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Autore: Magaskawee    03/02/2015    1 recensioni
Una notte di luna piena fa affondare Sasuke nella propria mente, in un intreccio di ricordi e sensazioni avvenuti esattamente sette anni fa. Quando passato e presente si confondono, diventando una cosa sola, non si può far altro che lasciarsi trasportare in un deja-vu di dolore e morte. Quella svolta crudele, dettata dal destino, che l'ha portato a diventare ciò che è ora: il vendicatore.
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Song-fic basata sulla note di una darkeggiante e melodica canzone dei Sirenia ^.^
Genere: Dark, Song-fic, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto prima serie
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The Seventh Summer
 
Si trovava in una camera, immerso nei suoi pensieri. A illuminarlo la debole luce della luna, che dallo spiraglio della finestra gli accarezzava debolmente il viso pallido e delicato. Sasuke Uchiha era tutt’altro che luminoso e delicato. Era in un turbine di pensieri, di quelli che una volta iniziati difficilmente riusciva a controllare. Il suo corpo, magro e atletico, era raggomitolato in posizione fetale, di fronte ad uno specchio: i capelli corvini ad incorniciargli il volto, poggiato su pallide mani intrecciate, la sua spada legata saldamente alla cintura viola, avvolta ai fianchi. Lui era lì – ordinatamente composto, sicuro e tenebroso allo stesso tempo –, ma la mente no. Non era assolutamente presente. Non quella notte. Lo ingannava, si prendeva gioco di lui, facendogli riaffiorare ricordi apparentemente sepolti, che lo facevano soffrire silenziosamente, accrescendo in lui quell’emozione ossessiva che, giorno dopo giorno, anno dopo anno, lo tormentava. L’odio.
 
La foschia nella mia mente rende difficile trovare
le cose che ho perso indietro nel tempo durante la mia vita
 
Guardava il suo riflesso, che contraccambiava il suo sguardo cupo, smarrito. Pian piano quel ragazzo cambiava forma, si rimpiccioliva, i capelli erano leggermente più corti, lo sguardo più morbido, il viso infantile.
 
E il sentiero del mio cuore ha svoltato su tutte le strade così oscure
così difficili da trovare, così difficili da oltrepassare
 
Ormai non c’era più uscita, era ritornato indietro, a quella sera. Esattamente quel giorno. Quell’estate, precisamente sette anni fa. Quel tuffo nel passato non lo voleva. Doveva dimenticare. Aveva preso la sua strada, scelto il suo obiettivo; rivivere nella mente quei flashback non potevano che ferirlo ulteriormente.
Rimembrava ogni cosa, come se non ci fosse differenza tra passato e presente.
Poteva udire i suoi passi echeggiare in quella stradina, buia e priva di vita.
L’odore di sakè e di pesce, mentre imboccava la strada diretta al suo amato quartiere.
In quell’oscurità, innaturalmente silenziosa, percepiva una forma di disagio. C’era troppa tranquillità, si sentiva osservato, messo a nudo dalla vegetazione e dalla luna piena.
E poi quello scenario agghiacciante. Sembrava essere entrato in una dimensione parallela, nel mondo degli incubi. C’era l’orrore riflesso nei suoi giovani occhi neri. Confusione, paura, sangue. L’odore di morte nei polmoni. Voleva risvegliarsi nel suo letto, tremante e sudato, convinto di aver fatto un brutto sogno. Non ci voleva credere.
 
E tutte le cose in cui credevo erano vere
 
Fuggiva da quella raccapricciante visuale, gridando aiuto. Doveva convincersi che era uno scherzo di cattivo gusto. Voleva vederli alzarsi sorridenti, sentendosi dire che era tutto un equivoco, mentre veniva abbracciato. Eppure nessuno gli rispondeva o dava cenno di vita. Non c’era un filo di vento. Il tempo sembrava essersi fermato, come in una fotografia. Tuttavia il suo cuore pulsava frenetico nel petto, ricordandogli amaramente che i minuti scorrevano, che si trovava in quel limbo orribile chiamato realtà. Brividi freddi lo percorrevano in tutto il corpo, mentre piangente scappava verso casa, dopo aver visto suo zio e sua zia accasciati al suolo. Spaventosamente pallidi, freddi, inermi.
Il ricordo più devastante della sua infanzia ora era più vivo che mai, nella sua mente ribelle. I suoi amati genitori giacevano in una pozza di sangue, l’uno accanto all’altro.
E lui piangeva e li chiamava tremante, con gli occhi in preda al terrore.
Sua madre, quella donna dolce dai lineamenti gentili che tanto amava, giaceva orribilmente sul pavimento. I suoi lunghi capelli neri erano sparpagliati come una macchia di sangue, la sua bocca era semi aperta; i suoi occhi, grandi e dolci, erano vitrei, spaventosamente inespressivi. Non potevano essere gli occhi di sua madre. Ricordava benissimo la luce che li caratterizzava, quando lo guardava carica d’amore. Quel barlume era sparito, assieme al suo battito cardiaco.
E gridava, in preda al dolore. Nessuno dei suoi genitori poteva sentirlo, né rassicurarlo. Una terribile verità prese coscienza in lui: era orfano. Solo.
L’odore del sangue gli dava il voltastomaco, provocandogli vertigini. Era sconvolto, con mille pensieri vagabondanti nella testa. Altrettanti erano gli aghi invisibili che sentiva conficcati nel petto, togliendogli il respiro.
 
E la foschia nel mio cuore rende difficile amare
le cose che ero solito amare durante la mia vita
 
Quello sguardo. Avrebbe riconosciuto quel profilo ovunque.
Assassino. Traditore.
Suo fratello lo guardava freddamente dall’alto in basso, vicino ai corpi dei loro genitori. Che cosa stava succedendo?
Ricordava che l’aria si era fatta pesante, carica di negatività. Quella foschia nella mente, che non gli permetteva di capire perché era stato sfiorato dallo shuriken, lanciato dal fratello maggiore. Le sue lacrime a bagnargli il volto, mentre tremante gli chiedeva spiegazioni. E poi quelle parole. Quasi fossero una maledizione, gli rimbombavano nella mente.
“Sei solo frignone e inutile”
Si era sentito umiliato, tradito, ridotto in polvere. Aveva paura, non capiva più nulla. Tutto vorticava velocemente attorno a lui. Quella visione, quel dolore lancinante nella sua testa, le proprie urla che pregavano Itachi di porre fine a quella tortura che sembrava non avere termine. Tutto era così irreale, mentre era stremato a terra, sconvolto. Perché? Perché? Altre parole gli ritornavano alla mente: “Per vedere fino a che punto sono diventato forte”. Quel tono di voce distaccato, gelido.
 
E il sentiero della mia anima mi ha fatto sentire così freddo
Così sconfitto in vita, così depresso e così solo
 
Quella sensazione, che conosceva molto bene, covandola ogni minuto della sua vita. Quell’emozione che gli dava l’unico valido motivo per vivere. Un calore soffocante al petto che gli divorava i nervi, gli faceva perdere la lucidità mentale, lo abbagliava. Stava rivivendo nuovamente – come fosse un replay – quel nuovo, inebriante sentimento che era spuntato per la prima volta quella notte. Non era più ammirazione, quella che percepiva verso suo fratello, né si trattava di gelosia, quando apparentemente aveva tutte le attenzioni di suo padre. No. Era una novità per lui. Lo conosceva solo di nome, e ora aveva la prova concreta di come ci si poteva sentire. L’odio era comparso assieme alla rabbia, lo accecava, gli faceva fischiare le orecchie, gli suggeriva di attaccare, di sfogarsi. Non poteva sapere che da quel momento quel disprezzo non se ne sarebbe più andato, né diminuito. Quell’odio cresceva… Cresceva… Sempre più forte, sempre più avvolgente. Le sue gambe non gli rispondevano più, come la sua voce, che urlava a più non posso: “Ti odio! Ti odio!”
Una fitta allo stomaco, ricevuta dal fratello maggiore, gli ricordava che era così maledettamente debole davanti ai suoi occhi scarlatti.
 
Le memorie mi perseguitano mentre gli anni mi passano accanto
Sento il crepuscolo, sento il declino, sento l’inverno dentro di me
 
Vedeva tutto sfocato attorno a lui, mentre tentava di fuggire da quel rifugio sereno e tranquillo che una volta chiamava casa. La figura di suo fratello si stagliava davanti a lui, mentre una leggera brezza estiva scompigliava i loro capelli neri.
In quei brevi e ultimi istanti, si era sentito tradito, raggirato come uno stupido. Si era fidato di lui, quante volte aveva sudato e faticato per essere come lui, per superarlo, per avere le stesse attenzioni che riceveva dal padre! Era solo una menzogna, era stato terribilmente cieco e ingenuo. Non aveva più importanza, ora. Quello che bramava era la vendetta. Gliel’avrebbe fatta pagare, a qualsiasi costo. Niente e nessuno avrebbe potuto fermarlo. Lo voleva morto, desiderava sentire il suo corpo freddo al tocco delle sue dita; vederlo morire fra atroci sofferenze, per poi riversargli il colpo finale con la grinta possente di un felino.
"Se vuoi uccidermi, mi devi odiare! Devi sopravvivere come un miserabile, continuare a scappare, aggrapparti alla vita. E un giorno presentati davanti a me, con i miei stessi occhi".
Si teneva la testa tra le mani, scuotendola vigorosamente, tentando di rimuovere quell’odiosa voce che gli echeggiava cinica e fredda.
 
Durante la settima estate della mia vita
ti ho visto voltare le spalle a tutto e lasciarmi indietro in lontananza
 
Era in preda al dolore più straziante. Le lacrime si confondevano alla pioggia, sembrava che il cielo volesse sfogarsi assieme a lui per tenergli compagnia; ma lui era rimasto solo. L’unico sopravvissuto del clan Uchiha. Guardava il suo riflesso nella pozza sotto i suoi piedi. In un solo giorno la sua vita era stata stravolta, non poteva più tornare indietro, ma mettere radici in quel passato tanto crudele quanto lo era suo fratello.
Quei ricordi felici e spensierati, vissuti con Itachi, erano oramai lontani. Una volta poteva considerarsi sereno, quando la sua mamma lo guardava sorridente, quando suo padre si era complimentato con lui per aver imparato una tecnica tipica del suo clan. Quando suo fratello lo consolava, dandogli quel buffetto gentile sulla fronte; mentre lo portava sulla schiena, creando uno un momento magico, tutto per loro.
                                                                                                         
C’è un fiume tra di noi, è diventato così ampio
 
Era bastata una notte per rovinargli la vita, cambiargli il futuro. L’acqua gli scivolava tra i capelli, la luna partecipava al suo dolore. Sentiva freddo, o forse era solo la luce del suo sguardo a essersi spento, come negli occhi di sua madre. Chiuse gli occhi ricordando per l’ultima volta il suo bellissimo viso. Quel volto che non gli avrebbe più sorriso. Sasuke non avrebbe più sorriso. A nessuno.
 
Vorrei che tu potessi essere proprio qui
a riparare la mia vita in frantumi
 
Mentre rialzava lo sguardo, il suo riflesso nello specchio era ritornato normale. Quell’intreccio di ricordi si era fermato, tutto era molto più silenzioso, adesso. Solo l’odio e la rabbia lo tormentavano, gli bruciavano le ferite nascoste. La luna piena lo stava guardando, di nuovo. Solo lei sapeva come si era sentito, sette anni fa. Non c’era più quel bambino fragile ad osservarla. Non c’era più il piccolo Sasuke. C’era uno sguardo di fuoco. Un paio di occhi rosso sangue. Il volto del vendicatore.




 
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Angolino Personale
 
Salve a tutti! ^.^ Spero che questa fic vi sia piaciuta :) È basata sul testo tradotto di The Seventh Summer. Vi suggerisco di ascoltarla: il testo, la melodia e la magnifica voce della cantante sono riusciti a catapultarmi dentro i ricordi di Sasuke, rivivendoli assieme a lui. C'è un po' di intreccio tra presente e passato in alcune frasi, mi auguro che sia comprensibile... Volevo mescolare le due realtà, quella di un piccolo Sasuke sconvolto per gli eventi di quell'infausta notte e la realtà presente, di un ragazzo tormentato che aspira al potere, per poter finalmente compiere la sua vendetta. 
Vi lascio il link della canzone:https://www.youtube.com/watch?v=kaApe8mSm5k
Nel scriverla ho provato molte emozioni, chissà se ho emozionato anche voi ;)

Baci, Magaskawee ♥
 
 
 
 
 
 
  
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