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Autore: sistolina    03/02/2015    1 recensioni
"Kochanie.
Kurwa.
Śnieg.

Tesoro.
Puttana.
Neve.
Solo tre parole aveva imparato, strappandole fuori dal tugurio ipercinetico dei suoi coinquilini.
Tesoro.
Puttana.
Neve.
C'era tutta la sua vita dentro."
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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A Elle......365.




 
Never Fall In Love With A Snowflake.


 
And I am alone, so don't speak,
I find war, and I find peace;
I find no heat, no love in me.


Neve.
Kol aveva visto migliaia di fiocchi di neve, centimetri, palle, pupazzi, chiazze di neve sporca sui marciapiedi, manciate di neve ficcate a forza in bocca a Dorian, giù per la schiena e dentro la gola. Non era che un noioso intermezzo fra la pioggia al sapore di foglie marce dell'autunno e la pioggia intrisa di pollini della primavera, nemmeno troppo lontana dalla pioggia puzzolente di birra stantia dell'estate.
Ma la neve a Londra si lasciava desiderare, accarezzando i marciapiedi di quelle promesse di pomeriggi chiusi in casa a riguardare film di Natale a ripetizione e cioccolate calde istantanee.
Ma la neve a Londra, invece, starnutiva appena imbiancando il niente se non le istantanee sfocate arraffate da un cellulare, nell'ora buia prima dell'alba in cui tutto resta fermo e un po' tremolante.
La neve a Londra tossicchiava a febbraio, altezzosa e posh fino alla fine.
Kol era a Londra a caso, perché ad un certo punto si deve smettere di far finta di voler scappare per scappare davvero.
Kol era finito in un appartamento senza riscaldamento nel sottotetto di un palazzo a Manor House. dicevano che esisteva un padrone di casa che ogni tanto si affacciava a controllare che il numero della gente che ci viveva non superasse la soglia delle venti persone per metro quadrato, ma lui non l'aveva mai visto. I polacchi dicevano che esisteva davvero, che era uno di quelli che si fanno i cazzi loro ma tengono lontani gli sbirri con gli unguenti giusti per oliare i meccanismi giusti, e Kol era solo scivolato nello stato comatoso dell'eroina sognando ingranaggi scricchiolanti, e olio di fegato di merluzzo che colava da cucchiai di legno.

And I am low and unwell
This is love, this is hell.
This sweet plague that follows me.


Kochanie.
Kurwa.
Śnieg.

Tesoro.
Puttana.
Neve.
Solo tre parole aveva imparato, strappandole fuori dal tugurio ipercinetico dei suoi coinquilini.
Tesoro.
Puttana.
Neve.
C'era tutta la sua vita dentro.
Alla fine era caduto. Dal letto, dalle nuvole, dal cielo. Caduto su un marciapiede di Oxford Street, l'insegna di uno scadente rosso battona di un posto che si chiamava 100 qualcosa. Caduto dal nulla, e finito sul nulla ridisegnato all'infinito nelle fughe delle piastrelle.
Aveva trovato un altro buco, Kol, uno spiffero da tappare sotto la pelle del colore della malinconia. Aveva messo al sicuro il tremolio, il panico, il vomito e le convulsioni con un'eroina tagliata di merda da un ragazzino che nemmeno aveva idea di cosa fossero le frazioni, nella traversa della via dove il ricco mondo si agitava convulso e dove gli autobus alzavano bandiera bianca.
Rideva di quel pezzo di morte che aveva infilato di nascosto nel centro di Londra.
Aveva cominciato a cadere, la neve, prepotente e incoerente. 
Kol aveva pensato di sfuggita alle foto su Instagram con il filtro Walden, e al color merda della neve il giorno dopo che è caduta.
E alla neve, alla fine, quando il freddo era diventato quasi caldo e il lampione sulla sua testa quasi rosso, alla neve, Malcolm Gray, aveva dato un nome.
O forse era la neve il nome.

And my body's weak
Feel my heart giving up on me
I'm worried it might just be
And my body's weak
Feel my lungs giving up on me
I'm worried it might just be
Something my soul needs


Śnieg.
Ma non poteva pronunciarlo quel nome, muto, come di chi non parlava, e della voce aveva dimenticato anche le interiezioni.
Ovattato di granelli di sale grondanti di impronte fradice.
Il nome della neve, qualcuno incontrato di notte, nell'afa e nel sudore, nella puzza degli altri che non c'entravano niente, braccia pallide e occhi asciutti di nebbia. Fatto di neve e dimenticato, dalla neve sepolto e zittito, affogato.
Il nome della neve, e nient'altro. Forse un paio di ossa e di spigoli, sicuramente troppi buchi.
Forse anche la neve liquefaceva i dubbi sulla punta di una siringa, forse anche la neve scavava vie di fuga nella pelle per depressurizzare i polmoni. 
Poi era stato il sole, o il fuoco, o un neon, o il fanalino, o un punto rosso nell'universo. Forse solo una lampadina sfrigolante in una casa di assi marce e materassi a terra. Qualcosa era stato a sciogliere la neve. 
Qualcosa. In quel sogno, in quel viaggio, in quel trip, in quella veglia, in quel caos, in quello stato di coma gelido, un cunicolo scavato troppo a fondo, troppo velocemente. 
Nessun ritorno.
Forse moriva anche Kol, con il nome della neve che provava a vincere sul silenzio che tutto lascia scorrere. Fermare la neve e affogare.
Qualcuno che aveva conosciuto, forse mai, forse non lui, forse un altro, forse vivo, morto, forse se stesso.
E la neve.
Ossa, occhi, spigoli e neve.
Il nome di qualcosa che Kol non aveva mai visto davvero, mentre si scioglieva negli occhi aperti, ma aveva un nome.

And I am more than this frame,
I feel hurt and I feel shame
I just wish you would feel the same
And I am more than these bones
I feel love, I feel alone
I just wish you would come home


Śnieg.
Neve.
Snow.

Something my soul needs
Is you, lying next to me
And it's you, lying next to me
(Flesh And Bone, Keaton Henson)

 
   
 
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