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Autore: Hermione Weasley    05/02/2015    4 recensioni
Dieci one-shot d'ambientazione ordinaria per disegnare l'evoluzione del rapporto tra Clint e Natasha.
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Eppure, che lo volesse oppure no, il giorno che aveva deciso di risparmiarla, aveva legato a doppio filo la sua vita con quella di lei: se Natasha si sforzava di non deluderlo, di ottenere il meglio da quell'opportunità che lui le aveva concesso, anche Clint sentiva il bisogno di dimostrarsi all'altezza della fiducia che (pure a fatica) la ragazza aveva riposto in lui. Non voleva deluderla e di certo non voleva essere indegno degli sforzi che lei compiva per non deluderlo a sua volta.
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[Clint x Natasha] [per Sheep01 :3] [Completa]
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera
Note: Movieverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A doppio filo'
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II.

 

“Andiamo! Che te l'hanno date a fare quelle gambe chilometriche se non le usi per correre?!”

Si lasciò ricadere seduto con aria sconsolata e irritata insieme, la promessa della meta imminente schiacciata dalle inesistenti doti di corridore del quarterback dei Giants.

Solo allora si ricordò che Natasha occupava il posto accanto al suo: rigida e composta, abbracciava l'intero Giants Stadium con lo sguardo, passando in rassegna e analizzando tutto ciò che il suo sguardo riusciva a raggiungere. Più che ad una partita di football, sembrava essere nel bel mezzo di un esperimento antropologico particolarmente complesso.

Le aveva chiesto di accompagnarlo praticamente per pro-forma: Coulson gli aveva offerto due biglietti per la partita, ma poi era stato richiamato per un affare urgente chi sa dove in Europa e costretto a defilarsi. Durante uno degli allenamenti della settimana, mentre Natasha gli stava stritolando le costole con quelle sue stramaledette cosce, le aveva chiesto se le fosse andato di accompagnarlo: una tattica di distrazione. Se la risposta affermativa della donna l'aveva sorpreso, vedersi comunque sbattuto al tappeto – la sua strategia frantumata in mille pezzi – per niente.

“Vuoi che ti spieghi le regole?” Si propose di offrirle delucidazioni, ricevendo in cambio un'occhiata glaciale.

“Conosco le regole del football, Barton.”

“Quindi non è che non lo capisci, è che non ti piace,” formulò per lei.

Natasha si strinse nelle spalle, quasi non avesse voluto sbilanciarsi eccessivamente (ma sulla possibilità che fosse un modo per evitare di ferire i suoi sentimenti, Clint non si fece alcuna illusione).

“Non capisco l'attrattiva del gioco,” ammise infine.

“Prima di tutto dovresti rilassarti...”

“Sono rilassata,” puntualizzò seccamente.

“... e lasciarti andare.”

“Dovrai essere un po' più specifico di così.”

“La parte divertente degli sport è che ti puoi infervorare, cantare, festeggiare...”

“Sei sicuro che 'divertente' sia la definizione giusta?”

Fece per risponderle, ma l'ennesima azione pericolosa degli avversari lo costrinse a tornare a prestare attenzione al gioco e a scattare in piedi, le mani tra i capelli e un'espressione di puro terrore stampata in faccia. La folla tutta intorno a lui esplose in vituperi, grida, maledizioni e anatemi di ogni tipo.

“Brutto idiota!”

“Ma chi cazzo ti ha insegnato a giocare? Mia nonna?”

“Lo sapevo che avremmo fatto meglio a prendere Pearson! Ti sembra un difensore degno di questo nome? Eh, Pitt, adesso che diavolo mi racconti ah?”

“Cambialo, coach!”

“Imbecille che non sei altro! Fallo un'altra volta e verrò a cercare te, tua moglie, i tuoi figli, tua madre e tutta la tua stupida famiglia e giuro che li garroterò uno ad uno finché non ti sarai deciso a guadagnarti il pane! Vergognati!”

Una voce aveva sovrastato e zittito le altre. Con espressioni sconcertate, i loro vicini di posto – e Clint con loro – si voltarono lentamente verso Natasha, saltata in piedi sul sedile per urlare ai quattro venti la sua frustrazione. Un padre, seduto nella fila subito sotto, tappò le orecchie al figlio undicenne che la stava osservando con tanto d'occhi. Il venditore di hot-dog si era bloccato sulla scalinata adiacente, troppo preso da quell'inaudito scoppio di rabbia per rendersi conto di aver affogato nel ketchup il panino che teneva in mano.

L'aria nuovamente confusa e la furia scioltasi come neve al sole, Natasha si voltò verso di lui, come a chiedergli la sua approvazione.

Clint, per tutta risposta, scoppiò a ridere, inizialmente più per un riflesso isterico che per reale divertimento, dandole una poderosa pacca sulla spalla per esortarla a scendere dalla gradinata. Ci vollero un paio di scomodissimi secondi di ritardo, ma gli astanti si unirono alla risata, dapprima timidamente, poi con sempre maggior convinzione.

Solo quando Clint fu sicuro che nessuno li avrebbe denunciati o chiesto alla sicurezza di buttarli fuori, afferrò Natasha per un braccio, trascinandola a sedere.

“Mi spieghi che diavolo ti prende?”

“Hai detto che dovevo lasciarmi andare,” ribatté perplessa.

“Apprezzo lo sforzo, ma lasciarti andare non significa minacciare di massacrare l'intera famiglia di uno dei giocatori!”

“Non avevo realmente intenzione di uccidere nessuno. Ho sentito dire cose peggiori nell'ultima mezz'ora,” si lamentò, l'imbarazzo che rischiava di prendere il sopravvento e affiorarle sulle guance non più tanto ostinatamente pallide.

“Nessuno usa il verbo garrotare durante una partita di football!”

“Avresti dovuto dirmelo prima.”

“Non credevo ci fosse bisogno di specificarlo!”

“Va bene, va bene,” si arrese.

Più la guardava – espressione corrucciata, cipiglio serioso e simulata nonchalance – e più il quadretto lo faceva sorridere. Non era ancora del tutto sicuro di capire perché Natasha avesse accettato il suo invito, ma improvvisamente ne fu contento (in altre circostanze avrebbe usato il termine “commosso”).

“Ci dev'essere pure un modo per renderti meno...”

“Meno cosa?”

“... minacciosa.”

Prese a guardarsi attorno finché non ebbe individuato ciò che gli serviva: il venditore ambulante di merchandise che stava compiendo i suoi giri tra gli spalti. Lo richiamò con un fischio e gli fece cenno di avvicinarsi, mentre si rimetteva in piedi per raggiungerlo a metà strada. Studiò sommariamente gli articoli di cui disponeva, e poi: “Uno di quelli,” gli indicò un guanto di gommapiuma gigante.

“Sono sette dollari.”

“E uno di quei berretti.”

“Allora sono sette più trenta... trentasette dollari.”

Fosse stato altrove avrebbe finto di svenire per sottolineare tutto il suo disappunto.

“E' un ladrocinio,” l'accusò a denti stretti, schiaffandogli comunque in mano due banconote da venti. “Contento? Sono così sconvolto che ho usato la parola ladrocinio: non so neanche che cazzo voglia dire.” Si ripromise di controllare nel dizionario che non aveva a casa.

Guanto e cappellino alla mano – ma non prima di aver aspettato il suo sacrosanto resto – fece ritorno al suo posto, dove Natasha lo stava aspettando con aria dolorosamente spaesata.

“Dammi la mano,” la esortò, beccandosi solo un'occhiata perplessa. “Dai.”

La ragazza trattenne a stento uno sbuffo contrariato prima di tendergli il braccio: la manona di gommapiuma la calzò alla perfezione; dopodiché fu il turno del berretto, che le calcò in testa senza troppi complimenti. Infine, indietreggiò di un passo per ammirare l'effetto generale: con quell'onnipresente aria compassata ad indurirle lo sguardo, Clint si rese conto di aver fatto peggio che meglio.

Dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per non scoppiarle a ridere in faccia.

“Sei uno stronzo,” smozzicò lei, accortasi del modo in cui la stava guardando. “Smettila.”

“Ti giuro che non lo sto facendo apposta.” Si rimise seduto, ancora casualmente scosso da risatine continue.

“Se non fossimo circondati da migliaia di testimoni...”

“... mi uccideresti, me ne rendo conto.”

“La prossima volta che mi chiedi di uscire, ricordami di soffocarti.”

“E' un'ottima... idea.”

Non aveva idea di quando fosse stata l'ultima volta che si era divertito tanto.

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Note: questa one-shot è decisamente all'insegna della commedia :P E quale ambientazione migliore, in questo periodo da post-febbre da Super Bowl? Per il resto, mi piace l'idea di una Natasha che deve ancora assestarsi e capire come muoversi in un mondo che le è tutto sommato estraneo e di cui non capisce bene le regole. Simulare e dissimulare in veste di spia è una cosa, non avere lo schermo di nessuna identità secondaria è un'altra. Per questo me la vedo un po' goffa e in difficoltà... persino un po' comica XD
Ringrazio tutti coloro che hanno letto e in particolare chi ha commentato, e soprattutto la mia sclerobetasocia adesso in trasferta :*
Alla prossima settimana! :)
S.

 

  
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