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Autore: SaraSnow23    02/02/2015    0 recensioni
“Da quando indossi biancheria di pizzo? È lui che ti regala le cose di Victoria’s Secret?”
Rogue si trattenne dal prenderlo a pugni su quel suo strafottente muso francese soltanto perché il cajun si manteneva sapientemente fuori dalla sua portata.
“Non sono affari tuoi! Stava andando tutto benissimo, prima che arrivassi tu e quel pazzo mafioso decidesse di far saltare in aria il ristorante perché tu gli devi dei soldi!”
“Non gli devo dei soldi, ce l’ha con me perché ho aiutato Joelle a—“
“Ah Janelle…” Rogue roteò gli occhi verdi “Mi ero quasi dimenticata di quella là.”
“Joelle” la corresse lui.
“Come ti pare. Un’altra delle tue brillanti idee.”
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna Raven/Rogue, Remy LeBeau/Gambit
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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[Nota: se volete farvi del male -e se shippate Rogue e Gambit è perchè vi piace il dolore- leggete con la consapevolezza che Rogue muore (infilzata) sulle pagine di Uncanny Avengers 14 (ambientato dunque idealmente dopo X-Factor). In ogni caso, non disperate: nessun mutante resta morto molto a lungo.]



Avere Capitan America e Wolverine che la rimproveravano in stereofonia era un’esperienza che Rogue si sarebbe volentieri risparmiata. Ma mandare a puttane una missione apparentemente semplice richiedeva evidentemente questo tipo di umiliazione. Sedurre un giovane e ambizioso imprenditore inglese per scoprire se lui e la sua azienda sbucata dal nulla nascondessero qualche orrido segreto doveva essere un lavoro facile e pulito. Lei invece aveva rovinato tutto come una recluta alle prime armi. Non solo aveva mandato all’aria la copertura, ma aveva anche compromesso ogni ulteriore tentativo di indagine. Ora che Snow sapeva che i Vendicatori lo tenevano d’occhio non avrebbe sgarrato di una virgola.
Quando lui aveva provato a baciarla, Rogue aveva inavvertitamente attivato il proprio potere, iniziando a scavare nella sua mente alla ricerca di qualche segreto scottante. Lui se ne accorse subito e, con grande sorpresa di Rogue, reagì elevando potenti difese psichiche, che la chiusero definitivamente fuori dalla sua coscienza.
Aveva reagito d’istinto, dopotutto non era colpa sua se i suoi poteri erano legati a filo doppio con la sua sfera emotiva –almeno questa era la versione che Rogue aveva riferito ai suoi superiori, guardandosi bene dal menzionare il fatto che c’era anche un certo cajun di mezzo. Ma Wolverine naturalmente sapeva –lui sapeva sempre tutto – e non aveva esitato a tirare in ballo Gambit, cercando di addossare a lui gran parte della colpa, con l’unico risultato di far apparire Rogue una ragazzina in balia di una cotta agli occhi di Cap.
Forse Wanda aveva ragione, Rogue non era fatta per quel genere di missioni raffinate. Era fatta per prendere calci qualche supertizio e incassare botte, cercando di sopravvivere il più a lungo possibile.
Alla fine, Wolverine la obbligò a prendersi due giorni liberi, con la raccomandazione di tenersi lontana dai guai. Raccomandazione che Rogue ovviamente ignorò.
 
Trovò Gambit in un fumoso pub irlandese e quando lo vide si sentì una stupida ad essersi preoccupata per lui. Anche con un braccio rotto e una spalla lussata, Remy riusciva a giocare a carte, barare e sedurre un paio ragazze piuttosto carine. Troppo carine. Rogue, che si era a malapena truccata, si ritrovò ad esitare sulla soglia, prima di trovare finalmente il coraggio di entrare.
“Posso rubarti cinque minuti, sugah?”
Senza distogliere gli occhi dal tavolo da gioco, Gambit cambiò due carte e rilanciò la posta prima di risponderle. “Sei venuta a ricambiarmi il favore, cherie?”
Rogue si costrinse ad essere tollerante. Dopotutto era lì per cercare di chiarire le cose. “Esatto. Oggi tocca a me rovinarti la serata.”
Gambit sospirò, sussurrò qualcosa alla biondina, che sorrise e scivolò giù dalle sue ginocchia. Mollò le carte e i soldi –per fortuna la partita era appena cominciata, così non era un grosso bottino quello a cui rinunciava – e seguì Rogue al bancone.
“Come hai fatto a trovarmi? Mi stai facendo pedinare?”
Rogue sorrise dietro il bicchiere di scotch che aveva ordinato per sé e per lui. “Ho i miei metodi. Come va la ferita?”
Gambit mosse appena il braccio fasciato. “Danger si è premurata di curarmi. Hank deve averle caricato un upgrade in medicina, perché ha fatto un ottimo lavoro. Anche se ho come l’impressione che l’abbia fatto più che altro perché non vedeva l’ora di spogliarmi …”
“ Come quelle due sedute al tuo tavolo?”
Per tutta risposta, Gambit bevve un lungo sorso di whisky. “Perché sei qui, Rogue?”
La ragazza sospirò, lasciando vagare lo sguardo sul pavimento lercio del locale, come se la risposta si celasse in mezzo alla sporcizia.
“Sono qui per darti una spiegazione riguardo a ieri sera.”
Gambit continuò a fingersi profondamente interessato al proprio drink. “Non mi devi nessuna spiegazione, chère. Come hai detto tu, non stiamo più insieme.”
“Sono venuta a chiederti scusa, Remy Lebeau!” la pazienza di Rogue si stava esaurendo in tempo record “Potresti almeno degnarti di guardarmi in faccia!”
A quel punto, Gambit ritenne saggio un cambio di rotta e le rivolse la sua completa attenzione. Sotto il suo sguardo rosso cupo, Rogue arrossì ancora prima di confessare. “…Io … non stavo veramente con Harrison, uscivo con lui perché ero in missione per conto dei Vendicatori.”
“Non sapevo che andare a letto con un ricco imprenditore fosse considerato una missione per salvare il mondo.” Replicò lui impietoso.
Rogue avvampò. “Non ci sono andata a letto!” esclamò, a voce un po’ troppo alta per un argomento del genere. “Dovevo solo guadagnarmi la sua fiducia per scoprire se nascondeva qualcosa.”
 Se la notizia lo aveva messo di buonumore, Gambit non lo diede a vedere.
 “E quale terribile segreto hai scoperto?” si limitò a osservare in tono sarcastico.
“Niente, perché quando ho provato ad entrare nella sua mente, lui è riuscito a bloccarmi. Ma quante persone normali sono addestrate a respingere un attacco psichico? È chiaro che ha qualcosa da nascondere. Dovresti scegliere con più attenzione i tuoi datori di lavoro, Remy.”
Gambit sollevò un sopracciglio, per nulla impressionato da quelle confessioni.
“E tu dovresti smetterla di uscire con affascinanti ricconi bugiardi e dongiovanni incalliti.”
Questa volta toccò a lei sogghignare. “Ma così ti autoescludi, sugah.”
Touchè.
Nell’imbarazzato silenzio che scese tra di loro, Rogue si ritrovò a fissare il proprio bicchiere ancora pieno, chiedendosi perché mai l’avesse ordinato, dato che chiaramente non aveva bisogno di spinte esterne per parlare troppo e dire cose di cui poi si sarebbe  pentita.
Gambit, invece, sembrava apprezzare l’alcol anche troppo. Svuotò il bicchiere e si alzò dallo sgabello. “Hai ragione, cherie. La strada per la mia redenzione è ancora lunga, non dovresti perdere il tuo tempo con me.”
Fece per andarsene, ma Rogue fu veloce a piazzarsi davanti a lui per tagliargli la fuga.
“Sono libera di perdere il mio tempo con chi voglio. Ti prego, Remy…” appoggiò una mano sul suo petto, all’altezza del cuore. Batteva forte e vivo, anche se lui a volte fingeva di non averlo.
“Fammi credere di apparire ancora irresistibile ai tuoi occhi …”
Si alzò in punta di piedi e lo baciò. Il breve attimo di stupore in cui lui esitò prima di ricambiare il bacio le parve eterno. Poi Gambit dischiuse le labbra, rispondendo con veemenza, mentre la sua mano indugiava sui contorni sinuosi del corpo di lei. Rogue si aggrappò a lui, fremente di desiderio finché …
“Aaaaah! Cazzo, Rogue… !”
La ragazza sgranò gli occhi verdi e si staccò da lui. “Scusami, non volevo attivare i miei poteri… stai bene?”
Lui parve un po’ imbarazzato da quella reazione molto poco virile che si era lasciato sfuggire.
“I tuoi poteri non c’entrano... è che dovresti evitare di appoggiarti al mio braccio, almeno per le prossime due settimane.”
 “Oh” fece lei, visibilmente sollevata. “Per un attimo ho temuto di aver di nuovo perso il controllo. Quante storie per un braccio rotto, mi hai fatto venire un colpo!”
Gambit continuava a massaggiarsi la spalla dolorante. “Sì, beh se tu non ci fossi atterrata sopra, probabilmente avrei evitato una frattura scomposta.”
Rogue incrociò le braccia. “Stai dicendo che è colpa mia?”
“Sto dicendo che il tuo dolce peso non ha aiutato.”
Le guance di lei assunsero un preoccupante colorito rosato. “Stai perdendo punti, Lebeau. Un’altra parola e la frattura scomposta sarà l’ultima delle tue preoccupazioni.”
Gambit sogghignò, compiaciuto nel vederla abbassare le difese di fronte alle sue provocazioni.
“Perché invece non riprendi con i tuoi goffi tentativi di sedurmi?”
“Goffi?” Rogue sbatté le ciglia sconcertata. “Mi sembra che ti abbiano fatto cedere abbastanza in fretta, cajun.”
Questa volta fu Gambit ad avvicinarsi per primo. Le accarezzò il viso e si prese il tempo di ammirarla con i suoi profondi occhi scarlatti.
“Non potrei mai resisterti.” mormorò. “Neanche tra cent’anni. Ma so che averti per una notte soltanto non mi basterebbe.”
Rogue esitò, non era quella la risposta che si aspettava. “E se non avessi nient’altro da offrirti?”
Una ruga di preoccupazione fece capolino tra le sopracciglia scure del ragazzo. Perché quelle parole suonavano tanto come un addio? “Che cosa vuoi dire, Rogue? C’è sempre stato molto di più tra di noi.”
“Lo so… non si tratta di questo. È che mi sei mancato, Remy. Ma non voglio che tu–”
La baciò prima che avesse il tempo di concludere la frase, perché sapeva bene che ciò che avrebbe detto dopo non gli sarebbe piaciuto. Rogue, dal canto suo, decise che non ci sarebbe stato nulla di male nel rimandare il suo discorso di un altro po’. Gambit aveva argomentazioni piuttosto convincenti per spingerla ad agire in questo senso. Meglio ingannarsi per qualche ora, far finta che lui non avesse più i suoi torbidi segreti, che lei fosse una ragazza normale. Rogue si era ripromessa di mantenere un briciolo di razionalità, ma risultava difficile pensare stretta tra le braccia di Gambit, con le sue mani che, avide e sfacciate, agognavano ogni suo lembo di pelle scoperta. Si era quasi dimenticata quanto fosse bello poterlo toccare.
 
Quando, nel buio di una stanza d’albergo, si ritrovarono nudi l’uno sull’altra, a cercare con urgente desiderio risposte a domande mai dette, ebbero entrambi una fugace consapevolezza del perché le loro esistenze continuassero a inseguirsi e a separarsi costantemente.
Lo capirono, per il breve tempo di un respiro, ma nessuno dei due osò dar voce a quella fragile consapevolezza. Come se temessero di pronunciare la parola sbagliata e infrangere così l’incantesimo.
Nel silenzio complice di quella notte,  si dissero senza parlare tutto ciò che entrambi non avrebbero mai avuto il coraggio di dirsi. Che si sarebbero sempre appartenuti, nonostante tutto.
 
- FINE-
   
 
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