che avessero mai fatto a Stuart. 

Perché hai così tanto bisogno di John, da arrivare al punto di annullare te stesso pur di averlo vicino?

Stuart non rispose alla domanda, ma questo non fu un problema per Astrid.
Ormai si era innamorata di quel ragazzo che si nascondeva dietro le lenti scure dei suoi Ray-Ban.
E Stuart si fece amare da lei, dimenticando quella domanda.
E John? Lui rimase a guardare. Sperando che, una volta toltosi lo sfizio, quella biondina fastidiosa sparisse.
Ma, ad andarsene, fu solo Stuart. Prima lasciò la loro "casa", le quattro mura schifose che avevano accompagnato i loro sospiri eccitati, e poi, lasciando quello che li aveva portati li, il gruppo.

Stuart aveva lasciato i Beatles. Stu, se ne era andato.

E ha portarlo via, era stata lei: quella stessa maledetta tedesca che leggeva la sua anima come se fosse un libro.
-Io non ti sono simpatica- gli disse un giorno, con la sfrontatezza con cui era solita parlare.
-Mi piaceresti molto di più senza quei vestiti addosso- rispose John.
-Smettila di fare il cojone- rise lei -Non è me che vuoi farti, ma Stu-
John, infuriato, sbatte un pugnò sul tavolo, scaraventando la sedia a terra.
-Ma cosa cazzo dici?! Mi hai preso per un finocchio? - la rabbia che ribolliva dentro, mentre la fissava con odio.
Lei non si fece intimorire da quello sguardo, affrontando quello che lei stessa aveva creato. Era lei a farlo soffrire, e doveva cercare di prendere il peso di quel dolore. Ma John non era tipo da ammettere anche la verità più evidente, se non gli andava a genio. E così, si tenne tutto, ingobbendo la propria anima sotto quella disperazione, e trasformandola in apatia.

Così, mentre Astrid era allegra e passionale, John divenne freddo e scontroso con Stuart.
E lui, non poteva accettare tutto questo.
Voleva Astrid, l'amava e la desiderava, ma non poteva perdere John.
Come riparare? Come stringere a se quel ragazzo, che sembrava ormai uno sconosciuto?

Questi pensieri accompagnarono Stuart in quel piovoso pomeriggio, in cui si era diretto al Bambi Kino per prendere le sue ultime cose. Non doveva esserci nessuno, a quell'ora stavano al Kaiserkeller a provare gli strumenti, oppure, fuori con gli Hurricanes.
Ma invece, trovò John. Sfinito, buttato sul letto, con gli occhi socchiusi, che cercava di capire chi diavolo avesse davanti.
-Non pensavo fossi qui- gli disse l'amico.
-Ed invece ci sono- lo fissò un momento -Qualsiasi cosa tu debba fare, cerca di sbrigarti che ho sonno-
Si rigirò nel letto, con la testa rivolta verso il muro incrostato.
Stuart evitò di dire qualsiasi cosa, e si mise a prendere quei quattro stracci che gli appartenevano.
Quando era stanco, John era di cattivo umore, e non era il caso provare a parlargli.
Inoltre, era leggermente preoccupato per le continue emicranie che aveva da qualche tempo, e dall'ultima visita fatta, il dottore non era riuscito a rassicurarlo, aspettando le analisi prima di dare qualsiasi responso.
Il silenzio di quella stanza, era più forte di qualsiasi rumore. Era una tortura per John, che voleva solo essere cercato da Stuart, e che gli dimostrasse qualcosa.
Il ragazzo invece, si stava facendo bellamente gli affari propri, ignorandolo.
La stanchezza e la pillola di preludin presa poco prima, avevano fiaccato i nervi di John, che erano più tesi di una corda di violino, e tratteneva a fatica qualsiasi reazione.
-Io vado... ci vediamo John- gli disse Stuart, sperando in una risposta, che non arrivò.
Dopo aver atteso una decina di secondi, afferrò la maniglia della porta, e il rumore metallico da essa prodotto all'apertura, fu la sferzata finale per John.
-ORA CHE FAI, TE NE SCAPPI DI NUOVO SENZA AVERE IL CORAGGIO DI AFFRONTARMI? -
Gli gridò, zompando fuori dal suo comodo giaciglio.
-Che accidenti vuoi da me, John?! Prima fai il coglione e poi pretendi cosa, che ti implori di parlarmi? -
Stuart era esaurito quanto il suo amico, e diede sfogo alla sua rabbia.
-Non implorerei mai nulla al grande Stuart Sutcliffe, il miglior artista d’Amburgo! - lo derise lui.
-Smettila John-
-Di far che? Farti capire la merda che sei? Vai a fanculo tu e quella troia, non me ne frega un cazzo-

Stuart non ci vide più, poteva insultare lui tutto il tempo che voleva, ma non doveva dire nulla su di Astrid. Si girò e afferrò per il colletto il suo amico, sbattendolo contro il muro, mentre John si dimenava, cercando di sfuggire a quella morsa. Gli diede un cazzotto in pancia, e si ritrovarono a terra, con Stuart che incassava quei pugni, difendendosi come poteva, e John, che sfogava la sua rabbia.
-Non capisci cazzo? Mi hai abbandonato persino tu! tu che eri tutto il mio universo! Come ti sei permesso?! Cos'ha lei in più di me? Che cazzo devo fare per riaverti? -
-Io ho sempre cercato di riavvicinarmi, ma sei tu quello che mi ha cacciato! - gli disse, mentre con le mani afferrava gli avambracci di John, fermando la sua furia.
-Non capisci proprio un cazzo! - gli disse, mentre cercava di ricacciare in dentro le lacrime, che premevano dispettose agli angoli degli occhi.
-Cosa cazzo devo capire? Che tu non mi accetti per quello che sono? -
Una goccia colpì il volto perfetto di Stuart, mentre John liberava quel demone che aveva nascosto dentro di se.

-Tu non capisci che significa per me vederti con quella! Lei che può toccarti e baciarti, e io, che non avrò mai questo diritto. Non ho più nemmeno quel flebile contatto che ho cercato di mantenere con tanto impegno, non ho più niente. E se questo sentimento che provo per te è amore, bè allora sono un frocio mio caro Sutcliffe, perché vorrei essere io quello che si struscia sotto quel letto con te! -
Quelle parole colpirono Stuart diritto al cuore, riecheggiando nella sua mente.

Eccola la, la risposta alla domanda di Astrid, e a quelle sue piccole insinuazioni, cercando in Stuart una conferma che fossero solo a senso unico.

"Il vostro legame sembra molto più che fraterno"
"Ti guarda come se volesse saltarti addosso"
"Sembra quasi che fai di tutto, pur di farti amare da lui"


Sollevò John dal pavimento, e lo appoggiò contro al muro. Guardò quegli iridi color miele, che tremavano per quello che avevano appena rivelato, non capendo quale fosse la reazione di colui che avevano di fronte.
Ma lesse anche altro.

Amore, attrazione, desiderio.

Era esattamente quello che sentiva lui.
Abbassò lo sguardo verso quelle piccole labbra, che attendevano una risposta dal loro amante. Ora non era più il momento di farsi altre domande: doveva scoprire quale fosse il sapore di John Lennon.

Si avvicinò a lui, e accolse su di se quella bocca tanto desiderata.
In un primo momento, John apparve disorientato, ma appena ebbe realizzato che stava accadendo davvero, si unì anche lui.
Avidamente baciava e si protendeva verso Stuart, che lo tratteneva con forza alla dura parete.
La lingua di John audacemente entrò nella bocca del suo amico, alla ricerca della sua compagna. Questa fu accolta con piacere, ed esse iniziarono a giocare tra di loro, in una danza umida e vorace, piena del desiderio che covavano l'uno verso l'altro.
Si spinsero verso il letto dove John, libero dalla presa, poté recitare il ruolo che gli era più consono. Quello del dominatore.
Un bottone alla volta, e la leggera camicia scura di Stuart si trovò a fluttuare alle sue spalle, mentre John plasmava le sue mani sul quel corpo tanto agognato.
Stuart prese a dargli piccoli baci sul collo, cogliendo nuovamente di sorpresa John, che mostrò con un piccolo sospiro di aver apprezzato quell'iniziativa.
La maglietta di John e i pantaloni di entrambi erano sparsi per tutta la stanza, mentre i loro proprietari si avvinghiavano l'uno con l'altro.
John leccò quel petto, insinuandosi sempre più, mentre Stuart accarezzava quei capelli ramati, sospingendolo a continuare la sua corsa.
Giù, sempre più in basso.
John rideva eccitato, mentre udiva il suo amante invocare il suo nome a gran voce, mentre questi, inesperto, cercava di dargli piacere. Ma anche lui sentiva il bisogno di toccare John, e fece scivolare le mani giù, accarezzando con desiderio quelle natiche, mentre il compagno regnava sopra di lui.
Chiunque poteva rientrare in camera, ma a loro non importava. Tutto il mondo era chiuso fuori, nessuno poteva intromettersi, mentre loro consumavano quel bruciante desiderio che avevano da tempo.
L'odore di John mandava in estasi il ragazzo, mentre i due si massaggiavano l'un l'altro, colti entrambi da picchi di piacere. Erano inesperti nel saper toccare un uomo e cercarono di applicare quello che avevano fatto con tutte le innumerevoli ragazze, sperando di soddisfare il partner.
Quando furono ormai stanchi e pieni l'uno dell'altro, si lasciarono andare sul letto, felici come non lo erano da tempo.

Ma la realtà bussava forte nella mente di Stuart, che aveva qualcuno da cui tornare.
-Devo andare, Astrid...- disse, senza terminare la frase.
John sospirò. Sapeva che ormai era questa la situazione, e si arrese. Anche solo per pochi momenti, aveva avuto quello che voleva, e accolse quel crudele tiranno che era il suo destino. Stuart era stato suo solo quella notte, e doveva farselo bastare.
Il ragazzo lo salutò, con un leggero bacio sulla fronte, dicendo addio a quel suo antico amore, pronto a lasciarlo andare.
 
Qualche giorno dopo, Stuart e Astrid erano fuori a salutarli.
I Beatles tornavano a Liverpool.
I due ragazzi si abbracciarono forte, come a voler imprimere la sensazione, il tocco e l'odore che aveva l'altro.
-Ci vediamo presto Stuart- gli disse John 
-Non così presto, prima devi confezionare un disco da farmi ascoltare al tuo ritorno- gli sorrise lui.
-Comprati un grammofono decente per poterlo sentire bene! - gli raccomandò, mentre saliva su quel furgoncino, dove l'attendeva il suo sogno.
 
Quello fu il loro ultimo incontro.
 
John seppe la notizia appena arrivato. Si strinse ad un abbraccio profondo con l'antica rivale, ormai una vecchia amica.

Stuart era morto, gli disse.
Un'emorragia al cervello.
Era una cosa che aveva da molto e non sono riusciti a diagnosticarla in tempo per salvarlo.


John rimase paralizzato alla notizia. E dopo poco, esplose, staccandosi da Astrid, e cominciando a urlare isterico.
Ci vollero tutti quanti i ragazzi, per placare il suo dolore, mentre la gente guardava con orrore quel pazzo, che urlava e imprecava davanti a tutti.
-Portami allo studio, Astrid- disse, prima di chiudersi in un mutismo che durò per tutto il tragitto.

In pochissimo tempo arrivarono tutti quanti la, in quella soffitta.
Con il quadro incompleto, i colori secchi sul piattino e la polvere accumulata sui mobili.
E, da un lato, un piccolo grammofono e un vinile. La copertina, ancora intatta, urlava a chiare lettere i suoi genitori.
THE BEATLES.

Stuart era morto prima di ascoltare il suo John.
John respirò profondamente l'aria dentro alla stanza, percependo in qualche modo che lui era ancora là, che gli chiedeva di cantare per lui.

"Io ti sarò comunque accanto John, fino alla fine"

John si avvicinò in silenzio ad un piccolo sgabello vicino al cavalletto, dove Stuart era solito sedersi. Accarezzò quel legno chiaro, liscio e freddo come il corpo del suo amico, ospite in un contenitore fatto dello stesso materiale.
-Astrid, mi faresti un favore? - disse senza voltarsi -Vorrei che mi facessi qualche foto ora, dentro lo studio di Stuart-
 
***

Quella furono le ultime foto che scattò insieme a Stuart.
John conservò con cura una di esse, in cui sedeva nel suo sgabello, con la testa china e i piedi ben piantati a terra.
Rimase nel portafoglio per diciotto anni, tenuta con la massima cura.
E fu proprio ad essa che dedicò un ultimo pensiero, quella fredda notte di dicembre, quando il marciapiede newyorkese accoglieva le sue stanche spoglie.
Un solo pensiero, riuscì a far accettare quella morte assurda, a quarant'anni, quando ancora aveva troppo da dire e molto da dare.

"Sono arrivato, Stuart".

***
ANGOLO DELL'AUTRICE: Questa sera, ho deciso di prendere una brevissima pausa dal mio progetto, il mio "masterpiece" (e lo dico con tutta l'ironia possibile), per trattare di una coppia che, grazie a questo film, Backbeat, mi è rimasta nel cuore. Io adoro il rapporto tra Stuart e John, e ho voluto dare una versione un pochino romanzata della realtà.
Ovviamente, non intendo dire che tra i due ci sia stato davvero qualcosa. Ma se ci fosse stato... spero sia stato anche lontanamente simile a quello che ho scritto. Dopotutto, se lo meritavano entrambi un bel momento insieme!
Non ho messo note ne altro, perché ritengo che questa oneshot sia da leggere dopo la visione del film (per seguire il filo dei pensieri che la formano), e perché, forse sbagliando, dò quasi per scontato che sappiate tutti quello che ho scritto (se così non fosse, vi pregherei di dirlo, in modo che possa aggiungerlo successivamente).
La parte finale è una mia aggiunta, che spero gradirete <3
Ed ecco i ringraziamenti: a Francesca, che non solo mi ha fatto scoprire i Beatles, ma anche questo film, a 
verystrange_pennylane che con la sua di storia mi ha fatto venire la voglia di correggere la mia e di riproporvela, ed infine, a tutti coloro che perderanno dieci minuti del loro tempo per leggerla o recensirla. Grazie di cuore.
Baci

WHITE
 
  
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