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Autore: gocciolina1210    11/02/2015    0 recensioni
Due perfetti sconosciuti, due vita apparentemente troppo distanti, per caso in un giorno di ordinaria noia, si incontrano, o meglio decidono di incontrarsi-
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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 Capitolo 1
                                                               
 Scontro
 
“Dai che ce la puoi fare, non ti arrendere” una bellissima voce mi dice così, mi giro e vedo il ragazzo più bello che avessi visto mai. Lui dentro l’abitacolo della sua Ferrari rossa mi sorride e il mio viso s’infiamma. Vorrei parlare ma non ci riesco a causa del mio fiatone anche perché ero in una salita piuttosto ripida. Il tempo di pensare a qualcosa da dire ma lui accelera e sparisce su quella salita, lasciando sul mio viso un sorriso un po’ da ebete. Faccio l’ultimo tratto di salita e arrivo in facoltà. Le lezioni sembrano essere più lunghe che mai. Vorrei sapere chi era quel ragazzo, perché ha detto quelle parole. Le parole della mattina risuonano sempre nella mia testa e non passa minuto che non pensi a quel sorriso splendido ma ancora di più al suo proprietario. Dopo ore di sogni ad occhi aperti durate le quali non ho preso neppure un appunto, le lezioni finiscono ed è ora di tornare a casa, anzi volare per andare a prendere un cavolo di treno proprio oggi che non ho voglia neppure di camminare, devo correre. Non vedo neppure dove vado tanto la strada la so a memoria, giro l’angolo, sto attenta alle persone che ci sono fuori dal bar, e so che poi la strada è quasi tutta dritta, anzi per meglio dire devo stare attenta a non schiacciare la cacca di qualche cane randagio. Un altro bar, stavolta molto più affollato dai ragazzi, che devono comprarsi il pranzo per rimanere a lezione, un motorino messo male, una macchina posteggiata troppo avanti, una cacca tutto ciò rallenta la mia corsa, ma finalmente eccomi arrivata alla mia discesa. Ho diviso questa via in parti le prime due le faccio quasi volando ma all’improvviso nello stesso punto della mattina mi giro e vedo lo stesso ragazzo che mi sorride sulla sua Ferrari rossa fiammante. Io resto di nuovo senza parole, non riesco a pensare a qualcosa da dire. Lui mi fa segno di aspettare e si parcheggia poco più sopra, io resto di sasso, come pietrificata. Spegne la macchina e scende. Se la mattina mi era sembrato bello ora che lo vedo per intero lo reputo divino. Un incrocio tra il David di Donatello e un dipinto di Michelangelo, una linea del corpo stupenda, perfetta, pennellata dal miglior artista che l’arte abbia potuto avere, il modello che tutti vorrebbero. Si avvicina con passo felpato, come un leopardo che si avvicina alla sua preda senza farsi vedere e sentire. Attraversa la strada ed è subito da me.
“Ma sempre te incontro? Non è che mi stai pedinando?” sghignazzando pronuncia queste parole
“A me sa che è il contrario anche perché io non possiedo la macchina e di solito, si pedina con quella” risposta ovvia ma almeno sono riuscita ad articolare qualche parola.
“Di solito hai ragione tu, ma stavolta mi stai pedinando tu perché sei tu che ti sei girata mentre io ero immerso nei miei pensieri”.
“Scusami tanto se solo guardandoti, ti ho distolto dai tuoi pensieri, non era mia intensione, poiché stavo correndo per prendere il treno che ora ho perso” dico guardando l’orologio che ormai indica l’ora della partenza del treno “e poi sei stato tu che mi hai fatto segno di aspettare e non il contrario”.
“Mi sa che stavolta hai ragione, mi dispiace di averti fatto perdere il treno, come posso rimediare donzella?”
“Donzella?? Ma che siamo nel medio evo? Comunque non ti preoccupare tra mezz’oretta partirà l’altro treno quindi non ci sono problemi. Ora vado altrimenti perdo anche questo. Ciao”. Dico così ma dentro di me so che non vorrei rispondere così ma non ci riesco a essere più gentile, mi capita spesso di comportarmi così e tutte le volte succede che mi pento del mio comportamento.
“ Dai almeno fatti accompagnare alla stazione, così arriverai puntuale” che dolce che è ma ovviamente io rispondo “ No, non ti preoccupare, ce la faccio anche a piedi e poi tu stavi andando da tutt’altra parte, non ti voglio far perdere tempo.”
“ Ma quale tempo perderei? Io ha una mattinata che ti aspetto”
“Veramente? Non ci posso credere! Cioè tu aspettavi me? Ma mi stai prendendo in giro, vero?Complimenti. Ora vado. Ciao” e mi giro.
 Arrivo a fare mezzo passo che subito lui mi prende il braccio e mi fa voltare.
“ Dai veramente, fatti almeno accompagnare, ti prometto che non ti faccio niente, non sono quel tipo di ragazzo” e come potrei mai rifiutare un tale invito? Detto poi in quel modo poi? E allora felice ed entusiasta “Va bene, ma mi accompagni solamente. Però muoviamoci altrimenti perdo anche l’altro treno” non so come ci sono riuscita ma stavolta non sono scappata e soprattutto non è scappato lui. Non ci posso credere.
 Attraversiamo la strada arriviamo alla macchina e salgo; è un po’ bassa ma molto comoda, i sedili di pelle sono freschi ma non danno fastidio al contatto con i jeans, e poi il sedile ergonomico aderisce perfettamente alla forma della mia schiena che trova un po’ di sollievo dopo ore seduta in banchi scomodissimi.  
Accende la macchina e parte; la radio si accende in automatico così non siamo costretti a parlare ma lui non è della mia stessa opinione.
“ Ti piace la mia macchina?”
“Mah diciamo che non è la mia macchina preferita ma devo dire che il sedile è molto comodo” nell’istante in cui pronuncio l’ultima parte, arrossisco e capisco l’ambiguità della frase.
Ridendo come se avessi detto una battuta molto spiritosa "Tranquilla, non ti prendo in parola, ma se vuoi, io sono disponibile... ahi”lo colpisco non so il perché mi prendo già questa confidenza, ma mi viene istintiva farlo, come se quel gesto nascesse da una profonda conoscenza.
“E dai stavo scherzando...Comunque non ci siamo ancora presentati io mi chiamo Hiroaki, lo so, è un nome insolito da queste parti ma ai miei è piaciuto; tu invece hai un nome più “normale”?
“Ovviamente e mi piace anche molto. Il mio è Hikari”.
“Stavolta sei tu che mi sta prendendo in giro vero? Dai come ti chiami? Non ti sto chiedendo la luna” “Hikari, per gli amici Kari, non mi credi? Vuoi vedere la carta d’identità?”
“Nono, non c’è bisogno, ti credo. Penso solo che sia strano, cioè quante persone secondo te possono avere due nomi così strani in tutta  la città? Mah”
 “ Ed io che ci posso fare? Mia madre me lo ha messo perché le piaceva il significato, mi ha detto che in giapponese equivale a luce, quindi voleva che avessi una vita luminosa, ma mi sa che si sbagliava, ogni vita per poter vedere la luce deve affrontare le sue ombre”
 “ Ma come sei filosofica!”
 E insieme scoppiamo in una fragorosa risata.
Intanto fuori dal finestrino la via piena di vetrine scorreva veloce, ma eccoci che prendiamo in pieno il famoso traffico cittadino, quello che ti fa restare fermo anche per venti minuti. Ma io non ho problemi, tranne il mio carissimo treno; però la compagnia mi incomincia a piacere, non è male come ragazzo.
 Dalla radio intanto una canzone che conosco molto bene inizia a diffondersi nell’abitacolo della macchina, mi volto verso il finestrino per non far vedere le lacrime che intanto mi scendono dagli occhi e mi bagnano il viso, fuori vedo  ragazzi che escono dalla scuola, ragazzi che fanno a gara a chi arriva primo alla fermata, per prendere il bus che li riporterà a casa, ragazze felici con i loro fidanzati ancora molto piccoli per capire che la vita molte volte può essere crudele e che invece quando si è fidanzati non lo si accetta questo lato, si pensa che sarà sempre rose e fiori.
“Ma mi stai ascoltando?” di colpo torno alla vita reale, mi ero completamente scordata che ero in macchina di un estraneo troppo presa dai miei ricordi.
“ Scusami è che mi ero distratta vedendo questi baldi giovanotti” cerco di ridere ma il dolore è troppo forte.
 “Ma tu stai piangendo” porco cane mi ero scordata che avevo le guance bagnate, odio farmi vedere piangere, odio essere compatita, odio mostrare ciò che provo nel profondo.
“No, è che mi è arrivato un po’ di venticello, e i miei occhi sono molto sensibile”
“Non dire bugie, venticello non te ne può arrivare perché ci sono sia i finestrini che la stufetta chiusi” “Scusami non ti volevo dire una bugia, ma non ne voglio parlare. Ok?”
“Ok non sono fatti miei. Comunque a che ora hai il treno?”
 “E' alle 2.20 ci arriviamo secondo te?”
“Si penso di sì, però dovrebbero muoversi un po' queste macchine.”
”Mi fai ridere con i tuoi modi. Grazie”
“ Di nulla donzella” e mi restituì una linguaccia. Per il momento il mio passato può restare dov'è. Il futuro potrà essere forse migliore di così? Non forse, deve essere migliore. Finalmente ci muoviamo, anche se ancora a rilento, le macchine cercano di scorrere e di uscire da quella via, un autobus ha messo la freccia, si deve posteggiare, questo causerà altri rallentamenti al traffico già troppo lento e incasinato. Guardo l’orologio della macchina segna le 13.59 altri venti minuti e poi salirò sul treno per tornare a casa, ma è veramente quello che voglio? Il sorriso confortante di Hiroaki potrebbe essere una buona medicina per il mio male. Ma cosa sto pensando? Non lo conosco nemmeno e già penso a una medicina? Sono proprio messa male. Eccoci quasi arrivati, si vede in lontananza la stazione, ancora qualche metro e sarò là. Ci siamo, sono arrivata. Aspetto che entri dentro così potrò scendere senza problemi, senza macchine che accelerano anche quando sei sulle strisce, senza bus che devono tornare al capolinea. Tutto d’un tratto , la stazione che prima era vicinissima si allontana sempre più e so di essere più contenta per questa scelta.  
 
   
 
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