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Autore: starsfallinglikerain    10/02/2015    8 recensioni
Dean chiuse gli occhi, "Cass? Cass, puoi sentirmi? Andiamo piccolo bastardo, non puoi essere morto!". Egli riaprì gli occhi, dandosi del coglione per aver pensato che potesse succedere qualcosa. Sperava che l'angelo sarebbe apparso, magari facendo un ingresso trionfale come la prima volta che l'aveva visto, lui sperava che fosse vivo. Gli sarebbe bastato saperlo, avere un segno.
--- Quattordicesima classificata al contest "Questione di secondi" ---
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Settima stagione
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Buongiorno a tutti! 
Questa è la prima FanFiction che scrivo su Supernatural e, precisamente, su Dean e Castiel (oh sì, sono ossessionata da quei due!). Mi farebbe molto piacere se, dopo aver letto, mi lasciaste un parere, positivo o negativo che sia, giusto per sapere dove devo migliorare. 
Detto questo, un bacio a tutti e... Viva i Destiel! 


Nickname su EFP e sul forum: twistandshout
Titolo: L'ultima lettera di Castiel Novak
Fandom: Supernatural
Tipologia: One Shot
Generi: Angst, Introspettivo
Avvertimenti: ---
Note: Missing moments
NdA: mi sono ispirata al prompt "Hope that you fall in love and hurt so bad"

 

L'ultima lettera di Castiel Novak


«Sto bene, davvero».
«Sì, certo. Hai solo perso uno dei tuoi migliori amici, tuo fratello è in una campana di vetro e i cattivi più ricercati del Purgatorio fanno surf nelle fogne. Sì, ti credo, tu stai bene»
«Certo»

Le parole reticenti del cacciatore continuavano a vagare imperterrite nella mente di Dean Winchester. Non riusciva a non pensarci, era come se fossero un disco rotto che continuava a ripetersi, e a ripetersi, e a ripetersi... Il ragazzo sbuffò, passandosi una mano sopra gli occhi con fare stanco, lanciando un'occhiata al corpo lungo e muscoloso del fratello che dormiva nel letto accanto, apparentemente tranquillo.
Ma era davvero così? O di punto in bianco si sarebbe svegliato gridando come un pazzo furioso, in preda a una visione dell'Inferno? Dean sapeva cosa significava. Lui c'era stato e, per Dio, talvolta quando chiudeva gli occhi sentiva ancora la risata di quel figlio di puttana di Alastair mentre lo torturava. Se Castiel non lo avesse salvato... - Castiel.
Quell'angelo dagli occhi celesti, così tersi come non ne aveva mai visti, lo aveva salvato. Ed ora, per un eccesso di tracotanza, era morto. Morto. Non sarebbe più tornato indietro, Dean questo lo sapeva per certo. Lo aveva visto immergersi nell'acqua e sparire, annegato e inghiottito da quelle creature orrende, i Leviatani. Il suo impermeabile beige chiuso nel baule dell'Impala ne era chiaramente una prova.
Dean si alzò dal letto, sistemandosi alla bell'e meglio i capelli biondi, scendendo a passo felpato le scale per dirigersi verso la cucina: aveva bisogno di bere. Gli capitava spesso, ultimamente. L'alcool sembrava essere l'unico in grado di dargli un po' di pace, ma era solo un effetto temporaneo, effimero.
Stappò il whiskey e ne versò un po' nel bicchiere che aveva estratto dalla credenza,  trangugiando il liquido come se fosse acqua fresca; ormai era abituato a sentire quel fuoco che si propagava a livello dello stomaco quando inghiottiva quella bevanda giallastra, non ci faceva più caso. E sapeva che se avesse continuato così si sarebbe dilaniato il fegato, prima o poi, ma non gli importava.
Fece per versarsene un altro bicchiere, ma poi ci ripensò, decidendo di portare con sé direttamente l'intera bottiglia. Indossò in fretta il giubbotto di pelle, quello che portava da quando andava al liceo, probabilmente un po' logoro per via dell'usura del tempo, ma a lui stava bene così, ci era affezionato. Un po' come alla sua macchina e alla musica che suo padre gli aveva insegnato ad amare.
Uscì nell'aria fresca della notte, immergendosi sotto quella moltitudine di stelle - quelle gli piacevano: aveva sempre adorato, sin da piccolo, ficcarsi sotto il cielo più nero ad osservare quel manto fatato di luci di candele. Rabbrividì leggermente, stringendosi un po' di più nel giubbotto, mentre camminava verso la sua Impala nera, parcheggiata di lì a due passi.
Ciao, piccola, pensò sedendosi sul cofano, avvertendo la sensazione di freddo che si propagava sulla sua pelle attraverso i jeans rovinati; prese un altro sorso dalla bottiglia e guardò di nuovo il cielo, mentre le parole di Bobby s'infilavano indiscrete tra i suoi pensieri, ancora una volta. E la parte che lo lasciava più amareggiato, triste e incazzato coll'universo era il fatto che Castiel, quello stupido figlio di puttana - come lo aveva definito -, fosse morto. Non poteva parlare con lui, perché non sarebbe più volato da lui in un attimo ad ascoltarlo, ad esserci per lui, a confortarlo. A farlo sentire amato, una volta tanto.
Non che soffrisse di carenze d'affetto: era consapevole dell'amore che provavano per lui suo fratello Sammy e Bobby, così come lo avevano provato Lisa e Ben, o addirittura Ellen e Jo. Ma così come si sentiva ogni qualvolta l'angelo lo osservava non si era mai sentito con nessuno ed era una cosa strana. A dirla tutta, l'intero rapporto con quel ragazzo era stato strano, sin dagli inizi. Era bastato poco a quel guerriero di Dio per comprendere ogni complesso del Winchester più anziano: si considerava un soldato, un bravo soldato, dedito al proprio compito - portare avanti gli affari di famiglia, salvare l'umanità dal male, proteggere Sam. Era una pedina, e come tutte le pedine, sacrificabile. O almeno così pensava. Lui non meritava di salvarsi, tanto meno di essere salvato da qualcun altro per volontà divina. E Castiel questo l'aveva capito subito: sembrava tanto stupido, a volte dolcemente imbranato, eppure gli era più facile leggere Dean Winchester come se fosse un libro aperto piuttosto che capire come funzionasse il mondo, come ad esempio la semplice nozione di "spazio personale".
Dean sorrise amaramente, ricordando quell'episodio. Sospirò di nuovo, stanco, passando il dito indice attorno al perfetto orlo circolare del collo della bottiglia. Si alzò, appoggiando il whiskey per terra, e si diresse verso il baule della propria auto: lo aprì e guardò l'impermeabile appartenuto all'angelo. Lo estrasse e lo dispiegò,stringendoselo forte al petto e stropicciandolo più di quanto già non fosse, macchiato dal sangue ormai secco dell'amico. Dean chiuse gli occhi, Cass? Cass, puoi sentirmi? Andiamo piccolo bastardo, non puoi essere morto! Egli riaprì gli occhi, dandosi del coglione per aver pensato che potesse succedere qualcosa. Sperava che l'angelo sarebbe apparso, magari facendo un ingresso trionfale come la prima volta che l'aveva visto, lui sperava che fosse vivo. Gli sarebbe bastato saperlo, avere un segno.
Abbassò le iridi verdi e penetranti sulla stoffa che teneva tra le mani callose e abbronzate e notò il margine di un piccolo foglio di carta emergere dalla tasca. Incuriosito, il giovane cacciatore corrucciò la fronte e appoggiò di nuovo l'impermeabile nel baule, per poi estrarre il foglio e andare a sedersi ancora sul cofano dell'automobile.
Lo spiegò, chiedendosi cosa mai potesse essere, e rimase sorpreso di fronte ad una calligrafia piccola ed ordinata, sconosciuta ai suoi occhi. Le lettere erano rovinate per via dell'acqua che aveva impregnato la carta e degli aloni azzurrastri circondavano le parole, le quali erano tuttavia leggibili. Dean si sistemò meglio sul cofano e, dopo aver lisciato il foglio e preso un bel respiro, iniziò a leggere.


Caro Dean,
non so esattamente perché ti stia scrivendo questa lettera, probabilmente per togliermi questo strisciante senso di colpa di dosso. E' come avere addosso dei vestiti fradici e non poterseli togliere, lo sai? Sono pesanti, e bagnati, e odiosi. Sì, Dean, odiosi: odio questo senso di colpa, odio come mi sono comportato, odio l'idea di avervi mentito e ingannato. Anzi, odio l'idea di
averti mentito e ingannato.
Perché io non voglio perdere né Sammy, né Bobby, né te Dean. Soprattutto te.
Perché grazie a te ho conosciuto tante cose, grazie a te ho acquisito dei sentimenti, ho imparato ad amare. Non avevo mai amato finora, o per lo meno, non in questo senso del termine: conoscevo solo l'amore verso il Padre, così casto e timoroso e puro, e quello per i miei fratelli, che è però un affetto.
Quando ho conosciuto te invece ho capito cosa vuol dire amare: tu eri diverso, Dean. Diverso da chiunque avessi mai incontrato, diverso da ogni altro essere umano, così bisognoso di proteggere gli altri mettendo te stesso sempre all'ultimo posto. L'ho capito subito, non appena ti ho afferrato per la spalla per tirarti fuori dall'Inferno: ho percepito nella tua anima il tuo bisogno di sentirti amato e importante. Ma tu non pensi di meritarlo, non è così? E' come se pensassi che tutti avessero il diritto di essere felici, tranne te.
Ne hai passate tante e meriti la tua felicità e tranquillità come chiunque altro. Darei qualsiasi cosa per aiutarti, Dean, lo sai che lo farei: ho fatto tanto per te e continuerei a farlo. Mi sono ribellato al Paradiso e questo è stato solo l'inizio. E' per questo che mi sono arrabbiato tanto quando tu volevi dire di sì a Michael - quell'esperienza ti avrebbe distrutto, non l'avresti retta. Avrei fatto qualsiasi cosa perché non fossi tu a dover essere il suo tramite. Ho iniziato una guerra civile ed ora siamo arrivati al capolinea.
Odio doverti mentire, odio quello sguardo da
Io-mi-fidavo-di-te con cui mi guardi, odio tutta questa situazione! E' così frustrante. Ma ti prometto che non appena tutto questo sarà finito - perché tutto questo finirà, Dean, non dubitarne mai -, ecco, non appena tutto questo sarà finito farò il possibile per regalare a te e a Sam un periodo di serenità, perché è tutto ciò che ti meriti. Lo farò perché te lo devo, Dean, e perché tu mi hai insegnato ad amare. Lo farò perché ti amo e io ho bisogno di te.
Perdonami per tutto.
Cass


Dean era completamente sbalordito: le parole dell'angelo sembravano così surreali, possibile che non stesse solo sognando? Non si accorse di aver iniziato a piangere finché non avvertì delle gocce umide cadere sulla propria pelle; una lacrima cadde proprio su quelle cinque lettere che avevano tolto il respiro al ragazzo, fermato il suo cuore, sconvolto la sua anima: ti amo. Cass lo amava. Lo amava, lo amava e stava facendo tutto ciò solo per lui. Come aveva potuto dubitare di Castiel e arrabbiarsi con lui? Chiuse gli occhi, continuando a piangere in silenzio, pensando che ora come ora l'angelo non avrebbe più potuto ascoltarlo mentre pensava a lui più forte e pregava che da qualche parte, in qualche strano modo, egli si fosse salvato.
Ma la cosa che più lo lasciava esterrefatto era come quel "ti amo", la rivelazione dei sentimenti di Castiel, non lo avesse sconvolto - in fondo il ragazzo lo sapeva. Così come sapeva cosa significava avere dei flashback dell'Inferno, o come sapeva che avrebbe solo voluto sacrificarsi lui al posto dell'amico. Perché anche Dean amava Castiel, era solo troppo pudico e testardo per poterlo ammettere, ma nonostante questo tutti sembravano essersene resi conto, tranne l'angelo stesso.
Dean continuò a piangere in silenzio, stringendo e accartocciando  la lettera tra le mani e sfiorandosi il punto sulla spalla sinistra dove la Sua mano lo aveva afferrato per tirarlo fuori dall'Inferno. Alzò lo sguardo al cielo, continuando a toccarsi la spalla, e con gli occhi lucidi che riflettevano la luce delle stelle pensò: non temere, Cass. Io ti troverò, prima o poi. Ti troverò, ti salverò, ti riporterò a casa da me. Lo farò perché ti amo e io ho bisogno di te.  

 
   
 
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