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Autore: DanzaNelFuoco    05/02/2015    2 recensioni
Questa storia partecipa al contest "Il candelabro di Checov" indetto da IMmatura sul forum di efp.
Per chi non conoscesse il racconto "Un'opera d'arte" di Checov questo ruota attorno ad uno dei grandi classici del periodo natalizio: IL REGALO SBAGLIATO.
Non uno qualsiasi. Proprio "quel" regalo.
Quello talmente brutto da essere schifato anche da soffitte e cantine, e che finisce nell'infinito girone del riciclo, attraversando nel corso degli anni l'intero parentado, la cerchia di amici...o addirittura il globo.
Nel vostro caso dovrete fargli fare il giro del fandom, in sostanza.
- Intro:
Mystrade e Johnlock. Molto accennate. Il protagonista è IL REGALO. Qualche nuovo/altro personaggio non molto importante in vista.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The perfect gift

 

Quando Sally Donovan la mattina di Natale aprì il regalo del suo amante, rimase oltraggiosamente delusa. 

Vista l’espressione soddisfatta di Philip Anderson nel momento in cui glielo aveva consegnato, quella spavalda sicurezza di averle comprato la cosa giusta e non aver sbagliato, Sally aveva immaginato che si trattasse almeno di un gioiello. Se non diamanti - sapeva che Philip era ancora sposato con la moglie - almeno qualcosa che vi assomigliasse. 

Invece una volta strappata la carta e sollevato il coperchio di quella scatola così grande proprio per depistarla dall’indovinarne il contenuto, Sally aveva trovato un grembiule. 

Un grembiule?  

Un grembiule! E persino di cattivo gusto. Nero, con dei baci stampati sopra. 

“Bacio molto meglio di come cucino!” c’era scritto. 

Sally represse la rabbia.

Sapeva perfettamente di non essere una buona cuoca, si limitava a scaldare piatti precotti nel forno a microonde e preparare i pancake per colazione. A volte riusciva persino a strinare il bacon e più di una volta sua madre l’aveva presa in giro dicendole che sarebbe riuscita a bruciare l’acqua della pasta. 

Le sue doti culinarie erano rimpiazzate da altri doti, quali la sua bravura al lavoro - Sherlock avrebbe avuto qualcosa da dire a proposito, ma questo non è ancora il momento di parlare di lui - e non di certo… baciare! 

Se sua madre avesse visto quel grembiule, l’avrebbe derisa a vita, ricordandole che gli uomini prima si prendono per la gola, poi con il sesso, ecco perché non era ancora riuscita a trovarsi un fidanzato ed era irrimediabilmente single. 

Non poteva tenere quel grembiule, non a pochi giorni dall’arrivo di sua madre. Avrebbe dovuto riciclarlo, ma non le sarebbe dispiaciuto più di tanto. Semplicemente non sapeva a chi darlo. 

L’idea le venne il giorno seguente, a lavoro, quando il suo capo, il DI Gregory Lestrade, si presentò a lavoro con un’evidente macchia di cioccolato sulla camicia. 

“Ti dedichi alla cucina?” 

“Ho invitato una persona per la vigilia e i dolci sono la sua passione, quindi…”
“Nuova fidanzata?”

Gregory grattò la nuca, imbarazzato. “Diciamo di sì.” 

“Aspetta, ho una cosa per te!” Sally gli portò una busta di carta, con dentro IL REGALO.  “Consideralo un dono di Natale, ma non aprirlo qui.” gli strizzò l’occhio. 

“Anderson?” le chiese, sbirciando dentro la busta. 

Sally annuì. 

“Il tuo segreto è al sicuro. Farò buon uso del tuo regalo.”

E invece rimase chiuso in un cassetto per mesi, la sua esistenza dimenticata fino al momento del bisogno. 

 

Non era stato Gregory a scordarselo, era stato quel cretino di Mycroft che glielo aveva tenuto nascosto. 

Se si fosse degnato di metterlo al corrente di quel fatto il giorno prima, Gregory avrebbe evitato di fondersi il cervello nel tentativo di trovare qualcosa di adeguato. 

Invece alle tre del pomeriggio aveva ricevuto una telefonata dal suo… qualunque cosa fosse Mycroft per lui adesso - non avevano avuto il tempo per definire la loro relazione - che gli aveva detto di prepararsi perché sarebbero andati a cena fuori.

“C’è qualcosa da festeggiare?”

“No.” 

“Allora perché mai dovrei cancellare l’uscita del giovedì sera con i miei colleghi?”
“È il mio compleanno.”

Gregory dall’altro capo del telefono aveva trattenuto il fiato, mentre il suo cervello cominciava a elaborare idee su idee di regali di compleanno, scartandole una dopo l’altra. 

“Ok.”

“Mando una macchina a prenderti per le otto.”

“Ok.”

Mycroft sapeva che qualcosa non andava. In caso contrario Gregory avrebbe insistito affinché lui stesso lo andasse a prendere. Preferì non indagare oltre. 

“A stasera.”
“Ciao.”

Gregory non aveva il pomeriggio libero, quindi alle sette e mezza di sera, con i capelli ancora bagnati per la doccia appena fatta e la camicia a malapena abbottonata, stava frugando in tutti i cassetti alla disperata ricerca di un regalo adeguato. Scartò l'orribile fermacravatta che gli aveva regalato sua zia a Natale e la sua scelta si concentrò su una candela profumata e il delizioso grembiule che gli aveva regalato Sally. 

Optò per il grembiule solo perché aveva già usato la candela una volta. 

Quando mezz'ora più tardi al ristorante gli consegnò la busta con un misero fiocchetto sopra, Mycroft si limitò a sbirciarvi dentro e ad aggrottare un sopracciglio. 

“Scelta curiosa.”

“Non ho avuto molto tempo per pensare ad un regalo decente.”

“Grazie, ma non  dovevi.”

“Beh, non potevo non…”

“No. Non hai capito. Non dovevi. Non mi piacciono i regali.”

“Lo stai facendo di nuovo.”

“Cosa?”

“Comportarti come tuo fratello. Segui le convenzioni sociali.”

Mycroft stiracchiò gli angoli della bocca in un sorriso.  “D’accordo. Grazie.”

Gregory fece un cenno di approvazione, prima di nascondere il viso dentro il bicchiere del vino. “Cosa sarebbe esattamente?” gli chiese l’altro dopo un breve istante di silenzio. 

“Prego?”

“Una maglia? Non sono riuscito a capire la natura dell'oggetto, sebbene abbia... apprezzato il decoro.”

“È... un grembiule.”

“Un grembiule?”

“Sì.” lo fissò quasi sfidandolo a dire che non fosse il più bel grembiule sulla faccia della terra.

“È per caso un suggerimento?” chiese, sorseggiando il vino.

“Un suggerimento?”

“Un suggerimento a preparati la colazione, magari?” si chinò sul tavolo verso di lui, abbassando la voce. “Magari indossando solo il grembiule.”

A Greg cadde la forchetta di mano, tintinnando contro il piatto di ceramica. “Buon Dio, no! Cioè... se vuoi. Ma non era un suggerimento! Cielo, era meglio se ti regalavo la candela.” 

Infatti avrebbe dovuto regalargli la candela, almeno per quella sera avrebbe fatto atmosfera. Per quanto concerneva il grembiule, Mycroft provò ad indossarlo, ma fu Gregory che lo costrinse a toglierselo e gli proibì di rimetterselo per tutte le sere a seguire. 

Mycroft non ritenne necessario conservare quello straccio, così lo infilò nella prima busta di carta che trovò e lo diede ad Anthea affinché se ne liberasse. 

 

Sebbene Anthea potesse sembrare algida e inarrivabile, non lo era affatto. Non fuori dall’orario lavorativo, comunque. 

Era necessario per l’etica professionale che Anthea non si lasciasse coinvolgere emotivamente e restasse sempre e comunque fredda e distaccata. Tuttavia aveva amiche, sebbene dovesse mentire loro sul lavoro che faceva e sugli hobby che coltivava. Faceva parte di un club del libro - non a caso era immersa nel palmare vita natural durante, esistevano anche gli e-book oltre al lavoro - e spesso le ragazze portavano cupcakes da mangiare discutendo della lettura del momento. Avrebbe potuto regalare il grembiule a Isabel, se non altro perché i suoi muffin al cioccolato erano la cosa più buona che Anthea avesse mai mangiato. 

Per una serie di sfortunati eventi però il grembiule non arrivò mai ad Isabel. Il che fu un gran vero peccato perché lei sì che avrebbe saputo ridere di quell’adorabile pezzo di stoffa e usarlo al meglio. 

Se così fosse stato, però, la storia del grembiule sarebbe finita qui. 

Invece adesso racconteremo non tanto del banale modo in cui IL REGALO giunse nelle mani di John Watson, quanto piuttosto del tortuoso percorso che da lui ebbe inizio. 

 

Sembrava che John non facesse altro che comprare latte. Questo fondamentalmente perché sembrava che Sherlock si nutrisse solo di quello, dunque in casa non ce n’era mai. 

La verità era che se John non avesse fatto la spesa, difficilmente ci sarebbe stato qualcosa di commestibile al 221B di Baker Street. 

Quindi non ci fu niente di strano nel fatto che quando Anthea fermò John, lui avesse con sé la spesa di due intere settimane. 

Meno sorprende ancora fu che nello scendere John prese anche una busta che non gli apparteneva. 

Così il grembiule arrivò a John. 

Se ne accorse qualche minuto dopo quando ormai la lussuosa macchina nera era sparita dietro l’angolo. Vista la natura dell’oggetto in questione non si preoccupò più di tanto. Non era certo che fosse il genere di cose che potevano piacere ad Anthea. Spese qualche secondo della propria esistenza a domandarsi che diamine ci facesse un grembiule del genere in una delle auto di Mycroft, ma per salvaguardare la propria sanità mentale decise di non investigare oltre. Nel migliore dei casi quel grembiule era stato usato per strozzare qualcuno. Oh, ingenuo John. 

Ma forse, per la sanità mentale di cui sopra, fu meglio che non avesse immaginato nient’altro. 

Si ritrovò a fissare il grembiule, decretando la sua fine nel bidone della spazzatura. Questo accadde prima di dover tentare di smacchiare una camicia sporca di sangue di Sherlock. 

John si sentiva ogni giorno di più una adorabile massaia. 

Faceva la spesa, faceva il bucato, lavava i piatti, passava l’aspirapolvere. Sherlock non muoveva un dito. Avrebbe potuto almeno stare un po’ attento alle sostanze che maneggiava. L’ultima volta aveva impiegato tre lavaggi e abbondanti dosi di candeggina prima di riuscire a riportare la camicia al candido stato iniziale. Dunque non ci sarebbe stato niente di male nel fargli usare un dannato grembiule. 

Recuperò il grembiule da dove l’aveva gettato e lo piegò, lasciandolo sul tavolo della cucina. Poi tornò a caricare il cestello della lavatrice. 

 

“Perché hai un grembiule, John?” Sherlock sedette al tavolo della cucina, mentre John preparava il tè.

“Non ho un grembiule. Tu hai un grembiule.”

“Strano, pensavo te lo avessero regalato. Allora riformulo: perché ho un grembiule? È una scelta… curiosa.” 

John arrossì, distogliendo lo sguardo.

“Non l’ho comprato io, è… colpa di Anthea - non chiedere, perché non so e non voglio sapere cosa ci facesse Anthea con una cosa del genere. Comunque pensavo che potresti girarlo e usarlo per evitare di sporcarti i vestiti quando fai degli esperimenti a casa.”

Sherlock prese in mano il grembiule, soppesandolo. “Perché dovrei metterlo?”

“Per evitarmi una fatica assurda a fare le lavatrici. Già che in questa casa le faccende domestiche le faccio io o tutt’al più Mrs. Hudson.”

Sul viso di Sherlock si dipinse un sorriso maligno che a John non piacque per nulla.

“D’accordo. Userò il tuo grembiule.”

 

E Sherlock usò davvero il grembiule, ma non lo girò mai dal lato scuro. La stampa rossa risaltava ogni volta che si piegava.

A John sembrava di impazzire tutte le volte che lo indossava. 

Forse era solo una sua impressione o forse Sherlock lo faceva apposta. In ogni caso John pensava che arricciasse e si mordicchiasse le labbra molto più spesso del solito quando aveva quel grembiule  addosso, come a voler portare l’attenzione di John sul fatto che Sherlock non sapesse cucinare nemmeno un uovo al tegamino e dunque…

John scosse la testa cercando di scacciare via anche i pensieri. 

“Qualche problema?” chiese Sherlock e Watson si chiese se non si fosse immaginato la nota maliziosa nella sua voce. 

“Penso di aver sentito Molly dire che aveva bisogno di un grembiule. Una cosa del genere potrebbe essere più utile a lei che a te. Perché non glielo regali?” 

“Potremmo sempre comprargliene un altro, no?”

“Non ti serve il grembiule, passo più tempo a cercare di smacchiare quello che non le tue camicie. Almeno quelle le posso mettere in varechina perché sono bianche.” 

“Oh, John…” lo pregò con il suo tono lamentoso.
“Regalalo a Molly, Sherlock. Le serve.”

Solo che a Molly non serviva e a Sherlock Holmes non si poteva nascondere nulla. 

In realtà non ci volle molta deduzione per capire che John aveva mentito. 

Non appena Sherlock aveva dato alla ragazza il pacchetto, Molly l’aveva guardato imbarazzata. 

“Ecco… non che mi dispiaccia un regalo da te, ma… perché un grembiule?” 

Sherlock aveva inclinato la testa e aveva permesso che per un breve istante un sorriso di soddisfazione comparisse sul suo volto. 

“Molly, mi faresti un favore?” 

 

“Non è possibile.” 

Erano passati mesi dall'ultima volta che John aveva visto quel grembiule, aveva pensato di non rivederlo mai più. Invece era proprio lì, di fronte a lui. Accanto al maglione che gli aveva regalato Sherlock - probabilmente frutto dell'opera di convincimento della padrona di casa -  e alla torta di Mrs. Hudson per il suo compleanno. 

Sollevò lo sguardo su Molly, che se era nervosa o imbarazzata non lo dimostrava affatto. 

“Buon compleanno, John.”

“Oh, divertente.” stiracchiò un sorriso. “Come ti è venuta l'idea?”

“Ho avuto una dritta.” 

Era opera di Sherlock in un modo così evidente che era quasi un insulto al l'intelligenza di John. Non che Sherlock si fosse mai fatto tanti problemi a dargli dell'idiota.

“È un pensiero... carino. Mi fa sentire tanto una casalinga, ma grazie, Molly.”

Molly ridacchiò e John si chiese come avesse fatto Sherlock a convincerla a fare una cosa del genere e soprattutto da dove lei tirasse fuori tanta spavalderia. Dov'era la Molly imbarazzata e sempre un po' fuori posto che non sarebbe stata in grado di fare uno scherzo del genere? Cosa diamine le aveva raccontato Sherlock? 

John non lo avrebbe saputo mai. 

“Oh, guarda! Questo grembiule è esattamente identico a quello che usavo qualche mese fa. Magari potrei prendertelo in prestito ogni tanto.” disse Sherlock, ignorando la faccia di terrore di John. 

 

“Harry, ti prego. Ho bisogno di questo coso fuori da casa mia o impazzirò.” 

Harry ridacchiò davanti all'espressione disperata di suo fratello.

“Andiamo, non può essere così terribile.”

“No, hai ragione. È peggio. Sta tutto il giorno in casa con quel grembiule, ieri mi ha anche chiesto se secondo me fosse vero quello che c’è scritto sopra.”

Harry tenne tra le mani la stoffa nera, squadrando la scritta. “Ed è vero?”

“Cos- Harry! Ma che ne so!” 

“Non pensi che il tuo problema sia questo?”

“No!” John scattò in piedi, come una molla. “Assolutamente no!” 

Harry inarcò le sopracciglia. “Come vuoi. D’accordo, lo terrò io e non dovrai vederlo mai più. Soddisfatto?”

John esalò un sospirò di sollievo. “Grazie.”

Nel pronunciare queste parole nessuno dei due fratelli poteva sapere quanto si sbagliassero. John avrebbe rivisto ancora IL REGALO, ma solo svariati mesi dopo. 

 

Harry era davvero felice che Clara fosse tornata a casa. Era ovvio che volesse che sua moglie stesse con lei. Tuttavia doveva ammettere che non fosse piacevole la sua nuova vena autoritaria. 

Clara controllava che non ci fossero alcolici nascosti da qualche parte e che sua moglie non bevesse, ispezionava maniacalmente la casa alla ricerca di possibili nascondigli (che Harry non usava visto che era finalmente sobria) ed era incredibilmente gelosa. 

Harriet non la biasimava di certo, visto che la goccia che aveva fatto traboccare il vaso e che aveva spinto sua moglie a lasciarla la prima volta era stata proprio una scappatella mentre era ubriaca. 

Quando Clara aveva trovato il grembiule di John, quel maledetto grembiule, c'era stata l'ennesima scenata.

“Te l’ha regalato la tua nuova ragazza?”

“No, Clara. Quante volte devo dirtelo che non ho avuto un’altra e non ce l'ho nemmeno adesso!”

“Allora da dove viene questo grembiule?” Clara incrociò le braccia, attendendo una risposta.

“Me l’ha regalato John.”

Clara sbuffò. “Ma per favore! Questo non è il genere di regali che fa John! Tuo fratello non è nemmeno in grado di ammettere la cotta per il suo coinquilino!”

“Ma è la verità, chiama John, lui te lo dirà.”

Clara aveva incrociato le braccia al petto, accigliata. “D'accordo, ti credo. Ma buttalo. Non lo voglio in questa casa.” 

Harry scrollò le spalle, acconsentendo, e lo buttò. Non aveva senso opporsi per una stupidaggine del genere. Lo chiuse in un sacco nero della spazzatura e lo gettò nel cassonetto dell’indifferenziata. 

Si potrebbe pensare che il viaggio del grembiule termini qui, ma chi lo pensa non ha davvero conosciuto Sherlock Holmes.

Erano le tre del pomeriggio e il camion dei rifiuti passava alle cinque del mattino. Tutto poteva accadere. 

E qualcosa accadde. 

Erano le nove di sera quando Eveline Smith iniziò a rovistare nel cassonetto dove il grembiule era stato buttato. 

Eveline era una senzatetto da ben otto anni, se la cavava abbastanza bene in strada, specialmente da quando era entrata a far parte di una rete di pseudo-spionaggio che faceva capo ad un certo consulente investigativo. 

Il giorno prima era anche riuscita a mangiare un panino con i soldi che le erano rimasti per una ricerca. Quel giorno doveva di nuovo frugare nei bidoni, ma non dimenticava il pasto decente che aveva potuto consumare grazie a Holmes. 

Billie gli aveva detto di guardarsi intorno, nel caso qualcuno avesse buttato qualcosa che potesse essere regalato al loro "datore di lavoro" per Natale.

Tutta la rete si sarebbe data da fare e alla fine avrebbero scelto quello che ritenevano più adeguato. Eveline si era dichiarata più che d'accordo all'inizio, solo che mancavano pochi giorni all'incontro è ancora non aveva trovato nulla di adeguato. Avrebbe odiato presentarsi a mani vuote. 

Fu in quel momento che incappò nel grembiule. Era miracolosamente pulito e ancora piegato. Forse non sarebbe stato il regalo migliore, probabilmente sarebbe stato scartato immediatamente da Billie, ma Eveline non sapeva che altro fare.

“Potrebbe essere la mia ultima occasione.” si disse. In fondo poteva anche essere che piacesse al fidanzato di Holmes. Eh, era un vero peccato che tutti i migliori fossero gay. 

 

Billie esaminò quello che le cinquanta persone riunite attorno a lui avevano portato. 

Erano all'incirca una trentina di oggetti, tra cui una poltrona a fiori con la seduta sfondata è un tostapane senza spina. 

Billie storse la bocca. “A questo punto potremmo regalargli un gatto morto per prepararsi dei vetrini per il microscopio.” Si morse il labbro inferiore. “Bah, penso che potremmo salvare la chiave inglese, il coltellino svizzero anche se è arrugginito e...” soppesò l'idea di ammettere anche il grembiule. “Ma sì, anche il grembiule. In fondo potrebbe piacere al suo ragazzo.” Si rivolse a tutti i presenti. “Bene, direi che non è il massimo, ma per quest'anno può andare.”

 

“Sherlock, perché c'era un sacchetto della spazzatura con un fiocco sopra nell'atrio?” chiese John, portandolo al piano di sopra. 

“Oh, anche quest'anno?” sbuffò l'altro. “È la mia rete di senzatetto. Tutti gli anni mi fanno un regalo di Natale.” 

“Dei senzatetto ti fanno dei regali?”

“Sì. L’anno scorso mi hanno regalato una pistola. Mi è stata molto utile per risolvere un caso, era l’arma del delitto di un’omicidio abbastanza banale, ma sai come sono quelli di Scotland Yard, hanno sempre bisogno di prove materiali…”

John scosse il capo. Ormai non si stupiva più di nulla. “Non vuoi aprirlo?”

“Nah, pensaci tu.”

“Non sapevo di essere la tua segretaria.” brontolò, tuttavia, aprì il sacco. “Non è possibile.” 

Quando Sherlock alzò lo sguardo su John vide che teneva in mano il maledetto grembiule. 

“Dimmi che non è stata una tua idea.”

“Io non c’entro niente.” 

Guardandolo John seppe che stava dicendo la verità. Eppure il grembiule era di nuovo tra le sue mani. 

Erano passati due anni da quando Philip Andersona aveva comprato IL REGALO in un negozietto di Londra. 

 

“Ti dà fastidioso che indossi il grembiule. Perché?” 

John sperava di non dover mai affrontare quella conversazione con Sherlock. Il consulente investigativo poteva anche non aver dedotto il motivo del suo fastidio, ma adesso avrebbe cominciato a fare domande e gli avrebbe cavato fuori la verità, smascherando i suoi vani tentativi di nascondere le sue ragioni. 

La verità era che ogni volta che lo indossava John non poteva fare a meno di pensare a Sherlock che baciava qualcuno. A Sherlock che baciava lui

“John?”

“Non chiedermelo, Sherlock.” distolse lo sguardo dal coinquilino che aveva addosso quel maledetto grembiule.

Sherlock gli si era avvicinato, riducendo la distanza tra loro. “Io so il perché.”

Un brivido freddo gli attraversò la schiena. “Ah sì?”

Sherlock si chinò su di lui. “Sì.” Era talmente vicino che John poteva respirare il suo fiato. 

Poi l’aveva baciato e John aveva smesso di pensare al grembiule. 

 

“So cosa potremmo farne.” gli aveva detto una mattina, mentre erano ancora a letto.

“Di cosa?” 

“Del grembiule.” 

“Ma non ce n’è più bisogno! Voglio dire… adesso non ho più problemi a vedertelo addosso.”

Sherlock aveva alzato gli occhi al cielo esasperato. 

“Non avrai davvero creduto che io fossi contento di stare per casa con quella cosa.”

John si puntellò su un gomito, aprendo la bocca sconvolto. “Tu…”

“Che c’è? Avevi bisogno di una spintarella.” 

John si era morso la lingua e aveva contato fino a dieci. E poi fino a dieci di nuovo. Infine era riuscito a sopprimere l’istinto di picchiare l’altro. 

“Cosa pensi di farne, allora?”
Sherlock aveva sorriso sornione. 

 

“Oh, Sherlock caro, è un pensiero così carino!” 

John voltò verso Sherlock. “Mrs. Hudson?” gli bisbigliò mentre la donna si voltava per preparare il tè, il grembiule appena indossato. 

“Così ci farà i muffin.”

John sollevò gli occhi al cielo. Se avesse saputo che sarebbe bastato regalare il grembiule alla padrona di casa per non vederlo mai più non avrebbe di certo proposto Molly la prima volta. Anche se alla luce degli avvenimenti forse era stato meglio così. 

Mrs. Hudson intanto continuava a ripetere che era un regalo davvero carino e che loro due non si sarebbero dovuti disturbare. 

IL REGALO  aveva finalmente trovato una casa. 



N.d.A.
Avrebbe forse avuto più senso se l'avessi pubblicata a Natale, ma sono stata un po' occupata con il p0rnfest e la lunghezza di questa ff mi ha un po' messo in crisi. 

  
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