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Autore: Danila_s    05/02/2015    2 recensioni
Iniziava a credere che Diana aveva sempre avuto ragione a credere che la ruota giri per tutti, che alla fine un sorriso lo strappa a tutti. A qualcuno lo strappa ogni giorno, per altri ci vuole un po’ più di fatica, e forse quella maledetta ruota aveva fatto un miliardo di giri senza mai riuscire ad acciuffarla, ma alla fine sembrava ce l’avesse fatta.
[...]
Francesca non poté fare a meno di arrossire ancora un po’ a guardare quel sorriso luminoso e speranzoso, e pensò che, diamine, se Diana fosse stata lì l’avrebbe baciata in bocca e le avrebbe chiesto scusa per tutte le volte in cui aveva dubitato della fiducia che riponeva nel suo futuro e in lei.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Iniziava a credere che Diana aveva sempre avuto ragione a credere che la ruota giri per tutti, che alla fine un sorriso lo strappa a tutti. A qualcuno lo strappa ogni giorno, per altri ci vuole un po’ più di fatica, e forse quella maledetta ruota aveva fatto un miliardo di giri senza mai riuscire ad acciuffarla, ma alla fine sembrava ce l’avesse fatta.
Era questo che Francesca non faceva che pensare da settimane, da quando un orrendo lunedì mattina di routine, con l’università da sorbire, le solite facce da ignorare e il solito sguardo da cercare aveva ricevuto quella e-mail magica. Perché si, Francesca si sente un po’ infantile a crederlo ma è convinta che quella e-mail fosse stata portata da qualche fatina magica che, da qualche parte, doveva aver creduto in lei, così come Diana aveva sempre fatto così profondamente, tanto che a volte Francesca si era ritrovata a pensare che fosse un caso perso.
E invece il sorriso soddisfatto e felice che la sua amica le aveva riservato quando le aveva rivelato di aver ricevuto una proposta per uno stage a Bristol, in una piccola ma prospera azienda in città, era uno dei più luminosi che avesse mai visto e le aveva anche dimostrato che a volte la speranza ripaga.
E così si era ritrovata a dover fare tutto un po’ di corsa nonostante sembrasse mancasse ancora abbastanza tempo per far tutto, e invece no, perché anche solo abbracciare sua madre per cercare di imprimersi nella pelle quella sensazione familiare di protezione, aveva richiesto più tempo di quanto avrebbe creduto. Ancor di più trattenere le lacrime davanti al padre più dolce e fiero del mondo, salutare parenti e amici, una sorella a volte troppo burbera ma con un cuore d’oro, un cane che alla fine conta sempre troppo, un amica dalla fiducia sconfinata.

E li aveva guardati con occhi nuovi e meravigliati, quel travolgente giorno che aveva avuto un aereo da prendere. La confusione intorno e loro così strettamente abbracciati l’uno all’altro per tentare di colmare il vuoto temporaneo di una persona che si era resa conto di essere speciale a modo proprio. Li aveva guardati con altre lacrime a riempirle il campo visivo e ad appannarle un po’ quell’abbraccio, così che si era affrettata ad asciugarsi perché non c’è mai stato nella storia nulla di più bello da guardare dell’amore che quelle persone provavano per lei.

A distanza di qualche altra settimana era coinvolta nell’esperienza che aveva sempre sognato. Lo stage era fantastico, i suoi colleghi disponibili e gentili, il capo rigoroso ma non tiranno. Le sue nuove coinquiline troppo divertenti perché riuscisse a crearsi una bolla solo per sé. Non poteva neanche pensare di trovarsi in mezzo a quel dolcissimo caos, perché quella volta lei partecipava a crearlo, e l’unica cosa che mancava perché tutto fosse perfetto era la sua famiglia, ma loro non passavano un attimo senza ricordarle che erano lì per lei, sempre pronti a sostenerla.
Così quel giorno per la quarta volta da quando era arrivata rifletteva sugli ultimi avvenimenti della sua vita seduta sul treno che l’avrebbe portata a Londra.
Sapeva di stare sorridendo come un idiota e di dare probabilmente l’idea di essere una squilibrata, ma sentiva che se qualcuno le avesse chiest….

“Sai vero che stai sorridendo da circa venti minuti fissando per tutto il tempo un punto invisibile del finestrino?” esordì infatti una voce “Hai un aria inquietante. Da killer schizzato direi”
La voce so-tutto-io si rivelò appartenente al ragazzo seduto di fronte a lei, che era certa non ci fosse quando era partita, ma la cui salita, dovette ammettere, le era passata totalmente inosservata.
E a beneficio dello sconosciuto, Francesca non riuscì a capacitarsi di non averlo notato perché diamine un tipo così non passa di certo per invisibile.

Occhi verdi come le piante d’ulivo che Diana aveva nel giardino di casa, così profondi da sembrare senza fine, ciglia scurissime, così lunghe che ogni modella che si rispetti le avrebbe invidiate da morire, capelli dello stesso colore, ma di dubbia forma, leggermente lunghi e trasandati, come se fosse troppo faticoso persino badare a darsi un’aggiustata; sorriso così ampio e brillante da lasciarla per un attimo a bocca semiaperta, quasi come se il naso non riuscisse a collaborare nella semplice operazione di farle arrivare tutto l’ossigeno necessario, camicia crema a fare da sfondo alla inquietante fantasia a biciclette colorate sparse su tutto il tessuto, semiaperta su un petto pallido su cui svettavano tatuaggi di diverso genere, alle mani, dalle dita lunghe e affusolate, intrecciate tra loro sul tavolino del treno, tre anelli di diversa forma, troppo nascosti per poterne cogliere i dettagli.

Fu in quell’istante di concentrazione che si rese conto di aver tenuto la bocca semiaperta per circa un paio di minuti e di esser rimasta in silenzio a fissarlo in maniera decisamente inquietante senza neanche fingere di essere perfettamente normale.
Si riscosse e senza riuscire a fermarlo, diventò dello stesso colore del maglione che, per assurdo, aveva deciso di indossare qual giorno: rosso fuoco.

“Assolutamente inquietante” ribadì lui, costringendo la sconosciuta, a suo personale divertimento, a divenire, incredibilmente, ancora più rossa.
“Mi ero assorta nei miei pensieri” cercò di ricomporsi Francesca, con tono stizzito: il dio greco non era di certo un maestro d’educazione “Non credo di essere inquietante”
“Io dico di si.” Rispose lo sconosciuto, facendola indispettire ancora di più.
“Come vuoi”
“Io sono Harry, molto piacere”
“Francesca” disse lei, lo sguardo che tornava a posarsi sul finestrino, non più sognante ma indurito dall’irritazione.
“Oh, una straniera. L’avevo già notato per via dell’accento” continuò lui, come se nulla fosse; la ragazza intercettò con la coda dell’occhio un sorrisetto impertinente.
“Sono italiana.” Rifiutò di cambiare tono di voce.
“Ah! La pizza!” ribatté Harry con sguardo sognante.
Francesca non poté fare a meno di alzare lo sguardo al cielo con aria divertita “Tipico inglese medio” rispose “Guarda che non è l’unica cosa che sappiamo cucinare”
“Oh lo so. Ma è una delle poche cose che ho assaggiato e l’ho trovata deliziosa”
Lei parve accettare quella risposta, così annuì senza dire nulla.
“Cosa ti porta nel mio meraviglioso paese?”
“Stage di lavoro per conto dell’università.”
“Uuh! Prestigioso” tono quasi di scherno, sopracciglia sollevate.
“Cos’ha che non va nello stage?” chiese lei con la fronte aggrottata e aria di sfida.
Lui proruppe in un sospiro rumoroso e un’aria sconsolata. “D’accordo, mi dispiace. E’ che io e l’università siamo sempre stati incompatibili e provo un po’ di rancore” ammise con aria mogia.
Francesca aggrottò nuovamente la fronte, ma per altri motivi. “Come mai?”
“Tutti la danno per scontato, come se fosse ovvio che un neodiplomato debba continuare la carriera scolastica, ma io non l’ho mai pensata così” rispose Harry “Solo che me ne sono accorto tardi e ho fatto un po’ di casino”
“E ora che fai? Lavori?” insisté lei, senza volerlo incuriosita dalla vita di uno sconosciuto.
“Lavoro in una panetteria di giorno mentre suono la chitarra e canto le mie canzoni nei pub appena ho un po’ di tempo, sperando che qualcuno prima o poi mi noti” e così dicendo sollevò con una mano la custodia di una chitarra poggiata al suo fianco. “E’ quello che vorrei fare a tempo pieno.”
Lei sorrise, dimentica ormai della precedente irritazione “Io suono il pianoforte!” esclamò con il sorriso che solo un appassionato di musica avrebbe compreso. E infatti Harry comprese, e ricambiò quel dolcissimo sorriso.
“So che sembra una cosa folle, ma ormai nella mia vita ho capito che le cose folli a volte sono le più giuste.” Iniziò lui con tono allegro “ti andrebbe di venire con me stasera? Devo suonare ad un pub vicino al centro e mi hanno chiesto di andare qualche ora prima per le prove con il resto del gruppo”
Senza volerlo, Francesca arrossì di nuovo, e la sua pelle si colorò di un rosa che per un attimo illuminò gli occhi di Harry di qualcosa di indefinibile, quasi una consapevolezza.
“Non so…” iniziò, leggermente intimorita.
“Andiamo! Puoi fare tutto ciò che vuoi fino a ora di cena, poi puoi raggiungermi a questo indirizzo” e nel dirlo le allungò un bigliettino che aveva ripescato nel portafogli “e venirmi a vedere.” Continuò imperterrito. ”A fine serata quando se ne vanno tutti ci facciamo prestare il piano dai ragazzi e mi fai sentire qualcosa. Ti va?”
Francesca non poté fare a meno di arrossire ancora un po’ a guardare quel sorriso luminoso e speranzoso, e pensò che, diamine, se Diana fosse stata lì l’avrebbe baciata in bocca e le avrebbe chiesto scusa per tutte le volte in cui aveva dubitato della fiducia che riponeva nel suo futuro e in lei.
“Ci sarò”

 
A Francesca. Perché credo in lei e non smetterò mai.
Buon Compleanno.
Ti voglio tanto bene.
 
   
 
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