Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |      
Autore: Impossible Prince    11/02/2015    0 recensioni
"Sì, ho sempre riso di gusto quando mi descrivevano il diavolo come un nanetto rosso con corna e forcone. Ero cosciente che il vero male strozzava con nastri e guanti di seta. Non ti uccide con contratti firmati con il sangue, ma con le dolci parole e le carezze."
***
Secondo classificato alla "Fic Challenge 2015" di Pokémon Central Forum.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Lo avete mai sentito?
Lo avete mai sentito il rumore di un corpo che cade dal cielo e atterra sul cemento?
È come ascoltare l’aria che viene tagliata da un bastone di legno, avete presente? E poi, immediatamente, un tonfo di un qualcosa di tanto pesante quanto vuoto viene frenato dal terreno. Si sente lo sterno chiudersi in se stesso, trafiggendo il cuore e i polmoni. Si sente il cranio rompersi come farebbe un qualsiasi vaso di creta, che al posto di spargere i propri frammenti, fa schizzare il sangue e il cervello a velocità supersoniche sull’ambiente circostante.
È uno spettacolo cruento, ma come ogni spettacolo ci insegna qualcosa, e in questo caso la lezione da portare a casa è che l’essere umano è troppo debole per sopravvivere ad impatti di questo tipo e pur di non soffrire le conseguenze dell’inevitabile collisione, decide di morire.
Quando le situazioni diventano troppo complicate da gestire, l’essere umano scappa, come i topi davanti al loro più grande predatore. Gli esseri umani sono solo topi nella stiva di una nave che affonda. E quando non c’è alcuna via di uscita possibile l’unica alternativa è la morte.
Io lo so bene.
Vidi le nuvole allontanarsi da me. Alcune piume dalle mie ali stavano ancora bruciando mentre il viso mi era stato sfregiato con tre graffi. Non ricordavo chi avevo affrontato, o forse più semplicemente non lo sapevo. Il sangue grondava lungo tutto il mio viso, lambendo le labbra, le palpebre, il naso. Osservavo l’erba avvicinarsi sempre più. Ero inerme, confuso e con la mente rivolta a chi mi aveva toccato e poi buttato giù dalle nuvole.
Un colpo.
Un colpo secco, poi rimbalzai lievemente e mi ritrovai con gli occhi all’aria fissando le nuvole grigie.
Rimasi lì per delle ore, in silenzio e muto. Ero sotto shock per quello che mi era capitato. Poi riuscii ad alzarmi e cominciare a guardarmi attorno: era circondato da croci di filo spinato con delle persone infilzate.
Gridai.
Gridai con tutto il fiato che avevo in gola. Tirai fuori tutto il terrore che avevo in corpo.
Corsi verso il primo ragazzo, gli toccai le scarpe per raggiungere i suoi ricordi. “Marco il biondo”, ventenne, faceva l’elemosina di vagina. La sua ingenuità perpetua lo ha portato alla morte. Dava la colpa agli altri che volevano comandare troppo. La realtà è che non aveva le palle per gestire la sua vita.
 “Barbarella la mucca”, mora, tinta o forse no. Di lei dicevano che due preservativi non erano sufficienti a proteggersi dalla cattiveria che si portava dentro. Qualcuno, addirittura, vedendola passare cominciò a canticchiare «Le mucche fanno “muu”, ma lei fa glu-glu!».
E poi ancora “Giovanni lo psicopatico”, “Toro il pompato”, “Riccardo, la testa da papero” o ancora tutta una serie di personaggi tragicomici che volevano avere la dolce vita finendo invece come protagonisti di una fiction drammatica portata sullo schermo televisivo dalla Taodue film.
Per quanto mi sforzassi non ebbi alcuna possibilità di salvarli. Avevo salvato molte persone prima. Ero bravo nel mio lavoro di angelo... Eppure qualcosa mi bloccava. I miei poteri erano stati in parte prosciugati, di colpo. Era stata forse la caduta? O lo scontro con quel misterioso essere?
Decisi di andarmene da quel luogo dall’aura negativa, allontanandomi da quella landa decorata da cadaveri. Mi venne in mente il graffio sulla mia guancia, lo cercai tastandomi la pelle ma era sparito. Non c’era nessuna traccia.
 
Per molti miei amici, la Terra è il pianeta dei mostri; avevano paura ad avvicinarsi. Io invece no, trovavo la debolezza umana un elemento romantico, affascinante. Le mie ali non destavano interesse nelle persone mortali, era come non averne. Come se fosse la prassi che gli angeli caduti camminassero tra loro. Ero attratto dalla loro ingenuità, quella che caratterizzava quel ragazzo che conobbi in un bar di un paese. Era mattina, e il sole entrava senza problemi nelle grandi vetrate del locale pubblico. Capelli ricci, un bel sorriso e uno sguardo magnetico, ma allo stesso tempo che mi dava una sensazione di irrequietezza.
Quando si avvicinò, sentii una mano fredda sfiorarmi la guancia e poi accarezzarmi le ciglia dell’occhio destro. In un primo momento pensai ad un colpo di vento, ero del mestiere e sapevo riconoscere bene i segnali divini. Gli strinsi la mano con una notevole dose di fiducia, sebbene fossi stato investito da una forte sensazione di fastidio.
Dentro di me sapevo che mi sarei dovuto allontanare da lui il più e prima possibile, ma non diedi retta a quella voce. Gli toccai la mano e non riuscii a vedere nulla di lui. Fu l’ultima volta in cui provai a conoscere il passato di una persona, ricordo. Nessuna memoria. Era come se il mio corpo si rifiutasse di vedere al di là delle apparenze. O forse non ne ero più capace. Decisi di fidarmi ciecamente di lui. «Sono solo», mi continuavo a ripetere, «Non ho altra scelta».
Cominciammo a frequentarci, sempre assieme, mattina, pomeriggio e sera. La prima persona a darmi il buongiorno e l’ultima persona a darmi la buonanotte.
Nel frattempo la mia vita era cambiata, il Paradiso, a cui appartenevo, non era solo fisicamente lontano, no. Mi stavo allontanando dal Cielo anche moralmente.
Andrea, si faceva chiamare così, aveva una strana influenza su di me. Ogni volta che la sua voce veniva emessa dalla sua bocca, dentro di me avveniva una mutazione, come una sorta di reazione chimica di cui non studiai bene gli ingredienti.
Cominciai a non interessarmi più delle persone, se non di lui. La mia preoccupazione nei confronti del prossimo cominciò a calare fino a sparire del tutto. Non mi interessava più nessuno, se non lui.
Diceva che non era contento del mio atteggiamento, ma in fondo non sembrava poi molto sincero quando lo diceva. E chissà che forse quello non fosse il segno di qualcosa di molto più profondo.
Iniziai ad avere rapporti occasionali. Luoghi pubblici, case, persone più grandi e più piccole, indifferentemente. Ogni sera, io e Andrea ci sdraiavamo sul letto a pancia insù, mentre ci raccontavamo la nostra giornata o esprimevamo la nostra idea su argomenti culturali e ideologici.
Mi aprii lasciandomi guardare dentro. Ero completamente cieco nei suoi confronti. Piano a piano le piume cominciarono a cadere e il biondo dei miei capelli divenne castano. I miei occhi azzurri diventarono neri, come l’oscurità. Ma io non avevo coscienza, non mi rendevo conto di cosa stavo vivendo. Pensavo di essere capace di intendere e di volere.
Una sera decisi di farlo.
Gli misi un coltello tra le mani e le guidai verso il mio petto, assicurandomi che tranciasse ogni vena e arteria che collegavano il mio cuore al resto del corpo. Poi me lo strappai e glielo diedi in mano.
Era felice. Era soddisfatto.
Non mi aspettavo che facesse altrettanto, mi aspettavo che si lasciasse guardare un pochino, ma si nascondeva ai miei occhi, come se al suo interno contenesse il Vaso di Pandora e volesse proteggermi dai mali del mondo.
 
In breve tempo tutto cambiò.
Andrea cominciò a trattarmi male, a trattarmi con sufficienza e come se non fossi più necessario alla sua esistenza. Rimanevo sempre attaccato a lui, lo cercavo spesso ma sembrava esser infastidito da questo mio interesse.
Ferito, arrabbiato, furioso. Iracondo.
Gli angeli non dovrebbero esserlo. Fu proprio guardandomi allo specchio che mi resi conto della mia situazione. Io non ero più un angelo. Ero stato fottuto. Non mi riconoscevo. Guardavo il mio volto allo specchio e non sapevo se quello ero davvero io o un’altra persona. Era forse la ricompensa che mi meritavo per essermi aperto a qualcuno?
Aveva conosciuto un’altra persona. Parlava di intesa, fiducia, interesse. Io, improvvisamente, non contavo più nulla.
Talvolta mi parlava delle sue giornate con questo nuovo soggetto. Racconti pieni di ipocrisia, privi di un reale sentimento, di una base solida. Mi domandavo se semplicemente io ero “troppo”, mi ero trasformato in un soggetto a cui raccontare la propria normalità, la propria appartenenza al sistema.
E io? Io ero diventato un virus con un’alta carica virale ma al contempo innocuo, da tenersi vicino come si stringono i peluche quando si è piccoli.
Inevitabilmente, con il passare del tempo il mio carattere cambiò. Mi sentivo usato da Andrea e dentro di me non volevo che questa cosa capitasse mai più.
Divenni duro, cattivo, aggressivo e poco rispettoso del prossimo. Ero la rappresentazione dell’egoismo, dell’essere senz’anima, un irriducibile stronzo pronto a fare solo i miei interessi.
Promettevo mari e monti alle persone senza davvero crederci o tentare minimamente di rispettare gli impegni presi. Mi sentivo a posto con me stesso. Vivevo la giornata e non mi importava se qualcuno ci rimanesse male per quello che facevo, perché alla fine il prossimo non era nessuno ai miei occhi.
C’erano alcuni momenti in cui pensavo a quel prato in cui atterrai arrivato sulla Terra. Ricordavo i cadaveri infilzati come spiedini alle croci. Ridevo pensando a quelle persone. Ero orgoglioso: io ero vivo, loro no. Io ero sopravvissuto a tutte quelle cose, loro erano morti, disintegrati sotto il peso della loro incompetenza, io no. Io vivevo, respiravo, potevo assaggiare l’asfalto delle strade e la pelle delle persone.
 
Una sera Andrea mi chiamò al telefono. Mi voleva incontrare a tutti i costi, superando quelle che erano le mie resistenze in merito. Accettai, non molto convinto in realtà. L’appuntamento era sul terrazzo di un ristorante a tre stelle, nel centro della città.
Quando lo vidi un terrore si insediò dentro di me, e le mie viscere cominciarono a contorcersi.
Andrea possedeva un paio di ali, ben nascoste fino a quel momento. Ali non piumate, come quelle degli angeli, ali di pelle grigia. Quelle da pipistrello.
Quelle del diavolo.
Sembravano forti, potenti, micidiali.
Sul suo volto era dipinto un inquietante sorriso, in cui riuscivo a capire finalmente tutto quello che mi era capitato: Andrea, colui che incontrai “casualmente” in un bar una mattina, era lo stesso essere che mi aveva gettato dal Paradiso. Sfregiandomi mi aveva privato delle mie capacità più potenti. Il resto, me lo aveva aspirato via con l’utilizzo delle parole. Sì, ho sempre riso di gusto quando mi descrivevano il diavolo come un nanetto rosso con corna e forcone. Ero cosciente che il vero male strozzava con nastri e guanti di seta. Non ti uccide con contratti firmati con il sangue, ma con le dolci parole e le carezze.
Eppure, quando mi ero trovato di fronte a questo “male” lo avevo abbracciato con tutto me stesso, non lo avevo riconosciuto soffocando quell’innato istinto che mi suggeriva di allontanarmi.
Il mio punto di vista era inevitabilmente mutato. Ora finalmente vedevo le cose per quello che erano realmente. Io, che ridevo dei morti di quel dannato prato, avevo fatto la stessa fine. Io ero morto come loro, peggio di loro.
Capii il motivo per cui non si lasciava guardare a fondo. Non custodiva il “Vaso di Pandora”, non voleva proteggermi da niente. Il problema era giusto l’opposto. Lui quel vaso lo aveva scoperchiato e svuotato, lasciando il nulla dentro di lui. Un nulla pesante.
Con un battito d’ali si alzò in volo e planò rapidamente verso di me, gettandomi dal grattacielo.
Non gridai nemmeno. Me lo ero meritato, in fondo. E probabilmente, il mio corpo ora sarebbe stato infilzato da una croce formata con il filo spinato...
Stavo cadendo...
...E ora sto cadendo....
...E sto attendendo la mia fine...
...Di nuovo.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: Impossible Prince