Terrore. Puro e
semplice.
Una parola
strana, dura, piena, ripetitiva.
Una
spada appesa sulla
testa, un piccolo movimento e ti crolla addosso. Così ti
ritrovi a dover
condividere con lei giorno e notte, non ti abbandona un singolo
istante. Dal momento
in cui la spada si conficca dentro di te diventi fumo, non sei
più un uomo, un
uomo fatto di carne, di pelle. Come un tumore malvagio, il terrore si
impossessa delle tue mani, del tuo cuore, del tuo cervello, estendendo
i suoi
perfidi tentacoli. Si prende gioco di te, ti guarda mentre infetta ogni
più
piccola cellula, ogni più piccolo motivo di
“piacere”.
Ma a lui non
basta distruggere te, no, lui deve distruggere
anche chi c’è
oltre il muro di
inconsistenza.
Ed oltre quel
muro c’è lei.
Ieri. Ora.
Lei e il suo
verde cristallino.
Lei che piange
per te.
Lei che ha
curato la tua anima staccando a brandelli i pezzi
di buio. Un passo dopo l’altro. Un anno dopo
l’altro.
Tu che ritorni
nell’oblio. In un minuto. Smetti di respirare,
come allora.
Tu che vai via.
Di nuovo.