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Autore: Matih Bobek    07/02/2015    2 recensioni
Una lunga elegia divisa in quattro parti che verte su due mondi distanti che entrano in contatto; due visioni opposte e complementari che si sfiorano appena prima di crollare inermi; un amore a senso unico, mai corrisposto.
Per la composizione di questa poesia, ho preso spunto da "la Sirenetta" dello scrittore danese Andersen e dalla teoria moderna elaborata su di essa.
Genere: Poesia, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
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Elegia sul mare e sulla terra 

           I

Assopito, giaccio sul fondo
tra alghe e lacrime
col cuore sepolto
tra le sabbie.
L'oceano danza col mio respiro
e le mie dita, le mie mani
solleticano azzurre le correnti.
La schiuma delle onde copre
di spuma le mie parole,
e il mio canto
è preda delle stelle.
Tra i flutti delle acque,
cerco disperato
una goccia di sole
che illumini il tuo volto.
E tu sei lì,
aldilà dello specchio marino,
in bilico sulla linea
che separa i nostri mondi
scintillanti di azzurro:
inzuppato d'acqua, il mio
di violento respiro, il tuo.
Sei lì,
danzi timido in una giostra ubriaca;
sento parole pastose, le tue,
scivolare lente e pallide, e
spezzarsi le risa, le loro
cadendo inermi sulla riva.

            II

Son vivo.
 Mi dimeno sul fondo
scagliando violento parole
contro l'umida roccia.
L'anima dentro esplode,
e si estende:
vuole te.
L'oceano infuria con le mie grida
e stende il suo manto silente
sulle mie note spezzate.
Il battito del mio cuore
è lo scalpitìo di  cavalli indomati.
Le onde mi scuotono,
folli di frenesia,
e falliscono nell'annegare
il ricordo di te.
E dal sole non più 
una scintilla
scivola
che illumini il tuo nome.
eppure sei lì...
regna il silenzio nella tua cattedrale
e il mio tempio in macerie
 mi toglie il respiro.
Ti sento flebile pestar
la sabbia, e io
con le mie parti, 
tutte, tendo
verso te, sfioro
appena il limite,
tocco la superficie e 
lo sento,
il tuo sguardo,
su me,
adagiato,
come piume sul
selciato.

                     III
Ti vedo. Mi vedi.
Non c'è pace nel cielo opaco
che possa spegnerci.
Non c'è battaglia
tra le fauci dell'oceano
che possa piegarci.
Eppure muoriamo:
sanguino e cado sulla piega
delle tue labbra,
e nel nero del tuo sguardo,
non conosco vita.
Perdi i contorni,
sfumi in un pianto,
mentr'io
disperdo nel vuoto
un'ultima nota:
" non lasciarmi mai".

Mi lascio inghiottire
nel silenzio di un oceano
che non conosce quiete.

                         IV

Morto.
Son sepolto qui, sul fondo
col cuore impastato 
di lacrime e sabbia.
L'ocano culla i miei dolori,
con l'avanzare suo pacato
e l'anima giace domata;
ora ricalca i contorni
del tuo viso
con l'argento della luna.
Ancorato ai fondali marini,
non conosco fuga,
nè alcuna gloria,
senza te.


Innanzitutto, grazie per l'interesse dimostrato per il mio componimento. Secondo poi, sarei veramente lieto di leggere qualche commento, recensione o  critica costruttiva: ho intenzione di prendere parte ad un certamen poetico e ho bisogno di qualche consiglio sulla validità di questa poesia. Ovviamente, contraccambio volentieri.
Ringrazio in anticipo chiunque sarà così gentile da lasciare anche solo una frase.

Saluti.
   
 
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