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Autore: BalqinOfSaba    01/02/2015    0 recensioni
"La grande casa non è mai vuota. La grande casa non deve mai essere vuota. La grande casa vive e con essa chi la abita. Lord Buckington lo ha detto così tante volte da convincere chi gli stava attorno, ma soprattutto se stesso". Una famiglia spezzata che non riesce a rimettersi in piedi. Generazioni scosse da eventi terribili, tradimenti impossibili da sopportare, onori che non si riescono a raccogliere. Un Lord tutto d'un pezzo, un giovane veterano di guerra, una moglie dal cuore diviso, una sguattera non riconosciuta e un ambiente che non permette errori. Perchè la Grande Casa tutto raccoglie, perchè tra quelle mura tutto tace, tutto si sente. Della Grande Casa si deve avere paura, ma di essa si deve anche provare nostalgia. Vicende dal cui interno sono destinate a non dover uscire mai.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La grande casa non è mai vuota. La grande casa non deve mai essere vuota. La grande casa vive e con essa chi la abita. Lord Buckington lo ha detto così tante volte da convincere chi gli stava attorno, ma soprattutto se stesso. Lord Buckington non voleva rimanere solo anche se sapeva bene che non lo era, ma aveva perso la ragione della sua vita e senza di quella sembrava non esserci nessuna soluzione se non la disperazione. E’ sempre la donna ad andarsene prima, è sempre la moglie, la madre, la regina della casa ad abbandonare per prima, proprio come era accaduto per  lady Marion Buckington, stroncata da un male che nessuno avrebbe mai potuto pensare potesse portare via una donna forte come quella, eppure accadde e nessuno potè fare nulla. La storia si ripeteva e lord Buckington non lo voleva accettare, non doveva. La casa vive e con essa chi la abita, anche lei, distesa su quel letto vive. Vive ancora. Vive.
-Cosa succede a mamma?
Lui non rispondeva, preda di un desiderio che ostacolava la vista della realtà.
Ai funerali di sua moglie, lady Henriet Carpenter in Buckington lui non si presentò. A rappresentare la famiglia andarono i suoi figli Harris ed Edward, ma nessuno li considerava tali, nemmeno loro. Harris aveva diciotto anni, appena l’età per  poter sembrare abbastanza maturo, mentre Edward, il giovane Edward solo undici. Diceva che lui credeva a papà e che in realtà era tutto un errore e che la mamma stava dormendo, aveva solo esagerato con il vino la sera prima.
-Papà è matto, non devi credergli.
-Papà non è matto.
-Non si rinsanirà mai più, adesso tutto grava su di me.
E aveva ragione il giovane Harris Buckington. La grande casa vive e non si interessa di chi la abita, non si preoccupa di rallentare quando vede che c’è chi non segue a pieno ritmo lo scorrere del tempo.
Secondo il signor Darton, il maggiordomo che conosceva fin da bambino lord Buckington, presto si sarebbe ripreso anche se sembrava completamente perso nei meandri della sua mente. Forse ci sperava. LO ripeteva, non solo al giovane Harris, ma anche ai piani inferiori per fare riprendere i lavori nella grande casa a pieno ritmo, ma soprattutto lo ripeteva a se stesso, perché voleva credere che sarebbe accaduto qualcosa che avrebbe ridonato la vera vita a quella casa che aveva lasciato i suoi abitanti alla deriva.
Effettivamente qualcosa accadde: si chiamava Abigail Chandler e i suoi capelli color fuoco riportarono un po’ di luce in quella casa. Era una cugina di Hanriet e andava a porgere personalmente le sue condoglianze. Harris ne rimase folgorato. Non era solo la sua bellezza, ma anche la sua eleganza, la sua gentilezza e prontezza nel comprendere come quella casa mancasse del tocco di una donna, lo fece sciogliere. La convinse a rimanere senza data di partenza e con il suo aiuto parve che gli abitanti di quella casa ritornassero a vivere. Poi la guerra. Ci mancava solo la guerra. Edward era troppo piccolo ma non troppo per capire che non bastava Abigail a riportare la pace. Lord Buckington sembrava riprendersi, sembrava ritornato dal suo baratro quando una lettera sconvolse tutta la grande casa: chiamato alle armi.
Ricevette presto lo stato di semi-infermità mentale ma non potè succedere lo stesso per Harris. Prima di partire chiese ad Abigail di non lasciare la casa e di occuparsi della sua famiglia, promettendole che presto sarebbe stata anche la sua:
-Vorrei che ne facessi parte e quando tornerò vorrei che diventassi lady Buckington, la mia lady Buckington.
La differenza di età non faceva paura a nessuno dei due. Lei era qualche anno più grande di lui, ma, con i tempi che correvano e la guerra che incalzava, non sembrava più importante pensare che dovesse essere l’uomo il più anziano in una coppia. Accettò. Pensava che ne sarebbe stata davvero troppo felice per rifiutare.
La guerra durò a lungo, troppo a lungo. Lord Buckington, tornato alla realtà aspettava inerme il ritorno del figlio, incolpandosi di non essere andato anche lui, almeno per proteggerlo. Ritornato in sé, come previsto dal signor Darton, decise di mandare Edward in collegio e di riprendere le redini della grande casa a tutti gli effetti. Non a conoscenza del legame profondo tra Abigail e Harris, lord Bickington pensò che la sua salute fosse dovuta alla presenza di quella donna e pensò che lei gli fosse stato accanto, non solo per pietà, ma anche per amore.
Nel pieno del conflitto, mentre tutta la grande casa pregava per il ritorno del giovane Buckington, Darton strappò dalle mani di una cameriera curiosa una lettera: era per lady Chandler.
La consegnò di persona e vide lady Chandler crollare davanti a lui.
-Disperso, è disperso Darton. E’ un modo elegante per dire che è morto.
Prima che la vera lettera del ministero della guerra raggiungesse la grande casa, lord Buckington non riuscì a trattenere la volontà di chiedere a quella donna di renderle grazia accettando la proposta di matrimonio che l’avrebbe legata a lui.
-Non dimenticherò mai mia moglie, ma, Abigail, lo saprebbe anche lei, senza il tuo aiuto non ce l’avrei mai fatta.
Lei accettò. A modo suo, Harris stava mantenendo la sua promessa di farla lady Buckington.
Fecero passare un po’ di tempo per permettere alla cattiva notizia di venire dimenticata, o almeno di venire superata. Ne passò tanto perché ancora una volta lord Buckington sembrò tornare sull’orlo della follia, ma Abigail, che pareva forte, ma che in realtà era più distrutta di quanto paresse, riuscì a trattenerlo sulla retta via.
Vennero celebrate delle nozze spartane, non proprio da gente di quella portata, per non andare contro la memoria dei perduti. Lady Abigail Buckington fu la benvenuta e il suo tocco vide l’assunzione di una governante, la signora Melson, una donna di cuore e di criterio che aveva conosciuto al villaggio nel periodo in cui era stata nella grande casa. La signora Melson e il signor Darton non andarono d’accordo fin dal primo giorno in cui si conobbero. La grande casa ebbe un po’ di sussulti nei disaccordi delle due forti personalità ai pieni inferiori.
Seppe presto di aspettare un bambino e pregò la signora Melson di non preoccuparsi di trovare una bambinaia ma che avrebbe cresciuto quel bambino da sé.
Una giornata di primavera, la bambina che venne alla luce riempì di schiamazzi la grande casa: la chiamarono Marion Henriet e la fecero battezzare dalla vecchia zia paterna Allegra Buckington, una donna dalla saggezza estrema e dal passato contorto e non perfettamente comprensibile.
Stranamente giorni dopo la donna si presentò di nuovo alla loro porta dicendo di avere ricevuto notizie che in realtà non parevano essere per lei. Harris era ancora vivo e stava tornando a casa.
Sembrava così assurdo, impossibile. Non ci credeva nessuno. Lord Buckington urlò al miracolo, Abigail sembrò non credere a quello che stava accadendo. La lettera diceva che era cieco in un occhio e che aveva perso la funzionalità della parte inferiore del suo corpo, ma che era vivo e che stava tornando nella grande casa. Il signor Darton aprì lo spumante ai piani di sotto per la felicità che lo premeva.
Quando Harris Buckington varcò le porte della grande casa vide con la difficoltà di chi vede con un solo occhio, per lo più oscurato dall’orrore della guerra, la donna che aveva promesso di sposare, già madre di una bambina e scoprire che il padre di quella bambina era anche il suo di padre gli fece pensare che, forse esagerava ma, avrebbe preferito essere morto in guerra.
 
Il tempo passava e la grande casa si riempiva di vita, proprio come lo era un tempo. Harris non parlava mai con Abigail, mai più di una parola. Si sentiva tradito ma non l’avrebbe mai detto ad alta voce e la sofferenza che provocava per la donna era immensa.
Sua madre, lady Anna Rose Chandler era sul punto di morte e la sua presenza sembrava attesa al suo capezzale. La piccola Marion non aveva mai avuto a che fare con bambinaie ma quello sembrava il momento adatto per iniziare. Lady Abigail Buckington diede il compito di trovarne una adatta alla signora Melson, la quale, cercando di rendersi il più utile possibile, trascurò anche il suo lavoro in casa, facendo imbestialire il signor Darton. Nella crisi di chi non riesce ad adempire al suo compito, la signora Melson chiese consiglio a lady Allegra Buckington, dalla quale spesso e volentieri passava per fare visita all’amica Mary che lavorava al suo servizio. La nobildonna le fece un nome a cui lei era particolarmente legata: Maisie Kuntz.
-Siete sicura? La sua storia è così piena di pettegolezzo!
-E’ la migliore.
Le voci erano padrone della sua storia, in effetti. Si diceva che Maisie Kuntz in realtà era il nome che le fu dato in orfanotrofio quando vi fu portata, ma che in realtà era stata battezzata Dalia figlia di una nobildonna d’alto lignaggio che fu costretta a darla via per mantenere alto il suo buon nome e la dignità del marito che non aveva voluto riconoscere la bambina come sua, nonostante fosse nata all’interno del matrimonio. Figlia dello scandalo e della vergogna, Maisie  Kuntz viveva da sempre in un orfanotrofio del villaggio  e, per non fare la fine delle altre ragazze della sua età, che al villaggio finivano a lavorare al bordello, aveva deciso di rimanere a badare agli orfanelli come lei.
La signora Melson si avvicinò con timore a quei luoghi dimenticati da Dio e si vide assalire da dei bambini randagi che le strapparono via la borsa della spesa e che fuggirono con il bottino. Fu costretta a seguirli e incrociò la sua corsa con una giovane che strappò via dalle mani della bambina che correva vittoriosa la borsa trafugata.
-Deve essere sua questa. Non deve essere della zona. Tutti conoscono il magnifico duo di Amy e Tod, apprendisti ladruncoli.
Disse di cercare una ragazza di nome Maisie Kuntz e la ragazza sentì i brividi nel sentirsi nominare.
-La mia è una storia che affascina, signora, ma qualunque cosa vogliate non sono sicura di poterla aiutare.
Le propose il posto di bambinaia e disse di aver ricevuto delle buone referenze per lei.
-Ho a che fare ogni giorno con dei bambini che hanno più bisogno della viziata figlia di Lord Buckington. E, oltre questo, conoscete bene la mia storia, non potrei sopportare di vivere a stretto contatto con quella classe che mi ha rifiutata.
La congedò con eleganza, nonostante si trattasse di una grezza orfanella.
Maisie raccontò dell’incontro all’amico di sempre Toby, un ragazzo con cui aveva vissuto in orfanotrofio, prima che lui venisse cacciato, come tutti i ragazzi maschi che raggiungono una certa età per lavorare per il villaggio. Lui le ricordò quali sofferenze viveva con la padrona dell’orfanotrofio che la bistrattava come una serva, quasi per costringerla a battere la strada come le altre “sorelle”.
Lui diceva che sarebbe diventato ricco, ricchissimo, che presto l’avrebbe salvata da quelle grinfie e che l’avrebbe sposata come una principessa vera.
-Non ti sposerò Toby.
Gli diceva lei divertita e lui continuava a ripeterlo imperterrito convinto che lei scherzasse veramente.
-Hai la possibilità di migliorare la tua condizione mentre aspetti che diventi ricco. Dovresti pensarci. Devi avere avuto delle buone referenze se la governante dei Buckington è venuta a cercare proprio te.
Non si chiese in realtà che tipo di referenze erano arrivate alla signora Melson, forse avrebbe dovuto, ma quando, tornando in orfanotrofio, la padrona la gettò a terra per il ritardo della cena a suon di schiaffoni, comprese che a quel male non c’era peggio e che probabilmente avrebbe sorvolato sulle referenze e avrebbe accettato quel posto nella grande casa.
Spiegò alla signora Melson, però, che non avrebbe potuto fare la bambinaia, per via del suo carattere troppo spiccatamente antiaristocratico, ma che avrebbe dopo tutto aiutare nei lavori più lontani dalle signorie dei piani superiori, dando così spazio a una qualunque delle altre cameriere che avrebbero fatto i salti mortali per salire di livello. Essendo la signora Melson estremamente disperata, accettò l’idea e promosse Cathy a bambinaia di Marion, sapendo che la cameriera aveva un buon rapporto con la bambina. Lady Buckington ne fu felice ed iniziò a fare avanti indietro dalla sua casa materna per badare alla madre malata.
 
Harris stava sempre a guardare la finestra del salotto, seduto sulla sua sedia a rotelle ascoltando le note un po’ impacciate della sorella seduta al piano.
-Sto migliorando.
-Sì, stai diventando bravissima
-Dov’è papà?
-Sarà nel suo studio.
-Volevo fargli sentire quanto sono diventata brava.
-Non ne avrà mai il tempo, Marion.
Richiamò Cathy per badare alla bambina mentre lui avrebbe cercato un modo per muoversi per la grande casa. Chiese aiuto a Archie, il giovane cameriere che il signor Darton aveva assunto apposta per aiutarlo nella sua situazione. Faticò per orgoglio ad accettare i suoi servigi, ma alla fine si accorse che era necessario.
Aveva visto all’orizzonte che stava arrivando una macchina: finalmente il piccolo Edward era di ritorno a casa.
Edward tornava sporadicamente, tornava per farsi rimproverare per l’ennesima sospensione o per avere dato vita all’ennesima setta rivoluzionaria. Lord Buckington non sapeva come fare con quel figlio ribelle che pareva non avere né arte né parte, eppure la sua intelligenza, la sua astuzia era tanta ed inutilizzata.
-Tranquillo papà, la sfrutterà quando erediterà tutto.
-Harris, sei tu il primo genito.
Harris adorava quel fratello e sapeva bene quanto valeva, aveva solo quel carattere ribelle intrinseco che lo faceva quasi odiare dal padre. Harris sapeva bene che il piccolo Eddy avrebbe presto ereditato tutto perché lui non avrebbe mai sposato nessuna donna e se anche qualcuna  avesse intenzione di sposarlo in quelle misere condizioni non solo per l’eredità ma anche per amore, sapeva bene che nessun piccolo Buckington avrebbe mai potuto chiamarlo papà. Edward era la sicura discendenza ma le parole di Harris non bastavano mai a convincere suo padre a riscrivere un testamento che saltasse lui per arrivare direttamente al fratello.
-Non è in grado di fare altro che ragazzate.
Quando la macchina si fermò all’ingresso, ad aspettare il ragazzo, non più tanto piccolo, stavano Cathy  e Marion che non vedeva l’ora di abbracciare il suo fratellone. Harris lo vide uscire dall’auto quando ancora si trovava all’interno della grande casa, spinto a forza dal giovane Archie.
-Piccolo Eddy, che bello rivederti.
-Finalmente a casa, vecchio Harris.
E lo abbracciò come ormai nessuno più lo abbracciava. Edward vedeva in lui il solito fratello forte e determinato e non lo storpio che tutti in casa vedevano; Harris, invece, vedeva un giovane nel fior fiore della giovinezza, dall’eleganza e la bellezza di un adone. Vide anche di non essere il solo ad accorgersene, perché Cathy arrossì teneramente quando il giovane fratello la salutò guardandola negli occhi.
-Ed!
-Bambola!
L’abbraccio tenero di Marion lo fece vedere come un giovane bambinone che in realtà aveva metà della sua vera età. Harris sorrideva teneramente nel vedere come la bambina abbracciasse il fratello con cui, seppur a distanza, era cresciuta. Una sorella, quella bambina era sua sorella e lui non poteva nemmeno pensare che a volte aveva sognato che fosse sua figlia.
-Nostro padre e Abigail?
-Abigail è da sua madre, papà sarà a fare visite di cortesia che potevano benissimo aspettare.
-Il solito papà.
-L’avevo detto che non sarebbe rinsanito mai.
Gli fece girare la grande casa, spinto dalle forti braccia di Archie, spiegandogli cosa era cambiato negli utlimi tempi in quella casa mentre lui raccontava al fratello maggiore cosa aveva combinato nell’ultimo anno al collegio.
-Sono abbastanza protetto. Zia Allegra ci mette sempre una buona parola, so che è lei e non papà a farlo. Ho un diploma a voti altissimi che non figura nemmeno di una delle marachelle che ho combinato.
-Ne vai fiero.
-Abbastanza. Ricordi, quando eravamo più piccoli, di Valerie Gunther? Beh, studiava al collegio femminile dall’altra parte del lago. Non male la ragazza! Dovevi vederla mentre tornava nelle sue stanze mezza nuda al freddo della notte.
-Povera Valerie!
-No, povero me! E’ convinta che adesso la voglia sposare, si presenterà presto con tanto di genitori ad accettare la mia proposta di matrimonio, proposta che non ho mai fatto!
Harris pensò che il fratello aveva tante pretendenti e che presto avrebbe messo la testa a posto perché se ne sarebbe innamorato di almeno una, mentre per lui che, in realtà aveva conosciuto la donna che avrebbe amato per tutta la sua vita, non c’era più nulla da fare.
Lord Buckington diceva sempre che c’erano un sacco di donne della sua età che aspettavano solo un invito formale per visitare la grande casa, Harris sapeva bene che quelle donne, una volta invitate, finivano con l’innamorarsi della fortuna che avrebbe ereditato lui e della bellezza che aveva ereditato suo fratello.
Archie era l’unico con cui lui si confessava e, da buon amico quale era diventato, non amava spettegolare ai piani inferiori con i colleghi, nonostante le cameriere bramassero per sapere.
Archie Salisbury era un ragazzo di famiglia borghese che abitava abbastanza lontano da lì e che il signor Darton aveva pregato di lavorare nella grande casa. Ovviamente la signora Melson non apprezzava il ragazzo solo per andare contro al maggiordomo.
-E’ solo un po’ giù di umore, come sempre.
Raccontava.
-Mentre il giovane Edward Buckington è così affascinante!
Diceva, invece, Cathy, vittima della bellezza del padrone di casa.
Le fu intimato di fare attenzione e di frenare i suoi bollenti spiriti, visto anche cosa si raccontava delle vittorie amorose del giovane Buckington.
-I tempi cambiano, non conoscete la storia di Cenerentola?
-Sì certo, la raccontavo spesso ai miei fratelli. Cenerentola non era una cameriera, Cathy, ma una contessa sfortunata.
S’intromise con fare sgarbato e poco elegante la giovane Maisie che serviva la tavole dei servitori.
-Che rudezza Maisie, un po’ di delicatezza per i sogni di una povera ragazza!
La rimproverò il signor Darton.
-I sogni fanno solo male, signor Darton. L’ho imparato a mie spese.
-Non è che perché a te i sogni hanno fatto male, devono fare male anche a me!
Si alterò Cathy.
La signora Melson frenò la battuta che Maisie stava per proferire, consigliandole di evitare. La ragazza non si sedette a mangiare con gli altri ma rimase fuori, al freddo a contemplare le stelle che si vedevano dalla grande casa, le stesse che vedevano i suoi fratelli, sperava. Toby la fece spaventare spuntando dai cespugli. Era andato a trovarla e a raccontarle come andavano le cose da quando lei se ne era andata. Non poteva tornare a visitare i suoi fratellini perché la padrona dell’orfanitrofio l’avrebbe riempita di botte e mandata da qualche pappone senza troppe storie. Toby lo sapeva e le raccontava che i bambini stavano tutti bene e che aveva raccontato loro che presto anche per loro sarebbe cambiato qualcosa.
-False speranze, Toby.
-Per te è cambiato qualcosa.
-Almeno che non ci sia un posto qui per loro, sono solo false speranze.
 
Lady Allegra Buckington arrivò il giorno dopo a pranzo per salutare il nipote preferito che tornava a casa. Abigail fece appena in tempo a tornare per salutare la donna ospite in casa sua.
Edward aveva portato in mattinata la piccola Marion a fare un giro a cavallo. Cathy rimaneva, così senza compiti da adempire e rimase ad accogliere lady Allegra a mani giunte.
-Cosa fai lì impalata?
-Aspetto ordini, signora. Mi occupo della piccola lady Buckington e per ora mi ritengo libera.
-Voi non siete chi credo io, però.
-Sono Catherine Macnath, al suo servizio.
-Catherine.
La congedò dal non fare nulla e rimase in attesa dei nipoti Harris e suo padre che arrivavano ad accoglierla. Osservò fuori due cavalli avvicinarsi e riconobbe i due nipoti più giovani.
Marion si lamentava con il fratello di non avere amici della sua età e di annoiarsi a morte senza di lui. Lui gli disse che doveva dirlo a loro padre o a sua madre e che se glielo avesse detto lui non l’avrebbero ascoltato. Gli consigliò anche di rientrare subito in casa mentre lui portava i cavalli allo stalliere. Trovò, come se fossero caduti dai desideri di sua sorella, due bambini nascosti tra il fieno della stalla.
Li salutò un po’ stranito e ricevette anche risposta dalla bambina.
-Il vostro nome, signorina?
-Amy, signore.
-E cosa ci fate qui, Amy, voi due?
Non risposero più, svanirono fuggendo alle sue spalle. Il giovane ne fu divertito.
I due bambini, Amy e Tod erano andati, seguendo le indicazioni di Toby a cercare Maisie alla grande casa, la trovarono per caso, fuggendo dalla stalla, mentre sedeva stanca sul bordo dello stagno artificiale.
-Cosa fate voi due qui?
-Abbiamo incontrato il tuo principe, è bello!
-Che schifo!
Fu quello che disse Tod.
Li abbracciò nonostante dovesse rimproverarli e li costrinse a rimanere lì senza fare un fiato.
Mentre su veniva servito il pranzo, lady Allegra Buckington chiedeva quali erano le intenzioni per il futuro per Edward e lui disse che il futuro stesso deciso per lui.
L’anziana donna vedeva in quel giovane un vero uomo, diversamente da quando suo padre pensava. Abigail rimaneva ad ascoltare le conversazioni senza filo logico che la tavola portava, suo marito, lord Buckington le chiese come stava procedendo con la povera madre e lei rispose che non le andava di parlarne a tavola. Sull’insistenza del padrone di casa, Harris prese le difese della matrigna e per la prima volta dopo tanto tempo gli donò la sua parola.
 A fine pranzo, mentre lord Buckington, i figli minori e la vecchia zia si spostarono nel salotto, Abigail chiese di rimanere un attimo da sola con il figliastro pressoché coetaneo.
-Grazie.
Gli disse.
-Mio padre sa essere poco delicato talvolta.
Gli strinse la mano che cercava di spingere le ruote della sedia, lui sentì quel brivido che aveva sentito quelle volta che, prima della guerra, le si avvicinava.
-Forse non te lo meritavi.
-Ti avevamo dato per morto, perso per sempre.
-E hai deciso di rifarti una vita. Con mio padre.
-Quale altro modo avevo per starti vicino, almeno nella memoria?
Non volle più ascoltarla e scattò con la sua sedia, chiamando a squarciagola Archie che non se lo fece ripetere più volte prima di spuntare.
Edward accompagnò la zia alla macchina che l’avrebbe portata a casa sua. Rimase a riflettere per il giardino sul suo futuro, che, a differenza di quanto suo padre pensasse, gli importava davvero. Salutò la zia che lo apprezzava e gli promise che ad ogni sua decisione, lei sarebbe stata la prima ad essere informata.
S’incuriosì a sentire ridere dei bambini verso lo stagno artificiale, una volta partita la macchina. Trovò i due bambini della stalla a ridere con una serva, la cameriera più bella che i suoi occhi avevano mai visto. Forse non lo era davvero, ma per lui fu la principessa più bella che aveva mai visto. La bambina si prodigava a sistemarle i capelli lunghi cadenti per la schiena mentre il bambino faceva facce buffe per divertirla.
-Era un cavallo bianco, come quello delle favole…
Raccontava la bambina, impegnata con i capelli della sua amica.
-Il suo nome è Hera.
Disse il giovane, facendo scattare in piedi Maisie dallo spavento. Amy le urlò contro dicendole di non muoversi perché l’acconciatura non avrebbe tenuto e così fu, le crollò sulle spalle non appena fu in piedi, con il capo chinato per la vergogna.
-E’ lui.
Sussurrò Tod.
-Signore io posso spiegare.
-Il nome del cavallo bianco è Hera. Potrai farci un giro quando vuoi.
-Davvero?
Si fece sfuggire Amy.
-Amy, per favore!-La rimproverò Maisie.-Sono i miei fratelli, sono solo passati a salutare, non volevano disturbare.
-Non disturbano affatto. A mia sorella farebbe piacere avere altri bambini in giro.
-Non sono i tipi di bambini che dovrebbe frequentare sua sorella, signore.
Edward le si avvicinò, notando che lei non osava guardarlo in viso.
-Perché? Sono bambini come lei.
-Sono orfani, signore.
-Se non dispiace, potrei avere il tuo nome?
Maisie si sentì morire: era stato troppo facile fuggire da quel mondo terribile che l’aveva fatta crescere.
-Maisie Kuntz, signore.
-Maisie. Un bel nome.
Lo disse sorridendo e facendo dietrofront.
Salutò i bambini e salutò la ragazza che piombò nel silenzio della malinconia.
Andò di corsa a preparare le borse, convinta che presto sarebbe stata cacciata via. Maledetti nobili, maledetti. Le avevano rovinato la vita da quando era nata.
La signora Melson si accorse della sua desolazione e le chiese cosa stava succedendo. Lei rispose con le lacrime che quel mondo non faceva per lei, anche se vi era nata. Il pettegolezzo la rendeva solo un buon argomento tra donne.
-Lady Buckington non mi ha detto nulla sul tuo licenziamento.
-Non lady Buckington. Lord Buckington, il giovane lord.
-Edward Buckington? Oh cara, non scherziamo. Quel ragazzo non licenzierebbe nessuna cameriera. Se tu fossi stata un uomo, magari…
Edward rimase al calduccio del camino acceso, perso nei meandri dei suoi pensieri, mentre suo padre farfugliava di politica, sperando che nella stanza qualcuno lo ascoltasse. Abigail osservava Harris, Harris osservava il fratello turbato.
-Tutto bene?
Gli chiese.
-Spero di sì. Anche se, a dire il vero, qualcosa mi turba. E’ la prima volta che…
-Tutto ti turba, povero figlio!
-Smettila papà! Sei incredibile!
-Smetti tu di difenderlo, è già abbastanza grande!
Abigail non osò inserirsi nel litigio tra i due uomini. Disse che sarebbe andata a dormire visto che l’aspettava un lungo viaggio l’indomani mattina.
Lord Buckington seguì l’esempio della moglie. Edward lo vide uscire dalla stanza.
-Non te la prendere.
-Ho smesso di prendermela. Sei sempre il maggiore, sei sempre il più giusto.
-Fino a quando la guerra non mi ha storpiato.
-Non autocommiserarti.
-Lo faccio, invece. Nessuna donna vedrebbe felicità in me. Finiresti per diventare il suo amante!
-Non credo, non più.
-Non più?- e sorrise per quello scambio di battute.
-Qualcosa è accaduto.
Harris pensò a quel qualcosa come quello che accadde ormai anni prima in quella grande casa, quando una bellissima donna di nome Abigail si scioglieva nel vederlo passeggiare per i corridoi nello stesso modo in cui lui si scioglieva nel vedere lei. L’amava e glielo aveva detto. Lei aveva sposato suo padre, così, come risposta.
-Fa che questo qualcosa non ti rovini la vita.
Gli disse alla fine.
 
Lady Allegra Buckington chiese alla sua domestica di chiamare la sua amica, la signora Melson, per fare due chiacchiere. La vecchia Mary la mandò a chiamare. La signora Melson rispose alle domande dell’anziana donna. Voleva sapere cosa era accaduto per non avere assunto la ragazza che lei aveva raccomandato.
-E’ stata assunta, signora, lady Abigail Buckington ha accettato le sue referenze, ma la ragazza, visti i suoi precedenti ha preferito un ruolo lontano dai padroni e così la giovane Catherine è stata promossa a bambinaia per il momento.
Lady Allegra chiese alla governante di tenerla informata sulla storia della giovane e la governante osò chiedere la motivazione di tale interesse:
-Lady Abigail Buckington non vi fa caso perché troppo brava donna, ma tutti in paese sparlano sul passato dell’orfana la cui madre, si sa, esiste e l’ha lasciata per salvare il proprio nome. Un rifiuto dell’alta società, insomma, che tutti conoscono e che nessuno vorrebbe nella propria casa. Non oso foventare le malelingue, anche perché Maisie è davvero una cara ragazza, ma, non so, non mi è chiaro come mai ci tenite così tanto a…
-Non vorrete certo aggiungere pettegolezzo ai già presenti al villaggio?
La risposta era chiara: non voleva darla.
 
Edward la spiava in silenzio, mentre lavorava all’ombra di tutte le altre domestiche che facevano a gara per avvicinarsi di più ai signori dei piano superiori. Lui non conosceva la sua storia, non aveva vissuto abbastanza in quei luoghi per sentirne parlare. Lei non se ne accorse finchè non notò come le colleghe la squadrassero e come i pettegolezzi sulla sua storia si moltiplicarono senza una motivazione particolare.
-Che avete sempre da farfugliare?
Loro non rispondevano ma salutavano con un inchino il giovane lord che si avvicinava.
-Maisie.
Lei scattò sull’attenti.
Le altre furono invidiose di lei. Da quando lui si divertiva  a farle compagnia mentre lavorava, le altre non facevano altro che aumentare i pettegolezzi.
-Non è raccomandabile quello che fate. Sono una domestica e voi…
-cosa sto facendo?
-Mi osservate
-non posso?
-Potete ma chi vi vede non la pensa una cosa innocente come voi.
-Non conoscete la storia di Cenerentola?
Lei sospirò e poi rispose come era abituata a rispondere.
-Io non sono una contessa, come lo era lei, signore.
-Non ha importanza.
In realtà lei lo era.
Lady Allegra Buckington volle incontrarla, e non solo perché il suo amato Edward sembrava incantarsi nel parlare di lei senza una motivazione comprensibile, ma soprattutto perché una certa lady Lucille di Granston aveva chiesto come favore alla vecchia donna di trovare quella ragazza, perché, a quanto pareva, aveva abbandonato con quel nome, quando era ancora troppo giovane, una bambina per compiacere il marito di allora. La notizia che il suo nipote preferito si fosse praticamente innamorato della ragazza rendeva la cosa ancora più interessante, ma allo stesso tempo meno apprezzabile visto che lady Lucille di Granston era stata diseredata dal marito, morto da poco per cause naturali, stranamente da come si possa pensare, per essersi macchiata di numerosi adulteri e che adesso, solo per coscienza, aveva deciso di avvicinarsi a quella che era la sua bambina. Quando Lady Allegra chiamò la signora Melson e Maisie al suo cospetto, Edward volle invitarsi per tenere sotto controllo la ragazza si cui ormai era innamorato.
-Roba da donne, ragazzo.
Lo rimproverò la zia.
-Zia Allegra, spero solo che non ci sia nulla che possa portare quella povera ragazza lontano dalla grande casa.
-Perché vi siete così tanto legato a questa domestica, Edward?
-Non lo so. Forse perché non mi ricorda nessuna dama che potrei sposare.
Lo cacciò via con la solita eleganza e fece accomodare le due donne di servizio senza dare troppe spiegazioni.
Spiegò alla ragazza della donna che voleva incontrarla e ricevette come risposta la totale indignazione di Maisie.
-Non la incontrerò mai. Preferirei battere la strada, piuttosto. E se le mie referenze per farmi lavorare nella grande casa erano riferite a questa donna, preferirei dare le dimissioni immediatamente. Quella donna mi ha rovinato la vita. I ceti bassi mi odiano perché non ne faccio parte, i ceti altri mi disprezzano perché non ne faccio parte. Quella donna dandomi alla luce ha solo creato un rigetto destinato a non essere amato.
La donna, nonostante fosse infastidita dal tono della domestica, sorrise della sicurezza della giovane.
-Scusatela, vi prego.
Si precipitò la signora Melson.
-No, non scusatemi. Non voglio scuse.
Uscì con gli occhi lucidi, tornando alla grande casa senza fermarsi un attimo. Lì l’aspettava ansimante il giovane lord Buckington che preoccupato la accolse contento.
Scoprì quello che Maisie dava per scontato sapesse. Non gli interessava affatto, non gli interessava chi fosse. L’amava e basta.  Non era mai stato convinto di nulla come ora era convinto di cosa provava per Maisie
La baciò per asciugarle le lacrime. Non bastavano le dame, non bastavano le donne che aveva amato contro le regole da quando era in collegio. Adesso voleva solo lei, ma non come aveva voluto le altre. La voleva come la donna della sua vita. Paragonò quello strano sentimento a quello che aveva legato sua nonna Marion al patriarca buckington, oppure come quello di sua madre e suo padre, che sembrava essere amore vero.
-E’ sconveniente.
-Tutto ciò che faccio io è sconveniente.
A spiarli nel silenzio il giovane Toby, dal cuore spezzato, che arrivava lì per aiutarla a passare l’ennesima notte di solitudine in compagnia di una persona amica. Tornò al villaggio con le lacrime agli occhi, cosciente che la sua Maisie non aveva più bisogno di lui.
 
La signora Melson, per un'unica volta in accordo con il signor Darton, decise di parlare con maisie di quello che era appena avvenuto in casa di Lady Allegra Buckington. Avevano deciso che lei avrebbe potuto continuare a lavorare lì e che qualunque fossero state le referenze per assumerla, erano state corrette e lei non poteva essere licenziata. Il signor Darton aggiunse che la sua presenza aveva fatto bene anche alla piccola Marion, seppur indirettamente.
-Sì, sappiamo bene dei bambini che ti vengono a trovare e di come la contessina sia contenta di passare il tempo con loro.
-Almeno i bambini non fanno caso a quale ceto si fa parte.
Fece Maisie.
-Lady Buckington non voleva sicuramente distruggerti la vita, è una brava donna, avrà pensato di fare del bene. Se vuoi restare sei la benvenuta.
Maisie ringraziò e disse che avrebbe piacere di rimanere per tante motivazioni. Che Edward Buckington fosse una delle motivazioni non se ne rese conto sul momento.
 
La mattina seguente la gente alla grande casa si svegliò ed ad attenderla fu una cattiva notizia. A portarla fu la signora Melson, come un uccello del malaugurio, appena tornata dal mercato centrale dove aveva incontrato per caso una sua vecchia collega, la signora Bishop, ancora al servizio di lady Chandler. La signora era morta ed era stato inviato qualcuno a riferire alla grande casa, ma costui arrivò dopo la signora Melson.
Lord Buckington accolse la notizia con dolore, e lo stesso fu per Edward. Harris sembrava impassibile alla notizia, ma in realtà, soffriva e pensava alla sofferenza di Abigail.
-Non aspetteremo il corriere, lasceremo Marion Henriet con Cathy.
-Vorrà abbracciare sua figlia dopo la disgrazia.
Disse Harris.
-Non porterò mia figlia in casa di un lutto, proveremo a spiegarle con le parole giuste senza traumatizzarla troppo. E’ pur sempre una bambina.
-Sì, papà. Le dirai che la nonna si è addormentata e che presto si risveglierà?
L’uomo si alzò in piedi dalla sedia su cui era seduto a fare colazione, reagendo alla provocazione del figlio Edward, che fece lo stesso per rispondere a qualunque battuta del padre.
-Non osare mai più, non osare!
- Fare cosa? Ricordarti quanto sei incapace a fare capire ad un bambino che qualcuno di caro non c’è più?
-Smettetela, pensate ad Abigail che ha bisogno del vostro supporto.
I due deposero le armi e poi Lord Buckington ordinò ad Edward di prepararsi perché l’avrebbe accompagnato alla vecchia tenuta dei Chandler, mentre Harris, per ovvi motivi, non in grado di precipitarsi avrebbe parlato con Marion, poi svanì per la grande casa.
-fa fare il padre a te, non noti?
Fece notare Edward che svanì nello stesso modo.
Archie accompagnò Harris da Marion che venne lasciata con il fratellastro da Cathy.
Harris decise di parlare alla bambina con le stesse parole che avrebbe voluto sentirsi dire da suo padre quando lady Henriet se ne era andata.
-Marion, Nonna Rose se ne è andata.
-Dove?
-In cielo.
-Perché?
-Perché ha deciso che era tempo di lasciare il mondo.
-E mamma?
-La tua mamma è molto provata, tornerà tra qualche giorno con papà ed Eddy e devi promettermi che quando la vedrai l’abbraccerai con tutta la tua forza e le dirai che tu le vuoi bene.
La bambina accettò e poi chiese al fratello con cui non aveva avuto mai nessun rapporto se poteva abbracciarlo.
-Mi sento triste, posso?
-certo- disse harris.
La bambina abbracciò l’uomo sulle rotelle con tutta la sua forza e gli disse che la sua mamma avrebbe voluto tanti abbracci, non solo il suo, ma anche uno come quello.
 
La notizia rimbalzò ai piani inferiori e presto raggiunse anche il paese e lady Allegra. Maisie che aveva ricevuto una giornata libera ricevette la notizia come qualunque paesana. Pensò ad alta voce che forse avrebbe dovuto tornare alla grande casa a dare una mano.
-Ti senti in dovere di andare anche nella tua giornata libera?
Le chiese Toby, mentre lei confessava i suoi pensieri. Lui lavorava come aiuto per l’oste che caricava casse di bottiglie vuote e piene.
-Beh, nella mia giornata libera non posso nemmeno avvicinarmi all’orfanotrofio.
-potresti stare semplicemente con me.
Maisie  rimase ad ascoltarlo ma non si accorse subito del suo senso di gelosia.
-Potrei chiedere se alla grande casa c’è un posto anche per te…il signor Darton si lamenta in continuazione che tutto va troppo a rilento…
-Non vengo a lavorare per quegli schivisti.
-Non sono schiavisti.
-Sono parole tue.
-Lo pensavo anche io, ma non lo penso più. Sono nobili, con la puzza sotto il naso, ma non schiavisti, mi sbagliavo.
-chi ti ha fatto cambiare idea?
-Beh, ci vivo.
-E’ stato il tuo principe Azzurro?
Maisie rimase interdetta. Gli chiese a cosa si riferiva e lui, come se nulla fosse, rise, un po’ infastidito e poi aggiunse entrando nell’osteria a portare le casse.
-Lord Edward Buckington, il tuo amato Edward.
La ragazza lo spinse ad abbassare la voce per non dare nell’occhio e si precipitò a spiegare che non era il suo amato.
-Vi ho visti, l’altra sera. Avevo sentito della tua discussione a casa di Lady Buckington, ero venuto a consolarti, pensavo avessi bisogno di me, invece.
-E’ stato un errore.
-E’ per questo che non te ne sei voluta andare? E’ per lui?
Maisie non rispose velocemente come Toby sperava:- avevo paura di questo silenzio.
Lasciò cadere le casse e poi richiamò maisie.
-Ti farà soffrire, non solo per essere un Buckington, il tuo  datore di lavoro, ma anche per essere un viziato figlio di papà che vuole solo…fa collezione di belle ragazze facendole sognare di diventare le sue principesse e poi abbandonandole al loro destino.
-Edward non è così.
-Lo chiamo per nome, bene. Non pensavo fossi come tutte le altre. Adesso penserai che ti sposerà e ti salverà dalal tua situazione penosa.
-La mia non è una situazione penosa, è solo quello che pensi tu! Tu hai sempre sentito la necessità di salvarmi. Perché questo odio, Toby?
-Perché ti stai allontanando da me, lui ti sta allontanando da me e se almeno fosse almeno minimamente sincero lo accetterei anche, ma io non credo che lo sia. Maisie quando dicevo di volerti sposare, ero serio.
La ragazza tornò alla grande casa all’imbrunire, un po’ malinconica e venne raggiunta al laghetto artificiale dalla signora Melson che capì che la ragazza non era triste per la morte di lady Chandler.
-Non fraintenda, signora Melson
Non appena fu buio si avvicinarono un paio di macchine e vi scesero Lady Allegra da una, i padroni di casa dall’altra. Non erano attesi così presto così il signor Darton chiese anche a Maisie di prendere servizio, visto che altre cameriere erano occupate.
Harris, accompagnato da Archie e Cathy, lasciò che Marion abbracciasse la madre come avevano pattuito. Abigail si fece avvolgere dalla piccola, poi  le fu staccata a forza dal padre. I figli più grandi fulminarono Lord Buckington, ma lui non fece caso, perché lui era Lord Buckington, aveva vissuto tutti i lutti peggiori e sapeva come funzionava, era l’unico che sapeva cosa fare. Abigail con gli occhi lucidi, chiese di rimanere sola, non volle nemmeno l’aiuto delle cameriere o della signora Melson. Osservò Harris che non si avvicinò nemmeno un poco a lei. Accettò le condoglianze di Lady Allegra, arrivata apposta e si chiuse nella sua camera.
Lord Buckington iniziò a dare ordini, seguito dal signor Darton.
-Cosa fanno le donne di servizio? Darton, per favore, fai sentire la tua autorità.
Sbraitava Lord Buckington. Il signor Darton sgridò la signora Melson e le due cameriere che teneva appresso. Maisie si scusò per il ritardo, ma non era abituata a lavorare ai piani superiori.
-Non ci sono giustificazioni.
Edward rimase perplesso a notare Maisie, ma anche contento. Le venne detto di aiutare lady Allegra con le sue borse.
-Tranquillo Darton, ci penso io.
-Come vuole, signorino, ma ritengo che non sia il caso.
-Non è un disturbo. L’aiuto.
Ammise Edward. Non solo lady Allegra notò quella simpatia per nulla celata da parte del giovane. Anche Harris notò qualcosa, per quanto fosse distratto dalla necessità che sentiva di andare a disturbare Abigail nella sua solitudine, ma anche Cathy, a cui fu ordinato di mettere Marion al letto. La bambinaia osservò con occhio torvo il giovane padrone di casa che sorrideva sotto i baffi nel accompagnare la ragazza.
-Lo sta facendo ancora.
Lo rimproverò Maisie.
-Che cosa?
-Il ragazzo innamorato. La gente sparla.
-lasciala parlare.
-E’ una vita che la lascio parlare.
-Ho saputo di lady di Granston. Eri arrabbiata, mia zia Allegra mi ha raccontato che eri molto arrabbiata, dicevi che volevi andartene.
-Non mi sono ancora scusata con lady Buckington, mi dispiace.
Maisie si sentì in dovere di spiegare.
-Volevo essere lì, avevo capito che ti stava succedendo qualcosa. Lady Allegra non me lo ha permesso.
-Non sarebbe stato necessario. Non sono una dama in difficoltà, non ho bisogno di essere salvata.
-Perché sei rimasta?
Era la domanda che voleva fare fin dall’inizio. Maisie non volle rispondere, iniziò a voltarsi e rivoltarsi per paura che Toby, di nuovo, si fosse nascosto a spiarla.
-Di cosa hai paura? Non rispondi?
-Non ha importanza perché sono rimasta. Vorrei solo che le attenzioni da parte vostra, venissero meno.
Edward si avvicinò alla ragazza, lei tentò di allontanarlo:- altre cameriere farebbero a gare per riceverle. Perché io?
-Non lo so. E’ questo che mi fa impazzire.
Un bacio, un altro bacio. Maisie non resisteva, non l’avrebbe ammesso, ma il rubacuori stava rubando anche il suo cuore, il suo che era sempre stato in pietra, almeno per Toby, che invece aveva sempre espresso i suoi sentimenti.
Cathy, di ritorno ai piani inferiori li scorse nell’ombra, si sorprese, si sconvolse, delusa, anche con il cuore stranamente a pezzi, terminò le scale e si chiuse nella sua stanza.
Cathy aveva sempre avuto un debole per lord Edward e lui lo aveva sempre saputo, fin da quando erano entrambi dei ragazzini. Sperava soltanto che fosse una delle solite cotte del signorino, una simile a quella che lo aveva travolto qualche estate prima che lord Harris tornasse alla grande casa, quando al posto della nuova arrivata Maisie c’era lei.
...
   
 
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