Videogiochi > Devil May Cry
Segui la storia  |       
Autore: Eneri_Mess    01/12/2008    4 recensioni
« Si sono verificati strani casi, in diverse parti del paese. Notizie sparse, che nessuno collega tra loro, ma tutte riguardanti donne e neonati apparentemente morti a causa di tristi incidenti o per negligenza. Alcuni palesemente uccisi da ignoti. Fatti di cronaca che si perdono tra elezioni politiche e sfilate di moda ».
Genere: Azione, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Altro Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Dies irae, dies illa
solvet saeculum in favilla
teste David cum Sybilla.

 

Giorno dell'ira sarà quel giorno
dissolverà il mondo terreno in cenere
come annunciato da Davide e dalla Sibilla.

 

[Dies Irae]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mission 02. Davian e Sibeal

 

 

Avrebbe piovuto di nuovo, incessantemente. Nel cielo, solo il tratto dell’orizzonte a Ovest, verso l’entroterra e le colline, era sciolto dalla presenza insistente delle nuvole temporalesche. Non c’era luna e non c’erano stelle, e non ci sarebbero state. Il buio campeggiava pesante, impenetrabile.

A rischiarare la sera erano i pochi sprazzi di luce che il sole, di un aranciato spento giunto al suo declino, allungava su ciò che riusciva a raggiungere, scivolando inesorabilmente via. A mitigare e sfumare i pochi raggi rimasti era la nebbia, fredda e impalpabile, che aleggiava riflettendo i bagliori artificiali dei lampioni e celando parzialmente il paesaggio.

Sembrava non esserci via di fuga alla tetraggine e al gelo di quella notte imminente.

La Night Ros fendette la densità dell’aria con un rombare altrettanto tenebroso, come a voler chiarire il suo predominio sulle ombre che velavano sinistramente la strada deserta.

Le vie trasandate della periferia erano silenti come poche volte lo erano state. Vecchie e intermittenti insegne al neon segnalavano come aperti i più disparati locali e buchi per divertirsi, ma di clientela in giro ce ne era meno del solito. I pochi che passavano si dividevano quasi equamente in barboni, donne di mondo insensibili al freddo e individui dalle dubbie intenzioni imbacuccati fino al naso.

Odori strani, che non rientrassero tra quelli del putridume dell’immondizia bagnata agli angoli della strada o del fetore che i vicoli più stretti adibiti a latrine emanavano, non ve ne erano. I vapori caldi del sottosuolo, che fuoriuscivano dai tombini, si condensavano nell’aria, rendendo a tratti più pesante e maleodorante la sottile foschia già presente.

Dante proseguì per la via senza più guardarsi in giro e prestando sempre meno attenzione a ciò che lo circondava. Erano tre giorni, da quando era stato da Maha, che vagabondava da mane a sera in lungo e in largo senza una meta o uno scopo precisi. Stava semplicemente assecondando quell’istinto indefinito che si era svegliato dopo l’ultima visita della sua bionda persecutrice e delle sue parole sibilline.

Non era tipo da lasciarsi trascinare nei casini prima ancora che iniziassero, ma sembrava proprio che per quella volta avrebbe dovuto fare un’eccezione. Forse proprio perché gli riusciva difficile voltare le spalle a ben due donne.

Ciononostante, Maha non era riuscita a convincerlo con i suoi timori. Che in quel momento diverse donne e bambini stessero passando a miglior vita per cause diverse dagli incidenti e dagli omicidi descritti, era un motivo che non stava in piedi. Sapeva che come sciamana la sua vecchia fiamma era tra le migliori in circolazione, ma sapeva anche che in certe condizioni perfino la donna più lucida poteva diventare facilmente apprensiva. Il caro istinto materno.

Sebbene la brunetta non fosse stata sufficiente a farlo schiodare dalla narcolessia in cui era piombato, ci aveva pensato l’anonima anima dai capelli dorati, che nel giro di due giorni gli aveva fatto rivalutare la calma innaturale che da un po’ di tempo vigeva nei dintorni. Non riusciva però a scorgere il possibile legame tra i casi citati da Maha e le parole della sua personale anima errante. Se mai vi fosse stata, una connessione.

Ma dato che ormai con il sonno di quelle settimane le sue batterie sarebbero rimaste cariche per almeno tutto il mese successivo, uscire e farsi un giro per i quartieri suburbani a caccia di indizi era stata l’idea più brillante che gli fosse venuta. Si sarebbe dato alle ricerche, ossia alla parte noiosa della solita azione, con la speranza di inciampare in un demone che almeno bramasse la conquista del mondo umano.

A conti fatti, quella sera, gli sarebbe bastato anche un parassita, un qualche esserino dall’aspetto ripugnante e dalle ridicole intenzioni belliche. Una qualsiasi creatura infernale a zonzo per la sua tetra città.

Forse avrebbe dovuto sbilanciarsi e fare un colpo di telefono a Lady. Come Trish, anche lei non si faceva viva da diverso tempo, e magari proprio perché era impegnata in caccia. Che la sua fama avesse raggiunto livelli tali da dare finalmente a intendere alla fauna dell’Oltre Tomba che non c’era modo di debellarlo? Era un pensiero davvero triste.

Una prostituta ubriaca gli lanciò un saluto provocatorio, strusciandosi lascivamente contro un palo della luce e tirando su la già corta mini che copriva parzialmente le calze a rete e le gambe livide dal freddo. Dante le fece un altrettanto cenno in risposta con un paio di dita, prima di dare gas alla Night Ros e lasciarsi alle spalle la zona est della città.

Il sindaco poteva blaterare orgogliosamente che la sua opera di risanamento aveva tolto di mezzo più del “cinquantasette percento” della malavita che infestava la loro florida urbe. La realtà era che il pomposo faceva passare per eclatanti arresti di poco conto, blitz della polizia in localetti dove circolavano spacciatori dilettanti e il fermo di qualche povera squillo dai tratti stranieri che neanche rientrava in un giro vero e proprio, ma cercava di arrivare a fine mese. I Signori della criminalità se ne stavano relativamente tranquilli, probabilmente facendo loro stessi pressione su quel sempliciotto del Mayor per vie traverse, al fine di tenere i propri traffici al sicuro, ma far vedere al contempo che le cose andavano alla grande.

Quando si passava tre quarti della propria esistenza a stretto contatto con i bassifondi, seppur per scopi ben diversi dall’interessarsi ai giochi di potere, ci si faceva una certa esperienza, e soprattutto una chiara idea del verso in cui girava il mondo. Il bello stava nel fatto che molte delle soffiate sulla presenza di esseri demoniaci in loco gli veniva proprio da quegli scavezzacollo al soldo dei mafiosi.

Si sa, quando si tratta di male, tutto fa brodo. Se a difendere i cittadini c’era la polizia, a salvare il culo dei malavitosi, che per libido stringevano patti con la progenie di Mefistofele, c’era lui. Non che operasse così per qualche tornaconto con quella feccia, ma la gente per bene non vedeva oltre il proprio naso, e un botto in periferia con almeno una dozzina di cadaveri inceneriti era una comunissima fuga di gas. Quindi, a chiedere il suo aiuto da quelle parti erano sempre i soliti gangster.

Le strette viuzze del quartiere dove aveva passato l’ultima parte (infruttuosa) del pomeriggio mutarono presto in strade più larghe e maggiormente curate. Tuttavia, anche la zona Sud-Est non era nulla di eccitante. Scialba, grigia e soprattutto immersa nel silenzio. Da lì iniziava quel genere di persone dedite al lavoro, ma non allo svago, alla vita relativamente tranquilla, sapendo di confinare strettamente con criminali. I negozi scarseggiavano, come i piccoli parchi e le scuole.

Passato il “quartiere di transizione”, si entrava in una parte della città – sempre di periferia – altrettanto dimessa, ma sicuramente più attiva e vitale. I palazzi erano vecchi, anni cinquanta, in via di ristrutturazione, ma già il fatto che solo lì si trovassero due cinema, altrettanto vintage, rendeva l’ambiente colorato e, a quell’ora, ancora sveglio.

Il mezzodemone si dovette fermare per lasciar passare la fiumana di persone uscita in quel momento dall’ultimo spettacolo pomeridiano dello Starlight, che cedette il posto a un secondo nutrito gruppo di, per lo più, cinquantenni dall’aria gioviale.

Tutti troppo impegnati a commentare la pellicola appena visionata, non si preoccuparono di attraversare o meno sulle strisce, compattandosi in una massa in diritto di transito.

Reprimendo un sospiro impaziente, Dante lasciò scorrere impassibile lo sguardo su uomini e donne. Ne mancavano appena una manciata, e lui stava già con la mano pronta sulla manopola di destra, facendo ruggire la sua partner a due ruote, quando, senza preavviso, il suo sguardo ne incontrò un altro, sereno e sorridente, alla fine della strada.

Era lei. L’anima della sua persecutrice. Identica in tutto alle apparizioni precedenti, rimase immobile dov’era, incorporea e fuori dal tempo.

Infischiandosene degli ultimi cinefili in coda, a cui tagliò il passaggio sfrecciando sull’asfalto quasi volesse lasciarci la scia dei pneumatici, il Cacciatore puntò senza esitazioni alla donna.

Si era avvicinato in brevissimi secondi con un acuto rombare del motore al massimo, eppure quel fantasma pareva sempre alla stessa distanza. Si muovevano entrambi, ma l’unico a risentire dello sferzare dell’aria era lui.

Continuò a seguirla e a fissarla imperterrito, aspettandosi da un momento all’altro una nuova frase misticheggiante, sebbene quello non fosse il momento migliore; dubitava avrebbe sentito qualcosa, per quanto nella sua mente si formò l’idea che essendo un’anima, la sua interlocutrice probabilmente gli parlasse direttamente in testa, anche muovendo le labbra.  

Fu dopo dieci minuti di zigzag in vie e stradoni, e a seguito di qualche altro schiamazzo da parte dei poverini a cui continuava a saettare davanti improvvisamente, che il mezzodemone si accorse di dove era stato portato.

Lentamente, come fosse finito in un film dal copione scontato, il profilo della donna ferma dinanzi a lui iniziò a sfumare. Tuttavia, prima di sparire del tutto, le sue labbra si mossero e le sue parole riecheggiarono chiare e cupe lì nel fondo della strada.

« O buon Gesù, esaudiscimi. Dentro le tue ferite nascondimi, non permettere che io mi separi da te. Dal nemico maligno difendimi. Nell’ora della mia morte chiamami, comandami di venire a te, perché con i tuoi Santi io ti lodi nei secoli dei secoli. Amen ».

I penetranti occhi violetti della strega furono l’ultima parte di lei a sparire, come un gatto del Cheshire che abbandona la scena con un sorriso grottesco ed enigmatico, lasciando ben visibile la scritta al neon oltre le sue spalle. Devil May Cry.

Il Cacciatore di Demoni si chiese con un ghigno inquieto quali sarebbero state le prossime battute di quel canovaccio che non prendeva corpo, ma che continuava a gettare fosche ombreggiatura di catastrofe imminente nella sua vita. Ok, non era più uno sbarbatello che prendeva sottogamba qualsiasi intoppo decidesse di finirgli sul cammino, ma tra un nemico di proporzioni bibliche, ben visibile e tangibile, e una minaccia che di consistente non aveva proprio nulla, la faccenda iniziava a mettergli addosso brividi di eccitazione e di nervosismo.

L’indomani avrebbe scovato la reale ubicazione di quella bionda rompiscatole, stabilì tra sé mentre parcheggiava la moto nel retro del locale, avvertendo l’umidità dell’aria farsi pressante e premergli sulla nuca pallida con freddi baci dettati da quel clima davvero poco autunnale. A seguito della pioggia incessante di quattro giorni prima, le temperature erano letteralmente precipitate, sfiorando a malapena i sei gradi anche essendo Ottobre. Non che lui soffrisse in maniera particolare il gelo, ma gli spifferi e la pioggia erano davvero fastidiosi, senza contare che di lì a breve, se i gradi fossero ulteriormente calati, avrebbe dovuto pure fare attenzione al ghiaccio per strada.

Tutti futili pensieri che si eclissarono nell’istante in cui aprì la porta di casa e i suoi sensi captarono nettamente una presenza estranea. Fisica, questa volta. Innocua o meno, lo avrebbe appurato nel giro di mezzo minuto.

Non curandosi dello sbattere della porta alle sue spalle, si diresse con passi sostenuti, seppur tranquilli, verso il grande ingresso che fungeva da ufficio. Le sue mani, istintivamente, erano scattate a controllare le fondine, ma solo una sfiorò il calcio solido e attraente di un’arma, della sua tenebrosa Ebony. Dura abitudine la sua, ma una pistola sarebbe stata più che sufficiente.

Infischiandosene che fosse casa sua – tanto quante volte era già stato demolito quel posto?, spalancò l’uscio con un calcio, ben sapendo che la presenza intrusa lo stava aspettando.

L’atmosfera era pacata, non c’erano sentori di cattive intenzioni ad aleggiarvi. Di fatti, stravaccato sul divano a destra della stanza, il capo rivolto a fissare qualcosa sul soffitto, c’era un uomo. Che il padrone dell’agenzia, in guardia per ogni minimo spostamento, riconobbe in un batter d’occhio.

Tutta la teatralità che la scena avrebbe potuto acquisire si dissolse pateticamente nell’espressione stupita del Cacciatore, rimasto – duro da ammettere – di sasso. Le dita con cui avrebbe sfoderato la sua nera signora restarono intorpidite, appoggiate al calcio, sfiorando la sicura innestata.

L’ospite levò una mano guantata in segno di saluto, senza staccare gli occhi dall’enigmatica volta della casa. Mormorò anche qualcosa, ma le parole uscirono così impastate a uno sbadiglio che il mezzodemone non ne comprese una sillaba.

« Dove la trovo la macchinetta del caffé? » riformulò blando, levando finalmente la testa dalle proprie meditazioni e stiracchiandosi mentre le vecchie molle del sofà gemevamo sotto il suo peso da metro e ottanta passato.

« Nel pub in fondo alla strada » replicò Dante, occhieggiando il tipo con una smorfia che sembrava volesse cedere il posto a un ghigno.

L’altro lo squadrò attentamente con i suoi occhi rossicci, lucenti come fossero stati fatti di duro rubino. Un ricciolo fuori posto, scuro come la pece, sfiorava un lato del naso dalla carnagione naturalmente abbronzata, mentre le labbra sottili accennavano un sogghigno identico a quello del mezzodemone. Rassegnato, fece spallucce, tornando ad accomodarsi, ma fissando negli occhi il suo interlocutore.

« Non sei curioso di sapere perché sono qui? » domandò, modulando il tono come se avesse voluto conversare del tempo, sul viso stampata un’espressione che avrebbe potuto significare di tutto.

Dante capitolò, in un certo qual senso. Piegate le braccia in un gesto menefreghista, fece dietro-front, togliendosi il giaccone e buttandolo addosso all’attaccapanni, a cui l’indumento rimase appeso, ma senza che qualcuno badasse a questa precisione. Il Cacciatore si sistemò a sedere dietro la sua scrivania, battendo di malagrazia gli stivali sul piano di legno, accavallandoli.

« Avanti » bofonchiò per poi dare ampliamente aria alla bocca, maledicendo chi una volta aveva definito lo sbadiglio un fenomeno sociale. « Qual buon vento ti ha portato qui a farti gli onori di casa da solo? » domandò ironico, sebbene sul suo viso vi fosse un malcelato barlume di curiosità, assolutamente dettata dalla noia. Per una volta, una qualsiasi offerta di lavoro gli sarebbe andata bene, anche da un cacciatore di succhiasangue e pelosoni.

Il moretto parve alquanto stranito.

« Mi sembri un po’ sotto tono » giudicò diretto, ma non fu un altro breve commento atto a riempire il silenzio. Le parole che seguirono furono quelle che fecero finalmente breccia nel torpore del mezzodemone, inducendolo a rizzare mente e orecchie. « Non sarà per la totale assenza di Inferi? »

La risposta di Dante lasciò le sue labbra con il suono di chi le aveva ponderate rapidamente.

« Ne sai qualcosa? »

« Qualcosa » rimarcò il primo, non curante del tono, ma con occhi che parlavano da sé. Tuttavia, non aggiunse null’altro sull’argomento, alzandosi dal divano con un movimento fluido; la lunga ed elegante giacca scura si sistemò senza una grinza attorno al corpo scultoreo ma slanciato, vestito da altrettanti abiti di fattura fine e dettagliata. Il gilè di seta blu fasciava il torace senza stringere, ma nemmeno in modo morbido. Sotto di esso, la vaporosa camicia color delle rose risaltava la carnagione e si intonava agli occhi dell’uomo. I gemelli ai polsi, due per ogni lato, erano il muso di un lupo e una croce alternati, entrambi in platino.

« Dove hai detto che è la macchinetta del caffè? » domandò di nuovo, accennando alla porta con una curva delle labbra che era un chiaro invito per il mezzodemone a schiodare il fondoschiena dalla sedia.

Dante roteò gli occhi, alzandosi.

 

 

 

« Da un mese a oggi non si sono visti demoni puri ».

Le parole di Davian Alister viaggiarono attraverso il casino del pub, arrivando tuttavia ben chiare alle orecchie del Cacciatore. Il suo sguardo rubino, incastonato in un’espressione all’apparenza annoiata, era in realtà più serio di quanto Dante si aspettasse. Gatta ci covava alla grande.

« Da nessuna parte. Calma piatta ovunque » aggiunse ancora, mandando giù un sorso del caffè doppio che aveva ordinato.

Il cucchiaino che il mezzodemone si era portato in bocca, con una fragola decorativa del suo Strawberry Sundae, dondolò per tutta la propria lunghezza, mentre le labbra del proprietario riflettevano in una smorfia i suoi pensieri sulla precisazione appena udita. Un flash interrogativo passò attraverso le sue iridi chiare.

« Ai Piani Alti hanno deciso di aprire i Sette Sigilli? » ironizzò il Cacciatore, scuotendo la testa e cacciandosi di nuovo tra le labbra la posata con il gelato.

Sul viso brunito di Davian si aprì una smorfia, a suo modo divertita, che lasciò sfuggire il bagliore perlaceo dei suoi denti, mettendo in evidenza per un istante i canini particolarmente sviluppati. Un secondo sorso di caffè scivolò tra di essi, senza tuttavia intaccarli con alcuna macchia.

« Niente di così catastrofico » replicò, frugando nelle tasche della giacca. Le sue pallide e affusolate dita, lisce e curate come quelle di un chirurgo, estrassero un portasigarette in platino e un accendino circolare in coordinato, lungo e stretto. « Forse peggio » aggiunse, prima che una piccola fiamma baluginasse fiocamente nell’angolo in penombra dove stavano, accendendo il tabacco.

Dante si sistemò un po’ più comodo sulla panca imbottita del pub, annoiato.

« Quanto ancora vuoi chiacchierare, dampyr da strapazzo? Non sono qui per tenerti compagnia ».

Il moro espirò lentamente dalla bocca, tenendo mollemente la sigaretta tra le labbra e stringendola appena, infastidito dalla fretta dell’albino.

Optò però di accontentarlo.

« Mai sentito il nome Ambrosius? »

Si iniziava a fare sul serio.

Quella prima domanda sembrò risuonare con una nota da capolinea: da lì in poi sarebbero potuti iniziare i guai seri, con sommo gaudio del Cacciatore.

« Ignoto » rispose dunque, dopo essersi concesso qualche istante per riflettere.

Il mezzovampiro corrugò la fronte, contrariato.

« Ambrosius Engelicht? Mmh… - meditò un attimo – Nessuno ti ha mai parlato di lui? »

« Sai, le favole non mi hanno mai attirato molto » tagliò corto Dante, portandosi alla bocca un’altra cucchiaiata di Sundae. « Chi è questo tizio? »

« Chi era » rettificò Davian, ciccando nel posacenere. « E’ stato ucciso un mese fa ».

« Commovente » fu il commento sbuffato. « Lasciami indovinare, da un demone, vero? »

« Asmodeus ».

Era questo che voleva sentire. Il resto dello Strawberry Sundae, un misto rosa di gelato bianco e sciroppo alla fragola, fu accantonato in un angolo, mentre un ghigno che sfiorava il deliziato trasfigurava del tutto il volto del mezzodemone. Asmodeus. Il caro Asmodeus. Aveva letto e sentito parlare di lui almeno un centinaio di volte, senza però avere mai avuto il piacere di scontrarcisi di persona.

« Così questo Ambrosius è stato fatto fuori da un re infernale… » riassunse, tamburellando le dita sulla superficie macchiata del tavolo. « Doveva essere una vera spina nel fianco per inimicarsi un pezzo grosso del genere… » di malagrazia riprese a mangiare il resto del gelato, rischiando quasi di tirarselo addosso.

Lo sguardo scettico di Davian non era una risposta alla sua affermazione. Anzi, pareva non averlo udito per nulla.

« Piuttosto, - riprese il Cacciatore – com’è che un dampyr a caccia di succhia-vergini e lupetti mutanti è coinvolto in un caso di demoni? »

Il suddetto scosse la testa con pazienza, tirando un’altra boccata di fumo, accomodandosi meglio sulla panca.

« Mi trovavo a pochi passi dall’epicentro di questo casino, nel Nord della Germania. A Flensburg, per la precisione. C’è stata un’ondata di demoni minori che ha festeggiato la morte di Ambrosius attaccando apertamente la gente e creando un putiferio. Altri Cacciatori sono giunti sul posto, e così ho sentito di questo Ambrosius e mi sono messo a fare qualche ricerca ».

« Che ti ha portato a me » concluse l’altro, seguendo il filo dei suoi pensieri. « Deduco quindi di avere un qualche oscuro legame con il miserrimo. Allora, mi dici chi era? »

La musica del locale invase il silenzio tra i due, mentre Davian spegneva il mozzicone nel posacenere, soppesando con attenzione i propri pensieri.

« Un angelo esiliato » disse, chiaro e coinciso, senza più preamboli, fissando attentamente il mezzodemone, che rispose con un fischio stupito. « Non fu maledetto, ma relegato a vivere sulla Terra, che aveva deciso di proteggere ».

« Proteggere? » lo interruppe Dante, la fronte aggrottata.

Se c’era una cosa che distingueva gli angeli dai demoni, era la volontà, intesa in tutti i sensi. I demoni ne possedevano fin troppo: la loro intera esistenza era votata ad assecondare i desideri, propri e, apparentemente, di quelli sciocchi umani che stringevano patti con loro, senza capire che tutto quello che avrebbero espresso gli si sarebbe ritorto contro, in un malefico circolo vizioso. In fondo, i desideri scaturivano dalla passione, radice primaria dei vizi. Ed era noto che i demoni fossero la quintessenza del vizio.

Sull’altra sponda, invece, si trovavano gli angeli. Di aspetto spesso androgino (quante volte ci si era interrogati sul loro sesso?), la loro già scarsa volontà non era altro che il riflesso di quella dell’Altissimo. Ogni loro azione era in realtà dettata da quell’amore che faceva naturalmente tendere ogni forma del creato verso il Sommo, ultima meta. Era per questo motivo che il piano umano era appannaggio esclusivo delle creature infernali: tra le schiere del Signore, erano davvero pochi gli alati che, incuriositi, scendevano sulla Terra, rischiando di esservi relegati per aver sentito come propri gli stessi sentimenti degli uomini.

Quell’Ambrosius, allora, se aveva provato la volontà di proteggere qualcosa, doveva essere stato vinto dall’interesse che offriva il Mondo peccaminoso e ingenuo degli umani, finendo così esiliato.

Il mezzovampiro riprese il discorso.

« In origine era un Serafino » iniziò a spiegare, distogliendo stancamente lo sguardo e continuando con il tono tipico di chi sta per tenere una lezione di Storia. « Tuttavia, circa duemila anni fa si lasciò coinvolgere dalle beghe terrestri -

Per quando Davian non avesse ancora finito, una molla di intuizione, di consapevolezza, scattò nella testa del Cacciatore quando registrò quelle parole.

- e lasciò il Paradiso per scendere sulla Terra. Acquisì sembianze umane, pur mantenendo buona parte dei propri poteri, e si schierò con gli uomini per ricacciare i servi di Lucifero all’Inferno ».

Il dampyr si fermò solo pochi istanti, ma Dante già si immaginava cosa avrebbe detto. Ora capiva perché avrebbero dovuto sapere chi fosse quell’angelo ucciso.  

« Allora incontrò l’altro leader degli uomini, da tutti conosciuto come il Traditore. Sparda ».

All’albino sfuggì un sospiro pesante, una sorta di gemito represso, che voleva essere il principio di una risata, ma che si spense prima ancora di iniziare.

Suo padre. Per l’ennesima volta. Era diventata una perdita di tempi chiedersi quando quel solo nome - dato che non si trattava nemmeno di un ricordo concreto - avrebbe smesso di assillarlo in ogni momento della sua esistenza. Era una sorta di maledizione: bastava pronunciarlo e qualcosa di catastrofico sarebbe accaduto. Ci aveva quasi fatto il callo, ormai.

« Non mi dire, un demone e un angelo fianco a fianco nella stessa guerra. Magari sono anche diventati amici, eh? »

Davian lo assecondò, stringendosi nelle spalle.

« Qualche pettegolezzo va dicendo che fu Sparda a dare al Messaggero Celeste un nome umano. Ambrosius, per l’appunto ».

Quella risata priva di ilarità e repressa un minuto addietro, scoppiò più fragorosa e spenta per la frase appena udita. Un’assurdità di seguito all’altra, ecco cos’era quella serata.

« Ricapitolando, dovrei – o meglio, avrei dovuto – conoscere questo tizio perché era un ex compagno di battaglia del mio dannato vecchio » riassunse Dante, gesticolando ampliamente con una mano, sembrando quasi un invasato.

Davian annuì pacatamente un paio di volte.

Restarono di nuovo in silenzio, uno coi propri pensieri, l’altro in attesa di sentirli. La musica nel pub era cambiata in una melodia bassa e languida, straziante per le orecchie.  

« Tutto questo… cosa diavolo c’entra con la sparizione dei demoni? »

Era tornato a bomba. A quello che gli premeva di sapere. Il passato di quell’Ambrosius poteva andare a farsi fottere insieme a quello di suo padre. E tanti saluti.

« Non lo so » esordì il mezzovampiro, accendendosi una seconda sigaretta, ma riprendendo prima di essere interrotto di nuovo. « Quello che so è che a una settimana di distanza dalla sua morte, gli Inferi si sono volatilizzati. Si dice – e soffiò fuori una nuvola acre di fumo – che Ambrosius proteggesse qualcosa per conto del Vaticano ».

Dante roteò gli occhi, lasciandosi sfuggire una non ben articolata esclamazione. Ecco annoverata un’altra buona nuova. Fantastico! Non aveva neanche dovuto impegnarsi più di tanto, che una parte della soluzione al suo “problema” si era presentata da sola. Il Vaticano. Un città turistica per molti, una dannazione solo a sentirlo nominare per lui. Porca puttana, quante grane aveva avuto in passato con quelli? Per lui mettere piede in Europa equivaleva a trovarsi circondato da inviati della Santa Sede - armati fino ai denti - che ogni volta lo invitavano con le cattive a sloggiare.

Non contava il fatto che fosse un Cacciatore di Demoni – praticamente il migliore sulla piazza – e che più volte avesse salvato il culo a quel mondo derelitto. No, per la Chiesa lui era ciò che di più ributtante ci potesse essere dopo il Signore dell’Inferno in persona. Un mezzosangue. Un mezzodemone. Un mezzoumano.

Inutile dire che sua madre era stata etichettata come la peccatrice per eccellenza, colei che si era lasciata mettere incinta da un demone e ne aveva partoriti i figli. Solo a pensare a quelle poche volte che aveva avuto a che vedere con quei mentecatti gli veniva il voltastomaco e un’irrazionale voglia di crivellarli di proiettili fino a colorare del tutto le pareti delle loro fottute cattedrali con le interiora.

Prendendo un respiro un po’ più lungo, e storcendo le labbra nell’atto di rimuginare, accantonò i sanguinari pensieri per concentrarsi sulla realtà.

A prescindere dai suoi rapporti con la Chiesa, il fatto che in quella storia rientrasse il Vaticano non portava nulla di buono. Voleva solo scherzare quando con Maha aveva vagliato l’ipotesi che fossero coinvolti i “cristianucci”, in quel puzzle di cui aveva soltanto qualche tassello che non combaciava.

« Sei un pozzo di informazioni » osservò infine, mentre la sua testa continuava a considerava i vari e probabili intrecci. « Sembra quasi che tu abbia preso la situazione particolarmente a cuore » aggiunse noncurante, in tono ironico.

Davian ci impiegò qualche attimo più del dovuto, fissandolo con attenzione, prima di espirare nuovamente i fumi della sigaretta.

« Quando le tue prede scappano, spaventate dall’odore dell’aria, e ti ritrovi senza lavoro, diventi particolarmente curioso riguardo a quello che ti accade intorno » chiarì stizzito, spegnendo la sigaretta prima ancora di essere arrivato a metà. « Questa storia mi sta distruggendo il mercato. Perfino la Transilvania è diventata improvvisamente un luogo di pace e amore » si fermò giusto il tempo di uno sbuffo sonoro, prima di riprendere con lo sproloquio. « Sembra stia avvenendo un esodo verso le zone polari. I Nord estremi di Scozia, Norvegia e Russia si sono improvvisamente popolati di non-morti e ogni altra sorta di creatura oscura terrena, e sinceramente, di infilarmi in un covo brulicante di vampiri e licantropi diventati all’improvviso alleati, non mi attira in modo particolare ».

Dante rispose di nuovo con un fischio acuto.

« Sembra proprio che ci troviamo sulla stessa barca. Ma non so cosa tu ti aspetta da me ».

Il mezzovampiro sorrise con un accenno sinistro nelle labbra sottili.

« Hai centrato il punto. Sono qui per aspettare che avvenga qualcosa. L’ultima scia di demoni è stata avvistata a Sud-Est del Canada, quindi qualsiasi cosa stia succedendo, o si stia muovendo, è in questo continente ».

Di nuovo, lo sguardo del Cacciatore si prese un attimo per contemplare il soffitto su cui si riflettevano le luci colorate del posto.

« Non sai che cosa avesse in custodia l’angelo? »

« Credo qualcosa che in mani sbagliate… »

« Bla bla bla… qualcosa che in mani demoniache annienterebbe il parco divertimenti della Divina Potestate. Un cliché » sbuffò l’albino, alzandosi.   

Pagarono il conto, uscendo nella serata umida e gelida di quella città più silenziosa del solito per l’udito fine di due esseri sovrannaturali.

« Spero tu non intenda mettere tenda da me, perché non ho alcuna intenzione di accollarmi il tuo vitto » dichiarò Dante con la sua più sensibile parte diplomatica.

Fu il turno di Davian di alzare gli occhi al cielo. E parlando di cielo, sembrava dovesse mettersi a piovere.

« Se mi sbatti fuori puoi scordarti tutti i dettagli di questa storia » replicò altrettanto diplomatico.

« Ehi, mettiamo in chia- »

Ma il resto della parola si perse nella nuvoletta di condensa che si spanse dalle labbra ammutolite del mezzodemone. Un ringhio represso seguì subito dopo, mentre il dampyr si voltava per vedere cos’è che li aveva interrotti, non avendo avvertito alcunché se non il freddo attanagliante.

La sua espressione, che quasi sempre vertiva sull’annoiato e il menefreghismo, si solidificò in una sorpresa e spiazzata. Un groppo gli scese con fatica in gola, ma senza che il Cacciatore se ne accorgesse.

Anzi, il momentaneo moto di rabbia sfociato in un brontolio acceso dell’albino, fu presto sostituito dall’ennesimo e – non l’avrebbe mai ammesso – arrendevole sospiro.

« Mi sono dimenticato di presentarti la mia nuova fiamma! » esclamò con un raschiare gutturale che sembrava quasi un ruggito. « Questa è la seconda volta in meno di tre ore che viene a farmi visita. E’ una bella bambolina, se non fosse che quando apre bocca non lo fa per dolci paroline ».

Davian, ripreso il proprio self-control, gli lanciò uno sguardo, per poi fissare la biondina apparsa sul ciglio opposto della strada, immobile, limpida e astratta dalla realtà.

« Che intendi? » chiese, piatto.

« Che le piace venirmi a declamare stralci di passi biblici, fottute preghiere, requiem… »

« Sai chi è? » tagliò corto, guadagnando un’occhiata obliqua dall’altro.

« L’anima di una strega ».

« Il suo nome è Sibeal Loxias. E’ una delle figlie del Delfino ».

Dire che alla notizia il grande e grosso Dante ci rimase, fu poco.

Si poteva dire che di idoli, lui, ne avesse ben pochi, più probabilmente perché considerava se stesso un idolo. Ma doveva pure ammettere che Val Delphis, noto come il Delfino, fosse quello prossimo sul suo immaginario podio. Spiegare in poche parole chi egli fosse sarebbe stato un insulto, ma per lui si riassumeva nell’uomo (perché si trattava di un umano in carne e ossa) più forte che avesse mai conosciuto, colui che anni prima l’aveva spinto a decidere della propria esistenza e diventare così un Cacciatore di Demoni.

Scoprire che chi lo perseguitava da quasi una settimana non era altri che la figlia del suo esempio da seguire, lo lasciò un po’ a corto di idee.

« Immagino non lo sapessi » concluse Davian dalla sua espressione inebetita.

« Ora si spiega perché sia in grado di proiettare la sua anima fuori dal corpo » lo ignorò Dante, ragionando. « Ciò non toglie che da quando è apparsa non ha fatto altro che sparlare a vanvera ».

« Shh! » lo tacitò il dampyr con un gesto, fissando il profilo della donna, silente e composto.

Le sue labbra si mossero e la stessa voce delle volte precedenti parlò sibillina:

« Ibis redibis non morieris in bello ».

I suoi occhi, forse la parte più viva del suo essere, brillarono cupi, prima che la sua figura svanisse, lasciandosi dietro soltanto un nuovo sorriso enigmatico dall’aria innocente.

Dall’altro lato della via, immobili come due stoccafissi di fronte al nulla, Dante e Davian continuarono a fissare il punto dove ormai non c’era più nulla.

« Hai mica fatto caso a dove cadesse la virgola!? » ruppe il silenzio il mezzodemone, con un tono petulante del tutto fuori luogo, dando fiato alla bocca e accompagnandosi con un gesto stizzito delle mani.

La serata si chiuse con una bieca occhiata da parte del dampyr.

 

 

To be continued?

 

 

 

 

Ene si inchina fino a toccare col naso per terra, chiedendo venia…

… per il mostruosissimo ritardo.

Più di un mese avete pazientato… e finalmente ce l’ho fatta. Otto paginette di stress per la sottoscritta, di intrattenimento per voi (mi auguro).

E’ quasi un fatto assodato che i secondi capitoli siano sempre una via crucis per la sottoscritta: mai uno che fosse venuto decentemente. Se avete aspettato tanto è perché scrivevo si è no due righe a sera a causa del dialogo tra Dante e Davian che non veniva fuori bene. Non che sia chissà quale risultato questo, ma almeno ho finito. Per i particolari in sospeso, “i buchi” e i dubbi, rimando ai prossimi capitoli. Tutto si spiegherà pian piano!

Ora alcune note riguardo il testo:

Le citazioni vengono rispettivamente dalla prima strofa del Dies Irae, da una preghiera cattolica (Anima Christi) recitata dopo l’Eucarestia, e da uno dei responsi più famosi della Sibilla. A proposito di questo, possono esserci due possibili traduzioni, a seconda di dove cada una determinata virgola: “Andrai, ritornerai e non morirai in guerra”, oppure “Andrai, non ritornerai e morirai in guerra”. Ecco perché Dante se ne esce con quella stupida battuta a fine capitolo :P

Per chi non lo sapesse, il “gatto del Cheshire” sarebbe il famoso Stregatto di Alice in Wonderland. Gloria al sommo Carroll!

Il “fenomeno sociale” in riferimento allo sbadiglio fu un’uscita del mio vecchio professore di educazione fisica XD Una citazione personale a cui sono troppo affezionata XD

Lo Strawberry Sundae è il gelato che Dante mangia in continuazione nell’Anime di Devil May Cry. Non mi pare ne sia ghiotto anche nei videogiochi, però è l’unica cosa che ho ripreso dal cartone.

I Serafini sono invece il coro più alto degli angeli celesti. Essi si trovano a guardia del trono di Dio. Del caro Ambrosius si parlerà e si spiegherà tutto passo passo XD

Questo è quanto :D Il resto rimarrà segreto fino a nuovo ordine!

 

E ora le risposte ai bellissimi cinque commenti:

ikarikun: eh… purtroppo a dispetto di quello che avevi lasciato detto, vi ho fatto aspettare tantissimo :( mi spiace! Però il terzo capitolo l’ho già iniziato! (dato che non riuscivo a finire questo…)

Suehila: il Dante di questa storia è proprio quello del quarto DMC! Ergo, estremamente sexy! (nulla da togliere a quello degli altri… ma qui si è davvero raggiunta l’apoteosi del fascino! **)

Saphira87: speravo proprio che la storia potesse risultare “intrigante e misteriosa” :D Viva il Mystery! :D Sull’inquietante, anche. Pensando a Devil May Cry, le sfumature e i toni cupi, gotici e misticheggianti, sono quelli che a mio parere si mischiano meglio, esorcizzati poi dal carattere di Dante che si diverte come un matto a sguazzare in tutta questa cupezza XD Anche il Latino e i passi biblici sono un tocco assolutamente indispensabile, a mio giudizio. Sono contenta che i rapporti che Dante intrattiene ti siano piaciuti ^^ Davian non ha una personalità così movimentata come quella di Maha, ma mi auguro che evolverà presto sulla retta via.

Fy chan: grazie mille per essere ripassata a commentare ^^!

Teiresias: ecco a chi ero impaziente di rispondere :D Ciao! Spero di non spaventarti con queste prime righe, ma volevo dirti (che tu diretto! E questa non è manco la sede giusta!) che ho quasi finito di leggere la storia che stai pubblicando, e ne sono rimasta piacevolmente colpita :D Vedrò di lasciare un commento quanto prima! Detto questo, sono davvero contentissima che Maha riscuota tutto questo successo! Per l’azione vera e propria ci sarà da aspettare ancora un paio di capitoletti, ma poi si scenderà in campo e inizieranno i guai 8) Per Contrade, la storia è assolutamente stupida: è una contrazione tra Colt (tipo di arma) e trade (commercio); il nome doveva semplicemente evocare il fatto che Dante si reca lì dal suo “armaiolo” XD Cinque punti te li passo, anche perché la mia è stata un’uscita davvero idiota XD

Clown: wow, una classicista come me! Aiuto! XD “Scrivi divinamente”, accidenti se questo non è un commento da palpito! Ed eccoti il seguito, anche se ci ho messo una vita! :D

 

Grazie mille a tutti!

Alla prossima!

~ene

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Devil May Cry / Vai alla pagina dell'autore: Eneri_Mess