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Autore: Tempie90    09/02/2015    3 recensioni
AU tradotta dal sito di FF fanfiction.net, è un'esperimento che abbiamo deciso di fare io e anitagaia.
La storia parla di una Beckett ancora novellina facente parte della Vice squad del 12° distretto, ovviamente le modalità in cui conosce Castle sono altre! XD
Speriamo vi piaccia e abbiate la pazienza di leggere i nostri aggiornamenti!
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Eccoci qua, di nuovo XD Non so cosa stia succedendo ma anche questa volta c'è stata una traduzione flash XD
Prima Anita, adesso io. Non c'è più mondo!!!
Il capitolo è davvero dolce. A me è piaciuto molto tradurlo e leggerlo contemporaneamente. Questa Kate mi piace e questo Rick ancora di più!
Sono adorabili *_*
Vi auguro una buona lettura e speriamo che ci facciate sapere cosa ne pensate, giusto per incentivarci a proseguire nella traduzione =)
A presto. =)


 

                               Capitolo 22


“I ragazzi al distretto mi prenderanno in giro!” Osservò Kate, la voce tranquilla nella camera da letto buia, come se stesse parlando del tempo.
Rick si voltò a guardarla, il suo battito cardiaco quasi tornato alla normalità, il suo corpo raffreddato velocemente sulle lenzuola pulite e fresche.
Lei stava sdraiata sulla schiena, come lui, la forte linea del suo profilo orientata verso il soffitto, un raggio di luna ad illuminarle il viso. Si voltò verso di lei così da poterla vedere meglio, il contrasto della pelle chiara con i capelli scuri, mentre la sua mente elaborava pigramente le sue parole.
I ragazzi del distretto.
“Nikki Heat!” Realizzò, finalmente.  Le si avvicinò tracciando la rotondità della sua spalla con l’indice.
“Te l’ho detto..” disse lui contro il cuscino. “Nessuno ha bisogno di sapere che sei tu, Kate. Se non vuoi che lo sappiano…”
“Sapranno comunque che sono io.” Rispose con voce certa. “Una delle loro mogli lo leggerà, il marito farà due più due. So come succede, Castle. Non ci vuole molto e tutti mi parleranno alle spalle.”
L’uomo tirò su le ginocchia rabbrividendo, non sicuro che fosse il freddo o le sue parole.
“Ti…” Esitò ma doveva chiederlo. “Preferisci che non lo scriva?”
Lei girò lentamente la testa verso di lui, i suoi occhi un pozzo nero.
“Potresti smettere di scriverlo?”
Lui fece una smorfia. Forse non proprio smettere di scriverlo ma…
“Potrei non mostrarlo al mio editore.” Disse a voce bassa. “Scrivere solo per me.”
Ma Kate stava scuotendo la testa facendosi più vicina nel letto grande.
“No!” Disse con fermezza. “L’ho letto, Castle. E’ bello, non puoi tenerlo per te.”
“Ma al distretto…”
“Posso farcela. Sono abituata a questo genere di cose. Un po’ di più non farà la differenza. Sono una donna in un mondo di uomini, ricordi?”
Gli stava sorridendo nella penombra e lui sentì il bisogno irresistibile di baciarla. Invece mosse la mano sfiorandole col pollice la pienezza del labbro inferiore.
“Non voglio renderti la vita ancor più difficile.” Disse dolcemente, sorprendendosi di come quelle parole risultassero vere. Nonostante fosse eccitato per Nikki Heat, impaziente di sentire pareri diversi sul libro, avrebbe rallentato e cercato di trovare una soluzione diversa se Kate l’avesse chiesto.
Lei si sollevò un po’, poggiandosi su un gomito e si sporse per posare la bocca su quella dell’uomo.
“Troppo tardi per questo.” Gli rispose, un sopracciglio alzato e un sorriso accennato agli angoli della sua bocca. “Ma grazie per il pensiero. E’ molto dolce.”
A Castle non piaceva essere chiamato ‘dolce’. Perciò annullò lo spazio tra loro e la baciò, rude, i denti a scavare nella carne morbida del labbro. Lei premette contro di lui. Ci volle poco a capire che stava ridendo nel bacio.
“Ok, non userò dolce!” Disse, i suoi occhi sorridenti quando la lasciò andare.
Se la stanza fosse stata più illuminata avrebbe potuto vederlo arrossire. Lo studiò per un momento, l’espressione del viso passare dal divertito al riflessivo e inclinò la testa verso di lui.
“Perché tu e la tua ex moglie vi siete lasciati?”
Nonostante la domanda non lo sorprendesse, dovette comunque sopprimere la familiare ondata di nausea che quella immagine gli evocava: lui più giovane e ingenuo, entrare nell’appartamento e trovare la sua ex moglie con il suo regista.
Non prese nemmeno in considerazione di mentirle. “Meredith mi ha tradito.” Rispose, mostrando quanta più indifferenza possibile nella voce. “Quando Alexis era molto piccola. Sono tornato a casa e la trovai… Diversamente impegnata diciamo. Non ero abbastanza innamorato da farmi spezzare il cuore ma distrusse la mia idea di famiglia perfetta sai?”
Kate lo guardava con quegli occhi scuri, nessun giudizio, nessuna pietà e lui sentì una sorta di affetto per lei, per il modo in cui lei non sentisse il bisogno di riempire il silenzio con parole inutili.
“Alla fine chiesi il divorzio.” Terminò mormorando. “Sembrava la cosa giusta da fare.”
Sentì il leggero tocco al polso. Spostò gli occhi su di esso e trovò la mano di Kate, il pollice ad accarezzarlo delicatamente.
“Dov’è adesso?”
”Uhm, LA.” Rispose dopo un secondo. “E’ un’attrice e apparentemente è lì che abbia un’audizione in questo momento. Era in città un paio di settimane fa ma non è rimasta molto. Ha avuto appena il tempo di vedere Alexis.”
Kate fece un impercettibile suono neutrale e lui sollevò un sopracciglio curioso, come sempre, di sapere cosa pensasse.
“Che c’è?”
“Niente.” Lasciò andare un sospiro scuotendo leggermente la testa. “Io…Wow, non posso immaginare come ci si possa sentire, dover essere un papà a tempo pieno, senza avere qualcuno a cui…Appoggiarsi. Deve essere difficile.”
Lui si strinse nelle spalle. “Non proprio. Voglio dire, Meredith non era di grande aiuto nel prendersi cura di Alexis quindi…Non fa una grande differenza per me, non averla intorno. In realtà, preferisco così perché non è molto affidabile. E’ volubile, irresponsabile. Potrebbe portare nostra figlia a Parigi per pranzo e dimenticare di dirmelo.”
Un risata uscì fuori dalle labbra di Kate ma questa si congelò quando vide lo sguardo sulla sua faccia. “Aspetta. Davvero? Lo ha fatto?”
“Uh-uh.” Confermò mantenendo a guinzaglio la rabbia che ancora lo assaliva ogni volta che ci pensava. “Ha preso il jet privato di un amico. Ha pensato che sarebbe stato, cito, una bella via di fuga.
“Si, se te lo avesse detto.” Rispose subito Kate, l’indignazione nella sua voce, un balsamo per il cuore di un padre come lui.
Le sorrise, per la prima volta si trovò sorprendentemente pronto a lasciar correre. “Questa è Meredith. Lei fondamentalmente non pensa alle conseguenze. Di qualsiasi cosa. Davvero.”
“Wow.” Kate espirò rotolando sulla schiena, il viso rivolto al soffitto di nuovo. Rimase in silenzio per un po’ e lui dovette ancora una volta trattenersi dal chiederle cosa stava pensando.
Era così ansioso per qualsiasi cosa potesse dire, i suoi pensieri, la sua approvazione. Era ridicolo. Non era abituato a condividere molto di se stesso, della sua vita quotidiana con Alexis. E insieme al fascino irresistibile di lei, lui era diventato insicuro, una persona bisognosa di piacerle.
Così mantenne la bocca chiusa ascoltando l’alzarsi e abbassarsi del suo petto mentre aspettava.
“Pensi che ad Alexis manca?” Chiese lei timidamente dopo un lungo momento.
Si era quasi addormentato e sbadigliò un paio di volte prima di risponderle.
“Si.” Rispose in un borbottio incomprensibile. Si schiarì la gola. “Si, penso che le manchi ma lei non lo dice mai e anche se io cerco… Faccio del mio meglio, sai, per essere tutto ciò di cui ha bisogno, essere insieme mamma e papà, io…So di non essere perfetto.”
Prima che il suo cervello potesse registrare quello che stava accadendo, Kate rotolò su un fianco, e fu abbastanza vicina da poterlo baciare premendo dolcemente la bocca contro la sua. Sentì le sue dita sfiorargli la mascella, avvolgergli l’orecchio e chiuse gli occhi.
“Sei un ottimo padre, Castle!” Mormorò contro le sue labbra, le sue parole calde, come velluto intorno al suo cuore.
“Come fai a saperlo?” Sussurrò per il puro piacere di contraddirla e anche perché una piccola, minuscola, parte di lui voleva essere rassicurato dalla sua voce.
Lei sorrise sulla sua bocca. “ Ho intenzione di ignorare il tuo palese modo di accalappiare complimenti e risponderti comunque. Ma sarà l’unica volta, Rick.”
Lui sbuffò in una risata, deliziato dal suo nome sulla lingua di lei.
“Perché ho incontrato tua figlia oggi!” Gli disse la sua voce, il suo corpo, tutto di lei così morbido contro di lui.
Oh, Kate.
Le avvolse un braccio intorno alla vita e se la portò più vicina possibile. Il corpo un cerca del suo sotto le lenzuola mentre già si era impossessato delle sue labbra, la sua lingua scivolò dentro.
Lui non voleva più dormire.
 
 
 
Molto, molto più tardi, quando pensava che dormisse accanto a lei, Kate premette la guancia sulla spalla di Castle. Era grande, ma la sua pelle era morbida, un’isola accogliente nell’oceano del suo letto. Non era abituata, in realtà, a condividere, a lei piaceva avere un letto tutto per sé ma lui l’aveva reso…Non così male.
“Mi dispiace!” Mormorò, sentendosi più coraggiosa nel buio, strofinando il naso sulla sua scapola.
Ma Castle improvvisamente si mosse, sorprendendola, tutto il suo corpo in movimento finchè non aprì i suoi occhi assonnati a guardarla.
Oh.
“Credevo dormissi.” Disse con il cuore che le martellava nel petto. Cavolo, questo le avrebbe insegnato a non essere troppo sentimentale e stupida a letto. “Non volevo svegliarti.”
“Non mi hai svegliato.” Sbadigliò. “Sono sveglio.” Sbatté le palpebre lentamente, concentrandosi su di lei, le sopracciglia aggrottate. “Mi dispiace per cosa?”
E naturalmente non aveva intenzione di lasciar passare.
La migliore politica è l’onestà, si disse severamente. Ma lei odiava parlare dei suoi sentimenti.
“Non avrei dovuto dire quelle cose.” Si costrinse ad ammettere ad alta voce. “Dicendoti cosa fosse meglio per entrambi. E’ stato stupido. Ed arrogante.”
Lui grugnì, strofinandosi una mano sul sopracciglio e le rivolse un sorriso assonnato che fu così adorabile per il suo stato in quel momento.
“Ehi, va tutto bene.” Biascicò scrollando le spalle. “E guardare il caso di tua madre è stato, onestamente, andarmi a cercare grane, quindi. E’ tutto ok, Kate!”
Troppo facile. Non voleva che lui lasciasse perdere in quel modo.
“Tuttavia…” Continuò, passando una mano sul suo petto, pressandola su quella calda e morbida pelle.
“Io… Tendo a farlo. Allontanare le persone quando si avvicinano troppo a me.”
Attese un momento, assicurandosi di avere la sua completa attenzione, che i suoi occhi fossero completamente aperti e la guardassero. Quella consapevolezza che lei tanto amava quando la studiava.
Un libro. Stava scrivendo un libro su di lei.
Dio.
Kate chiuse gli occhi per un secondo cercando di trovare le parole. Ma erano come fuggite via come un migliaio di piccoli pesci dalla rete che lei aveva gettato.
Con un gemito frustrato rotolò via, la schiena ad incontrare le lenzuola fredde, le dita scavate nel materasso duro.
“Io non so come….”
Spiegare. Non era mai stata brava a spiegare, non era mai stata brava a capire se stessa, lasciare che e parole spiegassero come lei si sentisse.  Ma questa volta era importante. Aveva importanza.
Fece un lungo respiro, il petto si sollevò e abbassò.
“Eravamo al ristorante.” Iniziò non sapendo come esattamente quelle parole vennero fuori. Ma le sembrava che la storia volesse essere raccontata in quel modo. “Quella sera, io e mio padre. Avremmo dovuto cenare al ristorante, tutti e tre, perché presto sarei tornata al college. Standford. Io era a casa per le vacanze di Natale. Le lezioni non sarebbero iniziate prima di metà gennaio.”
Si fermò, prendendo aria, ricordava la neve, come quell’inverno fosse stato freddo, il divertimento che aveva avuto andando a pattinare con sua madre al Rockfeller Center.
“Mia madre non è arrivata.” Disse con attenzione per mantenere la voce chiara. “Abbiamo pensato che fosse stata trattenuta al lavoro, aveva un grosso caso per le mani, aveva anche trascorso un paio di notti in ufficio quella stessa settimana, quindi non ci siamo preoccupati… Abbiamo provato a chiamarla una volta ma non ha risposto. E abbiamo pensato che forse ci saremmo visti a casa.”
Questo era quello che odiava di più, il fatto che lei e suo padre non si fossero preoccupati più di tanto. Avevano mangiato, chiacchierato e fatto anche qualche battuta. Kate ricordava così bene quella notte, ogni secondo, e in nessun momento era stata preoccupata.
Non aveva pensato che ci fosse qualcosa di strano. Non aveva avuto quella brutta sensazione allo bocca dello stomaco che ogni libro sembrava descrivere. Non vi era stata nessuna preoccupazione da spingere via e ignorare.
Aveva semplicemente pensato che fosse tutto a posto.
Perché non aveva nessun motivo per credere il contrario.
“Ma quando siamo tornati a casa.” Continuò, quasi tremava al ricordo di quella fredda notte d’inverno, vedendo quelle luci lampeggianti di fronte la propria casa. “La polizia era lì. Il Detective Raglan ci stava aspettando con lo sguardo da ‘mi dispiace per la vostra perdita’. E ricordo di aver pensato ‘Non ti dispiace per niente.’ ”
Sentiva Castle molto vicino, chiedersi se dovesse toccarla o meno, ma tutto quello a cui poteva pensare era quella notte, la scena del crimine, il suo intero mondo andare a pezzi, in milioni di pezzi ai suoi piedi.
“Ci ha fatto delle domande. Dove eravamo stati, chi potrebbe aver avuto motivo di far del male a mia madre… Tutto quello che voleva erano risposte ma noi avevamo solo domande, tante domande. Ci volle un secolo prima che ci dicesse dove l’avevano trovata. Pugnalata in un vicolo, un luogo dove non avrebbe avuto motivo di essere e con contanti, gioielli, tutto addosso. Non aveva senso.”
“Kate.” Mormorò Castle, e sentì le sue lunghe dita accarezzarle il bacino, la sua bocca sulla spalla.
Chiuse gli occhi.
Doveva sapere…
“Ti allontanerò di nuovo.” Gli disse con rammarico nella sua voce determinata. “Non so quando, o quello che lo innescherà, ma lo farò, Castle. Ti allontanerò perché non sopporterò il pensiero di dover affrontare tutto questo di nuovo. Questo tipo di dolore, il vuoto, il buio che cerca di mangiare tutto… Non riuscirei ad uscirne ancora una volta, l’ho a malapena fatto in passato.” Terminò senza fiato con gli occhi chiusi, in contrasto con le lunghe ore passate a fissare il soffitto, chiedendosi perché il suo cuore battesse così forte mentre quello di sua madre si era fermato.
 
Lo sentì avvicinarsi a lei, il suo peso mentre le si appoggiava, premendo le proprie labbra sulla sua tempia, la sua mascella, la sua guancia. Caldo e umido. Stava piangendo?
Trovò le sue labbra, respirando il suo nome contro di esse e lei poté sentire il gusto salato delle sue lacrime. Il suo petto premuto contro il suo. E lei si inarcò, il suo corpo improvvisamente, alla disperata ricerca di qualche sorta di libertà, un senso di pace e di completezza che di solito l’abbandonava, ogni volta che pensava al caso di sua madre.
“Io non ti lascerò.” Le rispose, parole piene di promesse mentre il palmo della sua mano si chiuse sul suo petto. “Mi puoi allontanare tutte le volte che vuoi, Kate, ma io non ti lascerò.” Lei gemette al contatto, alla sicurezza della sua voce, la speranza crescente che si aprì come un fiore nel suo petto.
“Non potrai mai sbarazzarti di me.” Le promise, la sua bocca in un ghigno contro la sua. E lei si elevò al suo tocco, bisognosa e senza fiato, tutto il suo essere dolorante per il bisogno di lui.
Oh, come sperava che avesse ragione.
 
 
 
  
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