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Autore: AnimaScrittrice_    01/02/2015    0 recensioni
Avevo scelto di sopravvivere, vivere sarebbe stato troppo faticoso e comunque un vano sforzo. Cosa avevo da perdere? L'amore di cui narravano i miei libri era così lontano da quello che vivevo con Tyler. La mia famiglia non esisteva più ed io scomparivo giorno dopo giorno. Credevo di poter scrivere con Tyler la mia storia ma il destino aveva saputo scegliere meglio di me. Mi chiamo Hope SPERANZA ..che ha raddrizzato il mio cammino e rinforzato le mie ginocchia. La speranza che è stata più forte della mia paura.
Genere: Song-fic, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Selena Gomez, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo, Violenza
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"L'amore è sempre paziente e gentile, non è mai geloso... L'amore non è mai presuntuoso o pieno di se, non è mai scortese o egoista, non si offende e non porta rancore. L'amore non prova soddisfazione per i peccati degli altri ma si delizia della verità. È sempre pronto a scusare, a dare fiducia, a sperare e a resistere a qualsiasi tempesta"

Poggiai un dito sulla pagina per tenere il segno, ero indecisa sul continuare a leggere ma poi lo ritrassi e gettai il libro dall'altro lato del letto,mi stesi e cominciai a fissare il soffitto. Rimurginavo su quelle parole lasciando che la mia mente spazziasse tra i ricordi che spesso ignoravo e sentì formarsi un grappo in gola. Preferivo alimentare le mie illusioni invece di prendere una salda posizione nella mia vita, non ricordo se era stato sempre così,prima mi ribellavo mentre adesso lasciavo che come sapone tutto mi scivolasse addosso. Mi girai sul fianco riprendendo il libro e portandolo al petto, non dovrei sputare sull'unica cosa che era capace di rendermi felice. Strizzai gli occhi stanchi per poi alzarmi e riporre il libro sul suo scaffale, erano così belli, tutti ordinati e accuratamente scelti,vorrei poter avere lo stesso ordine nella mia vita, tutto al proprio posto e tutto perfetto. Lasciai scivolare con animo fiero un dito lungo alcuni di essi ma un suono stridulo mi riportó ai miei giorni. Sobbalzai e mi voltai verso quell'oggetto che adesso tanto odiavo, mi avvicinai alla scrivania e lo presi tra le mani cominciando a spingerne i tasti per aprire l'ennessimo messaggio di quel pomeriggio. Una smorfia di disgusto si esibì sul mio volto appena ne lessi il mittente.

*Alle dieci* diceva.

Rilassai i tratti del viso e chiusi gli occhi sospirando, era di nuovo lui,il ragazzo a cui appartenevo, come un

oggetto da mostrare per fare una bella figura. Ero un oggetto da decoro, solo un oggetto, questo mi ripetevo, pensare che mi amasse sarebbe stato totalmente assurdo e fuori luogo,sentirmi un oggetto mi aiutava a superare la situazione,sarebbe stata troppo dura la consapevolezza di essere amata e ugualmente trattata in malo modo.

Riposi il cellulare sulla scrivania e mi diressi in bagno dove trovai già la mia biancheria pulita e un morbido asciugamano che avevo precedentemente preso. Lavai delicatamente il mio corpo che si rilassava al contatto con l'acqua calda e massaggiai piano i miei lunghi capelli bruni insaponandoli al meglio,erano lisci,lunghi fino al bacino e decoravano la mia figura magnificamente. Erano il mio vanto.Li asciugai con cura e riposi l'asciugamano sul lavandino fissando la mia sofferente figura allo specchio,

chiusi gli occhi per un momento e poi cominciai ad asciugarmi e profumarmi. Tornai in camera e aprii l'armadio per poi essere inghiottita da quell'ondata di amaro nero che lo avvelenava insieme allo stile delicato e del tutto contrastante della mia camera che era colorata da un magnifico e leggero rosa che faceva da sfondo al bianco dei mei armadi e delle mie mensole piene di libri, della mia scrivania e del mio baldacchino in ferro battuto avvolto da delle tende soffici. Papa arredó la mia camera da bambina ripetendomi che qui avrei sempre ritrovato me stessa quando gli altri mi avrebbero mascherato.

Presi i miei pantaloncini americani di jeans e un top nero con la scollatura leggermente a cuore e con delle sottili spalline, li indossai insieme a dei vertiginosi tacchi e delle calze nere di pizzo che mi stringevano le gambe dal ginocchio fino alla caviglia.

Lisciai i capelli e truccai il mio viso con attenzione, misi dei guanti di pelle che lasciavano le dita scoperte e dipinsi le mie unghie di un rosso lucente, simile a quello che colorava adesso le mie labbra. Presi il cellulare e uscì dalla mia camera, stavo per prendere le scale ma la mia figura allo specchio mi rapì, presi un respiro per incoraggiarmi e scesi giù per le scale.

Stavo per raggiungere la porta di casa quando fui fermata dalla voce di mia madre

"Esci anche stasera?" disse guardandomi negli occhi, stringeva tra le mani uno straccio con cui ripuliva il bancone lucido della cucina.

"Adesso sei diventata perfino cieca" sputai tenendo gli occhi fissi nei suoi e stringendo la maniglia della porta d'ingresso.

"No,per mia sfortuna ho ancora molto tempo prima di poter finalmente smettere di guardare quelle cose orribili che indossi" disse fissando il mio vestiario. Lasciai la maniglia per voltarmi completamente dalla sua parte

"Possiamo finire questa conversazione? Sappiamo entrambe che non te ne frega niente"

La guardai abbassare gli occhi stanchi sul bancone e riprendere a strofinare delle macchie di caffè "A che ora torni?"

Sentì il suono di un clacson che conoscevo bene, tirai la maniglia e fui abbracciata dal venticello fresco delle sere di Maggio "Non aspettarmi alzata" dissi con non curanza prima di chiudermi la porta dietro, sapevo che l'avrebbe fatto comunque.

Il suono della musica alta fuoriusciva dall'auto e riuscivo a vedere due figure familiari sedute ai sedili posteriori agitare le mani in alto come per prendere il tempo. A passo spedito la raggiunsi e vi entrai sentendo subito le sue labbra poggiarsi sulle mie.

"Sei bellissima" mi disse mentre faceva scendere una mano sulla mia gamba. Alzai gli occhi al cielo e mi tirai sotto al finestrino della mia portiera che subito cominció ad offrirmi la magnifica visuale in movimente delle belle case che adornavano la strada e gli alberi tenuti sempre in ordine.

Dietro cominciarono a canticchiere le parole della canzone alla radio,il tormentone del momento.

Per un attimo decisi di voltarmi e guardare i suoi perfetti lineamenti,i suoi colori che una volta trovavo attraenti, il suo corpo duro e le sue mani, quelle mani troppo forti. Aveva dei capelli morbidi e biondi rasati sotto e perfettamente sistemati sopra, i suoi occhi erano di un castano chiaro che giocherellava con il giallo che a tratti li adornava, la sua bocca era morbida e circondata da una leggera peluria bionda che lo rendeva ancora più attraente. Sorrise quando si accorse che lo fissavo immersa nei miei pensieri

"Bambola non mi fissare"

...un oggetto.

Tornai a guardare fuori dal finestrino, ormai eravamo vicini al locale in cui mi avrebbe portata.

"L'hai portata la tua amichetta?" disse Jake, era un suo amico di vecchia data, portava i capelli rasati e aveva tatuato sulla nuca la parola HARD DEATH. I suoi denti erano leggermente ingialliti dal fumo e i suoi occhi azzurri erano tanto belli quanto freddi.

Mi voltai guardandolo e vidi nascere un sorriso accattivante sul suo volto, mi rivolsi di nuovo verso il mio finestrino tirando fuori un pesante respiro

"Non ha due anni,non devo portarla da nessuna parte, ha le sue gambe".

L'auto si fermò nel parcheggio affollato del locale, dal buio vedevo risaltare il blu della scritta che era posta sopra il locale
Moonlight

Era sempre qui che venivamo, avevamo un posto riservato a noi e i suoi amici, un divano rosso enorme che si articolava in modo da unire diversi pezzi tra loro e circondato da dei pali per evitare che indesiderati varcassero il loro spazio per irrompere nel nostro.

La sala si apriva in una confusione di musica e luci che diventava sempre più forte a mano a mano che ci avvicinavamo al nostro divano e tutto in torno a noi giravano ragazzi mal ridotti dall'eroina e ragazze sempre meno vestite pronte a dare il loro corpo nei bagni. Non mi lasciavo più scandalizzare da quel posto, ormai erano anni che ci venivo, tutto e tutti erano diventati solamente un'abitudine.

Avevamo gli occhi di tutti addosso, come sempre, noi eravamo i "vip" della città, conosciuti da tutti per il posto nella squadra di baseball del mio ragazzo e dei suoi amici, fortissimi fin dal tempo del liceo, lì ci trovai lui e mi persi io.

"Chi è questa bella fanciulla?" disse lui rivolgendosi al suo amico Brandon, l'altro che prima era in auto con noi.

"È la mia Jessica" disse premendo una mano sul suo seno e io di scatto smisi di guardare, fissai la pista da ballo dietro la quale c'era un enorme bar con i led blu sotto al bancone. Le luci si facevano di mille colori dipingendo i volti e i corpi che ballando andavano a formare un enorme agglomerato di sudicia perversione.

Mi voltai di nuovo verso di lui per vederlo rapito dalla bionda tutte forme seduta sulle gambe di Brandon, aveva il fuoco negli occhi e le tenebre nei pensieri.

"Ty" lo chiamai per farlo smettere "Tyler" ..questa sarebbe stata una notte di alchool,robba e sesso, per loro. Si, Ty mi tradiva, io non gli bastavo e lo sapevo, come dicevo..ero un oggetto per fare una bella figura agli occhi di chi ci guardava, il capitano della squadra di baseball più acclamata doveva per forza avere una ragazza che facesse tacere i sguardi indiscreti, questo mi ripeteva e io gli credevo.

Si risvegliò improvvisamente dalla situazione di trans in cui la bionda l'aveva fatto cadere e si voltò dalla mia parte, i suoi occhi bruciavano di incontenibile desiderio e mi spaventai.

Si passò la lingua sul labbro inferiore "Prendi le birre" disse voltandosi di nuovo a guardare la bionda facendo nascere così un espressione cagnesca sul volto di Brandon..non che se ne importasse qualcosa di Jessica ma semplicemente andava così sempre e lui era stanco, gli avrebbe messo le mani addosso da un momento all'altro ne ero sicura. Sfilai le banconote dalla sua tasca e mi alzai superando i pali rossi avvolti dal tessuto e legati tra loro da catene dorate per poi scostare le persone che cominciarono ad incollarsi a me cercando di coinvolgermi nel ritmo di quella canzone assordante. Mi bastava guardare le persone che subito si scostavano da me, sapevano di chi ero ed evitavano di fare caz***e.

Will

"Che stai cercando di fare?" mi disse dandomi una gomitata. Chissà perchè mi era venuta la brillante idea di portarmi Jan dietro, sapevo che adesso avrebbe cominciato a farmi la ramanzina come da copione.

"Che vuoi adesso?"dissi sbuffando, giocavo cn il tappo della birra che avevo tra le mani e continuavo a fissare lontano.

"Amico ti tengo d'occhio proprio come tu fai con quella..è da tanto tempo che la guardi, saranno circa due mesi che non le stacchi gli occhi di dosso" me la indicò con un cenno del capo e io risi perchè non lo sopportavo più.

"Jan ...quella ha un nome e sono più che sicuro che tu sappia quale" dissi porgendogli la birra sfoggiando un sorriso

"Hope Gomez..sai bene a che gente appartiene,non ti immischiare con Tyler e la sua roba"disse strappandomi la birra dalle mani.

"È una ragazza e non la sua roba,e poi la sto solo guardando, non cominciare a rompere" nemmeno la birra lo faceva stare buono, ridevo dentro mentre l'esasperazione si fece spazio in me.

"Ti avevo detto che saremmo venuti qui per prendere solo qualche birra non per cercare guai"disse per poi pogiare i soldi sul bancone "Lo dico per il tuo bene è inutile che mi guardi così"

"Che male c'è a guardarla?sai meglio di me che è una bella ragazza"mi girai a guardarla, era sempre tesa e adesso stava fissando quel imbecille del suo ragazzo. Aveva lunghi capelli scuri quanto i suoi brillanti occhi, neri come la notte che contrastavano la lucentezza delle sue labbra rosse e carnose.

"Infatti perciò è la ragazza di quel drogato, se per caso Ty se ne accorge ci sbudella" disse gesticilando con l'indice per rafforzare il significato di quello che stava dicendo.

Risi per dissentire "Fammi il piacere...sai bene che posso mandarlo all'ospedale se solo voglio, o non ricordi quella notte?" ormai guardavo Jan che accennó ad un sorriso perchè aveva capito a cosa mi riferivo

"La ricordo bene e so anche che per poco non perdeva un occhio,quello è incazzato nero con te e non voglio riaprire una vecchia questione" disse puntandomi un dito sul petto, era più serio del solito e potevo leggere nei suoi occhi la tensione che gli abbaiava la vista.

"Taci che si sta avvicinando" gli feci segno di zittirsi, non volendo cominciai ad agitarmi anche io per le sue parole, non era possibile che uno come Jan aveva paura di un pallone gonfiato come Tyler.

Eravamo seduti davanti a bancone del bar, Jan era il mio migliore amico dall'infanzia,stessa scuola,stessa classe,stesso lavoro.Suo padre aveva un'officina enorme fuori cittá e fin da bambini ci assicurò un lavoro lì.Non ho bisogno di lavorare perchè mio padre è un dottore e può benissimamente soddisfare ogni mio vizio ,ma non sono viziato e cerco di essere indipendente il più possibile.Mamma è morta da 4 anni e sento la sua mancanza come se fosse passato un solo giorno,mi sono mancati i suoi consigli sulle donne che mi dava ad ogni appuntamento "Tratta da principessa ogni ragazza perchè è quello che è,ma dà il tuo cuore solo a quella giusta" mi ripeteva sempre, solo che quella a cui ho affidato il mio cuore me lo ha spaccato lo stesso giorno in cui mi hanno spaccato un braccio sul ring, quella fu la mia prima sconfitta. Mi amava solo perchè ero un pugile e quando tornai a casa trovai rifugio nelle braccia dell'unica donna che amavo per davvero ma non sapevo che dopo 5 mesi l'avrei persa per sempre.Magari l'avessi saputo prima, l'avrei abbracciata più forte.Dopo quell'incidente mi convinse a non lottare più e da quel giorno diedi tutto me stesso alla musica,suono il pianoforte in chiesa, fu proprio mamma a insegnarmi a suonarlo.Bhe ora mi trovavo di nuovo in questo locale.

Mentre stavamo parlando vidi quella ragazza venire verso il bancone, sembrava una che se la tirava col suo atteggiamento da bella e dannata,eppure sembrava triste.

"Dammi un paio di birre"disse al Barman che svelto cominciò a servirla tirando fuori due bottiglie.

Mi voltai per guardarla meglio, lei non si accorse nemmeno di me..da vicino era ancora più bella.

   
 
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