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Autore: Midori No Esupuri    31/01/2015    1 recensioni
[WARNING: JOHNLOCK]
John è un professore di educazione fisica, Sherlock lo studente a cui lo sport proprio non piace. Finchè non scopre che in fondo è bravo a correre e che i complimenti di John quando migliora lo rendono felice.
#prompt suggerito per il Drabble Weekend sulla pagina Facebook 'We are out for prompt'.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Anderson, John Watson, Molly Hooper, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Motivation
 
Se la scuola non fosse stata obbligatoria, probabilmente non avrebbe mai accettato di frequentarla. O almeno, si sarebbe volentieri astenuto dalle lezioni di educazione fisica, quella non la reggeva proprio. Gli sembrava così stupido dover fare sport, come se la prestanza fisica contasse qualcosa, nella vita. Non che ci tenesse ad essere come suo fratello, grasso e pigro, ma non vedeva il senso negli sport di gruppo, e il fatto che nessuno lo scegliesse mai come componente della squadra non aiutava particolarmente a farglielo piacere. Il professore era un uomo molto allenato e aveva le simpatie di tutte le ragazze della classe, Sherlock storse appena le labbra nel vederle ridacchiare in un angolo della palestra.
-Oggi valuterò la vostra resistenza.- spiegava intanto il docente. -Conterò quanto tempo impiegate per fare dieci giri della palestra, il vostro voto verrà assegnato in base ai vostri punteggi.
Splendido, pensò Sherlock. Un modo come un altro per farsi prendere in giro dai suoi compagni, come se il suo amore per la scienza e il suo quasi totale mutismo non fossero sufficienti a renderlo appetibile per quegli squali assetati di bullismo nei suoi confronti. Forse poteva inventarsi un modo per saltare l'esercizio, approfittare di un momento di distrazione di professore e compagni per sgattaiolare nel retro della palestra e non farsi trovare. Come due settimane prima, quando aveva approfittato di un ammasso di cianfrusaglie nel cortile per seminare i bulli di quinta. Deglutì a quel ricordo, quegli animali si erano fermati a pochi passi da lui ed era stato difficile trattenere il respiro per tutto il tempo necessario a persuaderli di essere in tutt'altro posto. Cercava di elaborare in fretta un piano, mentre i suoi compagni di classe sostenevano la prova uno per uno, poi si rese conto di non aver ancora deciso alcunchè non appena il docente chiamò la ragazza prima di lui nell'elenco della classe. Si morse l'interno delle guance, innervosito per quel calo di intelligenza personale, poi si rannicchiò in un angolo della sala e tentò di concentrarsi: aveva poco tempo, anzi pochissimo, considerando che la media della classe per quella prova era un totale di quattro minuti.
-Holmes. Holmes!
Maledizione. Aprì gli occhi scheggiati di ghiaccio al richiamo spazientito del professore, che lo fissava con il cronometro in mano. Si alzò, pareva non avesse alcuno scampo da quella prova, a meno che... Poteva fingere un infortunio, o una caduta, anche se questo avrebbe comportato l'aumento delle prese in giro da parte dei compagni. Si portò alla riga tracciata con dello scotch giallo sulla moquette blu della palestra, entrambi colori molto appariscenti, e guardò il docente tentando di fargli capire che non poteva sostenere quella prova, ma quello non volle sentire ragioni.
-Avanti Holmes, non ho tutta la mattina.- lo esortò, al contrario. Una risata si levò dal muro alle sue spalle.
-Professor Watson, probabilmente Holmes farebbe anche venti giri tutto d'un fiato se lei mi permettesse di seguirlo per dargli un pugno.- lo sbeffeggiò Anderson, scatenando le risate dei compagni più fedeli alla sua 'crew' di bulletti da quattro soldi.
-Anderson, fa' silenzio.- sospirò il docente, portandosi vicino a Sherlock. Si guardarono negli occhi, un perfetto incontro del ghiaccio con l'oceano più profondo e caldo.
-Coraggio, Sherlock.
-Sono impossibilitato a sostenere la prova, professore.- sparò, alla cieca, sostenendo un po' a fatica quello sguardo adulto.
-Perchè mai?
-Sono... Sono, uhm... Infortunato. Alla gamba.
L'uomo sollevò il sopracciglio biondo, poi rise.
-Corri, avanti. Non prendermi in giro.
Gli diede una spinta, anche se non con cattiveria, e Sherlock prese a correre di riflesso per quel tocco sulla propria schiena. I suoi genitori non lo sfioravano mai, nemmeno con una carezza come dei normali esseri umani, e il contatto veniva associato dal suo brillante cervello alle percosse dei compagni. Sentì le gambe bruciare rapidamente, come se avesse fuoco nelle vene, ma continuò a spingerle un passo dopo l'altro sulla moquette blu, mentre Anderson batteva un pugno chiuso contro l'altra mano, aperta. Sapeva benissimo cosa significava quel gesto, avrebbe pagato lui per l'errore del professor Watson, che aveva 'osato' rispondere ad Anderson. Gli si leggeva in faccia, al bulletto, il fastidio per essere stato zittito dal docente. E Sherlock correva, nella speranza che il compagno non se la rifacesse con lui alla fine della lezione, dimenticandosi di essere in palestra e che il professore stesse contando i minuti della sua prova. Improvvisamente si sentì afferrare per la tuta e trattenne il respiro, allargando gli occhi chiarissimi, le risate esplosero nuovamente sotto l'alto soffitto della palestra. Sherlock si voltò, il terrore nelle iridi lucide per lo sforzo della corsa e il dolore alle gambe, ma dietro di lui c'era solo il docente.
-Avevo detto solo dieci giri, Sherlock.- gli sorrise, divertito. -Puoi andare a riprenderti, hai fatto un tempo migliore degli altri.
Avrebbe risposto qualcosa, qualsiasi cosa, se solo i muscoli avessero avuto la forza necessaria a rispondere agli impulsi del suo cervello. Sentì distintamente un calore diffondersi sotto la pelle, diverso da quello dello sforzo fisico, e il professore lasciò la sua tuta nera per battergli amichevole la mano sulla spalla.
-Siediti, riprendi fiato.- lo invitò il professore, scortandolo fino al piccolo banco dove teneva il registro di classe.
-Hooper, coraggio. Tocca a te.
Mentre la compagna di classe arrossiva e attraversava la palestra per iniziare la sua prova, Sherlock lasciò andare un sorriso. In tutta la sua classe, per non dire nell'intera scuola, qualcuno dalla sua parte c'era.
  
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