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Autore: SmileGiveMeFive    07/02/2015    1 recensioni
Sherlock adolescente alle prese con una natura considerata sbagliata. Un incontro poco casuale che lo turberà e aiuterà a diventare ciò che è.
Warning: la storia tratta il tema dell’omosessualità; se la questione vi turba o infastidisce, non leggete. Iniziale descrizione di atti di bullismo e accenni di violenza.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro personaggio, John Watson, Sherlock Holmes
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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A N.




Non l'ho chiesto io






Il giovane Sherlock era solito passare la ricreazione in classe, ma una penna “dimenticata” sul termosifone era scoppiata, sporcandogli viso e camicia. Non particolarmente turbato si era recato in bagno per darsi una pulita. Ci teneva ad essere in ordine per l’ora di chimica.
Si stava insaponando la fronte quando sentì una morsa afferrargli il coppino e piegargli violentemente la testa all’indietro. Lo specchio rifletteva il suo volto e quello di Nicholas. Alle sue spalle sentì sghignazzare altri due ragazzi.

“Che brutta cera, Holmes! Ti conviene darti una pulita altrimenti il club dei finocchi ti escluderà.”

E giù a ridere come idioti.

“Ehi Nic, non toccarlo troppo ché ti prendi la malattia dei froci” rincarò la dose uno degli amici.

Sherlock digrignava i denti e tentava di liberarsi dalla presa, ma il bullo aveva una forza eccezionale. Dopo minuti di sopportazione i crampi al collo divennero  insostenibili e a Sherlock sfuggirono  un paio di lacrime. Dannate traditrici.
Il volto di Nicholas si deformò in un ghigno sadico e compiaciuto. Allentò la presa sul collo del ragazzino. Sherlock si sentì umiliato. Avrebbe dovuto rispondergli a tono, ma i tempi delle deduzioni usate come coltelli sarebbero giunti solo tra qualche anno.
Pensò che il rituale di scherno fosse concluso finché non si ritrovò la fronte schiacciata contro lo specchio. Quest’ultimo crepato e la sua pelle sbucciata e sanguinante.
“Nulla di grave” concluse subito. Una frazione di secondo dopo il colpo, lo valutò come un danno superficiale. Doloroso, ma privo d’implicazioni. Non poteva permettere che il suo cervello subisse danneggiamenti o la sua vita avrebbe perso quel poco di significato che aveva.
Sherlock si lasciò cadere a terra, gemendo penosamente.

“Siete la feccia del mondo” sputò fuori rabbioso contro il pavimento.

I tre bulli risero sguaiatamente e uscirono dal bagno, per grande sollievo della vittima. Sherlock si sedette contro il muro in cerca di sostegno, ma la fredda parete gli restituì soltanto un fremito. Con le braccia si cinse le gambe e tentò di analizzare freddamente ciò che era appena successo, come avrebbe fatto Mycroft.
Poggiò la testa sulle ginocchia, ma non appena il taglio sfregò sui jeans e bruciò, ricordandogli quanto in realtà fosse debole, pianse. La campanella segnò la fine della ricreazione. Sherlock pianse fino a perdere la cognizione del tempo, versando in quelle lacrime la rabbia e la frustrazione, la tristezza e la buona fede.
Si alzò incerto e fissò la sua immagine nello specchio: gli occhi arrossati e sfiniti, come avrebbe rivisto solo una seconda volta, in un futuro neanche troppo lontano, a causa di una sostanza che porta via i pensieri peggiori al prezzo di logorare quelli belli. Si osservò, analizzò e, infine, disprezzò con tutto se stesso.  In quello specchio, quel volto, era schifosamente lui.
Non aveva chiesto di essere gay. Non aveva desiderato quella natura. Non aveva voluto lui quella vita. Portò un dito sull’escoriazione e fece pressione. Bruciava dannatamente, ma non lo sollevò.

Il cuore mancò un battito quando un uomo sulla trentina spalancò la porta del bagno e vi entrò. Salutò il ragazzo cordialmente e quando notò il taglio sulla fronte si offrì di medicarglielo.
Sherlock dedusse che fosse un bidello nuovo, single, ma con figli. Il taglio alla David Guetta non gli donava particolarmente.

“Non si preoccupi, non è niente” tentò di sminuire il ragazzo. L’uomo senza rispondere prese uno sgabello ed il kit di primo soccorso dallo sgabuzzino. Sherlock si accomodò, destabilizzato dalla sincera cortesia dell’uomo.

“Lei chi è? Non mi pare di averla mai vista” indagò il ragazzo mentre veniva medicato.

“Il mio nome è Nazareno. Il nuovo bidello, ma solo per oggi” gli rispose sorridente.

“Dove lavora di solito?”

“In tutti i posti che puoi immaginare.”

Sherlock fece una smorfia, stranito.

“Mi sembra alquanto improbabile” azzardò.

“Ma non impossibile” ridacchiò il bidello.

“Mi sta dunque dicendo che lei è una sorta di bidello nazionale?”

“Pensa più in grande.”

“Mondiale?”

“Ci sei quasi.”

“Universale?”

“Esatto.” Nazareno sorrise notando lo spudorato scetticismo dello scolaro. “Quando qualcuno sporca io pulisco, quando qualcuno rompe io aggiusto e se qualcuno ferisce io guarisco. L’adolescenza è un periodo crudele , ma lo supererai con successo e diventerai un grande uomo.” Inspirò. “Ecco, ho finito!” esclamò applicandogli il cerotto.
Sherlock lo ringraziò, educato come non era mai stato. Quell’individuo lo incuriosiva.

“Se dovessi trovare nel corridoio quei tre, sarò lieto di scambiarci due parole” disse Nazareno.

“No, la prego!” Sherlock s’irrigidì. “Voglio arrangiarmi. Ma grazie comunque.”
Ne andava del suo orgoglio.
Nazareno annuì e fece per andarsene, ma Sherlock lo fermò: “Nazareno! Un’ultima cosa… come fa ad essere certo che diventerò un grande uomo?”

“Perché un padre ha sempre grande progetti per i propri figli.” Così rispose e porse al ragazzo una lettera. “Conservala e aprila il Natale più bello della tua vita.”

“Io odio il Natale.”

“Lo so…”
Un improvviso rumore di vetri rotti fece voltare Sherlock. Lo specchio era caduto frantumandosi. Quando si girò, però, l’uomo se n’era andato. Il ragazzo passò le settimane seguenti ad indagare, ma nessuno sembrava saperne niente.

Passarono i mesi e passarono gli anni. Tempo che lo rese il detective più famoso del mondo. Recentemente si era dovuto improvvisare spia, testimone di nozze e assassino. Aveva riaccolto John a Baker Street dopo il divorzio con Mary e col senno di poi il dottore si era dichiarato e Sherlock aveva annuito e risposto con un laconico ‘idem’.
Otto mesi dopo, alla vigilia di Natale, il detective se ne stava seduto sulla poltrona ad osservare gli invitati al cenone chiacchierare amabilmente. Poi si alzò, mangiò e festeggiò. Moderatamente, ma lo fece. E non fu un peso, anzi. Verso mezzanotte la casa si svuotò. John si avvicinò al suo compagno e, tenendo con una mano il vischio sopra le loro teste, gli rubò un bacio. Sherlock protestò energicamente, ma, non appena il blogger si dileguò in cucina, sorrise sornione.
Capì che poteva finalmente  aprire quella lettera.
Corse in camera caoticamente e la osservò a lungo. Era rimasta nel cassetto per un’infinità di tempo. Sfiorava la carta con delicatezza, colto da un’insolita malinconia. E timore. Ma solo poco poco. Infine la curiosità prevalse e Sherlock si decise ad aprirla: ne rimase sconvolto.

“C’è qualcuno per tutti, Dio non lascia solo nessuno. Spero che lui possa aver ripagato tutte le sofferenze che hai dovuto sopportare.

Con affetto

Il Bidello Universale”

Al foglio era allegata una foto che ritraeva lui e John, con indosso gli stessi abiti di quella sera. John entrò nella stanza e Sherlock sussultò.
“Oh oh, non pensavo fosse possibile cogliere di sorpresa il grande Holmes!” ridacchiò canzonatorio il dottore. “Guarda che belle foto ho scattato stasera.”
John si accomodò sul letto accanto a Sherlock e gli mostrò entusiasta le foto nella macchinetta digitale. Il moro le guardò scorrere assente finché la sua attenzione non fu catturata dalla stessa immagine che lo aveva tanto sconvolto.

“Bella, vero? E’ opera di Molly. Incredibile che ti sia sforzato di sorridere. La stamperò formato poster!” e gli schioccò un bacio sulla guancia.

“Impossibile…” Sherlock fissava basito il vuoto. Farfugliava frasi sconnesse che preoccuparono il compagno. Nel palazzo mentale era scattato l’allarme, qualsivoglia spiegazione razionale fu invalidata.

“Se non vuoi non la faccio stampare” tentò di rassicurarlo il biondo, confuso.
Il detective si scervellò fino all’esaurimento, ma alla fine dovette arrendersi. E gli si scaldò il cuore. D’impulso afferrò John per un braccio e lo trascinò in soggiorno, coinvolgendolo in un magico valzer di mezzanotte. Il dottore giustificò quegli insoliti slanci affettuosi con il ponce alcolizzato da Gregory. A tutti gli effetti Sherlock dava l’idea di essere brillo.

E mentre danzavano leggeri ed innamorati, con lo sguardo incatenato a quello dell’altro , Sherlock nella sua mente ribadì per l’ennesima volta che Dio e la religione fossero questioni prive di fondamenta razionali e pertanto illogiche, però…
E quel “però” valeva più di mille parole.


















Sproloquio d'autrice:
Grazie di cuore a chiunque abbia letto, spero vi sia piaciuta

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