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Autore: _diana87    02/02/2015    6 recensioni
"E va bene, vi dirò tutto, ma voi dovete lasciarmi parlare senza interrompermi, okay? Fate finta che vi stia raccontando una storia... agente, lei sa come funziona un romanzo, mi auguro... c’è un prologo, che potremmo identificarlo in questo momento, in cui il bravo ragazzo viene scambiato per un traditore e cerca di convincere la polizia che lui non c’entra niente... poi c’è il corpo, che è la parte centrale in cui vi racconto come si sono svolti i fatti... infine, c’è l’epilogo, in cui c’è la resa dei conti e la morale della storia... perché ogni racconto ha sempre la sua morale..."
Genere: Guerra, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Richard Castle, Sorpresa | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Yoel resta a fissarlo come se gli avesse appena esposto una delle sue strampalate idee.
Non si sono mossi da lì. L’uno guarda l’altro. Pazienti e dottori continuano a mescolarsi tra loro, così come le voci che si accavallano l’una sull’altra. Castle accenna a deglutire e batte le ciglia una volta, poi guarda l’amico con il viso speranzoso, attendendo una risposta.
Non parla, ma lo incita con gli occhi a dargli un responso positivo. Ci tiene a portarlo in salvo. Non sa come, ma vuole farlo. È riconoscente per la sua amicizia e per averlo aiutato tante volte nel corso della sua prigionia, e ora sente di dover ricambiare il favore.
Fa per aprir bocca, ma un’esplosione li travolge.
 
“L’attentato nell’ospedale di Saqlawiyah ha causato una cinquantina di feriti, mentre è ancora incerto il numero dei morti.” La giornalista, la cui voce rimbomba in televisione, racconta la vicenda con un timbro squillante, quasi come se stesse facendo la telecronaca di una partita di calcio, piuttosto che narrando un evento tragico. “Le tracce rinvenute nelle macerie rivelano che potrebbe trattarsi di un attentato di rivendicazione da parte di qualche affiliato di Al-Qaida. Vi terremmo aggiornati.”
Spegne il televisore con forza. Il telecomando non funge più, e per poco non rompe anche il bottone di accensione del tv.
Mette le mani incrociate e guarda serissimo gli uomini davanti a sé.
Qualcuno abbassa gli occhi, qualcun altro si osserva intorno, mentre quelli più coraggiosi sostengono lo sguardo del loro capo.
“C’è una talpa tra noi.” Dice finalmente Nasir, sospirando duramente. Comincia a camminare verso destra, portando una mano dietro la schiena a pugno, mentre con l’altra prende a strofinarsi la fronte. Pensa, si scervella, programma qualcosa da dire che possa intimorirli.
Cosa avrebbe fatto il padre al suo posto? Troppo difficile da rispondersi, aveva dieci anni quando lui è morto. Ricorda quando entrava nella stanza oscura, dove lui programmava gli attentati, e si reggeva in punta di piedi per guardare il tavolone pieno di case di cartone e soldatini giocattolo in posizione. Un gioco, pensava all’epoca. Figo, voglio giocarci anche io un giorno. Ripeteva a suo padre, che sorrideva prendendolo in braccio.
Ma suo padre non c’è più.
“Con questo attacco, Al-Nusra voleva informarci e minacciarci allo stesso momento.” Continua, tornando a guardare i suoi uomini. Ora vede qualcuno sudare e toccarsi la testa per togliersi il velo. Accenna un sorriso e spalanca le braccia.
Dimostra che sei loro amico, non inimicarteli se vuoi scoprire chi ti sta tradendo. Una perla d’astuzia che gli aveva insegnato suo padre.
“Miei cari fratelli, come sapete io sono magnanimo e quindi offro la possibilità a chiunque ci stia tradendo, di farsi avanti e pentirsi entro 24 ore. Scaduto il termine, giuro su mio padre, che ucciderò ognuno di voi a caso.” Conclude e getta lo sguardo su ognuno di loro.
Gli occhi dei suoi seguaci si fanno piccoli, le loro spalle si incurvano, sentendosi senza alcun potere di fronte alle sue parole.
Lo sguardo di Nasir si posa su Rick Castle e ne squadra le cicatrici e le bruciature derivate dall’esplosione all’ospedale.
Lui e Yoel si erano subito gettati a terra, coprendosi la testa con le mani per non essere colpiti. Si era sollevato un gran polverone, e loro avevano tossito, cercando di respirare quanto meno possibile. Rifugiatasi in una stanzetta, Yoel lo aveva condotto al di fuori dell’edificio, tramite una via d’emergenza che pochi conoscevano. Oltre loro due, si erano salvati solo quattro dottori e una decina di pazienti, trasportati sulle sedie a rotelle da un paio di infermiere.
Una grossa cicatrici è sul suo occhio, che lo rende un po’ pirata, due bruciature sono disposte sulla guancia sinistra e sulle mani, che ha coperto con dei guanti perché ancora fanno male. Lo scrittore deglutisce e in quella frazione di secondo ne è sicuro: Nasir sa.
Il giovane capo accenna un lieve sorriso ed è come se rispondesse alla sua domanda mentale. Poi torna ad osservare i suoi uomini, assumendo un’aria divertita.
“Intanto, facciamo vedere agli amici degli americani che Al-Qaida non scherza. Alì, portami la mappa. Voglio giocare a ‘Quale città faccio esplodere oggi’.” Ordina, sfregandosi le mani una sull’altra.
 
Più o meno in quello stesso momento, al Dodicesimo, la Gates ha appena spento il grosso televisore nel salone centrale, dopo aver ascoltato il servizio sull’attentato all’ospedale.
Tamburella con il telecomando sulla scrivania, facendolo girare e rigirare su se stesso, poi incrocia le gambe, mostrando dei piccoli graffi sulle sue calze. In quella situazione, neanche Iron Gates ha il tempo per curare il suo aspetto.
Beckett, Esposito e Ryan si voltano nello stesso momento verso il loro capitano.
Il viso corrucciato significa una sola cosa: Victoria Gates sta preparando la sua domanda.
“Mi perdoni, agente Jones.” Eccola che inizia, con quel tono di voce autoritario al quale non si può sfuggire. “Se non sbaglio, per un attentato di rivendicazione s’intende una minaccia per l’organizzazione terroristica?”
Mike non si volta, ma resta a fissare il tavolo dove è seduto. Non passano neanche dieci secondi per risponderle. “Capitano Gates, io al momento mi preoccuperei per la copertura del signor Castle.” Adesso guarda la Gates, si alza dalla sua sedia e si abbottona la giacca. “Hanno capito che c’è una talpa all’interno di Al-Qaida. Non sanno ancora che si tratta di lui, ma potrebbero scoprirlo.”
“E noi cosa possiamo fare?”
“Un bel niente purtroppo. Spetta al signor Castle contattarci e spero che sappia usare quel telefono usa e getta nel miglior modo possibile.” Conclude con una nota di amarezza, passandosi una mano sulla fronte.
Non conoscono la posizione di Castle, ed è impossibile stabilire un contatto.
“E il drone della CIA?” chiede improvvisamente Kevin, sorprendendosi che tutti lo stiano fissando. Si schiarisce la voce, allentandosi la cravatta. Ha forse detto qualcosa di sbagliato? “Non hanno uno di quegli aeroplanini volanti sopra il territori afghano?”
“Il drone può controllare solo l’esterno. Se dalla CIA non ho ricevuto nessuna notizia, vuol dire che il signor Castle è rimasto all’interno della residenza di Nasir per tutto il tempo, o comunque si è spostato tramite tunnel sotterranei da un posto all’altro.”
Kevin fa cenno col capo di aver capito, e torna al suo posto come uno studentello. Javier borbotta qualcosa di inudibile, perché volta lo sguardo dall’altra parte. Sono tutti in uno stato di tensione. Vorrebbero far qualcosa, ma sono legati.
“Posso ordinare delle pizze?” chiede Sonny e nel momento di silenzio, il suo stomaco si fa sentire con qualche brontolio. Imbarazzato, si copre la pancia.
Spazientito, Mike gli fa segno con le mani di fare come vuole.
A ruota, Javi e Kevin si propongono di accompagnare l’agente dell’Interpol a prendere qualche pizza. Del resto, sono quasi le due del pomeriggio e ancora non hanno pranzato.
I minuti scorrono lenti, le pizze sono arrivate, e tutti cercano di fare qualcos’altro per ingannare il tempo.
L’agente Jones e la Gates sono chiusi nell’ufficio di quest’ultima, presi a conversare e studiare dei piani per contattare Castle in qualche modo.
Sonny e Rodriguez ormai si sono amalgamati con Javier e Kevin e si divertono a giocare a uno stupido videogames al computer.
Kate è seduta poco distante da loro a leggere alcuni giornali. Sta cercando di capire, in ogni notizia, qualsiasi indizio che possa farle capire dove si trovi Rick. Quando sente esultare, ogni tanto alza la testa e getta l’occhio sui quattro, sorridendo tra sé.
Lo squillo forte e acuto del telefono del Dodicesimo la fa sobbalzare. Meccanicamente, Kate sposta la testa verso di esso.
Tutto sembra calmarsi al distretto perché tutti impegnati a udire quel secondo squillo che arriva più forte del primo e sembra un richiamo d’aiuto.
Beckett molla i suoi giornali e si alza per afferrare la cornetta. La voce affannata che sente dall’altra parte del telefono la fa sussultare e aumentare la temperatura corporea in un battibaleno.
“Kate, sono io, Rick.”
Chiude gli occhi. Una lacrima di commozione le scende sulla guancia.
“Castle!” sorride, trattenendo l’emozione con una mano sulla bocca. “Stai bene? Ho sentito di un attentato all’ospedale...”
“Sì, io ero lì, ma ne sono uscito con qualche ferita.” Risponde Rick, poi sente la voce strozzata di Kate e la rassicura. “Niente di cui preoccuparti, tranquilla. Ascolta,” e lei ascolta. Si mette seduta, come sa fare e ha lo sguardo abbassato per concentrarsi. Il tono di Rick va a smorzarsi, come se sentisse di doversi nascondere per non farsi udire. “Nasir sa che sto collaborando con voi. Non l’ha detto ma me l’ha fatto intendere.”
Anche la Gates e Jones sono usciti dall’ufficio per unirsi agli altri.
“Dove sei adesso?”
“In un vicolo cieco della città.” E in sottofondo sente le persone gridare al mercato e le macchine per la strada. “Ascoltami ho poco tempo.”
“Ti metto in vivavoce.”
Mike fa segno ai suoi di collegare il telefono con l’apparecchio per le registrazioni e il computer, in modo da poter localizzare la fonte della chiamata.
“Nasir sta organizzando un attentato a Londra, nella sede dell’Interpol. Sta reclutando nuovi soldati.”
Kate alza lo sguardo verso Mike che lo vede preoccupato.
“Come lo sai?”
Sente Rick fare una risatina e cominciare a parlare con una voce maliziosa che lei ben conosce. “Beh hai presente quel giochino che facciamo io e te durante le notti insonni?”
Pur non fissando gli altri, sa di avere gli sguardi puntati addosso. Kate avvampa violentemente portandosi una mano sugli occhi.
Riesce a sentire Javi, Kevin e gli agenti dell’Interpol che ridacchiano, e perfino alla Gates, che deve mantenersi seria, non sfugge una mezza risata, subito bloccata da una tosse.
Peccato che lo scrittore non possa sapere cosa sta accadendo... “Prendiamo quella lista, tu chiudi gli occhi e scegli quale gioco fare...”
“Castle, siamo in vivavoce.” Lo interrompe Kate.
“Sì, lo so.”
“Al distretto. Con il Dodicesimo. E l’Interpol.” Pronuncia i presenti uno ad uno, soffermandosi. Scopre lentamente gli occhi togliendo la mano sul viso, che passa sul collo, sentendo le pulsazioni a mille. Trattiene una risatina portandosi le labbra indentro. La situazione è alquanto imbarazzante. Fortuna che il rossore sul suo viso non è più attenuato. “Presenti.”
Dall’altra parte non sente più nessuna risposta per qualche secondo, se non qualche rumore di automobili. Poi con il tono di voce di chi è terrorizzato, Rick chiede: “La Gates ha sentito tutto?”
“Forte e chiaro, signor Castle. Non siamo qui ad ascoltare le vostre perversioni.” La voce squillante della Gates è a metà tra il rimprovero e il divertito.
Ci pensa Esposito ad aggiungere un po’ di pepe. “Per quello c’è quel programma su MTV. Come si chiama?”
“Castle, continua.” Dice Kate dolcemente, ignorando la battutina tragicomica del suo amico detective.
Lui torna serio, lo sente allontanarsi di poco, e infatti il segnale comincia a dar problemi. “C’è questo attentato programmato tra due giorni, e io non sono stato incluso. Suppongo che mi voglia qui perché sa chi sono.”
Temendo che la conversazione possa concludersi senza aver stabilito le coordinate di Castle, Mike raggiunge Kate e il telefono.
“Signor Castle pensa di poterci dire la sua posizione?”
“La mia no, ma... posso dirvi dove si trova la residenza di Nasir.” afferma trionfante, e dal tono di voce si sente quella voglia di andarsene al più presto da quel posto infernale.
Si mette anche nella posizione dell’insegnante. Prende a gesticolare per spiegare, come se stesse parlando faccia a faccia con loro.
“Appena giungete sulla collinetta dove mi avete lasciato, percorrerete un sentiero montuoso, ottimo per mimetizzarsi.”
Ryan si mette al computer e con il GPS collegato, traccia una mappa seguendo le indicazioni di Castle.
“Giungete verso le lucette della città, ma camminateci intorno fino ad arrivare a una specie di mura color sabbia. Da fuori, sembra una base militare con tanto di filo spinato. Non dovete entrare lì. Dovete fare il giro e introdurvi dentro una botola che troverete nel retro dell’edificio. Vi lascerò un segno così saprete dove si trova. Entrando da lì, vi apparirà un grosso corridoio. Percorretelo fino in fondo.” Fa una pausa, tanto per creare suspense. “Ta-dan, siete arrivati a casa di Nasir.” conclude con fare teatrale. Riprende a parlare tranquillamente, abbassando il tono della voce, appena intravede qualcuno di sospetto nel mercato. Comincia quindi a camminare nella direzione opposta del vicolo. “Vi consiglio di attaccare tra le 2 e le 6. Lui si raduna con i suoi uomini fino all’1, poi solitamente passa un’ora nella sua stanza a fare le sue cose prima di andare a dormire. Alle 5,30-6 ci sono le prime luci del mattino, quindi alcuni militanti iniziano l’addestramento.”
“Ottimo lavoro signor Castle. Ha un futuro come agente segreto.” Osserva Mike, ammonito dallo sguardo di Kate che gli indica di non dire più niente, altrimenti inizierà a pavoneggiarsi. Lui sorride.
“Davvero? Oh, è sempre stato il mio sogno!”
“Riferisco alla CIA. Lei si sbarazzi del telefono. Veniamo a prenderla stanotte.”
Quell’ultima frase lo fa fermare, arrivando alla fine del vicolo cieco. Davanti a lui ha un muro fatto di fili spinati, quasi invalicabili. Osserva quella barriera dal basso verso l’alto, preparandosi a scavalcarla.
“Agente Jones, ho un’ultima richiesta.”
“Dica.”
“Oltre a prendere me, vorrei che venisse anche un’altra persona. È il mio ex addestratore, Yoel Zurk.”
L’agente Preston e l’agente Rodriguez passano al database dei ricercati tramite un iPad, e trovano quel nome sotto la lista nera degli esponenti di Hamas. Mostrano l’iPad a Jones e scuotono la testa in segno di diniego.
Mike sospira. Una cosa alla volta. Prima deve riportare a casa Castle, poi pensare a tale Yoel Zurk.
“Non posso garantirle niente. Dipende dalla CIA.”
“La prego, può fare qualcosa? È un mio amico e un prezioso alleato. Non sarei sopravvissuto senza di lui.”
Adesso le parole iniziano a pesare e l’agente inglese si trova in una posizione difficile. Kate si sposta, togliendo di mano l’iPad ai due agenti, così da trovarsi di fronte a Mike per guardarlo con le braccia incrociate. Schiarisce la gola e alza un sopracciglio con fare intimidatorio.
Chiunque abbia aiutato a restare in vita Richard Castle, è anche amico di Kate Beckett.
Mike sospira e la guarda con aria interrogativa, inclinando la testa di lato. Non ha proprio altra scelta.
“Vedo quello che posso fare.” Risponde rassegnato, e si allontana seguito da Preston e Rodriguez.
“Grazie.”
Quasi saltellante, Kate toglie il vivavoce e raggiunge la cornetta. “Se ne è già andato, Castle.”
“Siamo soli?”
Anche la Gates, Ryan ed Esposito capiscono che è il momento di togliere il disturbo.
“Solo io e te.”
Sorride come una ragazzina. È innamorata. Le gote diventano rosse e dondola su se stessa arricciandosi una ciocca di capelli.
Dall’altra parte, lui fa lo stesso. Tranne per l’arricciarsi i capelli.
“Sto tornando a casa.”
“Ti sto aspettando.” Conclude.
Si salutano con lo stesso sorriso colmo di speranza.
Lui lancia uno sguardo dietro di sé e vede due lunghe figure all’inizio del vicolo. Deve mantenere la calma e restare freddo.
Si sbarazza del telefono usa e getta, togliendo la batteria e facendo a pezzi la SIM. Si tira su le maniche della camicia e si arrampica sulla rete di fil di ferro. Abile, esperto, mentre sente i passi dei due uomini farsi più vicini.
Sorride, arrivando in cima e scavalcando la rete. Guarda in basso. Saranno 3-4 metri, poco male.
Si regge con entrambe le mani e prende un respiro. I due uomini stanno arrivando.
Li saluta sorridendo furbamente e fa un gran salto da quell’altezza. Atterra agile come un gatto, e prende a correre più veloce che può, verso la direzione opposta.
 
Jones e la Gates sono tornati nell’ufficio di quest’ultima. Dopo aver fatto presente di dover accettare le richieste di Castle, il capitano del Dodicesimo vuole accertarsi che gli accordi vengano mantenuti.
Concede il suo posto all’agente, che però rifiuta cordialmente con un gesto della mano, preferendo restare in piedi. La Gates rotea gli occhi chiedendosi se nell’arco della giornata si sia mai seduto.
Compone il numero della Finch, mettendo in vivavoce. Un solo bip dopo e la voce della donna appare squillante e sempre sull’attenti.
“Christina, sono Mike. Richard Castle ci ha contattati ed è riuscito a inviarci le coordinate della residenza di Nasir.” comincia, senza troppi giri di parole.
Dall’altra parte, si sente la Finch presa a smistare delle carte.
“Grandioso.”
“E non solo.” Interviene la Gates, che alza lo sguardo su Mike. “Ci ha detto anche quando possiamo attaccare. A quanto pare conosce le sue abitudini.”
Christina Finch posa le sue carte e fa una risatina. “Chi l’avrebbe mai detto? Questo Richard Castle non è solo un ottimo scrittore di gialli, ma è sa fare anche il lavoro sotto copertura. Avete mai letto Heat Wave?”
Victoria scuote la testa e si porta gli occhialini sul naso. Hanno trovato un’altra fan di Castle.
“Come intendi procedere?” domanda Mike.
Sentono Christina prendere qualcosa da un busta e dalla voce esitante capiscono che ha appena messo qualcosa sotto i denti. “Io e il Presidente ci siamo già confrontati. Lui vuole ordinare il blitz stanotte. Manderà la stessa squadra di SWAT che anni prima uccise Bin Laden.”
Jones alza un sopracciglio guardando la Gates che inarca le labbra in giù, formando una mezzaluna, in segno di sorpresa.
“Fa le cose in grande.”
Segue un momento di pausa. Christina torna seria e si avvicina al suo telefono. “Mike, non posso guidare il blitz da sola. Dovrai darmi le indicazioni dal comando.” Lo sente replicare, ma lo ferma prima che possa continuare. “Tu conosci la famiglia di Nasir, sei stato in quel posto.”
L’agente inglese poggia le mani sui bordi della scrivania della Gates e abbassa la testa. Il ricordo di quel tragico evento che gli ha scombussolato la vita riaffiora. “E’ accaduto molti anni fa.”
“Agente Jones, scusi se mi intrometto.” Fa la Gates. Delicata, percepisce una certa vena di disagio nel rifiuto di Mike, e lo guarda facendogli segno che può fidarsi di lei. “Dobbiamo tirar fuori il signor Castle da lì e anche tale Yoel Zurk, al quale lui deve la vita. La CIA farà questo favore allo stato di New York?”
“Yoel Zurk? È un ricercato!” sbraita Christina dall’altro capo del telefono.
“Gli amici del signor Castle sono anche amici del distretto. Se volete catturare quel terrorista, dovete accettare le condizioni di Richard Castle.”
La Finch sospira e la sentono posare la busta, forse contenente le patatine o qualche stuzzichino, al lato. “Lo faccio solo per te. Allora, Mike, io dovrò seguire i miei uomini da Langley. Ti passerò le informazioni e tu seguirai tutto dal distretto, con la supervisione di Victoria.”
Gli altri due annuiscono senza dir nulla, e poi Christina conclude con un “Mettiamoci al lavoro.”



Angoletto dell'autrice (poco) sana di mente:
Le 'ultime ore' dell'operazione di salvataggio Castle e cattura di Nasir sono appena iniziate!
Fortuna Rick è stato intelligente a chiamare Kate e il distretto nel momento giusto, e tutti sono stati in ascolto... sì, hanno sentito anche i particolari piccanti :p
Ora si fa sul serio: riusciranno i nostri eroi nell'impresa di salvare Castle e Yoel?
A voi i commenti! Alla prossima e grazie a tutti quelli che seguono la storia :)
D.
   
 
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