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Autore: _juliet    04/02/2015    2 recensioni
Spesso pensava che il vero motivo per cui aveva iniziato a fotografare fosse stato la paura, paura che si perdesse il ricordo di ciò che era stato – anche solo nello spazio di un battito di ciglia. Amava cogliere espressioni e sentimenti, carpire segreti, catturare singoli istanti e cristallizzarli per sempre.
{Un fotografo, un matrimonio, una busta}
Questa storia immeritevole si è classificata quarta al contest "Photographer's world", indetto da Felicity Weedon (e portato a termine da cloe sullivan) sul forum di EFP.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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But I never hold on to your heart


 

Looking so long at these pictures of you,
but I never hold on to your heart.
The Cure,
Pictures of you
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"Ecco cosa ci guadagni a essere il migliore amico dello sposo", si disse Theo, mentre cambiava l'obiettivo della sua fotocamera, "tocca a te provvedere all'album di nozze."
La fotografia era sempre stata la sua più grande passione e, diversamente da molti altri, era stato tanto fortunato da riuscire a farne una professione. Da qualche anno aveva aperto uno studio nella cittadina in cui viveva e, anche se verosimilmente non avrebbe mai visto i suoi scatti pubblicati su patinate riviste di moda, era felice. Si occupava di tutto: fotolibri, fototessere, stampe digitali, ritratti, qualche progetto personale... Gli unici ingaggi che tendeva ad evitare erano i matrimoni, perché in genere comportavano stress e un eccessivo contatto con il pubblico. Nonostante le sue preferenze, comunque, non aveva trovato il coraggio di opporsi alla richiesta di Shane.
L'estate stava finendo. Il sole splendeva, caldo, ma l'aria era abbastanza fresca da consentirgli di spostarsi da una parte all'altra della radura senza annegare nel proprio sudore. Aveva abbandonato la giacca sullo schienale di qualche sedia, ma nessuno sembrava curarsene troppo. D'altronde lui era il fotografo ufficiale: era lì per lavoro, non certo per oziare trangugiando spumante e parlando di banalità.
La luce era incredibile, come sempre nelle giornate di vento, e rendeva ogni cosa degna di essere immortalata. I rami degli alberi ondeggiavano, sospinti dalla brezza, e gli ornamenti che vi erano stati legati facevano risuonare il bosco in un piacevole tintinnio. Il luogo prescelto per le nozze era stupendo: non troppo lontano dalla città, ma molto tranquillo. Sul prato, a breve distanza uno dall'altro, erano stati posizionati un gazebo per la cerimonia e un lungo tavolo adibito a rinfresco e open bar. Tutto era bianco e blu: i fiori, le decorazioni, gli abiti del personale.
Quando fu costretto a mettersi a correre per evitare un pugno da parte dello zio Russ, Theo ritenne di aver importunato a sufficienza gli altri invitati con le foto in posa. Decise quindi di dedicarsi all'attività che preferiva: ritrarre soggetti inconsapevoli.
Iniziò a passeggiare nella radura, fingendo noncuranza e osservando attentamente. Spesso pensava che il vero motivo per cui aveva iniziato a fotografare fosse stato la paura, paura che si perdesse il ricordo di ciò che era stato – anche solo nello spazio di un battito di ciglia. Amava cogliere espressioni e sentimenti, carpire segreti, catturare singoli istanti e cristallizzarli per sempre. Ma, per quanto si sforzasse, l'unica emozione che leggeva in chi lo circondava era la gioia.
Sospirando, Theo lasciò che la macchina fotografica gli ondeggiasse al collo mentre raccoglieva con un elastico i suoi dread lock. Cercò di costringersi a pensare solo a composizioni e lunghezze focali, ma era distratto: non mancava molto ormai e, nonostante i lunghi mesi trascorsi a prepararsi per quel momento, non era affatto sicuro che sarebbe riuscito a uscirne indenne.
Una folata di vento gli portò all'orecchio una risata che gli era più familiare del suono della voce di sua madre. Era allegra e sguaiata, ma un po' più acuta del normale; doveva essere a causa dell'emozione.
Cercando di non dare l'impressione di voler guardare proprio in quella direzione, Theo si voltò e constatò di avere ragione: tutto diventava più bello nella luce del tardo pomeriggio. Specialmente lui.
Shane stava parlando animatamente con Travers, lo zio che l'aveva preso con sé molti anni prima. Portava i capelli scuri raccolti in una coda morbida e disordinata, da cui fuoriuscivano diverse ciocche ribelli. In quanto sposo avrebbe dovuto indossare un abito, ma anche lui aveva abbandonato la giacca da qualche parte e aveva rimboccato le maniche della camicia. Il nodo della cravatta era stato allentato e, a giudicare da quello che Theo riusciva a capire da quella distanza, era quello l'argomento della discussione. Shane gesticolava febbrilmente, alzando la voce, ridendo spesso, e gli occhi gli brillavano. Era tanto bello da togliere il fiato.
“È molto più che emozionato. È felice”, pensò Theo, non senza una punta di delusione. Forse, nel profondo, sperava ancora che qualcuno si alzasse e informasse tutti che il matrimonio non doveva essere celebrato. Sperava che Shane dimenticasse la sposa, che capisse che non aveva bisogno di lei, che c'era qualcun altro disposto a bastargli per il resto della vita, qualcuno che lo amava già prima che lei sapesse della sua esistenza.
Theo sospirò per l'ennesima volta e guardò altrove, per impedire ai suoi occhi di indugiare troppo sulla gola di Shane, lasciata scoperta dai capelli raccolti.
Sarebbe stata una lunga, infinita giornata; da quella sera in avanti sarebbe andato a dormire con la consapevolezza che Shane aveva accanto qualcun altro. Imprecando, Theo sequestrò un intero vassoio di calici di spumante e iniziò a vuotarli uno dopo l'altro.
Perché stava crollando ora? La tortura non era neanche iniziata. Avrebbe avuto tutta la vita per rimpiangere le scelte che non aveva fatto. Ora il suo compito era sorridere ed essere felice per il suo migliore amico. Non aveva forse passato interi mesi a prepararsi per questo?
Un gridolino di gioia lo distrasse dal suo malumore: la sposa era arrivata ed era circondata dai suoi amici e familiari. Indossava un abito blu dal taglio semplice, che si abbinava perfettamente alla sfumatura dei suoi occhi e alla sua lunga chioma rossa. Portava i capelli acconciati in una treccia morbida, appoggiata sulla spalla destra. Ai piedi aveva delle ballerine di tela.
Theo ricambiò il suo cenno gioioso, sperando di sembrare convincente. Tutti l'avevano accolta e le volevano bene, perché non era bella solo esteriormente: era una di quelle ragazze che non si trovano facilmente, quelle che non bisogna lasciarsi sfuggire. Razionalmente, lui sapeva che era una brava persona e la apprezzava; ma non riusciva a perdonarle di essere così impossibile da odiare.
Dato che non era sicuro di riuscire a farle le congratulazioni con sincerità, Theo si affrettò a nascondere il suo sorriso tirato dietro l'obiettivo, scattando a raffica.
Lei rise – una risata melodiosa, dopo tutto era il giorno più bello della sua vita – e fuggì, mostrandogli la lingua.
Con un movimento brusco, Theo si allontanò ed evitò accuratamente di voltarsi per non vedere l'espressione con cui Shane, sicuramente, la stava guardando.
Dovevano essersi conosciuti alla scuola d'arte, la stessa che, appena due anni prima, aveva frequentato anche lui. Theo non aveva idea di come fosse iniziata, ma aveva cominciato a nutrire sospetti quando la camera oscura che lui e Shane condividevano era stata letteralmente invasa da fotografie che riprendevano lei, in tutte le pose, sempre da lontano.
Shane aveva consumato interi rullini, per mesi, per catturare immagini di lei che guardava da un'altra parte. Theo non aveva posto domande; aveva creduto che fosse una semplice cotta, che sarebbe passata come le altre.
Ancora non riusciva a immaginare come Shane avesse trovato il coraggio di avvicinare una come lei, ma era successo: lentamente agli scatti rubati si erano sostituiti composizioni ragionate e consapevoli, primi piani, dettagli.
Theo scosse la testa, scacciando il ricordo. Avrebbe dovuto capirlo in quel momento. Avrebbe dovuto agire e... e allora cosa avrebbe fatto? Avrebbe stroncato la loro storia sul nascere? Non avrebbe mai potuto farlo. Non avrebbe fatto nulla che potesse ferire Shane.
La prima volta che, sviluppando i negativi, si era trovato fra le mani una foto di loro due insieme, aveva dovuto cercare il sostegno del muro per evitare che le sue gambe cedessero. Aveva evitato la camera per giorni, temendo gli scatti che avrebbe trovato appesi ad asciugare. Non aveva detto nulla.
Era rimasto in silenzio anche quando, in un pub affollato, Shane gliel'aveva presentata. Aveva fatto in modo di arrivare all'appuntamento con tutti i pregiudizi che era riuscito ad immaginare, ma la sua risoluzione era crollata di fronte agli sguardi che i due si scambiavano: non esisteva modo di farli vacillare.
Theo aveva passato la vita a fare di tutto pur di nascondere Shane al mondo, perché nessuno glielo portasse via. Ma lei aveva visto quello che gli altri non riuscivano a vedere e, esattamente come lui, se ne era innamorata.
Non era trascorso molto tempo prima che Shane le chiedesse di sposarlo.
Theo ricordava che voleva farle una sorpresa ma, come spesso accadeva quando il suo amico si impegnava a fondo in qualcosa, c'era stata un'incomprensione ed era riuscito a farla infuriare così tanto che, se avesse voluto farlo apposta, non avrebbe raggiunto lo stesso risultato. Quando le aveva confessato a cosa era dovuto il suo comportamento, lei si era arrabbiata ancora di più ma, insieme agli insulti, gli aveva urlato che lo amava e che sì, l'avrebbe sposato.
Theo sorrise, ripensando al suo viso quando si era precipitato a dargli la notizia, poche ore dopo. Era senza fiato per la corsa e le sue guance erano arrossate; era più felice e bello di quanto ricordasse di averlo mai visto.
Ancora una volta, lui non era riuscito a dire niente. Aveva paura che, se avesse parlato in quel momento, avrebbe distrutto la loro amicizia e sarebbe crollato.
Consapevole che Shane meritava una risposta, si era congratulato e si era rifugiato nel suo appartamento, dove aveva passato ore a rovistare tra i suoi vecchi album di fotografie. Il giorno dopo si era recato a casa di Shane – non l'aveva sorpreso intravedere un guizzo di capelli rossi dalla finestra – e aveva lasciato sotto la porta una busta. Quella era stata la sua risposta.
Theo non riuscì a impedirsi di sospirare e, sbagliando, si concesse un'occhiata veloce allo sposo.
Liza l'aveva raggiunto e lui la guardava in un modo che non si poteva descrivere a parole; anzi, Theo sospettò che sarebbe stato impossibile addirittura immortalarlo in una foto.
Un dolore acuto lo invase, pulsando, perché quello sguardo e quel sentimento non erano rivolti a lui. Per sua fortuna, una folata di vento particolarmente forte lo costrinse a schermare gli occhi con una mano, nascondendo la scena.
Gli ospiti stavano cominciando a prendere posto. La consapevolezza di quanto stava per accadere lo colpì, facendogli girare la testa. Fece qualche respiro profondo e tornò a nascondersi dietro alla fotocamera, mentre si allontanava con discrezione. Perché il dolore doveva apparire ora? In quei mesi non era stato in grado di dire una sola parola, quindi perché ora faticava a trattenersi?
Mentre cercava di distrarsi scattando foto a caso, lo sposo apparve di fronte all'obiettivo e i loro sguardi si incrociarono. Theo trattenne il respiro e fu grato della presenza della macchina; se non ci fosse stata, Shane avrebbe sicuramente letto la tempesta sul suo volto.
Il più giovane distolse lo sguardo per primo e sorrise ai suoi interlocutori, per poi allontanarsi in fretta, frugando nella tasca della camicia.
Theo espirò, decidendo di mettere più distanza possibile fra se stesso e lo sposo.
Doveva riprendersi, e in fretta. Doveva svolgere il compito che gli era stato assegnato dalla vita ed essere un bravo migliore amico. Perché era questo ciò che erano: amici. Non sarebbero mai stati qualcosa di più. E anche se ora qualcun altro era penetrato nei pensieri e nel cuore di Shane e ne occupava la maggior parte, loro erano amici e questo non sarebbe mai cambiato. Theo non aveva il diritto di avere rimpianti, né di sentirsi ferito, non quel giorno.
Cercò Shane con gli occhi e lo vide di spalle, vicino al bosco. Era ancora il ragazzino che, una mattina di molti anni prima, gli si era seduto accanto e aveva iniziato a mostrargli foto dei suoi gatti. Era la persona che Theo aveva amato fin da quel giorno. E tutto ciò che poteva fare era guardarlo da lontano e abituarsi all'idea di averlo perso.


 

***



Shane si avvicinò con discrezione al bosco, sperando che la sua assenza non fosse notata immediatamente. Sapeva di non poter sfuggire a lungo agli invitati, ma sentiva il bisogno di stare da solo, almeno per qualche minuto.
Il vento gli scompigliò i capelli, trascinando via l'elastico che li aveva legati, ma lui non se ne curò. Inspirò profondamente l'aria fresca e si lasciò cullare dal profumo di verde.
Dopo qualche secondo si decise e aprì la busta. Il giorno che l'aveva trovata sotto la porta di casa era bianca, ma ora era piuttosto consunta dall'uso.
Shane prese le foto, facendo attenzione a non lasciare impronte con i polpastrelli, e le osservò a lungo.
Erano suoi ritratti, da quando era ragazzo fino agli anni più recenti. Theo si era spesso servito di lui come modello, ma quelli erano decisamente scatti rubati nelle occasioni più varie: sul treno, alla mensa della scuola, mentre dormiva... c'era persino un'immagine di lui che si asciugava le lacrime dopo aver visto un film.
Non se n'era mai reso conto. Non aveva mai capito.
L'ultima foto era un selfie stupido e senza pretese. Theo era frontale rispetto all'obiettivo, ma il viso era voltato leggermente verso destra, dove Shane si stava sporgendo sopra la sua spalla, circondandogli il petto con un braccio. Entrambi sorridevano e i capelli scuri si intrecciavano ai dread lock biondi dove le loro teste si sfioravano.
Quella era stata la sua risposta.
Shane respirò l'odore dell'estate che moriva e ripose le foto. Tenne in mano la busta per qualche secondo, prima di infilarla nella tasca sinistra della camicia, in corrispondenza del cuore.
Non appena udì il primo richiamo, si decise a tornare dagli invitati e si avviò, camminando nel vento.



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NdA:
Salve. È un periodo davvero stupido. Riesco a scrivere poco e, come è semplice evincere, con poca fantasia.

  
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