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Autore: Deija    09/02/2015    6 recensioni
La vita ci pone molte sfide e vari ostacoli da affrontare, le perdite sono una di queste.
Il modo in cui si combatte, però,varia da persona a persona. C'è chi usa la mente, ci ragiona su e cerca una soluzione e c'è chi le affronta con impeto, affidandosi solo all'istinto.
Poi ci sono io, che aggiro il tutto. Perché voglio ricordare, ricordarti.
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La vita ci pone molte sfide e vari ostacoli da affrontare, le perdite sono una di queste.
Il modo in cui si combatte, però,varia da persona a persona. C'è chi usa la mente, ci ragiona su e cerca una soluzione e c'è chi le affronta con impeto, affidandosi solo all'istinto.
Poi ci sono io, che aggiro il tutto. Perché voglio ricordare, ricordarti.
 
“Guarda cos'ho qui!” dico, sventolandoti quei due biglietti aerei sotto il naso “Ci facciamo Pasqua a Lucerna!” sprizzo gioia da tutti i pori.
 
Come eri felice, gli occhi ti brillavano. Il tuo abbraccio quasi soffocante ce l'ho ancora impresso sotto pelle, come un tatuaggio. Eri un tornado di gioia che girava per casa quel giorno.
 
“Sai non credo che si possa fare” mi dici mentre prendo quel fiore dal ponte sul lago per mettertelo tra i capelli “Un fiore rosso sulla testa di un piccolo koala inglese” ridacchio “Deficiente” mi apostrofi mentre con le mani intrecciate camminiamo sul quel ponte.
 
Da allora tutti gli anni, la settimana di Pasqua eravamo lì, su quel ponte a passeggiare, mano nella mano o in quel piccolo ristorante nella piazzetta delle giostre, come la chiamavi tu o ancora in riva al fiume, a tirare il pane ai cigni.
Avevamo deciso di andarci per Natale, con la neve.
Solo che è arrivato lui e ti ha distrutta. Non riuscivi nemmeno a guardare me - tuo fratello - negli occhi, tanto lo shock.
Adesso hai rimosso tutto e tutti dalla tu mente.
Solo che quella scena, quella disgrazia, rimarrà incatenata alla tua gola e non ti farà respirare fino alla fine dei tuoi giorni.
Io non ce la faccio Liz, non riesco a vederti sdraiata su quel letto, immobile che fissi il vuoto. Non riesco a concepire che non posso più abbracciarti o farti il solletico solo perché un bastardo ti ha fatto del male. Non posso toccarti semplicemente perché sono un uomo.
Per questo ho deciso di andare via e di trasferirmi definitivamente qui, a Lucerna, per rivivere tutti i bei momenti che ci abbiamo passato da sei anni a questa parte.
Ogni giorno faccio una passeggiata sul Kappellbrücke e ripenso alla curiosità che mostravi di anno in anno perché ogni volta riuscivi a cogliere un particolare in più di quel ponte magnifico.
Quando mi fermo davanti alle piccole giostre davanti al nostro ristorante preferito mi viene in mente quando volesti salire per forza sul cavallino rovinato perché dicevi che era particolare e vissuto più degli altri.
Il sabato prima di andare a lavoro, mi fermo sempre un quarto d'ora alla chiesa di San Pietro. Che cosa strana, ti affido a un Dio che fino a un mese fa per me non esisteva.
Sembrerò un codardo ma non ce la facevo a vederti così silenziosa, così assente.
Perché semplicemente quella ragazza che è seduta sul letto bianco dell'ospedale non sei tu.
Non sei l'Elizabeth che voleva a tutti i costi appiopparmi Mary, quella che si ostinava a chiamarci i “Double L”, non sei più quella furia che ti entrava dentro come una calda tempesta.
Non sei più tu.
E io non so più chi sono.
Non sono più io.
Non sono più Louis.
   
 
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