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Autore: _ManolaStyles_    05/02/2015    0 recensioni
"In amore vince chi si tira su le maniche, e lotta, lotta fino a farcela"
Fanny|Harry Taylor|Harry Perrie|Zayn Eleanor|Louis Niall|ForeveAlone
6.6k words.
L'avevo già pubblicata ma ho dovuto cambiare account. Se passate e recensite passo a ricambiare.
Genere: Romantico, Sportivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
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SwimmingIsMyLife:
Fanny|Harry Taylor|Harry Perrie|Zayn Eleanor|Louis Niall è amico di tutti ahaha
6.6 Words.

 
"Non soffermarti su come una persona appare ai tuoi
 occhi, non giudicarla senza conoscerla.
 L'apparenza inganna "
"Astenetevi dal giudicare, siamo
 tutti peccatori.
 -William Shakespeare"
 
Mi svegliai verso le sette e avvertii ancora quel fastidioso senso di nausea che assieme  al mal di testa non mi dava tregua dal pomeriggio precedente. Sapevo che probabilmente andare a nuotare in queste condizioni non era la cosa migliore da fare, ma non potevo di certo mollare adesso. Nuotavo da quando ero molto piccola, erano dodici anni ormai che passavo tre o quattro pomeriggi a settimana nella piscina del paese, e lì più o meno tutti mi conoscevano. Non avevo mai saltato una lezione, forse una o due volte per motivi estremi, ma mai e poi mai sarei restata sotto le coperte a poltrire per colpa di un leggero malessere.
Abbandonai a malincuore il mio caldo letto e scesi in cucina dove mi aspettava mia madre con una tazza fumante di cioccolata calda. Presi la mia tazza , ci versai il latte all’interno e con molta calma dopo averlo intiepidito ci versai dentro il cioccolato in polvere. Dopo aver bevuto quasi metà tazza decisi di prendere solo una pastiglia per il mal di testa, dato che la nausea si stava leggermente calmando.
Ritornai nella mia stanza e dopo essermi fatta una doccia decisi di iniziare a preparare il borsone, misi dentro un asciugamano piccolo, che mi sarebbe servito per i capelli, un accappatoio rigorosamente bianco, la mia cuffietta bianca con dei piccoli pois rosa, le ciabatte sempre bianche, e dopo aver ricontrollato per una decina di volte di aver preso tutto chiusi il borsone e andai ad infilarmi il costume.
Dopo essermi infilata il costume avanzai verso l’armadio e presi un paio di jeggins grigio topo e una felpa del medesimo colore, mi guardai allo specchio dove vidi soltanto una ragazza con le curve al posto giusto, non ero magrissima come le cheerleaders della scuola, ma neanche obesa, portavo una fantastica taglia quarantadue e di questo non potevo lamentarmi. Ricontrollai per l’ennesima volta il borsone e scesi in cucina dove mia madre mi guardò alquanto curiosa.
-Fanny, mi spieghi come mai hai il borsone di nuoto sulle spalle, dato che sei ancora debole e non ti sei né ancora ripresa del tutto?-
Forse da una parte aveva ragione, ero ancora parecchio debole, e la nausea era tornata, ma non avevo intenzione di restarmene a casa ancora per molto, quindi indossai il mio sorriso più finto e le lasciai un bacio sulla guancia.
-Sto bene non preoccuparti, torno stasera, se succede qualcosa ti chiamo- E detto questi chiusi la porta di casa e iniziai a camminare. Lo stabile dove era situata la piscina del paese distava poco più di dieci minuti a piedi, e dato le mie condizioni fisiche non proprio ottimali decisi di proseguire il mio cammino senza prendere la bici.
Appena arrivata un odore di cloro mi invase le narici, non entravo in questo posto da due giorni eppure amavo ogni volta sentire la differenza dall’esterno, sembra strano dirlo ma in questo posto mi sentivo a casa. Mi incamminai verso lo spogliatoio femminile e non potei fare a meno di notare che ero in ritardo di qualche minuto, ma Debby la mia istruttrice storica non avrebbe fatto una piega, sono sempre stata abbastanza fiscale con tempi e orari e se arrivavo in ritardo qualche volta un motivo c’era, e doveva essere anche abbastanza serio, e lei questo lo sapeva. Mi incamminai verso le vasche e notai i miei compagni di corso tutti seduti al bordo della vasca più fonda, dove ormai ci allenavamo da anni. Mi avvicinai a loro e mi sistemai vicino a Mark un ragazzo che anche se aveva qualche anno di più frequentava il nostro corso.
-Cuffia a pois, finalmente ci hai degnato della tua presenza, mancavi solo tu. Ragazzi voi entrate pure in acqua, io devo scambiare due parole con la vostra compagna.- Era un ragazzo che aveva parlato, maglia bianca con il logo della piscina e il costume rosso che veniva dato a tutti gli allenatori dello stabile.
I miei compagni fecero come gli era stato detto e io non potei fare altro se non sedermi sulle gradinate che solitamente erano riservate al pubblico durante le gare e che noi utilizzavamo solo per appoggiare accappatoi e asciugamani, o per parlare tra di noi come squadra.
-Allora, ai miei allenamenti si arriva puntuali, se in anticipo meglio, si rispettano le regole che sono scritte le fuori, quelle che dovreste rispettare anche con la vostra istruttrice e soprattutto non si fa casino, non voglio pazze sclerate in squadra, inoltre ci si mette impegno, intesi? Questo discorso l ho fatto anche prima hai tuoi compagni ma ovviamente non ti sembrava giusto arrivare puntuale. Ora vai in acqua assieme agli altri.-
Mi limitai ad annuire con il capo al suo “intesi” e mi tuffai in acqua. Ai suoi allenamenti…dov’era finita Debby, non poteva avermi abbandonata dopo dodici anni, mi aveva insegnato lei ad amare la piscina, quando avevo cinque anni avevo messo per la prima volta il piedi in acqua con un costume olimpionico e non ero più uscita, ero la bimba più piccola di tutto il corso, ed era per quello che tutti mi conoscevano. Continuai a pensare al nuovo “coach” finché eseguivo gli esercizi di riscaldamento, ma chi si credeva di essere, dio mi stava venendo il nervoso pensando alla conversazione avuta poco prima, avrà avuto si e no due anni o forse tre in più di me e si credeva miss universo, avevo preferito non accennargli nulla sulle mie condizioni fisiche, non volevo peggiorare la situazione fin da subito.
La nausea stava tornando e più forte di prima, ma non avevo voglia di uscire, stavo proseguendo gli esercizi di riscaldamento quando un conato più forte degli altri ebbe la meglio su di me, fui così costretta ad uscire dall’acqua e chiudermi in bagno. Vomitai l’anima e dopo poco mi accascia sul freddo pavimento senza forza, non so per quanto tempo rimasi chiusa lì dentro, so solo che dopo un po’ qualcuno mi venne a chiamare.
-Hei, apri, che ti succede?- Una voce alquanto preoccupata mi stava chiamando al di là della sottile porta che ci divideva. Era quello stronzo del nuovo allenatore, prima guardava il culo alle oche ossigenate del mio corso e ora aveva pure le palle di venirmi a chiedere come stavo. Aprii la porta del bagno e lentamente mi alzai dal freddo pavimento, ma dovetti riabbassarmi subito dato che un altro conato mi aveva fatto affogare la testa nel vater come facevo ormai da dieci minuti.
Senti una mano accarezzarmi la schiena e pian piano i conati diminuirono e con calma iniziai a calmarmi.
-Hei piccola stai tranquilla, respira, con calma- Sembrava tanto severo e soprattutto stronzo, invece stava pian piano iniziando ad addolcirsi, magari tutto sommato non era neanche male.
-Va meglio piccola?- Mi limitai a guardarlo ed annuire. Non avevo intenzione di parlare, più che altro non avevo forze neanche per quello e credo che lui se ne fosse accorto.
Era da più o meno dieci minuti che eravamo chiusi nel bagno dello spogliatoio, mi aveva abbracciato per farmi calmare e ci era riuscito, mi ero accoccolata al suo petto e pian piano stavo iniziando a sentirmi meglio anche se la nausea non ne voleva sapere di passare.
-Comunque io sono Harold, ma ti prego, chiamami Harry- Esclamo ad un certo punto il ragazzo che mi teneva stretta a se.
-Io sono Fanny, ma chiamami Fanny- Gli regalai uno dei miei migliori sorrisi e dopo esserci guardati negli occhi scoppiammo a ridere. Il suo era un sorriso fantastico, con una dentatura perfetta e contornato da due fantastiche fossette che spuntavano ai lati della bocca, inoltre sembrava sincero, e per niente forzato, era come se il tizio acido che avevo conosciuto ore prima avesse lasciato spazio a uno più dolce che aiutava le donzelle indifese. E finalmente, a quel riccio con le fossette, gli occhi smeraldini, i ricci in testa, un sorriso da far invidia al mondo e le fossette potevo associare un nome, e mi sembrava che quel “Harry” stesse meglio associato che non alle altre centinaia di persone che portavano quel nome.

 
"Hai gli occhi di chi ne ha vissute tante, di
 chi di lacrime ne ha versate anche troppe, ma di chi
 si è sempre
 rialzato forte e sorridente"
 
Il mattino seguente i leggeri raggi del sole sorto da poco interruppero il mio sonno. Pian piano iniziai a stiracchiarmi e ad aprire gli occhi. Quando li aprii definitivamente potei constatare di non essere nella mia stanza. Mi alzai cautamente, mettendomi prima a sedere molto lentamente nel letto e in un secondo momento mettendomi in piedi, la testa faceva ancora male, probabilmente ancora a causa dell’influenza. Osservai molto attentamente la stanza nella quale mi ero risvegliata, aveva delle pareti bianco panna, un grande armadio nero, con comodini dello stesso colore e letto altrettanto nero. Iniziai a osservare le foto che in un primo momento non avevo notato, la prima ritraeva un piccolo bimbo biondo, con gli occhi verdi in braccio a una graziosa signora e a una stupenda bimba, tutti e tre insieme sorridevano all’obbiettivo, era la più bella presente in quella stanza, sicuramente poteva essere scambiata per il ritratto della felicità.
 
Dopo aver esaminato per bene quella stanza ed aver cercato di capire perché mi trovavo proprio lì decisi di lasciar perdere e cercare il padrone di casa, dato che della sera precedente non ricordavo praticamente niente. Aprii la porta della stanza e molto lentamente iniziai a scendere le scale stando attenda a non cadere, un buon aroma di caffè mi invase le narici non appena scesi l’ultimo gradino e arrivai direttamente in quello che credevo fosse il soggiorno, iniziai a girare un po’ per la casa, e vicino al soggiorno trovai un ampia cucina. La caffettiera spenta, posata sopra al fornello, una tazzina, nel lavandino e un bigliettino appoggiato sopra la grande isola.
 
Buongiorno,
 probabilmente ti starai chiedendo cosa ci fai a casa mia, ammesso che tu abbia capito a casa di chi sei.
 Sono Harry se non lo avessi capito, aspettami per pranzo e ti darò tutte le risposte di cui necessiti.
 Torno per le 12, poco dopo che avrò finito le lezioni,
 buona giornata.
                                                                     H.E.S  
  "
                                                                                                                                                                                                                                               
 
Ero a casa di Harry, e forse questa cosa non era brutta, insomma, avrei potuto essere a casa di un qualsiasi stupratore, assassino o chissà cosa, invece ero a casa di Harry. Mi guardai un po’ intorno, credo di non aver mai osservato così tanto una casa come stamattina, decisi di prepararmi un the, e dopo aver cercato per quasi un quarto d’ora una tazza, misi a bollire l’acqua e ci spruzzai un po’ di limone.
 
Avrei dovuto aspettarlo ancora per un’ora. Mi stesi sul divano e iniziai a fantasticare.
Quel ragazzo mi era sembrato così scorbutico appena conosciuto, eppure aveva dimostrato di avere un animo dolce. Guardando le foto nella sua stanza e quelle sparse per la casa avevo capito quanto ci tenesse a quelle due donne, probabilmente sua madre e sua sorella, avevano tutti e tre lo stesso sorriso dolce, ma quello di Harry era cambiato.
Aveva un dolce sorriso nelle foto che lo ritraevano con lisci capelli biondi e dolci occhi color smeraldo, ora sembrava come se qualcosa fosse cambiato, aveva lo stesso sorriso di un tempo, come i soliti occhi smeraldini, ma entrambi sembravano più spenti, come si ci qualcosa lo turbasse costantemente.
 
Sentii un rumore di chiavi e la porta sbattere, probabilmente era tornato Harry, da lezione, io neppure sapevo che studiava. Che poi pensandoci bene di lui sapevo poco e niente, sapevo che faceva l’istruttore di nuoto, quindi che probabilmente amava nuotare, sapevo che aveva pochi anni in più di me, ma non precisamente quanti, sapevo che da bimbo era stupendo, che ha una madre, una sorella, e immagino anche un padre, sapevo che studiava ancora, ma non sapevo cosa, e sapevo che aveva una casa enorme, e devo dire, davvero stupenda. Come ciliegina sulla torta sapevo che era veramente stupendo.
 
-Fanny, ci sei?- Una voce interruppe i miei pensieri, ma già sapevo chi poteva essere. Poteva trattarsi solo di lui, ossia del proprietario di questa grandissima casa, ora avrei voluto le spiegazioni che mi aspettavo da tutta la mattinata.
 
-Sono in soggiorno! Almeno credo.- Esclamai a un certo punto, sentii una botta, qualche imprecazione da parte di Harry, e poi lo vidi arrivare con calma tenendosi un gomito. La scena era abbastanza comica, perché da quello che avevo capito doveva aver beccato la sedia giusta sul gomito sinistro, una delle zone dove fa più male, e ora si teneva stretto il gomito con la mano destra. Iniziai a ridere senza un apparente motivo, e a quella reazione la sua faccia divenne contrariata.
 
-Quindi, potresti anche aiutarmi invece che stare lì spiaccicata sul divano a ridere- Esclamo il piccolo infortunato. Pian piano smisi di ridere e la sua faccia che fino a poco tempo prima faceva trasparire una smorfia di dolore si stava pian piano rilassando.
 
-Quindi, ora che ti sei ricomposta, e che questo cavolo di gomito sta tornando quasi normale, possiamo parlare- Continuò poi, io mi limitai ad annuire, curiosa nel sapere ciò che era successo la sera precedente.
 
-Dunque, dopo che ti sei calmata ieri sera, abbiamo iniziato a parlare, ma mi sono accorto soltanto dopo che avevi la febbre decisamente troppo alta, stavi delirando, e dopo sei svenuto tra le mie braccia. E dato che sinceramente non mi sembrava il caso di vagare per il paese cercando qualcuno che ti conoscesse per farmi dare il tuo indirizzo di casa, ho deciso  di portarti a casa mia.
Durante la lezione di nuoto di ieri avevo visto che avevi un certo affiatamento con una certa Melody, se non sbaglio, quindi ho mandato un messaggio a lei dicendole che dormivi da me, dicendole di coprirti con tua madre, e poi ovviamente ho scritto a tua madre. Dunque, questo è quanto, anche se non credo che tua madre sia stata molto contenta, però è okay-
 
Ero rimasta abbastanza stordita dalle informazioni che mi aveva appena rivelato, stavo delirando, quindi avrei potuto dire qualsiasi cosa, forse era meglio non pensare a tutto ciò. Probabilmente ero svenuta quasi subito e non avevamo neanche parlato più di tanto, sicuramente. Quindi, ha anche detto che ha chiamato Melody, dunque mi toccherà parlarle quasi sicuramente di tutto questo casino, che poi, non è un casino, mi ha solo portata a casa sua, niente di che. Mi toccherà spiegare a mia madre perché ho deciso di rimanere a dormire da Mel, visto che lo faccio molto raramente,  e poi sarà tutto risolto.
 
Mangiammo una pasta decisamente troppo al dente, e dopo aver preso la macchina Harry mi riaccompagnò a casa.
 
-Senti, ma ci sarai oggi agli allenamenti, oppure preferisci stare a riposarti?- Odiavo le persone che mi chiedevano queste cose, sono solo un po’ fuori forma, perché non mi sarei dovuta presentare.
 
-Certo che si sarò. Per chi mi hai preso?- Fece un debole sorriso e si limitò ad annuire. Restammo in silenzio per tutto il viaggio, nell’abitacolo le dolci note di “Give Me Love” di Ed Sheeran risuonavano lentamente, e ogni tanto Harry canticchiava qualche piccola parte, era davvero bravo.
 
In poco tempo arrivammo nel vialetto di fronte alla mia piccola casa.
 
-Ci vediamo più tardi allora. Ciao Fanny.- Mi salutò dolcemente Harry, scoccandomi un dolce bacio sulla guancia. Lo guardai imbambolata come un bimbo di appena quattro anni può guardare una bancarella di dolciumi al luna park.
 
-Ciao Harry. A dopo.- Sussurrai, scendendo dalla macchina e vedendola ripartire. Ero ancora imbambolata per il suo dolce bacio e senza saperlo avevo il palmo della mano appoggiato contro la guancia destra, che poco prima era stata sottoposta alla tortura di due dolci labbra.
 
Entrai in casa, e facendo molto piano per non farmi notare da mia madre richiusi velocemente la porta.
 
-Allora, ho visto che un bellissimo ragazzo, con un bellissimo Range Rover ti ha appena riaccompagnato a casa. Dunque, a meno che Melody non si sia trasformata in un ragazzo, o che sua madre non abbia sfornato un figlio così all’improvviso, credo che tu mi debba delle spiegazioni.- Delle urla interruppero il mio piano di non farmi sentire da mia madre.
 
-Dunque mamma, non pensare niente di male, è il mio nuovo istruttore di nuoto, ieri sono svenuta, mi ha portato a casa sua, ti ha mandato un messaggio per non farti preoccupare, e mi ha appena riaccompagnato, niente di più. E’ un gran figo, lo ammetto, anche perché è dolcissimo, ma non c’è niente di più per il momento.- Il suo sguardo divenne soddisfatto, felice per avermi strappato tutta la verità di bocca. Forse l’ultima parte era meglio se la evitavo, adesso dovrò subirmi le sue continue frecciatine fino a che non succederà altro. 
 
-Ora, non dire niente, io andrò nella mia stanza, e tra esattamente mezz’ora andrò a nuoto, non ho voglia di sentire  le tue pippe mentali in cui io e quel povero ragazzo ci giuriamo amore eterno.- E così con la sua faccia alquanto scioccata presi il borsone e me ne andai nella mia stanza, pronta per preparare le cose che mi sarebbero servite per un altro allenamento in piscina.
 
Mi feci una veloce doccia, dato che il giorno prima non ne avevo avuto il tempo e che la mattina quest’idea non mi era per niente balenata in mente.
 
Accappatoio, cuffietta, ciabatte, cambio, phon, costume già indossato, si dovrei avere tutto. Presi la mia bici e iniziai a pedalare verso lo stabile da me preferito. Appena entrata il solito profumo di cloro ad invadermi le narici è sempre presente e in fretta mi dirigo verso gli spogliatoi, che con sorpresa noto essere deserti.
Effettivamente sono arrivata parecchio in anticipo, metto la cuffia, infilo le ciabatte e velocemente arrivo all’entrata delle vasche dove noto soltanto un gruppo di bimbi che avranno più o meno cinque anni con Patricia, una delle insegnanti della piscina.
 
Mi avvicino alla vasca dove Harry tiene il corso e infilo delicatamente i piedi al interno, rabbrividendo con l’acqua decisamente troppo fredda, osservo un po’ in giro e un vedo un ragazzo in lontananza, quel ragazzo.
 
Harry è completamente bagnato, da testa a piedi, dopotutto siamo in piscina, infatti sta uscendo da una delle vasche più alte, e si avvicina a me molto lentamente. Vorrei andarmene, prendere l’accappatoio che con molta cura ho appoggiato alla gradinata alle mie spalle e tornarmene in spogliatoio facendo finta di non averlo visto. Ma mi è totalmente impossibile dato che ormai si è avvicinato fin troppo e non notarlo sarebbe impossibile.
 
-Siamo puntuali oggi Fanny?- E mi rivolge un delicato sorriso, mi sposto leggermente più a destra lasciandogli un piccolo spazio in cui può però comodamente sedersi.
 
-Odio arrivare in ritardo, e quando succede ho ragioni serie, perciò eccomi qua.- Si sedette accanto a me e dolcemente mi abbracciò, il mio corpo rabbrividì a contatto con il suo corpo completamente bagnato. E io abbassai lo sguardo imbarazzata.
 
-Senti, che ne dici se domani sera usciamo a fare un giro?- Mi stava per caso chiedendo un appuntamento, no forse non era un appuntamento, forse era più da considerare un uscita tra amici.
 
Finimmo l’allenamento un po’ più tardi del solito, e dopo essere tornata a casa ed essermi accoccolata sotto le coperte inizia a pensare a ciò che sarebbe potuto succedere il giorno successivo.

 
"Le perdite sono positive: Lo so, è difficile
 da accettare, ma è così. Dobbiamo imparare
 a perdere, visto che prima o poi perderemo
 ogni cosa.
-Bracialetti Rossi"

 
Mi svegliai di soprassalto, un altro incubo, sempre il solito, quello che da tempo ora mai non mi lasciava più dormire proprio tranquillamente.
 
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Stavo seduta sul letto con un libro in mano, mia madre era di sotto a preparare la cena.
Mio fratello era uscito con mio padre, quella sera giocava la loro squadra del cuore, e nonostante la tempesta i due non avevano resistito alla partita che aspettavano da tutta la stagione.
 
Successe tutto molto velocemente, mia madre mi chiamò per la cena, qualcuno bussò alla porta. Non sapevo che quel qualcuno avrebbe portato una brutta notizia, probabilmente la più brutta della mia vita.
 
Fu tutto veloce, sentii un urlo strozzato di mia madre, la sentii singhiozzare, ero un poliziotto, indossava una brutta divisa, era di un colore triste.
 
Parlò con mia madre e poi se ne andò.
 
Mia madre non parlava, aveva lo sguardo perso nel vuoto, era come se qualcosa le fosse stato strappato al improvviso, come se fosse successo qualcosa, piangeva, singhiozzava, chiamò la nonna.
 
La nonna arrivò poco tempo dopo, piangeva pure lei, non riuscivo a capire perché, cos’era successo, cosa poteva essere accaduto per aver stravolto le vite di due persone. Cosa poteva aver turbato due donne a tal punto da continuare a versare amare lacrime.
 
Mi ricordo che la nonna disse che tutto si sarebbe aggiustato. Non sapevo di cosa parlasse. Mamma la guardò e le mimo una specie di “lei non sa niente” cosa dovevo sapere.
 
Era tardi, ero ancora sul divano, mamma continuava a piangere, aveva fatto molte telefonate, aveva parlato del ospedale. Se qualcuno stava lì non era un bel segno, nonna mi teneva abbracciata, era tardi.
 
Derek e papà non tornavano. Mi stavo preoccupando.
 
Poi tutto ebbe un senso.
 
Mamma che parla di un incidente a zia Kate, l’ospedale, papà e Derek che non tornavano, la mamma che piangeva, la nonna che non capiva.
 
Senza che me ne accorgessi lacrime amare iniziarono a rigare anche il mio volto, mamma e nonna non se ne erano accorte, iniziai a singhiozzare pian piano, nonna si girò verso di me, mamma fece lo stesso, mi videro rannicchiata in un angolo del grande soggiorno color panna.
 
Avevo capito tutto. Loro lo avevano capito.
 
Nonna mi venne ad abbracciare, come se non volesse lasciarmi andare. Avevo dodici anni, e stavo abbracciata a nonna come un koala, come una bimba di cinque.
 
Avevo capito che non avrei rivisto Derek e papà tanto presto. Avevo capito che forse non li avrei rivisti.
 
Mamma aveva smesso di piangere, io no, io mi ero chiusa in me stessa. Ero dentro una bolla. Io e le mie sofferenze. Avevo chiuso fuori il resto del mondo.
 
Mamma mi si avvicinò, mi abbraccio. Mi guardò con uno sguardo dolce, di una donna che aveva sofferto, e che ancora ora soffriva.
 
Mi disse che papà e Derek avevano fatto un incidente.
 
Mi disse che erano in ospedale.
 
Mi disse che però non erano vivi.
 
E in quel momento il mio mondo crollò. Avevo pianto, avevo pianto tanto, forse troppo, eppure non avevo ancora elaborato del tutto la mia perdita.
 
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Facevo quell’incubo da cinque anni ormai. Quasi tutte le notti tornava a perseguitarmi.
Pensandoci bene però, quando dormii a casa di Harry non sognai papà e Derek, quel ragazzo ha un potere magico su di me.
 
E così, risvegliata dal mio dolce sonno, a causa della cosa più brutta che la vita mi aveva riservato mi addormentai pensando a un dolce angelo con occhi verdi e fossette.
 
Mi risvegliai verso le due del pomeriggio. Sfaticata com’ero la sera prima mi ero dimenticata di mettere la sveglia. Quindi mi ritrovavo a dover fare tutto di corsa come al solito.
 
Scesi le scale e mi recai in cucina, dove trovai mia madre seduta su uno sgabello della piccola isola con il portatile davanti. Sicuramente stava finendo uno dei suoi numerosi articoli. Da quando papà e Derek erano morti si era gettata a capofitto nel lavoro, ritagliando però una parte del suo tempo da dedicare sempre a sua figlia. Infatti io la consideravo la mia più grande confidente. Era come una migliore amica. Una di quella che sa mantenere i segreti però.
 
-Dato che ieri avresti potuto fare invidia a Usain Bolt da come sei corsa via di casa dopo che ti ho chiesto spiegazioni le pretendo ora.- Il sorrisino divertito che aveva sul volto fece sorridere anche me. Non avevo mai avuto un ragazzo, e forse questa mancanza era pesata più a lei che non a me.
 
-Giorno mamma, sto bene anche io non preoccuparti.- Mi rivolsi a lei in tono ironico scoccandole subito dopo un sonoro bacio sulla guancia sinistra.
 
-Non la passi liscia ragazzina. Sputa il rospo.- Mio padre avrebbe detto le stesse identiche parole, aggiungendo un da quando in qua ti piacciono i ragazzi, credevo mi avresti sposato una volta diventata maggiorenne.
 
-Allora, come ti ho detto ieri Harry è il mio nuovo istruttore di nuoto. E’ parecchio simpatico anche se all’inizio sembrava un vecchio brontolone. Ha gli occhi verdi, i capelli castani, è tipo tre volte più alto di me, ed è molto carino. Stasera usciamo e non credo di doverti raccontare altro.- Precisai, la vedi restare partecipe per tutto il tempo, annuendo a tratti facendomi capire di aver inteso tutto o quasi.
 
-Dunque credo che stasera non sarai a cena con me, giusto?- Annui leggermente, anche se io e Harry non avevamo parlato di una cena. Al massimo sarei rimasta senza cenare.
 
Salutai mia madre che in fretta corse al lavoro e con molta calma andai a farmi una doccia calda.
 
Mi spogliai pian piano e accesi l’acqua aspettando che si scaldasse. Entrai nella doccia e l’acqua calda iniziò ad avvolgermi rilassandomi i muscoli. Uscii dalla doccia e subito la temperatura decisamente troppo bassa dell’aria mi fece rabbrividire.
 
Andai nella mia stanza e pian piano inizia a vestirmi. Misi dei jeans grigi a sigaretta e ci infiali sopra una felpa nera di una taglia più grande della mia, misi le mie immancabili all star nere e scesi in soggiorno aspettando l’arrivo di Harry.
 
Non avevamo concordato un orario preciso, avevo soltanto detto in serata. Erano le sette e io mi ero appena seduta sul divano, quando suonò il campanello.
 
Mi alzai lentamente dal divano per andare ad aprire.
 
Trovai Harry al di là della porta in tutta la sua bellezza. Camicia bianca messa all’interno dei jeans scuri che avvolgevano perfettamente le sue lunghe gambe allenate.
 
-Buonasera piccola- Aveva esclamato dopo avermi fissato dall’alto al basso per una manciata di minuti che parve infinita. Ovviamente io come una cogliona ero arrossita al suo “piccola” non ero abituata a farmi trattare così dai ragazzi. Avevo dato il primo bacio a quindici anni, ma non ero mai andata oltre, e non avevo mai avuto una relazione più di tanto seria.
 
-Ciao Harold- Esclamai seguita da una risatina. La sua faccia a quel nome si trasformò quasi in una smorfia di disgusto, che però fu quasi subito ritrasformata in un sorriso giocoso.
 
Presi la borsa e le chiavi, chiusi la porta e con la mano stretta salda in quella di Harry mi incamminai verso la grande ranger rover che ci attendeva.
 
Appena entrata nella spaziosissima auto un dolce calore mi invase, accompagnato da un buon profumo di vaniglia. Harry mise in moto e partimmo. La meta mi era sconosciuta. Durante il viaggio si sentiva solo la radio che in quel momento trasmetteva la dolce melodia di “lego house” di Ed Sheeran. Il riccio seduto alla mia destra canticchiava di tanto in tanto le canzoni che senza senso passavano alla radio.
 
Uscimmo dalla città, eravamo in mezzo ai boschi. Mi stavo chiedendo dove mi avrebbe portata. Harry era molto concentrato, con la mano destra teneva il volante mentre con la sinistra scalava qualche marcia.
 
-Harry, dove stiamo andando?- Chiesi con voce flebile quando vidi il riccio accostare e un piccolo parco alla nostra sinistra.
 
-Ti ho portato nel mio posto.- Rispose a tono. Non capivo cosa intendesse con quell’affermazione. Tutti avevano un proprio posto. Quello che faceva la differenza era ciò che si faceva in questo posto. Certa gente pensava, certa piangeva, certa urlava, o più semplicemente stava in silenzio ad osservare il panorama.
 
Imboccammo l’entrata del parco, ci fermammo da un venditore di hot dog e ne comprammo due da consumare come nostra cena.
 
-Quanto è?- Chiese il riccio al ragazzo probabilmente straniero che ci aveva velocemente consegnato gli hot dog.
 
-Sono cinque sterline.- Esclamo il ragazzo dagli occhi marroni e la pelle olivastra. Harry annui, mi passò il suo hot dog e con un gesto veloce estrasse il suo portafogli dalla tasca posteriore dei suoi skinny jeans neri. Pagò il ragazzo e ricominciammo a camminare, fermandoci solo poco dopo in una panchina abbastanza isolata dal resto del parco, illuminata però da un piccolo lampioncino.
 
-Avrei benissimo potuto pagare la mia parte.- Esclamai ad un certo punto, un po’ per spezzare quel silenzio e un po’ perché era la verità.
 
-L ho fatto volentieri. Ti ho invitato ad uscire io, quindi era giusto che io pagassi. E poi non faccio mai pagare le mie piccole quando sono con me.- Mi rispose Harry dopo aver mandato giù l’ultimo boccone del suo hot dog.
Cosa voleva dire con le “mie piccole” forse trattava tutte così. Che poi non mi aveva riservato nessun trattamento speciale, quindi magari per lui era solo una semplice uscita tra amici. Quindi ero io l’unica che si faceva tutte queste paranoie inesistenti.
 
-Per “le mie piccole” intendo mia madre, mia sorella, e te in questo momento, non farti paranoie. Non ci provo con tutte se è quello che stai pensando.- Esclamò ad un certo punto. Gli regalai un leggero sorriso che lui velocemente ricambiò, forse provava qualcosa anche lui. Forse non ero l’unica a rimanere con una faccia da ebete ogni qualvolta mi scoccasse un leggero bacio sulla guancia. Forse anche a lui la vicinanza che si stava creando tra noi faceva sentire tante piccole farfalle nello stomaco.
 
Parlammo per un tempo che parve infinito. Scoprii che aveva diciannove anni, che frequentava ancora le lezioni, ma che questo era l’ultimo anno, che vive con sua madre, il suo patrigno, e sua sorella, e che verso quest’ultima era molto protettivo. Insomma faceva anche la parte del fratello geloso.
 
Ci alzammo dalla panchina in cui ormai avevamo piantato le radici e iniziammo a camminare. Un po’ perché ci si era appiattito il sedere e un po’ perché iniziavamo ad avere seriamente freddo. Ad un certo punto arrivammo sotto un piccolo gazebo circondato da rose rosse.
 
-Ecco, più precisamente è questo il mio posto. Vengo qui da quando i miei hanno divorziato. Avevo iniziato a sentirmi solo, e questo posto mi trasmetteva la tranquillità di cui avevo bisogno in quel periodo. Quando ho bisogno di prendere decisioni importanti, di pensare o più semplicemente di stare solo vengo qui. Sei la prima che porto.- Posso dire che a quella dichiarazione mi ero un po’ come dire, “commossa” ero la prima che portava in questo posto, nel suo posto, nel posto che sa da lui.
-Anche io ho un posto tutto mio sai? All’inizio era mio e di mio padre, lo scoprimmo per caso quando avevo più o meno cinque anni, e dal quel momento ogni volta che volevamo stare un po’ soli andavamo in quel posto. Credo che ti porterò un giorno. Poi mio padre andò a vedere una partita della squadra del cuore sua e di Derek, mio fratello, non tornarono più, un ubriaco li aveva centrati in pieno, non aveva visto il semaforo rosso. Morirono sul colpo. Da quel giorno quel posto è diventato solo mio, non lo condivido con nessuno.- Raccontai con le lacrime agli occhi. Non gli avevo mai accennato nulla sul mio passato, e probabilmente non si aspettava fossi senza un padre e un fratello. Lo vidi seguire attentamente ogni parte del mio racconto. Fece una faccia dispiaciuta una volta che finii di raccontare il tutto, ma ormai ero abituata alla compassione della gente.
 
-Non ti dirò che mi dispiace, dato che probabilmente sarai abituata a sentirtelo dire. Non voglio darti la mia compassione, niente del genere. Probabilmente credo potrò solo starti accanto, perché per esperienza personale so che la compassione della gente fa solo schifo.- E con un gesto repentino si avvicinò sempre di più al mio corpo, abbracciandomi delicatamente.
 
 Alzai lentamente lo sguardo sperando di incontrare i suoi occhi smeraldini e fu così. I suoi occhi color smeraldo incontrarono i miei color oceano, pian piano si avvicinò al mio viso, mi spostò una ciocca che in un moto di ribellione era fuggita alla mia perfetta coda di cavallo. Mi alzo e il viso e pian piano mi baciò. Un bacio delicato, dolce, e per nulla indiscreto. Dopo minuti che parvero infiniti ci staccammo e come telepatici ci sorridemmo. Sul suo viso comparvero due tenere fossette a contornargli le labbra che poco prima era state pressate sulle mie.
 
Avevo ancora un dolce gusto di menta sulle labbra quando arrivammo nel vialetto di fronte casa mia. Mi tolsi la cintura molto lentamente, non volevo lasciarlo andare, lo volevo a casa con me, volevo stare tra le sue braccia per sempre.
 
-Piccola, siamo arrivati. Ci vediamo domani.- Esclamò il riccio ad un certo punto. Gli sorrisi e feci per aprire la portiera, ma qualcosa, o meglio qualcuno mi fermò.
 
-Hei non dimentichi qualcosa?- Domando con una voce innocente e uno sguardo da bambino.
 
Gli sorrisi e pian piano avvicinai il mio viso al suo che aveva ancora un piccolo sorriso sulle labbra. Gli scoccai un dolce bacio sulle labbra che parve durare un tempo infinito e dopo un “Buonanotte Harold, a domani” chiusi la portiera dell’auto restando impalata come una stupida davanti la porta di casa mia.

 
"Mi sarei preso una pallottola per lui,
e fu proprio lui il primo a spararmi
-Mostro"
 
Dopo due mesi ci eravamo finalmente fidanzati ufficialmente, con tanto di anello. Mia madre era partita da poco per Los Angeles e sarebbe tornata tra due o tre mesi, aveva trovato un compagno durante uno dei suoi viaggi di lavoro e ovviamente non l’avrei mai fatta restare qui con me sapendo che la sua felicita sarebbe stata altrove.
Dato che mia madre “viveva” a Los Angeles mi ero per il momento accampata a casa di Harry, il nostro rapporto continuava solido, e si stava rafforzando sempre di più.
Quella sera eravamo usciti con la compagnia di Harry, Zayn e Perry avevano annunciato il loro imminente matrimonio, che si sarebbe tenuto il luglio seguente, e noi non potevamo esserne più felici. Niall ci aveva raccontato che in quel periodo aveva conosciuto una bella ragazza di origine tedesca, e che era proprio intenzionato a far le cose per bene, Liam e Sophia, continuavano invece la loro “love story” senza intoppi e Louis ed Eleanor aspettavano da poco un piccolo Tomlinson.
Arrivammo a casa parecchio stanchi, e dopo qualche coccola che eravamo soliti farci sul divano ci lanciammo sotto le coperte al calduccio, dove ci addormentammo abbracciati dopo pochi minuti.

Il mattino seguente mi sveglia con un odore di caffè che si insinuava tra le mie narici, quel mattino Harold aveva spostato l’allenamento al mattino, dato che al pomeriggio aveva degli impegni che il ragazzo aveva considerato talmente personali, da non rivelarli neppure alla sua fidanzata.

Prendemmo i borsoni, e di corsa iniziammo a muoverci per raggiungere la piscina. Appena entrai il solito odore di cloro mi invase le narici, creandomi un leggero fastidio che qualche secondo dopo sparì. Salutai Margaret, l’addetta alla reception e mi incamminai verso lo spogliatoio femminile, lasciando Harry davanti all’imbocco di quello maschile con un bacio sulla guancia.  Mi cambiai velocemente, irritandomi parecchio dato che il MIO armadietto era occupato dal borsone di un’altra ragazza, tutti sapevano che il mio armadietto non andava toccato, evidentemente questa è nuova pensai.

Indossai cuffia e costume, e con gli occhialini legati attorno al collo mi incamminai verso l’entrata delle vasche. Harry stava parlando con una ragazza, capelli biondi ossigenati, miny bikini striminzito, si, era sicuramente una grande troia.

In poco tempo arrivarono anche i miei compagni di corso, e insieme iniziammo a tuffarci in acqua, Harry in tutto questo tempo non mi aveva neanche calcolata, e la gelosia mi stava uccidendo.

-Coach Styles, scusi se la disturbiamo, ma siamo qui da mezz’ora ormai, e vorremmo iniziare il corso- esclamò ad un certo punto Thomas, in quel momento avrei potuto sposarlo, tutto per che quella troietta si staccasse dal mio Harry.
-Certo ragazzi, iniziate con una decina di vasche, io intanto finisco di parlare con Taylor, sarò da voi in meno di dieci minuti- i dieci minuti passarono e loro continuarono a parlare, tanto che ad un certo punto si fece l’ora di rincasare, uscimmo dalla vasca, abbastanza stanchi, perché ovviamente se l’istruttore non ti guarda tu fai tutt’altro, infatti avevamo giocato a pallanuoto per le successive due ore.

-Si Tay, per me va benissimo, puoi venire ad allenarti quando vuoi, la squadra sarà ben contenta di averti come nuova recluta- bene, dopo questa potevo veramente uccidere entrambi.
-Perfetto Harry, allora a domani-

Tay? Harry? Sarà pure il mio ragazzo, ma in piscina eravamo tutti costretti a chiamarlo coach Styles, adesso arriva questa e lo chiama Harry, ma come si permette dico io. E poi lui non è da meno, Harry.
-Hei Fanny, non essere troppo gelosa, e non fare quella faccia. Avevi giudicato anche lui male a primo impatto. Può essere che sia successo anche con lei, lui ti ama e non ti tradirà mai-
Fortunatamente c’era Ally, che tentava di risollevarmi il morale, ci eravamo conosciute all’asilo, e il nuoto era una passione che fortunatamente legava entrambe, il nostro rapporto tra le corsie delle varie piscia che avevamo visitato si era solo rafforzato per fortuna.
Uscii dalla spogliatoio e andai a cercare il mio ragazzo, che non riuscivo a trovare.

-Harry? Andiamo?-
-Ecco…vedi, Tay è nuova qui, e mi ha chiesto se posso accompagnarla a fare un giro, così che si ambienti un po’ di più, non ti dispiace vero?-

Mi stava scaricando per una ragazza che conosceva solo da poche ore. Non ci potevo credere. Girai lo sguardo e lo incrociai con il suo, i suoi occhi verdi che mi avevano stregato il cuore si incastonarono con i miei, ricaccia indietro le lacrime consapevole che tra poco avrei dato vita a un pianto disperato.

-Fa niente, rincaserò a piedi, buona gita turistica-

Mi girai e inizia a camminare verso casa mia, non volevo più stare in quella casa, quella in cui avevamo passato le nostre giornate felici. Senza che me ne accorsi calde lacrime iniziarono a scendere dai miei occhi e i miei piedi iniziarono a correre a una velocità mai ottenuta.
 
"Hai fatto la tua scelta, stammi bene
 avremmo fatto invidia al mondo noi due
 INSIEME"
 
 
Quando il mattino seguente mi svegliai con un forte mal di testa, capii che evidentemente non era il caso di andare in piscina, ma la mia testardaggine, ancora una volta rovinò tutto.
Entrai con una faccia da cadavere, e in spogliatoio raccontai tutto alla mia migliore amica. Era alquanto allibita anche lei.
Quanto però arrivai vicino alle vasche vidi i miei compagni di corso molto affiatati per cercare di non farmi vedere qualcosa alle loro spalle. Spinsi Matthias, che cadde in acqua per lo sgambetto involontario che Thomas gli fece e riuscii a vedere ciò che a tutta la notte avevo sperato, ma che per tutto il giorno avevo sperato non sarebbe accaduto.
Il mio riccio e la troia si stavano baciando, un bacio fin troppo focoso. Tra un po’ si sarebbero messi a scopare lì dentro, ci avrei potuto scommettere.
Lui fortunatamente non mi aveva vista, e sotto lo sguardo dispiaciuto e sorpreso dei miei compagni, dopo un –SEI UN FIGLIO DI PUTTANA- urlato da Ally, corsi via, prendendo il mio borsone senza neppure cambiarmi.

Corsi verso la casa che un tempo era stato il rifugio del nostro amore, presi tutto ciò che era mio e lasciai un post-it appeso al frigo, se gli fosse importato qualcosa di me, forse lo avrebbe letto.


Hei riccio,
 siamo arrivati alla fine, lo sai? Non me lo sarei mai aspettata,
non dopo tutto quello che abbiamo passato insieme,
ma tutto finisce prima o poi  vero?
 Ricordati sempre che ti amo, io ricorderò tutto di te.
 Per sempre tua, Fanny


Non avendo altro da dire, attaccai il post-it al frigo e scappai verso casa mia con il mascara colato e il viso totalmente bagnato.

 
"Sai, capita tutto in una frazione di secondo,
 ti guardo e mi sento a casa"
 
Quella stessa sera Harry trovo il biglietto appeso al frigo, si rese conto dell’enorme cazzata che aveva fatto e dopo aver preso una decina di multe per eccesso di velocità raggiunse la casa di Fanny.
La sua piccola stava guardando un film strappalacrime, e dopo due ore che passò dandosi del coglione suonò il campanello.
Fanny lo perdonò, dopo aver ricevuto fin troppe richieste di perdono e dopo aver visto il suo amato piangere per lei.
Gli occhi di Harry erano diventati rossi, e senza esitare avevano fatto uscire fin troppe lacrime, Fanny non c’è l’aveva fatta, non riusciva a vedere il ragazzo che le aveva strappato il cuore piangere, così dopo averlo fatto un po’’ soffrire lo abbracciò e in poco tempo si ritrovarono sul divano a guardare il film strappalacrime che la ragazza stava guardando assieme a una coppa di gelato al cioccolato.

Dopo due anni, sua madre e il suo compagno, conosciuto a Los Angeles, Markus si sposarono, e proprio quella notte Harry tirò fuori dalla tasca del suo smoking, indossato apposta per l’occasione, un anello di diamanti, e davanti a tutti chiese la mano di Fanny, la quale sotto lo sguardo di amici e parenti, con le lacrime agli occhi, non poté far altro che accettare.

Dopo un anno da quel giorno la coppia Farry o Hanny, dipende da chi la chiamava si sposò, tra l’amore dei loro parenti e dei loro amici, che gli augurarono il matrimonio migliore che una persona possa desiderare.
 
"In amore vince chi si tira su le maniche, e lotta, lotta fino a farcela"
"Baciami i sorrisi che solo tu sai creare"
 
THE END





 
Se recensite vi do un biscottino.
Ahaha apparte gli scherzi, passo a ricambiare con tutte.
Basta che mi dite, anche per le dolcissime lettrici silenziose.
-Manny
 
   
 
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