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Autore: Isabel_Sanders    01/02/2015    0 recensioni
Hope Stephen è la classica ragazza-angelo.
Seconda di quattro fratelli, figlia del pastore del paese e di una madre amorevole.
Dopo anni trascorsi a servire alla caritas, presidiare alle messe, aiutare ogni singolo abitante del paese, Hope ha deciso di cambiare.
L'occasione per scappare dalla sua vita-prigione, le arriva per caso, sotto le sembianze di un ragazzo, dai capelli scuri e gli occhi grigi come il cielo in tempesta, che la spaventa e la attira allo stesso tempo.
Che strada sceglierà di intraprendere? Continuerà a seguire la via che suo padre le ha tracciato, piena di certezze e amore, o deciderà di buttarsi nell'oblio?
Genere: Dark, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1

Avanzai verso l’entrata della scuola, affondando il mento nel cappotto. 
Era una fredda mattina di novembre, il cielo, coperto da un coltre di nubi,  impediva ai raggi del sole di passare.
L’unica fonte di riscaldamento, là fuori, era il tubo di scarico degli autobus. 
Tolsi gli auricolari dalle orecchie e li ficcai in tasca.
Un’altra noiosa giornata di scuola era iniziata.
Il ragazzo che mi camminava affianco raggiunse il suo gruppo, che lo accolse con urla e strette di mano.
Diversi ragazzi erano già con le sigarette in mano, altri invece erano impegnati a limonarsi contro il muro. Cosa non si faceva per un po’ di calore?
Pigramente raggiunsi il punto di ritrovo dei miei compagni di corso, e lì trovai il mio gruppo, o almeno una parte.
Sorrisi non appena Faith, la mia migliore amica, incrociò il mio sguardo.
Si gettò i ricci, sempre in ordine dietro una spalla e allargò le braccia, pronta ad accogliermi.
- Ciao- mi disse dolcemente. 
- Ciao- risposi.
Questi erano i nostri discorsi della mattina, una semplice parola che racchiudeva tutto il nostro affetto.
Poi lei squittì, facendomi sobbalzare. 
Aveva un sorriso a trentadue denti e gli occhi ambrati che splendevano.
- Non dirmelo…- esordii, sapendo cosa significava quell’espressione. 
- Ma…-. Subito il buon umore sparì dal suo viso, lasciando il posto alla delusione.
Le sorrisi, cercando di tirarla su di morale, ma non ci riuscii. 
Mi vergognavo del mio comportamento, ma proprio non riuscivo a parlare di Nick senza aggiungere battutine cattive.
Nick era il suo vicino di casa e lei gli moriva dietro, anche se si ostinava a dire che non le piaceva. O forse lo aveva detto, ma io ero troppo impegnata a contenere la stizza che provavo per quel ragazzo per ascoltarla.
- Come va?- le chiesi allora.
Scrollò le spalle. – Solito schifo-.
Mi illuminai, ricordandomi di quello che avevo sentito alla radio.
Ogni mattina, quando mia mamma mi accompagnava alla fermata dell’autobus, ascoltavo la rubrica “il Motivatore” di radio Kiss Kiss. L’argomento di quel giorno erano le parole e di come il loro uso potesse cambiare la giornata.
Mi schiarii la voce. – No, Faith, non dire che la tua vita è uno schifo, altrimenti attiri le energie negative dell’Universo nella tua vita e così tutto ti andrà a catafascio-.
Mia mamma da piccola mi aveva insegnato dei principi che io col tempo avevo imparato ad applicare nella mia vita. Lei credeva nell’energia, di come il nostro pensiero agisca sulla nostra vita e su tutte le forze che ci stanno accanto. E io ero d’accordo con lei.
- No, Hope, non iniziare anche tu con i tuoi pensieri filosofici, non è mattina!- mi bloccò subito.
Stavo per chiederle come mai, quando Faye ci interruppe.
Faye era una ragazza molto particolare. Aveva lunghi capelli neri, che teneva sempre legati in una coda, e dei profondi occhi color del mare. All'apparenza poteva sembrare una tipa stronza, ma nel profondo anche lei aveva un cuore.
- Buongiorno ragazze!- ci salutò, muovendo la testa a ritmo di una canzone che di sicuro non avevo ma sentito.
- Hei, Faye- replicai.
In quell’istante ci raggiunse anche Thomas, il secchione della classe, che prima era troppo impegnato a sghignazzare  con i suoi amici per calcolarci.
- Avete fatto i compiti?- ci domandò. 
Io, Faith e Faye lo guardammo, inarcando le sopracciglia.
- Noi che facciamo i compiti?- ribatté Faith scoppiando a ridere.
- Io li ho fatti di fretta stamattina- risposi. Mia madre nel tragitto in macchina mi aveva chiesto della scuola e io come al solito mi ero aggrappata alle poche cose che sapevo per dare l’impressione di essere una studentessa modello.
Suonò la campanella e tutti e quattro ci mettemmo in coda per entrare.
- Lo giuro, prima della fine dell’anno prenderemo l’ascensore!- dissi con solennità, guardando i prof che vi salivano ridendo.
Faith mi appoggiò una mano sulla spalla. – Se, se, sogna sogna-.
La guardai male, ma non replicai.
Una volta in classe ci separammo, Thomas andò con Faith e io seguii Faye in ultimo banco.
Allora, la noia ebbe inizio.

Quando suonò la campanella che dettava la fine della terza ora scattai in piedi, Faith e Faye mi guardarono con complicità. Quest0ultima prese una sigaretta e se la mise in tasca.
Non eravamo fumatrici, io soprattutto, ma quando avevo provato una sigaretta alla sua festa, due anni prima, avevo scoperto l’adrenalina che ti scorreva nelle vene ogni volta che rompevi le regole.
Raggiungemmo il viale principale assieme agli altri ragazzi fumatori.
- Poi fammi fare un tiro- dissi a Faye mentre lei si portava la cicca alla bocca.
- Non possiamo continuare così- redarguì Faith.
- Cosa intendi dire?- chiese Faye mentre faceva un lungo tiro. 
Faith sorrise maliziosa. – O iniziamo a  fumare per davvero o la smettiamo. Non possiamo continuare a fare tiri e tiretti-.
 Scrollai le spalle. – A me va bene così-. E per dare enfasi a quelle parole afferrai la sigaretta dalle mani di Faye e me la portai alla bocca.
Subito il suo gusto acre mi scese in gola, mescolandosi alla saliva. 
Espirai, espellendo il fumo, poi la porsi a Faith.
Lei la prese con cautela. – Se mi becca mio padre sono morta- disse.
- Ma tuo padre non è qui…- ribatté Faye con un sorriso colpevole.
Scoppiammo a ridere, attirando l’attenzione di tutti.
A scuola eravamo etichettate come “strane”. Ma strane in senso buono. O almeno così speravo.
- Faith, vero che mi offri un cafferino, dopo?- chiese Faye facendo la faccia da cucciolo.
La mia migliore amica scoppiò a ridere e le diede una gomitata. – Ovvio, quando mai non sono io a pagare!-.
- Dai, prima o poi mi sdebiterò!-.
Lo diceva ogni giorno, da due anni.. Come minimo il debito doveva ammontare ai mille, duemila dollari.
E io non ero da meno.
La campanella suonò di nuovo. 
- Ma perché l’intervallo deve durare solo dieci minuti?- mi lamentai mentre Faye finiva in fretta la sigaretta.
- Ora cos’ hai?- mi chiese Faith.
Ci riflettei un attimo. – Filosofia-.
Faye alzò gli occhi al cielo. – Allora oggi non faremo la strada insieme… sei già abbastanza filosofica di tuo, figuriamoci dopo un’ora di lezione!-.
- Ah.Ah.Ah- ribattei acidamente. – Voi cos’avete?-.
- Io ho un buco- replicò Faith. – Penso che andrò a prendermi un gelato-.
- Io ho latino-.  Faith sbuffò.
Il morale di tutte e tre cadde sotto i piedi.
- Odio quella materia- commentò Faith dopo un po’.
- Idem- convenni, ma Faye mi guardò male.
- Stai zitta te che hai la media del sette!- mi sgridò.
Scossi la testa e diedi le spalle alle mie amiche, salutandole con un cenno della mano.
   
 
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