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Autore: altraprospettiva    09/02/2015    1 recensioni
Serena, prossima alla laurea, si regala per il suo ventiquattresimo compleanno una coppia di specchi.
Genere: Mistero, Sovrannaturale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Serena uscì dall’università e buttò fuori tutto il fiato che aveva in corpo. Ce l’aveva fatta. Aveva dato l’ultima materia. Presto la laurea in “Scienze della conservazione e del restauro” sarebbe stata sua. Chiunque altro in quel momento avrebbe fatto i salti di gioia, avrebbe telefonato a tutti i conoscenti, ma lei in quel momento si limitò a sollevare i baveri del cappotto e a dirigersi verso casa. Avrebbe festeggiato quella sera, perché, guarda caso, il giorno seguente avrebbe compiuto ventiquattro anni.
C’era vento quel giorno, la strada era piena di foglie e c’era poca gente in giro.
Mentre era sovrappensiero, la sua attenzione venne attirata dall’insegna di un negozio: “Gran Bazar, negozio di antiquariato”. Era proprio due porte accanto alla sua, vicino alla rosticceria. Come aveva fatto a non notarlo prima? Lei che amava quel genere di cose, si era fatta sfuggire quel negozio?
Serena si soffermò davanti la vetrina. Quale regalo migliore, per festeggiare la sua ultima materia, di un pezzo di antiquariato? I prezzi esposti sembravano pure convenienti.
L’entrata nel negozio venne segnalata da un acchiappasogni posto sopra la porta. Non appena Serena chiuse la porta sentì che ogni rumore dell’esterno era stato annullato, come se la stanza fosse insonorizzata, eppure la porta non sembrava particolarmente spessa.
L’unico rumore udibile era il pendolare di un orologio posto accanto alla porta. Segnava le 11.57 nonostante Serena fosse più che sicura che fossero le 10 del mattino, c’era odore di polvere, di vernice e di un qualcosa di indecifrabile che ricordava la rosa.
Un colpo di tosse attirò l’attenzione della ragazza che smise di guardare l’orologio e si voltò. Di fronte a lei c’era un signore con dei lunghi capelli grigi, gli occhi neri e le guance infossate.
«Buongiorno e benvenuta al Gran Bazar, cerca qualcosa in particolare?» l’uomo aveva una voce roca e mostrò un dente d’oro.
Serena si sentì in soggezione, gli occhi di quel signore erano talmente neri che non si riusciva a distinguere la pupilla dall’iride, spostò lo sguardo verso una bambola di porcellana posta sul tavolino accanto a lei. «No, niente in particolare…posso dare un’occhiata in giro?» chiese la ragazza tracciando con il dito delle linee sul tavolino.
L’uomo si spostò di lato e disse: «Certo, non esitare a chiedere».
Mentre lo diceva, aprì il braccio e fece come ad indicare l’intera stanza.
Serena venne percorsa da un brivido di freddo. Quell’uomo bizzarro, la stanza semibuia e piena di oggetti antichi, c’era qualcosa di affascinante, misterioso e spaventoso in tutta quella situazione.
La ragazza sorrise debolmente all’uomo e avanzò nella stanza. Tra candelabri d’ottone, vasi dalle forme bizzarre, lampadari di cristallo e bauli intagliati, l’attenzione di Serena si rivolse a due specchi. Erano in argento, stretti e poco più bassi di lei. Appesi uno di fronte all’altro, specchiandosi in essi, si poteva vedere il proprio riflesso all’infinito.
Il cartellino del prezzo, indicava la somma di sessanta euro.
«Scusi» disse la ragazza mentre con lo sguardo cercava il venditore e, non trovandolo, ritornò a guardare il cartellino. “Se il prezzo è veramente questo, è un affare” si disse. L’intaglio del metallo era pregevole.
«Mi ha chiamato?» Serena sobbalzò e si voltò verso l’uomo che era poco dietro di lei.
«Il prezzo…di questi specchi…».
«Sessanta euro, entrambi. Si comprano in coppia e ti consiglio di metterli uno di fronte all’altro, così da avere questo simpatico effetto della tua immagine ripetuta tante volte. Lo so che il prezzo sembra basso considerando che sono d’argento, ma, non dovrei dirlo, se guardi bene ci sono piccole imperfezioni. Vedi questi puntini qui in alto?» indicò delle macchioline vicino all’angolo destro «E comunque, devo sbarazzarmi di tutta questa roba, voglio andare in pensione».
Serena tornò a guardare gli specchi e annuì. «Sì, li prendo» disse mentre guardava la sua immagine replicarsi.
L’uomo sorrise e le prese una mano con entrambe le sue, erano ghiacciate. «Ha fatto un affare, dico sul serio, venga con me che le faccio la ricevuta».
La ragazza seguì l’uomo verso la cassa posta in fondo alla stanza. Il macchinario era posizionato sopra una scrivania polverosa e piena di fogli disordinati. L’uomo digitò velocemente la cifra e lo scontrino fuoriuscì dalla cassa, mentre Serena si apprestava a prendere i soldi.
«Sai? Sono un sentimentalista, mi piace sapere come si chiamano i clienti che comprano gli oggetti. Ti dispiacerebbe lasciarmi una firma?» l’uomo posò i soldi dentro la cassa e aspettò che la ragazza riponesse lo scontrino dentro la tasca.
«Beh, certo, certo che posso lasciarle una firma».
L’uomo prese uno dei fogli pieno di scritte dalla scrivania, prese una piuma dal calamaio posto nell’angolo del tavolo, fece cadere l’inchiostro in eccesso e con una grafia elegante scrisse sul foglio: “Specchi gemelli”.
Ruotò il foglio, lo mise davanti a Serena e le porse la piuma. La ragazza rimase stupita dall’oggetto utilizzato per scrivere, ma alla fine, con grafia tremolante, riuscì a scrivere il proprio nome sul foglio. Poco prima di posare la piuma dentro il calamaio, l’uomo la portò in bocca colorandosi la punta della lingua di nero e suscitando lo stupore della ragazza.
«Bene» disse posando la piuma «Ti sistemo gli articoli, hai come portarli a casa?»
«Abito qui vicino».
 
«Certo che ti sono costati poco, chi vorrebbe questo vecchiume?»
Elena, la coinquilina di Serena, stava appoggiata al muro, sorseggiando una tazza di tè e godendosi lo spettacolo di Serena che cercava di fissare gli specchi al muro.
«Non è roba vecchia, è antiquariato, è vintage. Perché non mi dai una mano?» rispose Serena.
«Perché ho già fatto abbastanza aiutandoti a mettere i chiodi e farò anche troppo a sopportare la vista di questi specchi ogni volta che passerò dall’ingresso».
«Dai che sono pure utili, ti lamenti sempre che non abbiamo specchi abbastanza lunghi per vederci per intero. E poi, puoi anche controllare l’acconciatura o come ti sta un vestito dietro».
«Non lo so, sono inquietanti».
«Quel che mi chiedo, è come non abbia mai notato il negozio che si trova proprio qui accanto».
«Oh, sei tu quella interessata a questo genere di cose, se fosse stato un negozio di videogiochi l’avrei notato, ma un negozio del genere a me passa totalmente inosservato, anche se pensavo ci fosse un negozio di caramelle lì».
«Ah, ecco! Allora non è stata una mia impressione, ero proprio convinta che ci fosse un negozio di caramelle lì, ma poi mi son trovata questo negozio. Vabbè, quel che conta è che ho comprato questi due specchi ad un prezzo stracciato».
Serena fece un lungo sospiro e guardò il frutto del proprio operato. I due specchi erano finalmente sistemati, l’uno di fronte all’altro e paralleli. L’ingresso era perfetto. Il divano in un angolo, la televisione di fronte, un lungo vaso con dei fiori finti nell’angolo opposto e di fronte la porta. Gli specchi, invece, erano posizionati lungo le due colonne dell’arco che si apriva sullo stretto corridoio verso le stanze, la cucina e il bagno.
«Che succede?» chiese Elena sobbalzando.
«Perché?»
«Niente, mi era sembrato che la televisione si fosse accesa per un attimo» e di aver visto l’immagine di un uomo bizzarro.
«Come è finita per la festa che faremo stasera?» chiese Serena specchiandosi e ignorando totalmente la frase dell’amica.
«Fammi controllare un po’ se mi hanno risposto nel gruppo di Whatsapp» Elena tirò fuori dalla tasca il cellulare e si andò a sedere sul divano dell’ingresso.
 
Serena sorrise a bocca chiusa e si pettinò i capelli con le mani. Poi sobbalzò, per un attimo le era sembrato che i capelli le fossero diventanti grigi e che in fondo a quello specchio ci fosse una figura nera.
Scosse la testa e andò in cucina per prepararsi un tè pure lei.
«Ha dato l’adesione un sacco di gente» le gridò Elena dall’ingresso.
Serena spense il fornello. Scroccò il collo a destra e a sinistra, e pensò che era meglio che prima si facesse una doccia. Andò prima nell’ingresso, da Elena, che la informò che avevano aderito già ventotto persone. La ragazza annuì e, distrattamente, poggiò una mano sullo specchio. Per un attimo si sentì gelare.
«Sto andando a fare una doccia, mi sento stanca» disse Serena accarezzandosi la mano gelata.
Andò nel bagno, si spogliò, vide il suo viso nello specchio sopra il lavandino e buttò un urlo. Aveva i capelli grigi.
Elena accorse immediatamente «Che succede?» chiese, bussando alla porta.
Serena si mise l’accappatoio e uscì dal bagno. «Come che succede? Ho i capelli grigi e non mi dici niente?»
Elena inarcò le sopracciglia. «Ma dici sul serio? Non hai avuto capelli più rossi di quelli che hai ora e non fare più scherzi idioti per cortesia» la coinquilina si allontanò dalla porta del bagno e andò a risedersi sul divano.
Serena la seguì risoluta. «Ho i capelli grigi, l’ho visto poco fa negli specchi dell’ingresso e l’ho visto ora nello specchio del bagno» mentre lo diceva arrivò davanti gli specchi dell’ingresso e si guardò. Sbatté un paio di volte le palpebre e vide che effettivamente aveva i capelli rossi, anche se, mentre batteva le palpebre le era sembrato che i suoi occhi le fossero diventati neri e che uno dei suoi riflessi fosse diventato scuro.
«Sono stanca, vado a farmi questa benedetta doccia» disse mentre ritornava in bagno.
Quando uscì dalla doccia lo specchio sopra il lavandino era appannato. Serena si infilò l’accappatoio e si diresse verso l’ingresso. Elena era ancora seduta sul divano e scriveva sul cellulare.
«Confermati, saremo trentaquattro in tutto questa sera» disse Elena continuando a guardare verso il telefonino. «Meglio che mi faccia una doccia pure io» aggiunse poi alzandosi.
Serena sorrise. «È fantastico! Sapevo che avremmo avuto abbastanza adesioni».
Era messa tra i due specchi e, quasi involontariamente, si voltò verso uno di loro mentre sorrideva. Vide, per una frazione di secondi, un barlume dorato proveniente dalla sua bocca e sempre quella figura nera in fondo allo specchio.
Respirò profondamente e fece passare Elena che doveva andare in bagno. Poi andò in cucina per andare a riscaldare nuovamente l’acqua per il tè. Era decisamente stanca, neppure la doccia era riuscita a farla svegliare del tutto, aveva quelle strane visioni. Spense il fuoco e pensò che era meglio che prima si truccasse. Era sempre ritardataria lei.
Andò nella sua stanza, prese il beauty case e fu contenta dell’installazione degli specchi, perché le permettevano di truccarsi senza dover chiedere alla coinquilina di entrare nel bagno mentre l’altra si stava facendo la doccia.
Serena arrivò davanti gli specchi, si guardò intorno alla ricerca di qualcosa su cui posare il beauty case e, alla fine, decise di prendere una sedia dalla cucina.
Tirò fuori dal beauty la matita per gli occhi e si specchiò. Ma mentre apriva la bocca per stendere meglio la pelle del viso, la matita le cadde dalle mani. Aveva sul serio le guance così infossate? Perché le sembrava di vedere una figura scura in fondo allo specchio che poi scompariva? Prese la matita da terra e la posò dentro il beauty.
Il tè. Era arrivato il momento di farsi il tè, poi avrebbe pensato a tutto il resto. Andò in cucina, posò il beauty case sul tavolo e andò ad accendere il fornello.
«Sei ancora con l’accappatoio?» Elena entrò in cucina.
«Sto facendo riscaldare l’acqua per il tè, per l’ennesima volta».
«Non puoi preparartelo dopo? Vatti a truccare, a vestire e a sistemarti i capelli. Dopo ti berrai questo tè».
Serena sospirò. «Okay, vado a truccarmi, vestirmi e sistemarmi i capelli» spense il fuoco, prese il beauty e, come d’abitudine, si diresse in bagno.
Chiuse la tavoletta del water e vi poggiò sopra il beauty, poi si guardò allo specchio.
Non poteva essere vero. I capelli grigi, gli occhi neri, le guance infossate. Sembrava proprio il venditore del Gran Bazar.
Serena chiuse gli occhi e scosse la testa. Non poteva essere vero, stava immaginando tutto. Riaprì gli occhi, ma quell’immagine inquietante era ancora di fronte a lei.
Elena bussò alla porta. «Non puoi usare i tuoi bellissimi specchi all’ingresso e lasciare questo libero per me?»
Serena rimase attonita, aprì la porta e guardò verso l’amica nell’attesa che questa le dicesse qualcosa riguardo il suo aspetto. «Allora? Esci su!» le disse Elena.
«Tu…tu non vedi niente di strano in me?» chiese Serena.
«A parte il fatto che sei in accappatoio nonostante ti sia fatta la doccia quasi un’ora fa e che fra poco arriverà gente no».
«Non vedi i miei capelli grigi, i miei occhi…»
«Di nuovo? La smetti per favore? Senti, se sei troppo stanca siamo ancora in tempo per disdire, anche se non ci facciamo una bella figura».
Serena tornò a guardarsi nello specchio. Gli occhi neri la stavano fissando.
«Sicura che non noti niente in me?» e mentre lo diceva vide che aveva pure l’incisivo color oro. Le mancava solo la punta della lingua colorata di nero.
«Sicura, ora muovi le chiappe ed esci di lì».
Serena uscì dal bagno, andò nella sua stanza, si vestì e andò nell’ingresso per guardarsi negli specchi. Finalmente poteva vedere come il vestito rosso le cadeva nel didietro.
Sorrise soddisfatta e guardò la sua immagine riflettersi all’infinito. Anche se, per un attimo, avrebbe giurato di vedere qualcuno sovrapporsi alla sua immagine.
Il citofonò squillò, andò a rispondere e aprì la porta alla prima invitata.
Poco dopo, sul pianerottolo, una ragazza teneva il regalo per Serena in mano e la padrona di casa la fece accomodare dopo averla salutata con un bacio sulla guancia. Prese il regalo, il cappotto e posò il tutto nella propria stanza.
«Questi specchi sono bellissimi» disse la ragazza mentre Serena ritornava nell’ingresso.
«Immaginavo che a te potessero piacere, non per niente siamo colleghe!» risero.
«E dove li hai comprati?»
«Nel negozio qui sotto, è strano che non lo abbia mai notato».
«Quale negozio?»
«Gran Bazar, è proprio due porte accanto casa mia, hai visto? Neppure tu che sei un’altra appassionata di vintage lo hai notato».
«No no, non c’è nessun negozio chiamato Gran Bazar qui vicino, ne sono sicura» disse la ragazza.
«Sì che c’è, è proprio, accanto alla rosticceria…»
«No» la interruppe la ragazza «Lo so che non dovrei dirtelo, ma ti ho comprato un cestino di caramelle proprio lì, è parte del mio regalo».
Serena rimase in silenzio fin quando non arrivò Elena dietro di lei.
«Tu sì che sei un anfitrione ad hoc. Metti un po’ di musica almeno no?» disse dando una pacca alla coinquilina «Ciao cara, accomodati, vado a prendere le patatine» aggiunse salutando la nuova arrivata.
Serena si andò a sedere sul divano. Si sentiva stanca, estremamente stanca.
Arrivarono gli altri invitati, le diedero i regali, ballarono, mangiarono. Fin quando Elena non la prese per mano e la portò davanti gli specchi. «Sono le undici e cinquantasette, fra poco è il tuo compleanno. La tua ultima cosa da ventitreenne sarà una foto da bimbaminkia con la lingua di fuori davanti sti specchi che ti piacciono tanto».
Serena sorrise, abbracciò l’amica e tirò fuori la lingua. Un attimo prima di rimanere accecata dal flash, le sembrò che la punta della sua lingua fosse diventata nera.
 
 
Sapevo che questa ragazza mi avrebbe portato tante anime, lo avevo letto nella sua aura quando era entrata nel negozio, avevo messo gli specchi a vista apposta per lei, in fondo, ho settecento anni di esperienza.
Adesso, è giunto il momento di cambiare città, poi magari cambierò pure continente. Ho bisogno di altre anime da aggiungere alla moltitudine di riflessi negli specchi, altre anime che alimentano la mia anima.
 
 
 
“Ancora da accertare la causa della morte di trentaquattro ragazzi che ieri sera stavano festeggiando un compleanno. Le vittime sono state trovate a casa della festeggiata…”
La signora Rossi ascoltava il telegiornale seduta sul divano della propria cucina. La telecamera stava riprendendo le sagome delle vittime disegnate con lo scotch sul pavimento.
“I ragazzi sono stati trovati tutti con una macchia nera sulla lingua. Sembrerebbe un rituale di qualche setta o di qualche serial killer, anche se non si esclude la pista di avvelenamento. Si spera che l’autopsia, che si svolgerà domani, ci fornirà delle risposte. La casa è chiusa dall’interno, non vi sono segni di effrazione…” la telecamera riprese l’ingresso della casa. Un divano, una televisione, un vaso con i fiori.
«Cara, sono a casa, non puoi capire che affare ho fatto» la signora Rossi spense la tv, si alzò dal divano e andò incontro al marito che era appena rientrato.
L’uomo stava sorridendo, aveva appena appeso uno specchio d’argento stretto e lungo sulla parete.
«Li ho comprati per niente, sono bellissimi non trovi?» disse l’uomo mentre posizionava l’altro specchio di fronte.
«Dove li hai comprati?»
«In un negozio qui vicino, Gran Bazar, qualcosa del genere. È strano che non lo abbia mai notato prima. C’era questo venditore, un tipo strano, con le mani gelate, che alla fine si è pure colorato la lingua con l’inchiostro, ma lasciamo perdere» i due specchi erano finalmente posizionati parallelamente l’uno di fronte all’altro e l’uomo batté le mani come a levarsi della polvere da esse.
«Vado in cucina a prendermi della birra, allora, non mi hai detto che ne pensi degli specchi» disse l’uomo mentre veniva seguito dalla moglie.
«Oh, sembrano belli, vorrei sapere quanto ti sono costati, quanto è niente per te, sono pezzi d’antiquariato».
Il signor Rossi entrò in cucina, aprì il frigo e prese una birra.
«Ah!» urlò la donna rischiando di fargli cadere la bottiglia dalle mani.
«Che ti prende?» chiese l’uomo.
«Scusa, per un attimo...mi era sembrato che la tv si fosse accesa» e che ci fosse l’immagine di un uomo bizzarro.



Note dell'autrice:
è la mia prima storia "horror", mi piacerebbe avere qualche responso, grazie. :)
 
  
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