[Serie di flashfics scritte per la writing community Fanathon, con il prompt (suggerito da KittyPride , grazie per l’ispirazione!^___^) “nessun personaggio nello specifico – sette sacramenti”. Ho scelto allora sette personaggi che potevo in qualche modo ricollegare a ognuno dei sacramenti per far venire fuori sette riflessioni differenti, ma più o meno unite da un comune denominatore –il tema della religione, visto attraverso varie ottiche. Vi confesso che ho avuto molte difficoltà, soprattutto nell’immaginarmi il modo di concepire la religione da parte di parecchi personaggi, e per il fatto che non ho ancora capito bene cosa sia, la religione nel mondo di TB, se soltanto un simbolo o possa ancora rappresentare qualcosa di più –e se sì in quale misura. Credo che questi scorci siano venuti fuori abbastanza banali, e me ne scuso, cercherò di migliorare in futuro; mi scuso anche se ci fossero anche inesattezze riguardo alla trama stessa di TB.
Ringrazio Mia per avermi fatto da generosa beta e per avermi molto aiutata e supportata nella scelta dei personaggi; e Sundy, l’auctoritas di TB. XD]
- Battesimo - Esther
Abbandonata sui gradini della chiesa, chissà di quale peccato, di quale inconfessabile intrigo deve essere figlia; ma i suoi occhi sono dello stesso colore del cielo, i suoi primi sorrisi luminosi come stelle –non piange neppure quando le versano sul capo l’acqua dal fonte battesimale, l’acqua che lava via colpe che non ha commesso, e l’ombra del peccato originale, lasciando il suo riso ancor più puro di prima. Adesso, è davvero nata una stella.
- Eucaristia - Caterina
“Il corpo di
Cristo.”
Negli anni,
ha imparato a non pensarci.
“Il corpo di
Cristo.”
Un gesto
ripetuto così tante volte, da essere diventato automatico.
“Il corpo di
Cristo.”
…o almeno,
così avrebbe dovuto essere.
Perché non è
possibile, no, che ogni volta sia come le prime, ogni volta pensare a tutte
quelle cose. Ha detto basta, da molto tempo.
Eppure, è
sempre così. Alle Messe che deve officiare in basiliche gremite di gente, sotto
le colonne ritorte del baldacchino di San Pietro… arrivata a quel punto, anche
solo nell’imperativo di scacciarlo, quel pensiero è sempre presente.
Ma ha
imparato quasi da subito a non lasciare più tremare le mani, a non restare
stupidamente impietrita come la prima volta sotto la tempesta di quelle verità.
Perché lei
l’ha letta, la Bibbia, e non solo per le altisonanti citazioni latine, perché
lei la conosce la storia della Chiesa.
“Il corpo di
Cristo.”
E lei è la
figlia del precedente Papa, e nessuno se n’è scandalizzato.
“Il corpo di
Cristo.”
Lei è una
donna, e le donne non hanno mai potuto amministrare i sacramenti.
“Il corpo di
Cristo.”
Lei è una
peccatrice, lei mentre celebra la Messa pensa solo a quale politico dovrà
incontrare un’ora più tardi, e se mettere lo smalto rosso o meno, e lei, in
fondo, a Dio non crede nemmeno tanto.
Non ci crede,
forse, ma nel momento in cui dice quelle parole, è sempre una sensazione
ancestrale, sporca, infantile, di… peccato. “E’ peccato” dice tutto dentro di
lei, e se mille trasgressioni le ha commesse senza preoccuparsi, se il concetto
stesso di peccato è ormai annacquato e sfilacciato nei suoi pensieri, questo,
questo lo sente sulla pelle, a istinto.
Con il
fruscio dei suoi ricchissimi abiti rossi, con le sue mani inevitabilmente
sporche di sangue, sente ogni volta che sta insozzando l’ultimo simbolo,
l’ultima cosa forse vera di un ricordo che vive da tremila anni, di una speranza
che da tremila anni ha tenuto in piedi miliardi di uomini.
- Penitenza - Abel
Quando lo
mandano in parrocchie sperse in villaggi remoti o nel cuore di città dove
nessuno pensa più alla religione, in quei momenti non è più un agente, né una
macchina da guerra, né un essere che vive da secoli, solo un prete. Dietro la
grata si inginocchiano davanti a lui, “Perdonami, padre, perché molto ho
peccato”, e gli sciorinano davanti giaculatorie di dispetti, rancori, delitti
addirittura, che lui ascolta sempre attento e compassionevole. Ma dentro di sé
invece increspa le labbra in un sorriso amaro, perché tutte quelle sequele di
peccati non arriveranno mai neppure a sfiorare i suoi, e mentre traccia per il
penitente il segno della croce e assolve, non rivolge mai la mano e la mente
verso se stesso. E ha provato, oh, ha provato a recitare più Avemarie e
Paternoster di quanti ne potrà mai assegnare ai piccoli peccatori del mondo,
eppure sente che quelle suppliche non giungono mai a toccare il nero della sua
anima, e come scale mozze si tendono inutilmente contro le alte distanze dei
cieli.
Ma quando si
sente tanto, tanto stanco, e nel buio di quelle chiese deserte risuona un salmo,
allora a volte unisce anche il suo sussurro al coro.
“Miserere mei
Deus, secundum mangnam misericordiam tuam…”
- Confermazione - Dietrich
E’ seduto in
uno dei banchi di lato all’altare, insieme a parenti emozionati e commossi per i
loro ragazzini. Per lei, naturalmente, non c’è nessuno, ma è la più concentrata,
in ginocchio, le guance rosse al di sopra delle mani giunte, gli occhi chiusi e
quel sorriso di perfetta pace.
Le cerimonie
sono sempre abbastanza noiose, specie quelle importanti, ma lui passa il tempo
guardandola. E’ veramente bellissima. E, Dio, non sta fingendo, è questo il
divertente: ha gli occhi lucidi davvero, le mani le tremano di fervore, e
l’espressione che ha quando il prete le segna la fronte con l’olio della
Confermazione… incredibile, sembra che sia sulla porta del Paradiso.
Incredibile.
Deve dire che
l’ha sempre affascinato, la logica incomprensibile di quella… purezza. Cielo,
come si fa ad essere così? Così fiduciosi, senza pensieri? Così stupidi? L’Armageddon
si è abbattuto sulla Terra, la nuova razza stermina quella vecchia, la gente è
morta anche mentre pregava nelle chiese… e nonostante tutto questo, una
ragazzina è raggiante perché “da oggi è una vera cristiana”?
Ah, ma se le
dicesse queste cose, lei, sicuro, avrebbe la risposta pronta… “Le vie del
Signore sono infinite.”
Sono molto
più ipocriti di lui, quella bambina, i preti e tutta la gente che riempie le
chiese. Tacciono su tutte le miserie, le atrocità, fanno finta di niente… solo
per far bei discorsi d’amore, di pace, per giungere le mani a sperare che i loro
piccoli desideri diventino realtà.
E’ ridicolo.
E lei è la più ridicola e la più deliziosa da guardare.
La cerimonia
è finita, lei si volta, subito raccoglie le gonne e corre nel suo abbraccio.
“E’ il giorno
più bello della mia vita… sono felice che tu sia qui con me!”
I suoi occhi
sono qualcosa di straordinario.
Oh, ma ci
sarà. Vuole esserci sempre, nei giorni più importanti della sua vita.
Vuole essere
lì, quando quei cristalli azzurri si schianteranno al suolo, frangendosi in
mille splendidi pezzi assieme alle speranze che li illuminano.
Sarà
meraviglioso.
- Matrimonio – Ion
Lei se n’è
andata, i pensieri no. Anzi, s’affollano in corteggi sempre più fitti attorno
alla sua assenza, ogni suo gesto, ogni sguardo, mentre la memoria li consuma,
diventano sempre più importanti, si scoprono carichi di mille significati.
Ogni tanto,
sorprende la sua mente persa in viaggi assai lontani. Lei che ritorna, torna per
restare, i suoi occhi blu, il suono della sua risata tra le stanze del palazzo,
e poi… Ma lei ha l’anima, crede con tutte le sue forze che ci sia Qualcuno
nell’alto dei cieli; lui no… non sa neanche bene cosa sia un matrimonio, per
loro, ha solo la vaga idea di una promessa, abiti bianchi e chiese… ma non
importa, se lei glielo chiederà, se gli insegnerà, forse potrà imparare a
guardare con occhi diversi, e…
Sta correndo
troppo, decisamente troppo, sì. Ma intanto ha trovato, nascosto in fondo a un
cassetto nelle stanze dove lei è stata, un piccolo rosario; guarda la croce, e
davvero, vorrebbe almeno capire. Come si faccia a riporre tutte le proprie
speranze in qualcosa che probabilmente neppure esiste, in cosa sia diversa una
promessa fatta guardandosi negli occhi da una fatta in nome di Qualcun altro.
Se sia
diverso, per loro, l’amore.
- Ordine sacro - Tres
Il ginocchio
si piega, con meccanica precisione, davanti alla Duchessa, più che al
Crocifisso. La voce resta impersonale, uniforme pur nel suo bel tono basso,
mentre pronuncia quelle parole; e nel momento supremo, nel ricevere la stola
simbolo del suo nuovo stato, gli occhi non si chiudono.
Chissà cosa
starà pensando, la gente nella cattedrale, di quel ragazzo così stranamente
imperturbabile. E chissà che staranno pensando quelli che sanno di lui; chissà
se saranno scossi da un brivido, a considerare l’assurdità che una macchina possa
diventare un sacerdote, o se ormai, nell’Anno Domini 3055, nessuno ci faccia più
neanche caso.
Sarà
praticamente solo un titolo ormai, l’ordine sacro, un grado militare, una carica
politica. Forse non significa più niente.
Però… è un
paradosso, però per quel ragazzo dagli occhi vuoti qualcosa significa. Un altro
tipo di promessa, un legame totalmente differente, scritto in file di zero e uno
invece che nella lingua dell'anima. Ma sono le stesse parole d’indefettibile
fiducia, obbedienza e fedeltà –l’unica cosa immateriale ad
esistere, da qualche parte, dentro di lui.
- Unzione degli infermi - William
Erano venuti
a chiamarlo, le voci sconvolte e le lacrime agli occhi. Erano venuti per dirgli
la cosa terribile che era successa, e che non c’era più niente da fare, e a
pregarlo di affrettarsi, perché fosse lui, l’amico di lunga data, a darle
l’ultimo saluto, e a farla incamminare in pace verso l’altro mondo.
Senza una
parola, un pugno serrato e l’altro a stringere con troppa forza la boccetta
dell’olio santo e il breviario, aveva percorso i corridoi dell’ospedale e aveva
spalancato la porta della stanza di lei.
Lei aveva
un’orribile ferita al fianco, le lenzuola e i capelli biondi tutti macchiati di
sangue, e intorno il panico degli infermieri e delle suore.
E in un
attimo, dentro di lui, tutto era cambiato.
Nei suoi
occhi, la disperazione era stata cancellata, tutta d’un colpo, da uno
scintillio. In un attimo, aveva già abbandonato le sue cose sul tavolino da
notte, e mandato via tutti, tenendo con sé solo un paio di chirurghi.
C’era voluta
tutta la sera, la notte intera, ma alla fine, mentre la luce dell’alba spaccava
il cielo, lui si era pulito le mani e si era sentito inondare di soddisfazione.
Nessuno aveva mai neppure tentato una cosa del genere; lui c’era riuscito. Lei
avrebbe continuato a vivere. In una forma mai nemmeno concepita prima, ma
sarebbe vissuta, ne era sicuro. E non vedeva l’ora che la sua coscienza si
risvegliasse, per vedere il risultato di quel capolavoro.
Era stato
allora, mentre aspettava e la luce pian piano riempiva tutta la camera, che
aveva notato di nuovo l’olio santo lasciato sul tavolino. Era entrato in quella
stanza per lasciarle fare una buona morte, e nel giro di un secondo quel
proposito era completamente dimenticato, e lui l’aveva trascinata di forza di
nuovo nella vita.
In quel
momento, a quel pensiero, non si era sentito nient’altro che orgoglioso e
soddisfatto.
Adesso,
invece, come tutte le altre volte che viene a trovarla… a quel ricordo non
riesce a provare lo stesso sentimento. Ha dato la buonanotte a Kate cinque
minuti fa, nel salotto del Cardinale, lasciandola a parlare tutta entusiasta
delle nuove tappezzerie e di un servizio da tè appena arrivato… e ora ritrova
Kate, come sempre coperta di tubi e di flebo, la pelle sudata, piena di piaghe,
il respiro un sibilo sofferente dietro la maschera dell’ossigeno.
Non potrebbe
mai pentirsi di quella notte, di quella scelta, no, mai. La farebbe ancora, e
ancora, cento milioni di volte. Ma forse non con gli stessi pensieri.
Perché chissà
cosa le avrebbe dato più pace, se la sua prodigiosa invenzione o quella piccola
boccetta e le parole che l’avrebbero lasciata andare via.