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Autore: bagnodonda    09/02/2015    1 recensioni
"La Pietà vaticana è una scultura marmorea di Michelangelo Buonarroti, databile al 1497-1499 è conservata nella basilica di San Pietro in Vaticano a Roma [...] È anche l'unica opera da lui firmata, sulla fascia a tracolla che regge il manto della Vergine: MICHEL.A[N]GELVS BONAROTVS FLORENT[INVS] FACIEBAT."
Ringrazio Wikipedia, inesauribile fonte di informazioni, e ringrazio A., inesauribile fonte di magia.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si tratta del primo capolavoro dell'allora
poco più che ventenne Michelangelo,
considerata una
delle maggiori opere d'arte chel'Occidente abbia mai prodotto. 
                                




















La luce del sole filtrava attraverso le finestre enormi di vetro colorato, sostenute da diverse colonne di marmo bianco, entrando nel museo, illuminando l’enorme scalinata di pietra bianca che troneggiava al centro della stanza gigantesca. Tutto era di marmo, persino le intelaiature del tetto, dipinte con colori soffusi, tenui, rosa, violetti chiari, azzurri sbiaditi, rossi macchiati. Al pian terreno un gruppo di studenti parlottavano tra loro, additando alcune sculture deformi alla base della scalinata. Ridevano, gli zaini di cuoio trascinati quasi all’altezza delle gambe. Potevano avere tutti quindici anni al massimo, sorridevano del tutto indifferenti al panorama di lucentezza marmorea sulla quale camminavano. Salendo le scale, si arrivava ad un secondo piano, più piccolo ed appartato, meno illuminato, con dei pesanti drappeggi rosso fuoco che coprivano le imposte. Misteriose figure scolpite nella pietra osservavano impassibili ed inespressive nella loro perfezione secolare i ragazzi sotto di loro, guardandoli con occhi critici e antichi. Una statua in particolare, più alta delle altre, più al buio, più distante, dimenticata. Bianchissima, pareva osservare la ragazza minuta, dallo sguardo irresistibilmente curioso, che sostava di fronte ad essa. Separatasi dal gruppo dei suoi amici, la giovane si era fermata a guardare l’opera d’arte. Nell’aria si agitavano migliaia di granelli di polvere impalpabili, illuminati da un fascio sottile di luce che cadeva proprio sul viso della Madonna protagonista della scultura. Tra le sue braccia, steso con una posa innaturale, stava suo figlio, una corona di spine in capo, l’espressione straziante ed inevitabile della sofferenza precedente alla morte ancora stampata sul viso magro. La perfezione del marmo riprendeva le vesti della vergine, i capelli dell’uomo, l’espressione stranamente malinconica ed al tempo stesso rilassata, gli occhi socchiusi, una sottilissima stanchezza nella piega delle labbra. Angela cercava di interpretare quell’espressione, quell’impercettibile velo di disperazione riflesso nella posa della donna, nei suoi abiti, nelle sue mani, che stringevano il corpo del figlio ormai morto. Emanava vibrazioni tragiche, ma sembrava appena uscita da una discussione molto noiosa, il capo chinato in segno di sottomissione, quasi stesse per annuire, immortalata in quell’attimo appena precedente all’azione.

“Annuisce a Dio.” Pensò la ragazza, gli occhi fissi sul viso impassibile della Madonna. I lunghi capelli biondi della quindicenne erano arricciati e liberi sulle sue spalle, come ali di tanti colibrì; i suoi occhi azzurri sembravano di marmo. Iniziò a guardare la mano sinistra della Vergine; era rivolto verso l’alto. “Sta invitando la gente a guardare.” Il suo zaino grigio le pesava sulle scapole, pieno com’era; un sottile strato di sudore freddo si depositò sulla fronte della ragazza. Stava in piedi da troppo tempo nella semiombrosità del secondo piano. Dal basso sentiva il vociare degli insegnanti, impegnati a calmare gli alunni troppo agitati. “Sta invitando Dio a guardare.”

E immaginava la scena. Un uomo morto, nudo, nella sua semplicità, sua madre che è calma, quasi rassegnata. Dai suoi occhi, anche se sono chiusi, quasi si intravede la disperazione; sul punto di annuire. “Lo vedi?” Parla al cielo. “Lo vedi tuo figlio?” C’è una certa tranquillità nei suoi movimenti. Angela non era mai stata credente; troppi complessi, troppe regole da seguire. Ma quella statua emanava un tale amore verso Dio ed una tale ammirazione verso il suo creato, che la ragazza non poté fare a meno di chiedersi, per una volta, se Michelangelo Dio l’avesse visto davvero.

“Secondo voi.” La voce della guida rimbombò alle sue spalle. Si girò di poco, la sottile gonna nera le scivolava sulle gambe; la felpa grigia che indossava era troppo grande. Preferì perdersi in quella immensità, continuando a fissare la Madonna. Quasi le sembrava possibile che scoppiasse a piangere. “Perché la rappresenta così?”

I raggi del sole erano l’unico rumore del momento. La ragazza fissò per un attimo la scultura. Poi si girò, sbattendo i piedi sul marmo, e se ne andò. Giù per la scala, fuori dalla stanza. Il sole era più luminoso; si coprì gli occhi, per ripararsi. Pensava all’espressione della donna, al corpo devastato di suo figlio, agli occhi chiusi di marmo che sembravano capaci di piangere. E non lo sapeva perché Michelangelo, che di bello e di tragico aveva fatto tante cose, da giovane, avesse scolpito qualcosa di così devastante come una Madonna che non è, effettivamente, capace di piangere, anche se sembra stia soffrendo.  Perché, realizzò Angela, la peggior tristezza è quella che non si vede, intrappolata e relegata per sempre nell’attimo, marmoreo, precedente ad un sorriso.






 
 
Sempre a te
"Ma tu accendi il motore dei miei desideri
fai luce e mi svegli
e sento che senza di te
non la so fare la rivoluzione"

 
   
 
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