Terza
ed ultima parte della trilogia dedicata alla cattura di Ace…. spero che
gradirete anche questa e che la interpreterete come ho fatto io ^__^
Dedicata a red queen, hanel Chungee(beyond_thed), HelenaAvenged ,Haku e airis.
Grazie
mille per il vostro sostegno e continuate così!
-Salvami!-
Silenzio interrotto dal tintinnare delle
catene, gelide costrizioni di metallo che mi lacerano la carne, brillando
orgogliose su polsi e caviglie ormai tinti di rosso vermiglio, mentre il corpo,
dilaniato dalle ferite, vi giace prigioniero senza poter porre obiezione.
O
forse senza volersi opporre.
Perché
poco a poco mi rendo conto che quello che appariva solo come un brutto sogno,
un incubo da dimenticare, è la realtà.
E
mi accorgo di ciò che ho fatto, o meglio ciò che non ho fatto.
Ho
perso, io il temuto Portuguese D. Ace non sono stato capace di fare giustizia,
di assolvere il mio incarico.
E
mi odio per questo.
Perché
con la mia debolezza ho deluso le uniche persone che si fidavano di me,
ripagandole con una sconfitta, un’ammissione di ciò che sono realmente… un
inetto, una nullità.
O
forse un semplice moccioso sciocco e superficiale che ha riposto la sua totale
fiducia in un potere troppo spesso considerato indispensabile. E solo ora, in
attesa dell’oscura signora mietitrice di vite, mi rendo conto della mia
stupidità, di ciò che sto per perdere per questa mia mancanza di attenzione.
Ma
forse è una punizione adeguata a ciò che ho fatto, perché non poterti vedere è
la pena più grande di tutte.
E
sorrido ammettendo che, ora, quel fastidioso puzzo di sigari mi manca
terribilmente, come le tue mani esperte sul mio corpo un tempo bollente e
fremente per le attenzioni che sapevi regalarmi.
E
con la mente vago in quei momenti di paradiso cercandovi un rifugio, un luogo
sicuro dove la mia mente e il mio essere possano trovare sostegno. Perché solo
fra le tue braccia mi sento bene, in totale pace con il mondo che mi circonda.
In
questi giorni non ho fatto altro che vivere nel passato ed esistere nel
presente, cercando di mantenere intatti quei ricordi tanto cari, custoditi con
gelosia nel mio cuore come il più prezioso dei tesori.
Perché
è grazie ad essi che non ho ancora ceduto...
Socchiudo
le palpebre sentendo un conato di vomito salirmi su per l’esofago, sfociando
ancora una volta dalle mie labbra tagliate e sanguinanti mentre gli occhi
cominciano a pizzicarmi, lasciando che lacrime di paura sgorghino da essi.
Perché
è questo che sto provando, paura.
Una
sensazione un tempo sconosciuta e ora familiare quanto queste catene.
Una
paura folle che mi tortura più dei ferri e dei tagli infertimi dai miei
carcerieri.
E,
anche se merito tutto questo, vorrei vedere ancora una volta quel viso, quello
sguardo che tanto mi affascina e che ora mi appare così sfuocato.
Alzo
il capo sperando ingenuamente di scorgere un piccolo spiraglio di luce, di
speranza.
E invece
scorgo solo il buio totale che, sovrano, inghiotte tutto ciò che sfiora,
trascinandomi in quell’abisso oscuro cui non riesco a sottrarmi.
E
avverto solo quel gelo capace di penetrarmi la carne e le ossa, giungendo alla
mia anima dilaniata come il corpo che ora sento pulsare, forse sul punto di
esplodere.
Avverto
solitudine in questo luogo angusto e umido in cui il tempo è scandito dal
picchiettare di piccole lacrime di pioggia che, giocose, scivolano su di me,
creando a terra piccoli specchi di verità che, infidi, mostrano lo stato
in cui verso.
Rendendo
tutto più freddo.
Annientando
anche quell’ultimo barlume di luce che, testardo, viveva ancora in me.
Perché
quella piccola e flebile fiamma, ormai, si è persa nell’oscurità senza alcuna
possibilità di salvezza.
Perché
nel profondo del mio cuore so che non ti vedrò mai più.
Perché
siamo due opposti, due nemici, un marines ed un pirata.
Perché
avevamo fatto un accordo, niente sentimenti inutili, nessun legame, ed invece…
non ho mantenuto neppure questa promessa.
L’ennesimo
fallimento.
Un
altro ancora.
Perché
anche se sono sicuro che tu non provi quel sentimento, quell’ossessione che
posso solo chiamare amore, non provo rimpianto per averti conosciuto, per
essermi innamorato del mio nemico naturale.
Un
rumore ben conosciuto giunge alle mie orecchie annunciando l’ora della tortura,
dell’ennesima ricerca di quella che i miei carcerieri considerano la verità.
Ma
io non dirò nulla, non tradirò nessuno.
Mai
e poi mai.
Il
suono dei passi, dapprima ovattato, diviene più nitido mentre la pesante porta
viene chiusa a chiave, come tutte le volte i cui i miei aguzzini decidono di
giocare con il mio corpo ormai incapace di provare dolore.
E
non posso che compatire questi poveri stolti in cerca di quel piacere
sadico nel vedermi soffrire, poiché sono solo un guscio vuoto privo di anima e
speranza, ormai in attesa del colpo di grazia.
Venite
pure, non ho paura di voi!
Non
vi temo!
Perché
anche se mi farete male, io non griderò, se brucerete la mia carne, nessuna lacrima
vi darà soddisfazione.
Perché
sono un pirata e non mi pento di esserlo.
Serro
la mascella trattenendo i gemiti di dolore non appena tento di respirare a
pieni polmoni, mentre una figura indistinta si avvicina a me.
E
il mio sguardo si concentra su qualcosa di indefinito, cercando di non pensare
a ciò che fra poco succederà, nel vano tentativo di fuggire dal mondo che mi
circonda.
Un
calore estraneo e da tempo dimenticato mi fa sussultare, mentre una voce
anelata mi desta da quel turbine di pensieri ed elucubrazioni. Mi ritraggo
leggermente a quel contatto che, sicuramente, è frutto della mia immaginazione.
Sì,
deve essere così.
Perché
tu non puoi essere venuto qui.
No,
non sei il tipo.
Vattene!
Vattene!
Vattene
via!
Sparisci
dalla mia vista!
Non
voglio soffrire ancora per queste mere illusioni!
Perché
se esiste un Dio non può volermi far soffrire così, ancora e ancora.
Altro
calore, più nitido, come lo sono le sensazioni che affiorano nella mia mente,
nella mia anima infranta in tanti piccoli frammenti che ora paiono
ricomporsi poco a poco.
Sei
veramente tu?
Dio,
spero di sì, perché se questo è un sogno non voglio assolutamente svegliarmi.
E
anche se so che soffrirò ancora voglio continuare ad illudermi che tu sua qui,
con me, per me.
La
mia voce esce roca dalla gola arsa gracchiando il tuo nome, poco prima di
sentire il tepore del tuo abbraccio circondarmi, impregnandomi di quell’odore
che tanto ti caratterizza, dandomi la certezza che mi mancava.
Sei
venuto…
I
nostri occhi si incontrano come quella notte di tanto tempo fa, facendomi
comparire sul volto un sorriso, il primo dopo giorni di paura e dolore, mentre
altro sangue macchia il mio petto ansante.
E
provo vergogna per me stesso, perché ti ho deluso.
Perché
non merito queste attenzioni, questa premura che tu hai riservato a me.
E
non posso che esserti segretamente grato per questo, perché il mio ultimo
desiderio si è avverato.
Tu
mi hai salvato, rendendomi finalmente libero, donandomi una libertà ben diversa
da quella materiale.
E
ora posso solo affidarmi a te, a quella luce che adesso scorgo con chiarezza.
“Non...
ho… man... tenuto.. la… pro… messa...” dico mesto
poggiando pesantemente la testa sulla tua spalla, cedendo a quelle ombre che
tanto temevo e che ora so di poter affrontare…
Perché
so di non essere solo.
Perché
so che tu non mi hai dimenticato.
Perché
fuoco e fumo sono destinati a stare insieme.
[End]