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Autore: Marti Lestrange    06/02/2015    8 recensioni
[STORIA SOSPESA]
Long Bellarke {Bellamy Blake/Clarke Griffin}; modern!AU.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bellamy Blake, Clarke Griffin
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
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AVVERTENZE PRELIMINARI: come ho già scritto nell'introduzione, ho preferito inserire l'avvertimento OOC perché i personaggi, calati in un contesto alternativo molto diverso da quello della serie tv, potrebbero adottare comportamenti leggermente discordanti dai loro corrispettivi televisivi. In ogni caso, mantengono comunque la caratterizzazione originale - almeno spero.
Grazie per l'attenzione e buona lettura.




"We don't give a fuck cause that's just who we are 
And we are, we are we are, we are we are 
The crazy kids, them crazy, them crazy kids 
And we are, we are we are, we are we are 
The crazy kids, we are the 
We are the crazy people."
 
 
fireproof
capitolo 1
chances and choices
 
{Clarke}
Ho capito che se non puoi strappare una singola pagina della tua vita, puoi sempre bruciare l'intero libro. Certo, brucerei volentieri una biblioteca intera se ciò potesse essermi d'aiuto.
 
Il fatto è che è difficile, archiviare un errore, se come me frequenti l'Anacostia Young Correction School, luogo infernale costellato di metaforici specchi, pallidi riflessi dei tuoi stessi crimini: le persone. Sì, le persone che ti circondano sono proprio come te, piccoli criminali di strada più o meno organizzati - chi rubacchia nei supermercati locali, chi scippa le vecchiette sulla Mainstreet - "condannati" a scontare la loro pena in una "speciale accademia per ragazzi difficili", una "scuola correttiva giovanile", tutte frasi da opuscolo illustrato. Una vera noia, insomma.
 
Tutto ciò a cui riesco a pensare ora è il rimbombare sordo che minaccia di spaccarmi la testa, sfondandomi la fronte e spargendo massa cerebrale ovunque, unito al tragitto da casa a scuola, in bicicletta, da vera "outsider" quale sono - tratto distintivo che mi ostino a sottolineare quotidianamente - e ad una reale carenza di caffè, un vero problema se la notte prima hai dormito solo quattro ore. Dannazione. 
 
Dannazione. Il professor Kane mi ucciderà. Letteralmente.
 
Per inciso, Anacostia è il quartiere in cui vivo, nei sobborghi di Southeast Washington, composto essenzialmente da una Mainstreet completa di un supermarket, un pub, una manciata di bar - compreso uno Starbucks, miracolosamente -, una chiesa anglicana, quattro negozi di abiti che non ci metterebbe piede neanche mia nonna - che possa riposare in pace - e qualche altro esercizio commerciale di dubbia reputazione. Il Southeast, dove il tasso di criminalità è il più elevato della contea. Noi di Anacostia abbiamo sempre contribuito a far lievitare la percentuale nazionale. In effetti, qui c'è poco altro, a parte un piccolo cimitero, un centro commerciale piuttosto degradante vicino al fiume omonimo, le vie residenziali - solo una di queste abbastanza rispettabile da poter essere definita tale - e, ovviamente, il comprensorio dell'Anacostia High School, composto dal liceo regolare, frequentato da ragazzi "perbene", e la Correction School, il "ghetto", ossia cento studenti afflitti da problemi mentali e/o comportamentali più o meno gravi e con la fedina penale che necessita una bonifica. 
 
E quei noiosi della Regular ci chiamano proprio così, "i Cento". Fino a qualche mese fa, anche io utilizzavo quel soprannome. Ora ne faccio parte.
 
Trovo il mio migliore amico Wells ad aspettarmi accanto ai cancelli, come al solito. Le braccia incrociate, osserva con sguardo torvo i Regular - come chiamiamo gli studenti "rispettabili" - che si affannano a raggiungere le loro aule, site nell'edificio principale.
 
«Non dovreste stare qui, voi dei Cento» commenta una ragazza, guardandoci con disprezzo. In effetti ha ragione, ma sia io sia Wells siamo troppo maleducati per ammetterlo. Ci limitiamo a guardarla e a farci gli affari nostri. Quella decide di proseguire: nessuno attacca briga con noi. Non seriamente. Scendo dalla bicicletta e il mio amico si stacca dal basso muretto in mattoni rossi al quale era appoggiato. 
 
«Andiamocene, Clarke» mi intima e io silenziosa mi affianco a lui e insieme ci incamminiamo verso il "nostro" edificio, leggermente discosto, situato nel vecchio parco, oltre una cancellata - che bizzarramente non è elettrificata, stranezza incomprensile, visto che siamo reclusi. La Correction School occupa quello che era l'edificio originale dell'Anacostia High School, fino a che il nonno di Wells non ha deciso di fondare la "nuova scuola". Ed eccoci qui, ad occupare locali pieni di spifferi e infiltrazioni d'acqua, solo per lasciare spazio all'élite di quartiere. Bello schifo. Grazie, antenato di Wells. Complimenti. 
 
«Non capisco come mai ti ostini a volerci incontrare qui» commento alzando le spalle.
«Voglio guardarli in faccia ogni mattina, quei pervertiti, solo per ringraziare Dio di non essere diventato uno di loro. Con un padre come il mio, ho rischiato seriamente» risponde lui.
«Lo sai che non sei diventato uno di "loro" solo perché hai scelto di fare il delinquente, no?»
«Non si tratta solo di questo. Mancano le mezze misure, Clarke. O ci siamo noi o ci sono loro. Bianco o nero.»
«Non credo sia così. Ci sarà qualcuno dei Regular che non abbia la puzza sotto il naso.»
«Sì, tu. Ma sei diventata una di noi, ormai. Non puoi tornare indietro.»
Annuisco. Wells forse ha ragione. Forse avrei potuto costituire un'eccezione. E forse è anche per questo che la mia natura mi ha portato a fare una scelta. Ho scelto il nero. Ho scelto i Cento.
 
 *
 
Conosco Wells Jaha da che ho memoria. Siamo amici da sempre. Prima compagni di giochi innocenti, intrappolati nella gabbia dorata dell'infanzia, poi di scorribande più o meno tranquille. Wells è in ogni mio ricordo, in quasi ogni foto, spettatore e allo stesso tempo attore della grande tragi-commedia che è la mia vita. Mi è stato accanto quando è morto mio padre, nei giorni terribili in cui mi rifiutavo di mangiare e la mia negazione era un po' come negare la morte, e così la vita stessa: a quel tempo ignoravo che la gente, effettivamente, morisse. I miei genitori rientravano nella categoria delle "persone immortali", c'erano sempre stati e mai mi avrebbero lasciato. E la realtà mi ha travolta: erano mortali, sensibili alle beffe del destino, deboli
 
Anche io ero debole. Ora mi piace credere di esserlo un po' meno. 
 
E Wells ha assistito alla perdita della mia innocenza, alla fine dell'infanzia così come dovrebbe essere per tutti i bambini, fatta di giochi spensierati, notti passate nel sacco a pelo e meravigliosi tramonti sul fiume. 
 
Finiti i giochi, è iniziata la vita vera. La morte è stata solo un piccolo passo iniziale sulla strada dell'età adulta. Poi è arrivata la solitudine, la povertà, la fame, il dolore, ed era tutto riflesso negli occhi dei pazienti di mia madre. Ogni singola sfumatura. 
A volte, quegli stessi stati d'animo venivano a casa con me, al piano superiore dell'ambulatorio, nella mia stanza, e allora mi raggomitolavo sul letto, stringendomi le ginocchia, incapace di emettere suono. E tante di quelle volte, Wells era lì con me. Se ne stava semplicemente seduto, in silenzio. 
 
Per lui, ogni occasione è buona per fuggire di casa, adesso come allora. Lo spazio di una piccola villetta a due piani è troppo, per due sole persone, soprattutto se una di queste è tuo padre, nonché preside dell'Anacostia High School - uno dei diretti responsabili del tuo ingresso alla Correction School, lui e il capo del distretto di polizia locale. 
 
Wells e io sorpassiamo l'ingresso, composto da una facciata regolare intervallata da colonne bianche ormai ingrigite e finestre dai serramenti traballanti e parecchi vetri rotti. In alto, campeggia la vecchia scritta annerita dell'ormai ex "Anacostia Senior High School". Prima di diventare la sede della Correction School, quegli edifici ospitavano le classi più anziane del liceo. Dopo che la dichiarazione di parziale inagibilità è stata presentata all'ufficio del sindaco ed essendo stata da lui bellamente ignorata, Theodore Jaha - il nonno di Wells - ha ben pensato di utilizzari i locali per "altri più alti scopi". 
 
Bellamy Blake, John Murphy e altri ragazzi dell'ultimo anno stanno tormentando alcuni studenti più giovani e noi li sorpassiamo senza prestare loro molta attenzione. Le gerarchie e i gruppi sono ben chiari, qui. Nessuno si lamenta dell'operato della "cricca di Bellamy" - come viene chiamata da tutti - ma loro sanno benissimo quali soggetti importunare e quali sarebbe meglio togliere dai radar. Ho già ampiamente scontato il mio arrivo a scuola, qualche mese fa. Ora nessuno mi da fastidio. Neanche a Wells, nonostante all'inizio fosse costantemente preso di mira per via del padre. E io ero considerata "snob", sia per via dei miei precedenti alla Regular, sia per via di mia madre e del suo lavoro: fare il medico è considerato un mestiere di alto livello, ad Anacostia. Mia madre ha però sempre prestato regolare assistenza a chiunque si sia presentato all'ambulatorio e questo mi ha permesso di sopravvivere in mezzo ai nuovi compagni. 
 
Ci fermiamo ai nostri armadietti e recuperiamo i libri. 
«Mi aspettano due ore di letteratura inglese con Kane» borbotto. Marcus Kane è il nostro professore, nonché direttore della Correction School. In pratica, collabora con il preside Jaha nella gestione di noi "Cento".
«Io vado a matematica, invece. E dopo fisica. Ci vediamo in pausa pranzo?» dice Wells.
«Va bene. A dopo» rispondo. Gli lancio un'occhiata sconfitta e poi mi avvio verso l'aula di inglese. 
Entro e mi siedo al primo banco. Nonostante sia finita qui, me la cavo discretamente, a scuola, e preferisco che Kane mi consideri interessata alla sua materia, piuttosto che una da ultima fila come Octavia Blake. Parlando del diavolo, la reginetta della Correction entra in quel momento nell'aula, seguita dalla sua "corte" di amichette e ammiratori. Mi sorride e mi si siede accanto.
 
È bellissima, Octavia, e sa di esserlo. Capelli lunghi e scuri e due occhi azzurri profondi come il mare. Provoca svenimenti fra gli esseri di sesso maschile da quando è nata. E alla Correction la conoscono tutti, sia per il suo aspetto e il suo carettere "allegro", sia per essere la sorella di un altro Blake, altissimo, muscoloso e dai modi minacciosi. 
Nonostante tutta la sua popolarità - e nonostante Bellamy - Octavia mi ha considerata un'amica sin dal mio primo giorno alla Correction. Spesso e volentieri siede accanto a me in aula e ogni tanto siamo anche uscite a bere un caffé. 
 
«Stasera c'è una festa. Dovresti venirci» butta lì tirando fuori dalla borsetta un piccolo specchio e ammirando così il suo riflesso perfetto. 
«Una festa?» ripeto. «Dove?»
«A casa di un amico» risponde, evasiva, alzando le spalle. Io tiro fuori il libro di inglese dalla borsa e la osservo. Non me la racconta giusta, ma non insisto: fa parte del "mistero Octavia".
«E perché dovrei venirci?»
«Perché è una festa piuttosto privata, se capisci cosa intendo» no, non intendo, ma evito di dirglielo. «Tu, io, e altre personcine selezionate. E no» aggiunge lanciandomi un'occhiata «non puoi portare Wells. Scordatelo. Farebbe raggrinzire anche la pelle di un neonato da quanto è noioso.»
Non posso fare a meno di ridere. Forse il paragone è un po' forte, ma capisco cosa intende. Wells è talmente serio che non si lascia andare mai, soprattutto se fra persone che conosce poco.
 
«Ci penserò» dico poco prima che Kane faccia il suo ingresso in aula.
«Bene. Dopo ti mando un messaggio con l'indirizzo» conclude lei facendomi l'occhiolino.
In cosa mi sono appena cacciata?, penso subito dopo.
 
 
* * *
 
 
{Bellamy}
«Verrai alla festa di stasera?»
Alzo gli occhi dal piatto. Mia sorella Octavia sta prendendo posto accanto a me al solito tavolo che occupo in mensa, in compagnia di Murphy, Atom e gli altri ragazzi. Atom automaticamente le lascia il posto, in silenzio. Ho sempre pensato che abbia una cotta per lei. Si vede da come la guarda senza dire niente, gli occhi che la seguono per la stanza, uno studio impercettibile dei movimenti. Non ho mai voluto approfondire la faccenda: Atom sa bene che Octavia è fuori dalla sua portata. 
 
«Ah, giusto» rispondo annuendo. «Me n'ero scordato.»
«Sei sempre il solito, Bell» ridacchia lei dandomi una pacca sul braccio. Io le sorrido e continuo a tormentare le mie carote. Odio le carote, non so nemmeno perché le ho prese. In questa dannata scuola - che io chiamo molto simpaticamente "Detention" School, invece di Correction - ci rifilano tutta una serie di schifezze improponibili che mi sorprende come ci siano ancora persone sovrappeso, fra noi Cento. Allontano il piatto e mi rilasso sulla sedia.
 
«Chi ci sarà?» mi informo, guardingo.
«Un po' di gente. Non troppa» si affretta a precisare Octavia spiluccando la sua insalata. «Amici di amici. Conoscenze varie.»
«Ci penserò» concludo.
«È già qualcosa, orso che non sei altro. Una volta sapevi divertirti molto di più, fratellone. Che ti è successo?»
«Le persone cambiano, sai?»
«Sì, ma non cambiano mai fino in fondo. E io so che c'è ancora qualcosa del vecchio te stesso, lì dentro. Ti serve solo qualcuno che lo tiri fuori.»
«Può darsi, sì» ammetto, ma non sono così convinto che Octavia abbia ragione. 
 
Sono cambiate tante cose, in questi ultimi quattro anni. Quando, tre anni fa, Octavia è stata arrestata dopo l'ennesimo, piccolo furtarello nei negozi di Anacostia - e dopo varie denunce ritirate - è cambiata non solo la sua vita, ma anche la mia. Eravamo in strada, sulla Mainstreet. Sono capitato lì per caso, quel giorno ero da solo. Octavia era proprio fuori dalla piccola profumeria della signora Smith, e un agente la stava ammanettando per portarla in centrale. Una piccola folla si era radunata all'esterno, per lo più curiosi e impiccioni. 
 
Per tutta la mia vita, non ho fatto altro che difendere mia sorella. Anche in quel momento. Il pugno che ho rifilato all'agente mi è costato caro: avrei trascorso i successivi tre anni e mezzo all'Anacostia Young Correction School. E Octavia è finita lì con me il settembre successivo, all'alba del mio secondo anno di liceo. E siamo qui da allora. Insieme. 
 
Il mio ingresso alla Correction School ha finito per tracciare i confini della mia vita. Ora, il prima ha dei contorni più sfumati, mentre quelli del dopo sono netti, determinati, reali. Adesso le cose mi appaiono come sono veramente, a colori vivavi, e le persone hanno perso tutto il loro disincanto. Non mi aspetto più nulla di straordinario, a dire il vero. E so che può apparire triste e rassegnato, come chi si arrende ai trascorsi della vita senza combattere, ma preferisco non aspettarmi niente piuttosto che soffrire nella delusione. La verità è che non mi fido di nessuno, ormai. Solo mia sorella continua a costituire per me un'eccezione. 
 
«Bellamy Blake è pregato di recarsi immediatamente nell'ufficio del coordinatore didattico, al secondo piano. Ripeto: Bellamy Blake nell'ufficio del coordinatore. Grazie.»
 
La voce squillante della segretaria, la signorina Prim, mi riscuote dai miei pensieri. 
«Cosa vuole Kane da te?» mi chiede Octavia stupita.
Gli altri ragazzi mi osservano, altrettanto curiosi. 
«Cosa hai combinato senza di noi, Bell?» ride Murphy.
Gli lancio un'occhiata e lui alza le mani al cielo, i palmi larghi. Inarca le sopracciglia, ironico.
«Scusa, la prossima volta mi mordo la lingua» bofonchia.
Atom gli sferra un calcio sotto il tavolo e io scuoto la testa.
«Dì pure quello che vuoi, Murphy, per quello che mi importa» dico alzandomi.
Adesso, tutti i presenti in aula mensa mi stanno guardando.
 
L'unica che si fa gli affari suoi è l'ultima arrivata, Clarke Griffin, che continua a leggere il suo libro, apparentemente disinteressata, e si trova solo a qualche tavolo di distanza dal mio. Il suo amico, invece, quel tale Jaha figlio del Preside, il "principino" della Correction, mi guarda male, come al solito. Probabilmente l'ultima volta non ne ha prese abbastanza e mi chiedo come mai abbiamo deciso di lasciarlo vivere serenamente per tutti questi mesi. Mi riprometto di ficcargli la testa nel water alla prima occasione, quella sua testa del cavolo e quegli occhi da imbecille pesce lesso, poi mi avvio in silenzio verso l'uscita. 
 
L'ufficio di Marcus Kane si trova al secondo piano, nell'ala dedicata all'amministrazione e agli uffici della segreteria. Quante volte ci siamo intrufolati lì dentro... Per allagare i locali, distruggere documenti, imbrattare muri o per hackerare i computer. Peccato che nessuno di noi sia un hacker: non ci siamo mai riusciti. Pensandoci, sarebbe utile averne uno dalla nostra. 
Busso alla pesante porta in mogano e la voce di Kane mi intima di entrare, seria. L'ufficio è semplice, fin troppo ordinato per i miei gusti. L'ultima volta che sono stato lì, Murphy e io abbiamo fatto a pezzi il vecchio divano in pelle. Prima di sedermi sulla scomoda sedia in plastica di fronte alla scrivania, gli lancio un'occhiata: Kane ha evidentemente cercato di aggiustarlo, perché si notano le toppe improvvisate e mal riuscite. 
 
«Si accomodi pure» dice Kane ironico lanciandomi un'occhiata. Io non ho aspettato un suo invito e ho già comodamente allungato le gambe davanti a me. I piedi - e le mie scassate scarpe da ginnastica - poggiano contro il legno pregiato della scrivania. 
«Grazie» rispondo osservandomi le unghie distratto.
« Signor Blake» comincia Kane. Lo guardo negli occhi e l'uomo ha già sfoderato il suo classico sguardo storto, lo "sguardo alla Kane", come lo chiamano tutti: ha qualcosa da dirti, e qualcosa di serio, e non ha la minima intenzione di indorarti la pillola. «Si è chiesto il motivo della sua convocazione nel mio ufficio?»
«Me lo sono chiesto, in effetti. Non ho combinato nulla, oggi. Non ancora» aggiungo.
Kane si limita a guardarmi, poi scuote la testa e sposta alcune carte di fronte a sè.
«Sta ufficialmente per concludere il suo percorso, qui all'Anacostia Young Correction School, credo che se ne sia reso conto.»
Kane non aspetta una mia risposta e continua: «Per ogni studente dell'ultimo anno è previsto un percorso finale di correzione, una specie di prova o esame per concludere il ciclo di studi qui da noi.»
 
Comincio a preoccuparmi: una prova finale?
«Il preside Jaha e io abbiamo concordato insieme quale sarà la sua prova, signor Blake. Come per ogni studente, si tratterà di due mesi di lavori socialmente utili da trascorrere qui ad Anacostia, a stretto contatto con gli abitanti del quartiere, e questi due mesi le saranno utili per il suo reinserimento nella società locale. Frequentare qui il liceo - soprattutto per periodi lunghi come il suo - comporta una sorta di isolamento, un estraniamento dalle dinamiche sociali della città, un estraniamento che noi assolutamente non vogliamo. Per cui, se questi due mesi avranno un esito positivo, lei sarà ufficilamente un nostro ex studente. Altrimenti prenderemo provvedimenti per trattenerla almeno altri sei mesi.»
 
Fisso Kane come stordito. Due mesi di lavori utili. Due mesi. Cioè, scuola e lavoro, lavoro e scuola. Fantastico. Addio, vera vita.
 
«Credo che il suo silenzio sia sinonimo di comprensione, signor Blake. Ci sono domande?»
Mi riscuoto. Mi passo una mano nei capelli. 
«Non ho mai sentito parlare di una fesseria simile» affermo.
Kane alza gli occhi al cielo, scuotendo la testa. «Mi aspettavo una risposta del genere, da lei. Sappia che il preside Jaha ha varie volte insistito per darle una seconda possibilità, signor Blake. Fosse stato per me, l'avrei spedita direttamente in riformatorio, senza biglietto di ritorno. Quindi mi aspetto che lei si impegni in questa prova, a fondo, perché la nostra pazienza non è infinita, come voi studenti credete. La vita raramente offre delle seconde chances, veda di ricordarlo. Sono stato abbastanza chiaro?»
 
Non posso fare altro che annuire. Che cosa potrei dire? Temo che mi convenga stare in silenzio e vedere cosa succede, perché qualsiasi replica sarebbe inutile. Questa volta, Kane mi sembra intenzionato a non farmela passare liscia, al contrario del vecchio Jaha. 
 
«Ah, dimenticavo un altro dettaglio importante» esclama Kane. «Vediamo un po'...»
Sfoglia alcuni documenti e afferra un foglio. 
«Questo è un modulo che dovrà compilare e presentare dopodomani, al suo primo giorno di lavoro» e me lo porge. 
Lo afferro e lancio un'occhiata veloce. 
«Ambulatorio Griffin?» esclamo alzando lo sguardo su Kane.
«Sì, ha letto bene. La dottoressa Abigail Griffin ha bisogno di un aiuto extra, da quando sua figlia Clarke non l'aiuta più come un tempo. Abbiamo pensato che lei sarebbe perfetto. E Abby ha gentilmente accettato. Ovviamente non sarà ricompensato, e passerà lì tutti i pomeriggi dopo la scuola.»
 
Il modo in cui Kane dice "Abby" mi fa mal pensare: che i due si conoscano più a fondo di quanto vogliono far credere? Mi riprometto di indagare.
 
Ambulatorio Griffin. Perfetto, sono proprio fottuto.  

 
 
NOTE
  • La citazione iniziale arriva da "Crazy Kids", la canzone di Ke$ha; il titolo significa, letteralmente, "possibilità e scelte".
  • La frase d'apertura del capitolo non è mia, ma di Blair Waldorf, personaggio - geniale - di "Gossip Girl".
  • Il quartiere di Anacostia esiste veramente, e si trova appunto nella zona Southeast di Washington. Ho scelto Washington come "location" della mia AU riferendomi alla puntata in cui Lincoln e Octavia sostano accanto alla statua del presidente Abraham Lincoln, che si sorge appunto all'esterno dell'omonimo Memorial, nel Nation Mall a Washington. 
  • Esiste anche l'Anacostia High School. L'unica cosa da me inventata è l'Anacostia Young Correction School. Effettivamente, non so come funzioni negli Stati Uniti. So che, come qui, esiste un riformatorio per i minorenni, ma l'idea del Centro di Correzione è tutta di mia invenzione, vogliate perdonare eventuali imprecisioni o inesattezze. 


Ed eccomi qui con la mia prima long sui Bellarke. Non ho molto altro da aggiungere, a dire il vero, a parte che spero vi sia piaciuta, nonostante sia un po' particolare, lo ammetto. Per qualsiasi chiarimento, potete contattarmi qui su Efp oppure via Facebook, trovate il collegamento al mio profilo nella mia pagina autore. 

Colgo l'occasione per ringraziare tutte quelle anime che mi hanno sostenuta e incoraggiata e spronata anche in questa avventura. Per quanto riguarda il prossimo aggiornamento, rimando tutto a quando sarò tornata da Parigi, cioè il 17 febbraio. Intanto, spero comunque di iniziare la stesura del capitolo due, sul quale ho già parecchie idee. 

Qui trovate il link al mio gruppo Facebook, se vi va:
https://www.facebook.com/groups/159506810913907/

A presto, Marti



 


 
   
 
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