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Autore: barb_s91    31/01/2015    0 recensioni
A volte ritornano.. Ma sarà davvero sempre così? Gli amori, quelli veri, sono destinati a ritornare o è solo un'illusione?
Beatrice ritorna a New York dopo tre anni, in vista del matrimonio di sua cugina. Sapeva in cuor suo che avrebbe dovuto rivivere il suo passato, o quantomeno doveva farne i conti.
Cosa succederà quando si troverà di fronte al suo passato? riuscirà a lottare per il vero amore, o scapperà come è abituata a fare?
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Niall Horan, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
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“Ma ragazzi, sapete cos’è un’emozione? No?

Immaginate di essere a casa vostra, nel vostro salotto. Immaginate di prendere un lenzuolo e appenderlo al muro con due chiodi. Prendete anche della vernice. Bene. Ora lanciate la vernice contro il lenzuolo. Avete visto cosa succede? Il colore passa attraverso il lenzuolo e sporca il muro. 

Voi siete il lenzuolo e la vernice è l’emozione. Perché, ragazzi, le emozioni vi trapassano, vi segnano per sempre.”

 

— Educatore.

 

 

 

 

«Bea, stasera andiamo in discoteca con i ragazzi, quindi preparati psicologicamente, ok?» urlò mia cugina al mio orecchio, facendomi saltare sul posto.

«Wow, che felicità!» esclamai.

«Guarda che ci sarà da divertirsi! E poi stasera dovrai bere. Dobbiamo scaricare un po’ la tensione dei giorni passati».

«Ora si che mi sento meglio!» dissi, mentre sentivo la risata di mia cugina allontanarsi dalla mia stanza.

Lei di sicuro aveva già scaricato parecchia tensione, lo capii perfettamente dal sorriso che aveva in volto.

 

>>>>>

 

Andare in discoteca non mi era mai piaciuto.

Avevo sempre odiato tutto quel caos, la musica alta, che ti stordisce, tutta la calca di persone sudaticcia, le luci psichedeliche, che ti fanno giare la testa. Non ero mai stata un tipo mondano, infatti nella mia adolescenza avevo sempre preferito di gran lunga restare a casa, davanti ad un buon film, o un bel libro, piuttosto che uscire con gli amici. Che poi, diciamoci la verità, non avevo mai avuto veri amici e, quei pochi che avevo, dopo aver capito il mio stile di vita, così diverso dal loro, si erano dileguati pian piano. Li avevo sempre compresi per il loro comportamento, anche se all’inizio c’ero rimasta male.

Chi vorrebbe avere per amica un’asociale? 

Tutto ciò mi ha fatto crescere senza vizi e sempre indipendente, senza mai farmi influenzare da nessuno. La mia migliore amica era sempre stata mia madre, l’unica persona a cui ho sempre raccontato tutto, tutti i miei segreti, le mie cotte, le mie avventure. Lei è l’unica che c’è sempre stata e sempre ci sarà. Una volta arrivata all’università le mie abitudini non sono cambiate molto, ma, quando mi sono fidanzata, mi sono dovuta adattare ad uno stile totalmente diverso dal mio, solo per amore. Mi sono dovuta sorbire interminabili serate in discoteca, con le rispettive sbronze e liti. Questo nuovo stile di vita, a cui non mi ero mai abituata, mi aveva fatto odiare ancora di più le discoteche e tutti gli eventi mondani.

Ero davanti il mio armadio, da un tempo ormai indefinito, nel tentativo di trovare qualcosa da mettere, ma soprattutto in cerca di un briciolo d’entusiasmo, cercando di trovare i “pro” di questa uscita, e impensabilmente ne trovai: per una volta nella vita avevo voglia di divertirmi davvero insieme ai miei amici, i miei veri amici. Avevo accanto delle persone davvero speciali che mi apprezzavano per quello che realmente ero, quindi niente e nessuno mi vietava di lasciarmi andare, almeno una volta. 

Misi i miei jeans preferiti, una maglietta rossa e le All Stars rosse.

«Bea, sei pronta?» irruppe Elis, entrando nella mia stanza.

«Si» dissi sfoggiando il migliore dei miei sorrisi, ma la sua espressione passò dall’entusiasmo al terrore.

«Ma come ti sei vestita? –  disse mettendosi le mani in testa, presa da una crisi di panico – corri in camera mia, ora!» urlò.

Elis era sempre incorreggibile, ormai, dopo più di un mese di convivenza, avevo capito quanto fosse inutile controbattere le sue convinzioni. Da quando ero in America, ero stata costretta a cambiare il mio stile di vita, ma soprattutto il mio modo di vestire, poiché Elis mi costringeva a vestirmi “in modo appropriato”, o almeno così lo definiva lei, ogni volta che uscivamo. 

Ho sempre tentato di convincerla del contrario, cercare di farle capire che non amavo affatto i vestitini, perché mi mettevano a disagio e odiavo essere messa al centro dell’attenzione, ma non potei far niente per farla desistere.

Entrare nella sua cabina armadio era sempre un colpo al cuore. La sua passione per la moda trapelava da tutti i pori. Non avevo mai visto un armadio così in ordine: tutti gli abiti erano divisi per modello e colore, aveva addirittura interi scomparti contenenti borse e cappelli, anch’essi divisi per colore.

«Ecco, prova questi» disse, porgendomi una dozzina di abiti striminziti.

Silenziosamente, ormai rassegnata, mi diressi in camera sua. 

Dopo la più lunga mezz’ora della mia vita, passata a provare e riprovare gli abiti che mi aveva dato, Elis decise finalmente cosa avrei dovuto indossare: un vestitino, lungo fino a metà coscia, color oro, con le cuciture nere; sopra il tessuto color oro era cucita una rete nera piena di piccoli diamanti. Per fortuna avevo convinto mia cugina ad indossare le mie All Stars nere, con la scusa di volermi scatenare e ballare, cosa alquanto assurda, ma non impossibile. 

Non avevo mai visto Elis così su di giri, stava letteralmente impazzendo all’idea di andare a ballare insieme. Per fortuna la sua euforia venne interrotta dal suono del campanello. Ciò mi permise  di mettere a punto il trucco, lontana dal giudizio di mia cugina, che come un falco si aggirava sempre intorno a me. 

«Wow!» disse una voce dietro di me, inutile dire che sapevo perfettamente a chi appartenesse. 

Mi voltai verso di lui, con lo sguardo basso e un sorriso imbarazzato in volto. 

Era davvero bellissimo con quel paio di jeans che gli definivano le lunghe e muscolose gambe e una maglietta nera con scollo a V che faceva intravedere i suoi tatuaggi.

«Elis mi ha costretto a vestirmi così» dissi con voce flebile.

«Allora devo fare i complimenti anche a lei» disse con il suo sorriso furbo.

«Smettila di fare il melenso – dissi, prendendolo in giro – andiamo va'».

Mi diressi verso lui e con un sorriso marcato gli presi la mano, portandolo all’ingresso, dove Niall ed Elis erano impegnati a sbaciucchiarsi.

«Ehm, ehm» esordì Harry, schiarendosi la voce, divertito. 

Elis e Niall si girarono, ancora visibilmente arrossati dalla passione.

«Scusateci, invidiosi» disse mia cugina.

Ci dirigemmo tutti nella macchina di Niall, che era abbastanza grande da ospitarci tutti e, dopo un decina di minuti, arrivammo davanti a quella che doveva essere la “nostra” discoteca: era all’ultimo piano di un grattacielo ed era totalmente all’aperto, ciò mi rese alquanto felice, almeno non sarei morta soffocata. 

All’entrata trovammo Liam, che, avendoci visto, ci venne incontro sorridente. 

«Ehi, ragazzi. Vi stavo aspettando – disse, posando lo sguardo su di me più del dovuto – wow, Bea, sei fantastica stasera! Non che le altre volte sei da meno» finì, facendomi l’occhiolino.

«Si, ok. Entriamo» disse scontroso Harry, trascinandomi dentro per un braccio. 

Aveva un’espressione strana in volto, sembrava furibondo. Trovammo un tavolino poco distante dall’entrata, dove posare le giacche e le borse.

«Vado a prendere da bere. Vuoi qualcosa?» mi chiese Harry.

«Si – dissi, sorridente – un Cosmopolitan». 

Seguii i sinuosi movimenti del suo corpo, mentre si dirigeva verso il bancone; non avevo mai visto una bellezza così disarmante.

Se non fossi così disturbata, e se non fosse un dongiovanni, anche io sarei cascata nella sua rete, senza pensarci due volte. 

Vidi due ragazze, con addosso due vestitini fluo inguinali, dirigersi verso Harry, sorridenti e maliziose, mettendosi accanto a lui e iniziando a parlare. In quel momento avrei voluto essere una mosca per ascoltare i loro discorsi, ma soprattutto per ascoltare ciò che diceva Harry. Un moto di fastidio si insinuò in me e non capii a cosa fosse dovuto, d’altronde ero a conoscenza delle abitudini di Harry, sapevo che tipo era e sapevo cosa pensava delle relazioni amorose. 

Quindi perché stavo rimuginando così tanto? 

«Dai Bea – disse Elis – andiamo a scatenarci». 

Così dicendo mi trascinò in pista.

Stranamente la musica era di mio gradimento, così iniziai ad ancheggiare, imitando i movimenti di mia cugina, che era particolarmente a suo agio. Ballammo fino a quando sentii una mano estranea sfiorarmi il fianco, mi girai di scatto, notando un gruppo di tre ragazzi metallari, che guardavano me ed Elis con espressione disgustevole. Con uno scatto felino allontanai la sudicia mano di uno dei tre e iniziai ad allontanarmi, ma quando ci provai fui impossibilitata.

«Pupa, dove scappi?» disse il più grosso dei tre, che mi aveva afferrato una mano. 

Aveva una voce roca e impastata, di sicuro aveva bevuto parecchio e io ero immobile, inerme.

Non potevo fare niente, nemmeno ritrarmi, era troppo forte per me. 

Improvvisamente il ciccione fece un balzo indietro, cadendo rovinosamente per terra, mentre si toccata la mascella dolorante, mi voltai e vidi un uomo alto il doppio di me e molto robusto. Capii all’istante che si trattava di un buttafuori. Lo ringraziai con un sorriso e mi diressi insieme ad Elis verso il nostro tavolino, dove trovai i nostri tre accompagnatori che bevevano in compagnia delle due ragazze che prima intrattenevano amorevolmente Harry. 

Il moto di rabbia, che Elis era riuscita ad affievolire, tornò prorompente nel mio stomaco, così afferrai irruentemente il mio cocktail e lo tracannai tutto in un sorso, davanti agli sguardi sbigottiti dei presenti. Ovviamente tutti sapevano che io e gli alcolici non avevamo mai stretto amicizia, ma in quel momento la rabbia aveva sovrastato talmente tanto la mia razionalità che mi ero già diretta verso il bancone ad ordinare due shortini. Tracannai anche questi velocemente e cercai, con il briciolo di lucidità che mi era rimasta, di capire il motivo di tutta questa rabbia. 

Non poteva essere per colpa di Harry, sapevo come era fatto, quindi non potevo essere infastidita dal suo comportamento. E poi questo significava essere gelosa, e io non potevo esserlo. Avevamo deciso di comune accordo che eravamo migliori come amici, che come coppia, quindi, che mi stava succedendo?

«Vuoi ballare un po’ con me, Bea?». 

Mi voltai e riconobbi Liam, che si era seduto nello sgabello accanto a me. 

Non avendo mai bevuto in vita mia, sentivo la mia testa girare come un mulino e, con la poca lucidità che mi era rimasta, iniziai a cercare il nostro tavolo con lo sguardo. 

Restai di sasso quando vidi Harry in mezzo alle due ragazze di prima, che erano avvinghiate a lui come due sanguisughe. Cercavano di baciarlo, gli lasciavano carezza sulpetto e gli sussurravano qualcosa all’orecchio, ma la cosa che più mi faceva rabbia era che lui era impassibile, anzi, non disdegnava quelle moine. 

Presa dalla rabbia, accentuata dalla mia impellente sbronza, presi Liam per mano e mi posizionai proprio davanti al nostro tavolino, dove era in atto la pseudo orgia. 

Iniziai ad ancheggiare attorno a Liam, strusciandomi su di lui come fosse un palo e io stessi ballando una lap dance. Contemporaneamente i miei occhi erano fissati su Harry, cercando di attirare la sua attenzione, ma in realtà non ce ne fu bisogno: lui mi fissava, come se non mi avesse mai vista realmente. Il suo pomo d’Adamo faceva su e giù continuamente, e non prestava più alcuna attenzione alle due sgualdrine accanto a lui. Mentre ero ancora persa in quello sguardo caldo, Liam mi prese per i fianchi e mi immobilizzò davanti a lui, iniziando anche lui a muoversi in modo sensuale e le sue mani guidavano il movimento dei miei fianchi. 

Decisi di assecondarlo ma, non appena avevamo preso il ritmo, una mano mi distacco dal ballo proibito e mi trascinò con sé. Non c’era bisogno che guardassi a chi apparteneva la mano, lo sapevo già e, onestamente, ne ero un po’ lusingata.

Scendemmo in strada senza mai aprire bocca, eravamo entrambi troppo scombussolati ed arrabbiati per motivi talmente diversi da esser uguali. Due facce della stessa medaglia, eravamo questo noi, tanto diversi da essere complementari. Tanto opposti da attrarci, tanto diversi da essere uguali.

«Che cosa stavi combinando là dentro?» disse infervorato. 

Il suo sguardo era completamente diverso da quello che mi riservava di solito; era duro e ferito, era totalmente freddo e distaccato. 

«Non stavo facendo niente di male, mi sembra. Tu stavi facendo certamente di peggio» dissi, alzando il tono della voce.

«A te non piace Liam, quindi smettila di comportarti così con lui».

«Così come?» urlai.

«Come se volessi ottenere qualcosa di più di una semplice amicizia da lui».

«Lui sa benissimo che per lui non provo niente, ma anche se fosse? Cosa importa a te se ci provo o no con qualcuno?».

«Non credo che lui lo sappia, o se lo sa, può non importargli. Tu non sai nemmeno l’effetto che provochi agli altri. La tua innocenza, la tua genuinità sono le tue armi di seduzione. Non esiste ragazzo sano di mente che non s’invaghisca di te, proprio per queste qualità, che tu non ritieni tali». 

Ero sbigottita dal senso delle sue parole, c’erano dei concetti sottintesi, che da ubriaca non riuscivo proprio a cogliere in pieno. 

Ma che voleva dire?

«Ma perché te la prendi tanto, stavamo solo ballando. Che t’importa?» dissi, tentando di deviare un discorso troppo arzigogolato.

«Allora perché non balli in quel modo con me? Perché con lui ti è venuto così spontaneo, mentre non ti avvicini mai a me in quel modo? Perché con me t’inibisci e con lui no?».

«Se non ti conoscessi direi che sei geloso, ma siccome so come la pensi non capisco proprio di cosa tu stia parlando. Quando tu ci provi con qualcuna, o viceversa, io non ti dico niente, non ti ho mai detto niente». 

Stavo mentendo spudoratamente, a me stessa e a lui.

Prima, quando quelle due gallinelle ci provavano con lui, ero gelosa marcia. Avevo capito cosa provava lui, ma l’avevo fatto solo per fare provare a lui ciò che avevo provato io. Perché ero gelosa di un ragazzo che poteva solo essere mio amico? E perché lui si comportava così?

«Purtroppo ho notato anche questo: la tua indifferenza. Non ti importa niente se le altre ci provano con me, ma non ti ho mai dato l’opportunità di esserlo. Da quando ti ho rincontrato non sono stato più con nessuna, anzi, ti dirò di più, non ho mai più guardato nessuna». 

Il suo sguardo si fece dolce, ma contemporaneamente rassegnato. Abbassai lo sguardo, mordendomi il labbro, non riuscendo più a sostenere il suo sguardo, era troppo penetrante, e faceva male, tanto.

«L’ho notato. Ma non sapevo quanto frequenti fossero le tue “relazioni” prima di conoscermi. Non ho potuto fare paragoni. Ma stasera eri abbastanza divertito, mi sembra».

«Tu non hai capito proprio niente – sussurrò, avvicinandosi pericolosamente a me, che ero appoggiata a muro; si mise davanti a me, ormai ero intrappola – da quando sei tornata non sono più quello di prima. E’ come se tu avessi ricominciato a farmi respirare, a vivere. Mi hai fatto capire, senza dirmi niente e senza giudicarmi, che la vita che conducevo era sbagliata, io ero sbagliato. Con te mi sento giusto. So cosa ho detto, e so cosa pensi tu. Ma ora posso dire con certezza che mi rimangio tutto quello che ti ho detto. E’ vero, prima di rincontrarti ero l’ultima persona sulla faccia della terra a volere una relazione, pensavo di non averne bisogno, ma ora – sospirò, cercando forse le parole esatte da dire – mi sento completo quando ci sei tu. Non sai quante volte ho avuto l’impulso di baciarti. Stasera ti avrei voluto strappare dalle braccia di Liam dicendogli ”lasciala stare, lei è mia”. Questi atteggiamenti, i sentimenti che provo, non sono comportamenti che un amico dovrebbe avere. Io credo che…».

«No, non dire più niente – dissi mettendo una mano avanti, come se questo gesto avesse potuto fermare le sue parole – io non posso, lo sai». 

E con le lacrime agli occhi scappai, come una codarda. Mi era stato difficile andarmene, ma avevo fatto la cosa giusta, lo sapevo. 

Non potevo stare con lui, non potevo soffrire di nuovo.

Ma allora perché piangevo? 

Svoltai l’angolo, presi il cellulare, che avevo messo nella coppa del reggiseno e chiamai Elis. 

 

Dopo venti minuti ero a casa, nel mio letto, pronta a farmi abbracciare da Morfeo. 

 

 

ANGOLO DELL'AUTRICE:

E si torna a parlare di Harry e Bea.

Spero che questo capitolo sia di vostro gradimento... Beh questo si può definire un capitolo di svolta, dove si fanno vedere i primi sentimenti all'orizzonte, almeno da una parte... Ma il fato non è sempre benevolo!

Detto ciò sono sommersa dallo studio, ho esami ogni secondo però per fortuna riesco ad aggiornare perchè la storia è già tutta scritta, o quasi.

Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate della stori, anche con una piccolarecensione. Apprezzo tutte le persone che l'hanno fatto e vi ringrazio di cuore <3 apprezzo anche i lettori silenziosi, che hanno contribito anche loro ad arrivare alle 2.5K visualizzazioni!

 

Vi amo <3

 

B.

   
 
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