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Autore: quellichenonsannosognare    08/02/2015    1 recensioni
"Ezra aveva sorriso e si era avvicinato lentamente alle labbra di Logan, come per dargli il tempo di scappare se non l’avesse voluto.
Solo che Logan non voleva scappare.
Era scappato da troppe cose nella vita: dai nazisti, da sé stesso, dalla sua famiglia…era stufo di scappare.
Fu il primo bacio che avesse mai ricevuto: fu lento, caldo e umido, proprio come lo aveva sempre immaginato.
Fu la risposta a tutte quelle sue domande."
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~Logan passò le dita sulle morbide labbra del ragazzo che dormiva accanto a lui.
Era appoggiato al suo petto, con una mano sul suo fianco e un espressione quasi serena in viso.
Non l’aveva più visto così sereno da quando era iniziata la guerra.
Qualche sorriso, uno spruzzo di risata qua e là, qualche momento felice quando si coccolavano, ma non c’era più l’espressione innocente che lo caratterizzava prima dell'inizio di tutta quell'assurdità.
I lineamenti del suo viso perfetto ora si contraevano ogni volta che qualcuno nominava le parola “ebreo” o “omosessuale”.
Le giornate erano diventate così buie e tristi che spesso Logan si chiedeva se il loro amore esistesse realmente o fosse solo un sogno dal quale avevano paura di svegliarsi e a volte si spaventava pensando che forse, lo credeva sul serio.
Ma ora in quel letto, col suo corpo così vicino, così caldo e con quella pelle così morbida e infantile tanto da sembrare quella di un ragazzino, gli parve impossibile potesse essere solo un sogno.
Gli accarezzò la guancia ammirandone il viso ariano, così diverso dal proprio e sorrise pensando alla prima volta che si erano incontrati.


Era il 1939. Il dominio di Hitler era già iniziato e la stella gialla era incollata a tutte le sue divise di scuola.
Non fu una di quelle tipiche "belle giornate" nelle quali accade qualcosa di grandioso, a dire la verità.
Fu il giorno in cui scoprì quanto effettivamente facesse schifo quel mondo:
Era entrato in un locale vietato agli ebrei e il proprietario lo aveva picchiato a sangue.
Al momento non aveva capito esattamente del perché di tutto quel dolore.
Sapeva di essere un ebreo e si chiedeva cos’avessero gli altri che lui non aveva.
Se l’era chiesto tante di quelle volte che alla fine ci aveva rinunciato.
Ogni volta che ripensava a quel giorno riusciva a ricordare il dolore allo stomaco dovuto ai calci, il ruvido e freddo pavimento sotto la sua testa e il sapore del sangue che gli sgorgava sulle labbra come un piccolo ruscello, color scarlatto.
E allora era arrivato lui.
Per pochi secondi Logan aveva pensato di essere morto, perché quello doveva essere per forza un angelo: occhi così azzurri da fare a gara col cielo e un viso incorniciato da corti capelli biondi, così chiari che al contrasto con la luce sembravano bianchi.
E per un momento aveva pensato che quel ragazzo fosse lì proprio per prendere lui, perché quegli occhi così sinceri si erano posati sui suoi e a Logan era sembrato quasi che lo stessero rassicurando.
Poi aveva notato la divisa da soldato e allora aveva pregato Dio di morire.
Perché non voleva vivere in un mondo del genere.
Non voleva vivere in un mondo dove gli uomini si dividono in razze come cani e muoiono come animali.
Il proprietario e il soldato si erano scambiati poche frasi, ma il ragazzo dai capelli biondi era rimasto così impassibile alle parole del commerciante che per un attimo il sangue si era raggelato nelle vene di Logan.
Il soldato lo aveva portato fuori dal negozio e senza dire una parola lo aveva condotto in un piccolo appartamento in una soffitta.
Logan tremava come una foglia ed aveva il viso ricoperto di croste di sangue secco.
Lo aveva fatto sedere su quel letto, proprio su quel letto che ora condividevano.
-Come ti chiami?- aveva chiesto il biondo inginocchiandosi davanti a lui con un panno bagnato in mano.
Logan non aveva risposto e aveva voltato la testa per allontanarlo da sé.
L’ariano aveva riso e: -Non ti voglio fare niente, dimmi come ti chiami…-
Allora Logan lo aveva guardato negli occhi.
Erano di un azzurro impressionante, come i riflessi dell’acqua trasparente colpita dal sole e con due cerchi più scuri alle estremità.
E avrebbe voluto rispondergli acidamente, avrebbe voluto sputargli in faccia e urlare che per colpa della sua gente molti suoi amici erano morti, ma quegli occhi glielo impedirono.
-Logan- aveva risposto invece mentre il ragazzo aveva iniziato a pulirgli il viso.
Faceva male, ma non disse nulla.
-Io sono Ezra- aveva sorriso il soldato continuando a pulirgli le ferite –Quanti anni hai?-
-Diciasette…- e le parole gli erano uscite dalla bocca senza nemmeno pensarle.
Ezra aveva sorriso mentre le guance di Logan prendevano fuoco.
-Abbiamo la stessa età- aveva detto tristemente.

Possibile che due ragazzi della stessa età dovessero trovarsi in situazioni così opposte?
Possibile che due ragazzi di vent'anni fossero costretti l'uno a nascondersi e l'altro a impugnare un fucile come fosse un giocattolo, rischiando la vita?
Erano pronti a morire?


Avevano iniziato a vedersi una volta a settimana secondo uno schema impreciso, tranne quando Ezra era costretto ad allontanarsi per qualche tempo, ma quando tornava, Logan era sempre pronto ad andare a trovarlo.
Non avrebbe saputo spiegare, allora, il perché avesse così bisogno di sapere che non era morto, di vederlo sorridere, di sapere che stava bene, di avere anche un minimo contatto con quella pelle così stranamente perfetta e di sapere che anche lui era felice di vederlo.
-Sei fidanzato, Logan?- aveva chiesto una volta Ezra ridendo mentre parlavano del più e del meno.
Logan era diventato rosso e aveva scosso la testa mordendosi il labbro inferiore.
-No- aveva balbettato.
-Non ci credo, sei molto bello- aveva insistito il biondo avvicinandosi sempre di più –Devi esserlo per forza!-
-I-io...No!- aveva ripetuto il ragazzo esasperato.
Ezra aveva sorriso e si era avvicinato lentamente alle labbra di Logan, come per dargli il tempo di scappare se non l’avesse voluto.
Solo che Logan non voleva scappare.
Era scappato da troppe cose nella vita: dai nazisti, da sé stesso, dalla sua famiglia…era stufo di scappare.
Fu il primo bacio che avesse mai ricevuto: fu lento, caldo e umido, proprio come lo aveva sempre immaginato.
Fu la risposta a tutte quelle sue domande.

Poco tempo dopo avevano iniziato a vedersi sempre più spesso e i loro baci erano diventati sempre più lunghi, le loro carezze sempre più spinte e la testa di Logan aveva iniziato a pensare al corpo di Ezra in altri mille modi, dei quali spesso si vergognava.
E probabilmente non era giusto, ma a nessuno dei due importava, perché niente di ciò che succedeva intorno a loro era giusto.
Né Logan né Ezra avrebbero mai potuto dimenticare quella loro prima volta, neanche dopo mille anni, neanche dopo mille altri.
Il soldato era così nervoso che sembrava sull’attenti, pronto a un ordine e la sua pelle bianca sembrava addirittura più chiara delle stesse lenzuola.
Logan aveva sorriso come per rassicuralo e Ezra aveva risposto con un mezzo sorriso incerto.
-Se non vuoi- lo aveva rassicurato il moro mettendogli una mano sulla spalla e stupendo sé stesso –Non dobbiamo farlo oggi…-
Il biondo lo aveva guardato e l’altro aveva notato quanto nei suoi occhi ci fosse la consapevolezza di quello che stavano facendo.
-Ma io voglio te, Logan- aveva risposto Ezra prendendogli il viso tra le mani e baciandolo dolcemente.

Due settimane dopo i genitori di Logan erano stati deportati.
Probabilmente avrebbero dovuto portare via anche lui, ma non erano riusciti a trovarlo.
Era rimasto da Ezra tutto il pomeriggio, perché quello era uno dei suoi pochi giorni liberi.
Quando era tornato a casa aveva trovato tutto a soqquadro e aveva capito cosa fosse successo.
Non ricordava esattamente quanto tempo fosse restato fermo a fissare il divano ribaltato e i quadri rotti a terra, come se sperasse che da un momento all’altro tutto tornasse normale.
Era la sera del 23 Settembre del 1942 e un ragazzo dai capelli ricci bussava insistentemente alla porta di una piccola soffitta.
-Logan?- Ezra aveva aperto la porta stropicciandosi gli occhi –Che ci fai qui?-
Non erano abituati a vedersi di sera…o almeno non senza preavviso.
Logan scoppiò a piangere.
-Li ho abbandonati- aveva detto buttandosi tra le sue braccia e nascondendo il viso nell’incavo del collo dell’altro –Li hanno portati via e tra poco toccherà anche a me…-


Logan si morse il labbro continuando a guardare il viso di quel ragazzo che solo due anni prima lo aveva salvato dalla deportazione e che ora lo salvava un po’ ogni giorno.
Ormai la loro vita era diventata così assurda...
Tutte le sere Ezra tornava a casa da Logan e si baciavano a lungo, come se temessero di essere staccati da un momento all’altro.
Poi a volte il soldato non tornava per giorni e Logan pativa la fame e l’amore, sdraiato sul loro letto, immobile, in attesa che il ragazzo tornasse e lo baciasse ancora.
E poi c’era la paura, la terribile paura di perderlo e quella di essere scoperti.
A volte si metteva a leggere.
Amava leggere e Ezra lo sapeva.
Gli portava libri proibiti, quelli che avrebbe dovuto bruciare, ma che in fondo, pensava Logan, non lo meritavano.
Più li leggeva più capiva perché fossero stati vietati.
I protagonisti erano ragazzi o avevano amici ebrei, parlavano di uguaglianza e di quanto spesso la gente fosse influenzata dai pregiudizi.
Parlavano di troppa realtà e questo non andava bene in una società basata sulla menzogna.
Logan  passò una mano tra i capelli di Ezra e sorrise.
Era bello poterlo vedere così rilassato, così a suo agio con sé stesso, come invece non lo era da sveglio.
Ogni volta che si baciavano o si toccavano, il senso di colpa si leggeva chiaro negli occhi del giovane tedesco.
Odiava qualsiasi cosa che potesse mettere in pericolo Logan, ma nonostante capisse di essere quella cosa, non aveva il coraggio di lasciarlo.
Si sentiva egoista, ma non è forse l’amore la forma più pura dell’egoismo?
-Logan- biascicò Ezra mentre i suoi occhi si aprivano lentamente, impastati dal sonno.
Il bruno sorrise e lo baciò sulla punta del naso.
-Buongiorno- gli sussurrò all’orecchio.
Il biondo si girò in modo di poterlo guardare negli occhi e esclamò ridacchiando: -Buon Natale-
Logan sorrise tristemente perché si, era Natale e lui non lo sapeva.
-Buon Natale- balbettò cercando di fingere un sorriso.
-Ti ho fatto un regalo- esclamò Erza alzandosi di scatto e coprendosi con un cuscino sgualcito.
Logan rise osservando quell’angelo mezzo nudo che frugava nell’armadietto sopra il lavandino.
Finalmente tirò fuori un fagottino e lo porse al ragazzo che lo guardava incuriosito.
-Cos’è?- chiese Logan inclinando leggermente la testa, nel vano tentativo di capire cosa avesse tra le mani.
Ezra rise intenerito e si ristese accanto a lui -Aprilo-
Il moro srotolò il fagottino e spalancò gli occhi, mentre una scossa di felicità gli percorreva lo stomaco, la schiena, le mani.
-Pane!- esclamò esaminando la pagnotta che aveva tra le mani.
Era da molto tempo che non mangiava del pane decente, ricordò, quello secco e inzuppato nell’acqua per renderlo meno duro era il migliore che Ezra potesse permettersi e Logan non si lamentava.
Il soldato rise addolcito da come Logan riuscisse ad essere felice con così poco.
-Si, è ancora morbido e…bhe l’ho preso per te- disse dolcemente.
Logan sorrise: non poteva pensare a qualcosa di meglio che stare accanto al ragazzo che amava e avere qualcosa di buono da mettere sotto i denti
Spezzò il pane dandone un pezzo a Ezra e lo guardò sorridendo dolcemente.
Chi aveva detto che due ragazzi non potessero amarsi con la passione di un uomo e una donna adulti?
Eppure Ezra non gli diceva spesso ‘ti amo’, né gli portava fiori come faceva una volta suo padre con sua madre prima della guerra, ma che importava quando ti guardava come se fossi stata la cosa migliore che gli fosse mai capitata?
Ripensò ai suoi genitori con un pizzico di malinconia e molto dolore.
-Grazie- disse finalmente dando il primo morso al suo pezzo di pane –Come l’hai avuto?-
Ezra si morse il labbro. –Oh bhe…niente di che…- ma allo sguardo sbieco di Logan scoppiò a ridere e alzando le spalle ammise: -Diciamo che ho dovuto vendere qualche cosetta…-
Il moro sorrise e scosse la testa chiedendosi per la millesima volta se quello non fosse amore e se il suo di amore non fosse incredibilmente supido.
-Oggi resterai con me vero?- chiese in fine, come in una preghiera.
Ezra scosse la testa sconsolato staccando un pezzo di pane coi denti.
-Non posso fermarmi - esclamò senza guardarlo –Siamo in guerra…e potrebbero sospettare qualcosa…-
Logan lo guardò bloccandosi quasi come se il freddo di quella stanza l’avesse ghiacciato.
Aveva già finito il suo pezzo di pane e nonostante nel suo stomaco ci fosse ancora un grande vuoto da riempire, non aveva più fame.
Tremò stringendo le lenzuola tra i pugni e si rannicchiò sul bordo del letto.
Da dietro Ezra riusciva a vedere la sua schiena, tanto magra da potergli contare tutte le vertebre.
Una fitta di colpevolezza lo attaccò al petto. Prendersi cura di Logan era diventata ormai una priorità per lui e non si poteva certo dire lo stesse facendo bene, ma non poteva fare altro.
Aggrottò la fronte e si mise in ginocchio accanto a lui. –Ehi…che c’è?-
Logan scosse la testa.
-È Natale, Ezra- sospirò passandosi una mano tra i capelli tagliati a casaccio con la forbice arrugginita che aveva trovato nel cassetto –È Natale e io neanche lo sapevo, è Natale e non posso passarlo con te, è Natale e non posso farti un regalo…è Natale e non so quanti ce ne saranno dopo…-
Due lacrime gli percorsero le guance finendogli tra le fessure delle labbra screpolate: lui e i suoi genitori avevano sempre festeggiato Natale nonostante fossero ebrei e gli mancava quell'atmosfera d'amore che si formava ogni anno nella cucina della loro piccola casa, con sua madre che cucinava cantando canzoni sul Natale tedesche e suo padre che accendeva la radio e la invitava a ballare. 
-È Natale ed è solo un altro giorno morto…- concluse mentre quella singola lacrima gli scivolava dalle labbra e gli finiva sulla lingua.
Erano salate, amare...
Ricordò che sua madre diceva che dal sapore delle proprie lacrime si possa capire perchè si stà piangendo; e lui quella frase non l'aveva mai capita, ma la teneva comunque a mente.
-Logan…-  Ezra gli prese le mani, come se avesse voluto riscaldargliele –Io non voglio un regalo- rise, ma quella risata risultò distaccata e malinconica –Io ho già te…e sei vivo…stiamo bene…cosa potrei desiderare di più al mondo?-
Logan lo guardò negli occhi, sentiva di dover dire qualcosa…
-Ci sarà mai un giorno in cui gente come noi potrà camminare per le strade?-chiese e si asciugò le lacrime con il dorso della mano –Perché mi piacerebbe poterti prendere per mano senza che qualcuno voglia la nostra morte-
Gli occhi di Ezra si fecero lucidi.
Gli prese il viso tra le mani e gli asciugò le lacrime col pollice, mentre il labbro iniziava a tremargli leggermente.
Era quello l’amore, pensò Logan, l’amore era prendersi cura l’uno dell’altro, ignorando di essere i primi a stare male.
-Ci sarà un giorno- gli sussurrò sorridendo con le lacrime agli occhi, mentre la voce gli si inclinava –In cui la gente si amerà per ciò che è e non per il sesso che ha- lo baciò –E magari non vedremo mai quel giorno, ma ci sarà gente che lo vedrà e sarà felice-
Logan rise mentre le lacrime continuavano a segnargli il viso.
Avevano bisogno di quelle risate, di quell’innocenza in un mondo che gli dava la caccia.
Posò le sue mani su quelle del soldato e: -Ti amo- gli sussurrò deglutendo le lacrime –E lo farò fino alla morte-
Ezra appoggiò la propria fronte a quella del compagno.
-Che arriverà molto tardi- gli baciò il naso –Perché tu non morirai finché ci sarò io a proteggerti-
E Logan dimenticò completamente che quello era il terzo Natale senza la sua famiglia, che era il quinto Natale non festeggiato, perché sarebbe stato ore in quella posizione senza muoversi, sarebbe stato tutti i Natali della sua vita tra le braccia del suo soldato, senza un regalo, ma solo con quei lunghi baci rubati la sera e quegli occhi a cui non importava della razza o della religione.
Ezra sorrise sulla labbra di Logan e lo strinse a sé.
-Non tutti gli angeli hanno gli occhi azzurri- sussurrò.


5 maggio 1995

Logan passò le dita sulla fredda superficie della foto appesa alla parete.
Era una foto vecchia, piccola, in bianco e nero, eppure riusciva ancora a scorgere un guizzo azzurro nelle iridi grigie del ragazzo raffigurato nella figura.
Erano passati così tanti anni che pensava di non poterlo più ricordare, ma le immagini restavano vivide nella sua mente, come un film rivisto milioni di volte.
-Ezra- sussurrò passando un dito sulle labbra disegnate della figura.
Quel giorno il museo in memoria dei ribelli caduti in guerra era aperto per celebrare il cinquantesimo anno della liberazione di Mauthausen.
Della sua liberazione.

Il 3 gennaio del 1945 un gruppo di quattro nazisti aveva fatto irruzione nell’appartamento di Ezra mentre loro ancora dormivano.
Li avevano svegliati bruscamente, tirati via dal letto strattonandoli e li avevano caricati su un furgone per poi portarli alla ferrovia.
Il moro tremava come un bambino e nonostante cercasse di nasconderlo con tutte le sue forze, Ezra lo aveva notato.
-Logan- gli aveva sussurrato il biondo prendendogli una mano e stringendola forte –Sii forte, fallo per me, sii il mio angelo-
Logan aveva annuito rimandando in dietro le lacrime e stringendogli più forte la mano.
Non avevano pianto.
Si erano limitati a tenersi stretti e a scambiarsi qualche sguardo e qualche sorriso d’incoraggiamento
Arrivati alla stazione li avevano separati e quello era stato era stato il momento più straziante.
Logan era salito su un treno pieno di uomini, donne e persino bambini, ammassati l’uno contro l’altro.
Li aveva guardati e loro avevano guardato lui.
Occhi spenti, sguardi bassi, la luce era scomparsa da ogni angolazione la si volesse cercare.
Per un secondo si era chiesto del perché di tutto quel dolore, ma il pensiero era tornato subito a Ezra.
Quando avevano chiuso il portellone il moro aveva sussultato e si era affacciato al piccolo foro dal quale entrava l’aria.
Ezra lo guardava dal marciapiede.
Era impassibile, come la prima volta che si erano incontrati, ma dai suoi occhi traspariva il dolore che stava provando.
Logan aveva sempre pensato che quegli occhi fossero troppo chiari per riuscire a nascondere le sue emozioni.
-Ezra- aveva sussurrato per poi gridarlo, perché il suo peggior incubo si stava avverando.
Il ragazzo aveva stretto i denti e chiuso gli occhi.
Logan provò un moto di disperazione, così grande come non lo aveva mai provato.
Non avrebbe mai più rivisto quel ragazzo dagli occhi azzurri, non avrebbe più sentito i suoi abbracci, le sue carezze, le sue parole…
Il treno era partito e l’immagine di quell’angelo si era fatta sempre più sfocata, dalle lacrime e dalla nebbia.
Quando ormai erano troppo lontani per vedersi sentì gridare il suo nome e non fu la sua immaginazione, ne era sicuro.
Era Ezra che gli gridava il suo addio, il suo amore, la sua rabbia per quel mondo così ingiusto.
Subito dopo grida indistinte e due spari.
Il rimbombo dei colpi.
Poi il silenzio.
Un silenzio assordante.
Era scoppiato a piangere si era rannicchiato in un angolino del treno sperando per la millesima volta di morire.
Ma purtroppo non era successo.
Dio doveva proprio odiarlo, aveva pensato.
L’avevano deportato a Mauthausen, in Austria, lontano da casa e lontano da Ezra.
Ma probabilmente sarebbe stato lontano da Ezra in qualunque luogo della terra.
-Se solo tu fossi venuto con me- sussurrò Logan continuando a fissare la fotografia con sotto la targhetta “Morto prima della deportazione, aveva cercato di ribellarsi ai soldati del SS”.
Sospirò e si allontanò dalla parete dirigendosi verso l’uscita del museo.
In tutti quegli anni non era mai restato solo, nonostante tutta la sua famiglia fosse scomparsa e l’unico ragazzo che avesse mai amato fosse morto.
In seguito aveva amato tante altre persone,  ma le loro storie erano tutte finite in fretta, perché non poteva amare nessuno come aveva amato Ezra e nessuno poteva amarlo allo stesso modo.
Aveva scoperto della morte del soldato cinque anni dopo la sua liberazione dal campo, dopo aver cercato ovunque sue notizie.
Era tornato al loro appartamento sperando di rivederlo, bello come un angelo e libero, su quel letto che avevano sempre condiviso.
E invece aveva trovato solo tristi ricordi, odore di muffa e un libro che non aveva mai notato.
Lo aveva aperto e ci aveva trovato dentro una lettera indirizzata a lui.

“Caro Logan” cominciava “Inutile dire che in questi anni ti ho amato con ogni fibra del mio corpo.
Ti ho amato come non ho mai amato nessuno, ammesso che io abbia mai amato qualcuno che non fossi tu. Il tempo passato insieme è stato così corto ed è passato così in fretta che non ho avuto nemmeno il tempo di contarlo. So che mi hai amato e che per tutto questo tempo non hai fatto altro che avere paura per noi due. Anche io ne ho avuta e ne ho ancora, non immagini quanto. Spero che un giorno troverai questa lettera e che tu possa perdonarmi.
La realtà è che io sapevo che sarebbero venuti a prenderci prima o poi. Gli indizi erano così ovvi che non potevano fare altrimenti. Ho deciso di non dirtelo perché ormai non c’era più niente da fare, non potevo salvarti, non potevo salvare me stesso e mi sento così in colpa.
Non volevo che tu passassi i nostri ultimi giorni insieme con la paura che qualcuno potesse bussare alla porta e portarci via.
Ne hai avuta così tanta in tutto questo tempo che credevo di aggiungerti solo un peso.
Sei così fragile, eppure così forte.
Mi sono innamorato di te fin dal primo momento che ti ho visto su quel pavimento, pieno di sangue e rannicchiato su te stesso.
Mi sono chiesto del perché non stessi piangendo, del perché cercassi di stare zitto nonostante tutto il male che ti stavano facendo.
Ti ho guardato e tu hai ricambiato il mio sguardo quasi con sfida, come a dire che tu eri quello e non potevi cambiarlo.
So per certo che ci separeranno, che non potremmo più vederci e non posso sopportarlo.
Si dice che i campi di concentramento siano campi di lavoro…non è affatto così.
Ed ecco la seconda verità che ti ho nascosto.
Una volta mi hai chiesto cosa facessero le persone in quei campi e io ti ho risposto che erano solo dei campi di lavoro e che poi gli ebrei venivano rimandati a casa dopo un lungo periodo di lavoro forzato. Mi fa quasi piangere il fatto che tu mi abbia sempre creduto.
Mi odio per questo. E spero tu non mi odierai tanto.
Non voglio vivere in un mondo in cui tu non ci sei e non so chi mi ucciderà prima, se i campi nazisti o se sarò io stesso.
Ti amo così tanto Logan e ti amerò sempre.
Mi fa quasi ridere quante volte te l’ho ripetuto in questa lettera e quanto invece mi spaventi dirtelo in faccia…ma ti amo.
Con affetto
Ezra”

Sospirò e si rimise in tasca la logora lettera.
L’aveva letta così tante volte che avrebbe potuto dirla a memoria, ma era sempre bello e doloroso rileggerla.
Gli bruciava la pelle quando la riprendeva tra le mani e gli ustionava gli occhi ogni volta che arrivava a quel “Ti amo”.
Si sedette su una panchina proprio davanti al monumento dei caduti e si guardò intorno.
Quel parco gli piaceva particolarmente.
Era piccolo, nascosto e quasi sempre vuoto.
Gli somigliava molto.
-Logan?-
L’uomo si girò e spalancò gli occhi.
-E-ezra?- balbettò mentre il labbro inferiore iniziava a tremargli.
Il ragazzo biondo in piedi accanto a lui rise.
Non ebbe alcun dubbio che potesse essere qualcun altro.
Non era cambiato di una virgola dall’ultima volta che si erano visti.
Occhi azzurri, capelli biondissimi e viso da ragazzino.
Aveva ancora addosso la divisa da militare e gli sorrideva con quella dolcezza di cui solo lui era capace.
-Ho sempre amato il modo in cui balbetti il mio nome- esclamò il ragazzo dando un calcio a un sassolino per terra –Quasi come se ogni volta fossi sorpreso di vedermi-
Logan deglutì: -E infatti lo sono-
-Sei stato così infelice in questi anni- sussurrò tristemente Erza mettendosi le mani in tasca.
Logan si morse il labbro e lo guardò negli occhi. –Come avrei potuto essere felice senza di te?-
Il biondo lo guardò severamente.
–Avresti dovuto rifarti una vita- sussurrò –Le cose sono così cambiate…avresti potuto essere felice-
Logan cercò di trattenere le lacrime.
-Forse avrei potuto- esclamò sentendosi stringere lo stomaco –Ma non dopo quello che ho visto…-
Ezra scosse la testa.
-Avresti potuto provare a dimenticare…-
-Dimenticare di cosa?- sbottò Logan quasi con rabbia –Della guerra?Dei campi?Di te?- chiuse gli occhi per poi fissarli nuovamente nei suoi -...mi hai abbandonato Erza…perché l’hai fatto?Perché ti sei fatto uccidere?Tutti ti considerano un eroe ma io…- si mise una mano sul viso -…ma io sono rimasto solo…-
-Logan…- il biondo si sedette accanto all’uomo e gli prese il viso tra le mani asciugandogli le lacrime come era successo quel Natale di tanto tempo prima –Non piangere ti prego…io non volevo lasciarti…non l’avrei mai voluto- lo strinse al suo petto mentre gli accarezzava quei capelli che una volta erano stati di un castano scuro, ma che ora erano striati di grigio –Ma…avevo paura- sospirò –Ero un traditore, non immagini quello che mi avrebbero fatto e non voglio immaginarlo neanche io, ma tu…- gli accarezzò la guancia –Sei stato così coraggioso- fece un sospiro –A volte ci vuole più coraggio a vivere che a morire…-
Logan chiuse gli occhi e sospirò rimettendosi seduto.
-Sapevo che l’avresti detto - sussurrò -Quando sono uscito da Mauthausen ti ho cercato per tanto tempo- gli prese una mano –Eppure sapevo che eri morto…avevo sentito gli spari…ma non riuscivo a convincermi- si toccò il petto –Rimanevi sempre qui dentro…-
Ezra rise: -Nello stomaco?-
Logan ridacchiò e scosse la testa accarezzandogli il dorso della mano.
-Sei sempre il solito- sussurrò –Non sei cambiato…-
Ezra sorrise e gli si avvicinò all’orecchio sussurrandogli: -Tu invece sembri di cinquant’anni più vecchio-
Logan gli accarezzò la guancia e si avvicinò lentamente al biondo.
-Se lo farai- sussurrò Erza a pochi centimetri dalle sue labbra –Non tornerai mai più indietro…-
Logan chiuse gli occhi e annuì.
-È quello che voglio- e senza aspettare si avvicinò al suo soldato e lo baciò.
Fu il primo bacio dopo anni che lo fece rabbrividire.
Sentì qualcosa smuoversi dentro di lui e gli sembrò che improvvisamente tutto in lui mutasse, come se tutte le cose che nella vita l’avessero segnato scivolassero via improvvisamente.
Si staccò dalle labbra di Erza e lo guardò.
Il biondo sorrise ammirandolo.
-Ora sei esattamente come una volta- sussurrò prendendo tra le mani una ciocca dei suoi capelli ora ricci e bruni.
Logan spalancò gli occhi e si guardò le mani, bianche e lisce, come quelle di un ragazzo.
Se le posò sul viso e sorrise non sentendo il peso delle rughe e delle cicatrici.
Ezra si alzò in piedi e gli porse una mano.
-Possiamo finalmente tenerci per mano senza avere paura- gli sorrise dall’alto mentre gli occhi gli si illuminavano.
Logan gliela prese, ancora un po’ incerto sul suo nuovo corpo.
Ezra lo trasse a sé e lo guardò negli occhi.
-Ti ricordi?- gli chiese accarezzandogli una guancia –Non tutti gli angeli hanno gli occhi azzurri-
Logan sorrise e chiuse gli occhi appoggiando la testa al suo petto.
Qualcosa iniziò a formicolare partendo dai piedi fino ad arrivare alla punta delle mani, ma il moro nemmeno volle notarlo.
Dagli occhi di Ezra scese una lacrima e strinse più vicino Logan, come per paura di perderlo ancora.
-Ti amo- sussurrò.
Logan sorrise. –Anche io-
E la loro immagine iniziò a farsi sempre più sfocata, ad annacquarsi, fino allo scomparire.
Fino a lasciare solo il ricordo di due ragazzi che si amavano.
Anche quando il mondo gli andava contro.
Anche quando nessuno li avrebbe mai aiutati.
Perché nessuno ha il potere di separare due persone che si amano.
E a Logan e Ezra non era mai importato della guerra e di tutte le persone che li volevano morti.
Erano solo loro due, contro il mondo.



Angolo autrice:
Buonasera a tutti!Questa è la mia prima fan fiction e spero davvero che vi sia piaciuta.
Se mi lasciaste una recensione per dirmi che ne pensare ne sarei felice e vi ringrazio in anticipo :)
Ringrazio anche una mia amica a cui voglio un mondo di bene e che è stata la prima in assoluto a leggere questa mia storia.
Bhe, che altro?Grazie per aver letto e buon tutto!

 

   
 
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