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Autore: miscarparo70    04/02/2015    1 recensioni
Un'altra storia alla Gianni Rodari, che racconta perché sia nata la festa del papà.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il signor Giovanni da Forlimpopoli girava il mondo dipingendo. Era però un pittore un po’ strano: infatti non dipingeva nature morte, paesaggi o gatti che giocano con una principessa. Il signor Giovanni dipingeva solo papà. I suoi quadri traboccavano di signori vestiti in tutti i modi, con  i baffi e senza baffi, con i capelli lunghi e pelati, con le scarpe da ginnastica e con i mocassini.

Aveva cominciato a dipingere fin da bambino ed adesso aveva talmente tanti quadri che ormai la sua casetta non bastava più. Così, per poterli avere sempre tutti con sé, aveva comperato un treno. Lui era andato a vivere nella locomotiva mentre i suoi amati dipinti erano sistemati in un vagone. Quando il vagone si era riempito, era stato sufficiente comperarne un altro per avere ancora spazio e non rinunciare a neppure una tela.

Ben presto aveva dipinto tutti i papà di Forlimpopoli: allora, alla guida del suo treno, si era spostato nella stazione vicina ed aveva cominciato a dipingere tutti i papà di Santarcangelo di Romagna. Si era messo nella piazza principale e chiedeva a tutti gli uomini che passavano per di là: “Mi scusi, lei ha figli?”

Quando qualcuno, sorridendo, gli rispondeva di sì, lui insisteva per dipingerlo. Ormai Giovanni era così veloce a dipingere i papà che in trenta secondi aveva già pronto il quadro ed anche le macchine fotografiche si facevano da parte in segno di rispetto. Alle volte trovava un papà che era di corsa:

— Posso dipingerla?
— Guardi, devo proprio scappare. Non ho tempo…
— Ci metto solo un attimo. La prego…

Giovanni era così gentile nel domandare, ma anche un po’ insistente, che i papà si fermavano per quel poco tempo che a lui serviva per ritrarli. A volte, se erano così tanto di fretta per tornare a casa dai loro bambini, li lasciava andare; però, prima di salutarli, faceva loro promettere solennemente che sarebbero tornati all’indomani.

Sulle prime i papà erano orgogliosi di avere un pittore che facesse loro un quadro e facevano la ruota come i pavoni quando tornavano a casa e lo raccontavano alla mamma. Fino al giorno in cui qualche maldicente, che di sicuro non aveva bambini, cominciò a sparlare. “Chissà perché dipinge solo i papà?” cominciarono a dire. Poi qualcun altro aggiunse: “Forse non è capace di disegnare nient’altro. Neppure un sedano.” e anche “Cosa se ne farà di tutti quei disegni? Forse li rivende ai servizi segreti della Fragolandia?”

Man mano che Giovanni andava con il treno di stazione in stazione le voci ed i dubbi lo seguivano sempre più numerosi. Lui andava a Cassino e dopo una settimana cominciavano le maldicenze. Allora si spostava a Busto Arsizio e  dopo tre giorni sentiva una voce che sparlava alle sue spalle.
Fin quando, giunto a Taormina, una sera che era più stanco e triste del solito si fermò in un bar a bere un decaffeinato. Il barista, che era un uomo buono ed anche un papà, dopo essersi fatto ritrarre gli chiese:

— Giovanni, ma non senti tutte le cattiverie che dicono?
— Sì, ma cosa posso farci? Nessuno mi ha mai chiesto veramente perché dipingo.
— E allora te lo chiedo io. — disse il barista, — Perché lo fai? Perché io non credo che tu non sia capace di disegnare neanche un sedano!

Giovanni allora gli raccontò che, quando era bambino, suo padre gli stava insegnando a dipingere. Un giorno, aprendo un tubetto di colore, vi trovarono dentro una strega cattiva che era finita lì per errore mentre stava cercando gli ingredienti per le sue pozioni. Solo che invece di essere felice perché era stata liberata, la strega fu invidiosa del bene che il papà voleva a Giovanni; infatti, essendo cattiva, a lei non voleva bene nessuno. Per dispetto tramutò il papà di Giovanni in un bel quadro, con la cornice d’oro; disse che sarebbe rimasto così fino a quando Giovanni non fosse riuscito a dipingere tutti i papà del mondo, certa del fatto che lui non sarebbe mai stato in grado di farlo.
Ma lui imparò presto a disegnare, ed era per quello che si spostava in treno di città in città: voleva riuscire a liberare il suo papà dal sortilegio!

Il barista, mosso a compassione, cominciò a raccontare la storia a tutte le persone che entravano nel suo bar; così, di bocca in bocca, tutti si narravano la storia del pittore dei papà, di quanto era cattiva la strega e di quanto era bravo e sfortunato Giovanni,  così come del fatto che bisognava aiutarlo.
Da quel giorno, quando Giovanni arrivava in una nuova stazione, i papà facevano la fila per farsi dipingere e Giovanni, con tutti i suoi quadri, in breve divenne il macchinista di un treno da quaranta vagoni.

Finita l’Italia cominciò a girare il mondo, andando di nazione in nazione per ordine alfabetico. Andò in Abcasia, in Cile ed in Danimarca. In Finlandia ed in Lettonia. Passarono gli anni e Giovanni divenne il macchinista del treno più lungo del mondo.

Ormai vecchio arrivò in Zimbabwe: era l’ultimo nel suo elenco. Un giorno, che era quasi primavera essendo il 19 marzo, arrivò nell’ultima stazione del paese e dipinse gli ultimi papà che gli mancavano.

In quel momento si sentì come lo scoppio di un fuoco d’artificio: dal quadro saltò fuori il papà di Giovanni mentre, per magia, si dipinse al suo posto la strega cattiva. Lei rimase per sempre intrappolata nel dipinto e non fece mai più i dispetti a nessuno. I papà festanti si raccolsero ai lati dei binari, ed applaudivano felici mentre Giovanni ed il suo papà tornavano in Italia alla guida del loro treno.

Giunti finalmente a casa le malelingue andarono a scusarsi ed il sindaco di Forlimpopoli decise di organizzare una grande festa per celebrare il loro arrivo; poi decretò che il 19 marzo diventasse festa nazionale: la Festa Nazionale del Papà.


   
 
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