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Autore: LammermoorLace    06/02/2015    1 recensioni
Downey!Sherlock x BBC!JimMoriarty
Smut idillizzato di derivazione dannunziana, marron glacés, opera lirica ed emozioni indesiderate.
Dedicata a Naomi55 :)
Genere: Angst, Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jim Moriarty, Sherlock Holmes
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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- Un Bel Dì Vedremo -
 
A Naomi55 (one-shot exchange)
 
 
 
 
La musica fluiva potente, drammatica, meravigliosa dal palcoscenico sottostante, spargendosi in calde volute sui sensi irretiti degli spettatori. Sherlock la assaporava ad occhi chiusi: “la Butterfly non delude mai”, gli aveva assicurato il bigliettaio, e il detective gli aveva dato piena ragione già a soli cinque minuti dopo l’inizio dell’opera.
Il capolavoro di Puccini, che nella sua mente concentrata si svolgeva come un magnifico, cesellato insieme di ritmi, accordi e melodie trascinanti e magistralmente orchestrate, non perdeva, sotto l’acuto esame della mente del detective, un grammo del suo fascino o della sua bellezza. Il lavoro era basato principalmente sulle melodie, delicate eppure commoventi, misurate eppure piene d’emozione, che fluivano una dopo l’altra, eliminando gli ostacoli del tempo e dello spazio, proiettando la mente verso mari solcati da vele straniere, terre dalle tradizioni esotiche e pagane, neri occhi di geisha che si sciolgono per marinai venuti dall’ignoto, con parole tanto belle e lingue tanto bugiarde…
L’uomo è sempre stato uomo, pensò Sherlock, suo malgrado rapito dalle note che si dispiegano ai suoi sensi. Gli stessi sentimenti, le stesse paure e speranze, riprendono vita dal lavoro di un compositore morto da anni e, confrontate con quelle degli uomini del nostro tempo, combaciano perfettamente.
Aprì gli occhi: sul palco, che lui vedeva un po’ distante dall’altezza della seconda galleria, la soprano (una certa Daae, come la sua memoria visiva gli ricordava dal cartello all’ingresso) aveva un timbro meraviglioso, dolce e fresco, ma penetrante, e la sua voce interpretava i passaggi più impegnativi senza sforzo apparente.
Quella voce, pur sciorinando versi in italiano quasi arcaico di cui lui ignorava l’esatto significato, parlava a lui e agli altri spettatori di sentimenti umani senza tempo.
Cio-Cio San e la sua cameriera avevano appena terminato un duetto. Un breve silenzio, un arpeggio.
Ed ecco: il teatro si fece attento, al sopraggiungere di “Un bel dì vedremo”, la famosa aria di Madama Butterfly che, come una giovane Penelope avvinghiatasi febbrile alle promesse del suo amore lontano, iniziò a cantare della sua fede incrollabile nel ritorno dell’amato sposo.
 
Un bel dì, vedremo
levarsi un fil di fumo
sull'estremo confin del mare
e poi la nave appare…
 
Oh. Sherlock emise un verso strozzato, appena udibile. No.
E’ scattata una serratura nei recessi della sua mente, un semplice click… e il detective sa che non c’è niente da fare: tutto torna, ancora una volta, peggio di quanto l’abbia mai provato prima.
Ogni cosa ritorna.
Lui ritorna.
 

 
Sherlock bussa; due colpi leggeri, studiati, come d’abitudine, risuonano sordi sul legno della porta dell’appartamento.
Pur all’apparenza calmo, con un’aria meno trasandata del solito (ha i capelli ancora impercettibilmente umidi dal lavaggio, ma la barba irregolare di due giorni non è stata rasa), il detective nasconde un’insolita irrequietezza.
Prima di arrivare all’appartamento, Sherlock è passato da una pasticceria d’elite all’angolo di Oxford Street per procurarsi dei marron glacé e una bottiglia di vino costoso, che ora tiene fra le mani fredde d’ansia, mentre aspetta che lui gli apra la porta.
Nell’attesa, controlla scrupoloso la porta che gli si trova di fronte. Una banalissima porta, certamente. Chiusa dall’interno, con la chiave inserita nella toppa. In buono stato, ma non nuova. Si apre verso l’interno. La maniglia è lucida, ma non unta. Lo zerbino a terra davanti ad essa, che reca uno sghembo “welcome home”, è liso ma non sporco. E’ facile dedurne che nessuno è venuto a trovare Jim da almeno il giorno prima, e che probabilmente non riceve spesso visite, o la maniglia presenterebbe chiare tracce di… Oh Dio, perché lo fa?
Sherlock è stato davanti a questa porta ormai diverse volte, con la stessa irrequietezza e la stessa mania di scrutare ogni più piccolo centimetro di quella tavola lignea, oltre la quale lo aspetta Jim Moriarty.
 
Era stato difficile, e abbastanza complicato, all’inizio. Passare dall’essere acerrimi rivali, seppure con tutto quell’imbarazzante e per niente professionale flirting, all’iniziare una “relazione”, beh… era stato un gran salto per entrambi. Non mancava l’attrazione, quella no; piuttosto, Sherlock avrebbe detto che erano entrambi piuttosto “arrugginiti” in questioni di cuore. Sherlock Holmes era famoso per la lucidità, l’integrità e la logica del suo personaggio; ma in quanto a sentimenti, beh, non erano proprio il suo campo. Jim se la cavava di certo meglio: lui era di natura un uomo brillante, teatrale, patetico- ma molti avrebbero detto che più che provare sentimenti, egli giocasse con quelli altrui.
 
Tutt’a un tratto, si sente il rumore della chiave che viene girata nella serratura, all’altro lato della porta. Sherlock cerca di assumere un’aria sicura di sé. Si morde il labbro, soppesa i doni fra le mani. Ma la porta non viene aperta.
Sherlock prova a toccarla, e silenziosa la porta si socchiude appena.
Oh, bene. Questo è sicuramente uno dei suoi giochetti, pensa Sherlock entrando. Sta mentalmente calcolando la distanza che Jim può aver percorso dall’istante che ha girato la chiave nella toppa, per indovinare il suo nascondiglio, che, data un’occhiata all’interno dell’appartamento, nota qualcosa di strano nell’arredamento.
Petali.
Oh no.
 
Apparentemente Jim ha razziato un roseto intero, e, sfogliatene le rose di tutti i petali, ne ha cosparso il salotto come un putto ai piedi di Venere.
Sherlock scuote la testa, non scandalizzato, ma sorpreso e curioso.
-Jim!- Chiama. Posa il vino e i dolci su un tavolino accanto all’ingresso.
Quando alza gli occhi, lui gli è comparso di fronte.
Sherlock sente il cuore allargarsi assieme al suo sorriso.
Moriarty se ne sta ritto di fronte al detective in una semplice canottiera nera e un paio di pantaloni sportivi. Sulle sue braccia pallide si profilano muscoli ben allenati. Il suo sorriso accattivante è la fine del mondo.
-Ti piace?- chiede Jim, mostrando con un movimento del braccio il salotto addobbato in quel modo.
Sherlock non sposta lo sguardo da lui, ma annuisce, ammiccando.
Jim ne sembra contento. Con un movimento fluido, recupera un libro da uno scaffale non lontano e glielo passa con nonchalance –Mi sono ispirato a questo-
Con una parabola perfetta, il volumetto arriva nella presa di Sherlock.
Ah, ecco. Sherlock lo riconosce: è Il Piacere di D’Annunzio. Sebbene Sherlock non abbia troppo tempo per la letteratura, questo libro l’ha letto di recente. Gliel’ha consigliato Jim, appunto. Chissà da quanto tempo sta progettando tutto questo.
 
Quando alza gli occhi dal libro, Jim sta esaminando i ‘doni’ che ha portato. Con le lunghe dita pallide, alza il coperchio della scatola dei dolci e ghigna famelico. Sempre con quelle sue dita magre, con un movimento fluido ne sceglie uno e, tenendolo fra il pollice e l’indice, lo mostra ammiccando a Sherlock.
Il detective deglutisce.
-Affamato?-
Sherlock lo guarda, sentendo un brivido d’eccitazione corrergli lungo la schiena.
Non c’è bisogno di rispondere. Il gioco è iniziato.
 
Minuti dopo sono sul tappeto, nudi, con gli occhi ancora inebriati della loro follia e i petali di rosa appiccicati ai corpi sudati. Sherlock ha le labbra bruciate da troppi baci da poterli contare, la mente meravigliosamente distaccata da ogni cosa che non sia il corpo, la voce o i gesti del compagno, che al momento è impegnato a lasciare una zuccherosa scia di succhiotti purpurei sul suo torace.
La lingua di Moriarty si muove repentina, come una vipera, e alle sue labbra sottili si alternano i suoi denti aguzzi e il suo fiato caldo.
-Jim…- chiama Sherlock, con voce rotta.
L’altro alza lo sguardo e incontra gli occhi dell’amante.
Esalando un sospiro gutturale, risale in un unico movimento alla bocca di Sherlock. Annaspano entrambi nei baci, per un istante fuori dal mondo. Quando le loro bocche si separano, non possono che ritornare a mescolarsi di nuovo in quella passione sfinente che, pure, non sembra potersi spegnere.
 

 
Quella era stata l’ultima volta che l’aveva visto. La mattina del giorno dopo, svegliatosi fra le lenzuola profumate di loro due, Sherlock si era trovato solo, in una stanza mezzo vuota di ciò che Jim doveva aver portato con sé quand’era partito, senza motivo, senza una parola.
Sherlock, dopo mesi a chiedersene la ragione e a non trovare in risposta neppure un indizio, neanche una traccia di lui, aveva deciso di dimenticare. Fingere che non fosse successo nulla, cancellare Jim dalla sua vita. Si era masochisticamente imposto di non farsi domande a proposito. Forse Jim non l’aveva mai amato? Ma allora perché aveva fatto tutto quello che aveva fatto? E per poi sparire, così? Ma ogni volta che una di queste inevitabili domande sfiorava la sua coscienza, Sherlock aveva bloccato qualsiasi pensiero, testardo e disperato.
Nove mesi dopo, era convinto di essere ormai guarito; ma aveva in realtà formato una barriera impenetrabile fra se stesso e i propri sentimenti, vivendo come un automa, senza cuore, senza passioni.
Convinto così della propria guarigione, aveva deciso per la prova finale: una serata di musica, un dramma d’amore, strappa lacrime come pochi, sicuro che nulla l’avrebbe scalfito se non magari la purezza di un’opera d’arte, il congegnato meccanismo musicale di un capolavoro.
Ma l’uomo è sempre uomo, e pure il cinico, professionale automa in cui Sherlock aveva tentato di trasformarsi non era che una debole maschera.
 
Era bastata qualche bella nota, rimuginò il detective, gli zigomi rigati da due lacrime troppo salate, amare, umane. Qualche bella nota ed era stato messo a nudo.
Alzandosi in piedi senza davvero accorgersene, Sherlock si avvicinò alla ringhiera che segnava il bordo della galleria, e si sporse. Lasciò la vista sfocata vagare sul vuoto sottostante, sulle poltroncine rosse piene di sconosciuti immersi nel buio della sala, sull’orchestra che si muoveva come una massa di insetti dalle movenze sinuose, sul palco e la scenografia orientale che faceva di sfondo alla tragedia. Gli ultimi passaggi dell’aria ammaliavano l’aria, rendendola irrespirabile.
Una parte del suo cervello, ipnotizzato nella melodia e nel vortice di sensazioni che pensava d’essere riuscito a reprimere per sempre, produsse nella sua mente un pensiero dal sapore stranamente dolce.
Fu una sequenza di immagini e suoni: testate di giornali (“incidente all’Opera”), urla mescolate alla musica, confusione e poi silenzio. E, da qualche parte, in seguito, Jim Moriarty che, nel suo nascondiglio crudele, apprendeva la notizia della morte del famoso detective privato, Sherlock Holmes, per cause ignote.
Bisbigli di suicidio.
Senso di colpa.
 
…Tieniti la tua paura,
io con sicura fede l'aspetto .
 
Ah.
L’aria era finita.
Applausi, applausi.
Sherlock si riscosse, barcollando in preda a vertigine. Furtivo, si asciugò le vergognose lacrime. Ah, ah… cosa poteva fare la buona musica.
Dio, c’era mancato poco.
Applaudendo, si guardò intorno, senza distinguere le ombre rumorose e giubilanti che si erano alzate in standing ovation. In mezzo al caos, si sentì al sicuro.
Ah, c’era andato davvero vicino questa volta.
Ma, testardo, si costrinse a non pensarci. Si sentì ridicolo di quell’assurdo trasporto sentimentale. Sherlock, vecchio mio, stai forse perdendo colpi? Diavolo d’un Puccini, cosa mi combini…  Brava, brava la soprano! – si urlò dalla platea.
 
Ma il detective non restò per il terzo atto. Si convinse che se ne stava andando per il caldo, o per un’improvvisa emicrania, o per la compagnia sgradevole di vecchine incipriate che si era trovato a fianco.
 
Ma la verità era… ah! quanto lo tentava, quella ringhiera.
 
 
 
 
 
A/N:
Dedicata a Naomi55, che mi ha fornito il prompt “sweet sex e angst”, con pairing Sherlock (film) x Moriarty (BBC).
 
E poi la mia passione per Puccini mi ha un po’ preso la mano ahah ;)
Enjoy,
recensioni salveranno Sherlock da ulteriori tentativi di suicidio e faranno tornare Jim da lui il più presto possibile.
 
Lou :*
 
 
PS: Non arrovellatevi troppo sul dove mai sia sparito Jim o perchè, perché io stessa non ne ho la minima idea. bye
 
Aria da “Madama Butterfly” di Giacomo Puccini.
Cantata dalla divina Renata Tebaldi: https://www.youtube.com/watch?v=1woH96ROG-c
 
 
 
 
  
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