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Autore: giny    09/02/2015    1 recensioni
Dal testo:
''[...] Tessa si rendeva conto che essere tornata un'ultima volta in quella casa aveva, una volta per tutte, chiuso la questione. I demoni non c'erano più e lei non avrebbe più sofferto.[...]''
A volte bisogna riaprire le ferite per far sì che si rimarginino e non sanguinino più. A volte, bisogna di nuovo sentire dolore, per non sentirne più.
[Questa storia partecipa al contest ''Academy Emotions'' indetto da Giuns e FairLady sul forum di EFP]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Il traffico regnava sovrano nell’affollata Manhattan. Taxi gialli sfrecciavano per i grandi viali, manager ben vestiti e donne in carriera correvano di qua e di là per concludere chissà quale importante affare.
Tessa osservava tutto ciò dalla finestra del suo ufficio. “Goldstein&Smith”, rispettivamente il suo cognome e quello della sua socia in affari, ben stampato sulla porta del suo studio da architetto. Tutto quel caos fuori dalla finestra, quel via vai convulso e incessante destabilizzava Tessa, terribilmente. Lei non si sentiva così. Sentiva un vuoto incolmabile dentro. Doveva fare qualcosa. Doveva tornare lì, dove tutto era finito.
 
 
**********
Era passato tanto tempo, due anni per l'esattezza, da quando aveva passeggiato per le stradine medievali di York e da quando si era trovata di fronte a quella casa. La LORO casa.
Osservò per un tempo interminabile il cancelletto in ferro battuto nero, tolse il passetto e si diresse verso il portoncino d'ingresso.
Quando varcò la soglia, notò che niente era cambiato, tranne la polvere accumulatasi un po' ovunque.
 
 
-Buongiorno signor Knolton! Allora, siete pronti per visitare la casa?- chiese euforico l’agente immobiliare.
Michael e Tessa si scambiarono un’occhiata d’intesa e annuirono.
Quando entrarono, videro un ambiente non molto grande in effetti, ma luminoso e ben arredato.
-E’ molto carina- disse Tessa, incantata.
-Già, abbiamo trovato tutto ciò che desideravate: una casa funzionale, comoda, luminosa e soprattutto economica!- disse convincente l’uomo.
-Allora, cosa ne pensi?- chiese Michael.
-Mi piace molto! E poi, è molto più spaziosa di quanto sembri!- rispose ottimista lei.
-Beh certo, ma per ora siamo in due…. Staremo un po’ stretti se diventeremo tre- disse Michael, sorridendo.
-Oh, hai ragione…- disse Tessa chiudendosi nelle spalle, delusa.
-Hey tesoro, sta’ tranquilla –disse il compagno abbracciandola- C’è un tempo per ogni cosa, okay? Intanto pensiamo a goderci la nostra nuova casa- concluse e Tessa sorrise.
 
Non sapeva cosa l'avesse realmente spinta a tornare lì, dalla caotica Manhattan, fino alla piccola e ritirata York, che non serbava altro che amari ricordi per lei.
Fece un giro della casa, osservando tutto nei minimi dettagli, ogni mobile, ogni suppellettile, ogni fotografia.
Accarezzò distrattamente con la mano un bracciolo del divano; quando vi si sedette, si sollevò una nuvola di polvere e un ricordo riaffiorò.
 
 
-Se è femmina, la chiameremo... Moira!- esclamò Tessa, sdraiata sul divano, con la testa poggiata sulle gambe del compagno.
-Mmm... mi piace. Se è maschio, invece, Thomas- propose Michael.
-Ma tutti i tuoi parenti si chiamano Thomas!- disse lei, ridendo.
-Ma è un bel nome! Mmm, vediamo... Che ne dici di Harry? Come il figlio del principe-
-Mike, mezza Inghilterra si chiama Harry! Io volevo un nome che fosse ricercato, unico, particolare e... -disse lei, con enfasi, ma si interruppe, guardando il compagno- Non lo troverò mai, vero?- sospirò, delusa. Michael sorrise.
-Qualsiasi nome tu scelga, sarà ricercato, unico, particolare e bellissimo- disse, prima di baciarla.
 
 
 
Tessa tornò alla realtà, vedendo il vuoto che riempiva quella stanza, senza più risate, carezze, amore.
Salì al piano superiore e andò spedita verso la camera da letto, anch'essa intatta. Sul letto c'era ancora la coperta blu che Mike amava tanto, diceva che gli ricordava gli occhi di lei.
Scostò leggermente la coperta, prese il cuscino e quasi pianse quando sentì che era ancora pregno del SUO profumo. Lo strinse e inspirò a fondo per un po', poi lo rimise a posto e uscì, chiudendosì la porta alle spalle.
In un remoto angolo del corridoio, c'era una piccola scala in legno. La percorse e si ritrovò nella polverosa soffitta.
Osservò l'indomabile caos che regnava e che riempiva la stanza, lievemente illuminata da una piccola finestrella sul tetto.
Nascosto sotto tutto il resto, c'era un piccolo baule in legno, che lei adoperava sempre per conservare le cose importanti.
Ebbe un attimo di esitazione e pensò di andare via, ma si rese conto che non era il modo migliore per scacciare i suoi demoni; così, aprì il bauletto e il suo cuore perse un battito.
In bella mostra, la fotografia che lei e Michael si erano fatti scattare nella Città Rosa di Petra, durante un viaggio. Erano felici; nessun velo di tristezza adombrava i loro occhi e il loro cuore.
Il suo sguardo si fermò sulla mano destra di Michael, nella foto dolcemente poggiata sul grembo di Tessa, leggermente rigonfio, che da tre mesi ospitava una nuova vita.
A quel pensiero, le lacrime non poterono far altro che scorrere, incessanti.
Si ricordava ancora di quando aveva ricevuto la fotografia per posta.
L’immagine portava una scritta dietro:
 
''Ci tenevo che l'avessi tu''
 
Quasi a mo' di cartolina, una di quelle che si comprano durante i viaggi, per ricordo; ma se le cartoline dovrebbero essere ricordi di bei momenti passati insieme, lei sentiva solo dolore.
Lei e Michael si erano lasciati dopo che Tessa aveva perso il bambino. Un profonda spaccatura, insanabile, si era creata tra loro. Avevano deciso di prendersi un po' di tempo per pensare e a quel punto Tessa aveva deciso di trascorrere alcuni mesi dai suoi genitori a Glasgow e anche Michael era dai suoi, a quanto sapeva.
Al suo ritorno a York, nella cassetta della posta, aveva trovato la foto e, letto l'indirizzo sulla busta, aveva deciso di raggiungere Michael, anche se non capiva cosa ci facesse a Londra.
Quando arrivò, era ottimista e fiduciosa che tutto si sarebbe sistemato, tra loro.
 
 
Suonò il campanello e quando la porta si aprì, una donna cortese e di bell'aspetto le si presentò davanti.
-Salve, posso aiutarla?-
-Cercavo Michael Knolton, abita qui?-
-Sì certo, è mio marito. Ora non c'è, ma se vuole posso riferire io- si offrì gentilmente la donna.
Tessa rimase senza fiato. Il suo precedente ottimismo si era tramutato in delusione, rabbia, un senso di vuoto nel cuore.
-N-no no, grazie. Arrivederci-
-Arrivederci!-
 
 
 
Era arrivata tardi, ancora una volta. Aveva perso la sua unica occasione ed era arrivata troppo tardi. Dopo quella volta, non lo aveva più cercato. Aveva cambiato vita, città, tutto, pur di dimenticarlo e ora Tessa si rendeva conto che essere tornata un'ultima volta in quella casa aveva, una volta per tutte, chiuso la questione. I demoni non c'erano più e lei non avrebbe più sofferto.
   
 
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