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Autore: evelyn80    11/02/2015    4 recensioni
Storia partecipante al Contest multifandom "Dimmi la casa e ti dico il pg" indetto da HopeGiugy sul forum di Fanworld.it
Boromir, sopravvissuto all'assalto degli Uruk-Hai sul colle di Amon Hen, torna a Minas Tirith insieme ad Aragorn, Legolas e Gimli. Lì avrà modo di conoscere meglio Dama Éowyn e si innamorerà perdutamente di lei. Suo fratello Faramir si troverà a fare i conti con la gelosia nei loro confronti.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boromir, Eowyn, Faramir
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Storia partecipante al Contest multifandom "Dimmi la casa e ti dico il pg" indetto da HopeGiugy sul forum di Fanworld.it

Fandom: Il Signore degli Anelli
Razza: uomini
Pacchetto n° 5


Faramir (BoromirxEowyn);
Prompt: Bile;
Obbligo: Faramir deve essere geloso del matrimonio di Boromir;
Divieto: Incest, la storia non si basa sull'amore non corrisposto tra Faramir e Boromir, ma sul loro rapporto fraterno

Livello Medio

 

La Battaglia dei Campi del Pelennor era appena terminata. I cadaveri degli orchi e dei Sudroni fumavano ancora e già i sopravvissuti dell’esercito dei Rohirrim e dei Gondoriani si apprestavano a dare degna sepoltura ai loro caduti – molti, troppi – ed a prestare soccorso ai feriti che si lamentavano sparsi per ogni dove.

Aragorn, accompagnato dai suoi tre fedeli amici e compagni – Boromir, Legolas e Gimli – si aggirava come tutti gli altri tra quella desolazione per prestare il suo aiuto: come diceva un antico detto di Minas Tirith "le mani del Re sono mani di guaritore" e lui, anche se ancora restio ad accettare il suo destino, non poteva certo tirarsi indietro in un momento come quello.

Stava giusto chinandosi al fianco di un soldato cui un orchetto aveva mozzato un braccio e che stava per morire dissanguato, quando Boromir, che si era appena allontanato alla ricerca di qualche altro ferito, attirò la sua attenzione:

"Aragorn! Vieni, presto!" e senza attendere la risposta del ramingo il Capitano Generale si mise a correre pesantemente verso quello che sembrava il cadavere di un Rohirrim schiacciato dal suo cavallo.

Quando gli altri tre lo raggiunsero, Boromir si era già piegato verso un’esile figura, accasciata al suolo, con un braccio stretto al petto dell’uomo che era stato travolto dalla sua stessa cavalcatura. Non fu loro difficile riconoscere entrambi: si trattava di Re Théoden e di sua nipote, Dama Éowyn di Rohan.

Aragorn si chinò al fianco del Gondoriano: il sovrano era ormai spirato da parecchio tempo, poiché il suo corpo già cominciava a raffreddarsi, mentre la giovane respirava ancora, anche se molto flebilmente. Poco distante si trovava la fetida carcassa di uno di quegli orridi animali volanti che erano le cavalcature dei Nazgûl.

"Legolas, tu sei il più veloce: corri a chiamare dei barellieri!" chiese Aragorn, cercando di mantenere la calma, ma la sua voce tradì l’ansia per la sorte della dama. L’elfo semplicemente annuì, scattando leggero come una piuma ed agile come una lepre in direzione dei cancelli distrutti della città.

Boromir era rimasto fermo, a contemplare ad occhi sgranati il volto pallido della fanciulla: l’aveva già notata alla corte di Meduseld ed era stato costretto ad ammettere a se stesso di esserne stato molto colpito. Una giovane donna dallo sguardo fiero e risoluto, dal carattere irruento e con una volontà di ferro: proprio l’unico tipo di moglie che avrebbe potuto accettare, si era ritrovato a pensare allora, mentre sedeva alla tavola imbandita del Re del Mark.

La voce aspra di Gimli lo distolse dalle sue reminiscenze: poco più in là si aggirava la piccola sagoma di un hobbit coperto di fuliggine, che si teneva il braccio destro stretto al petto.

"Mastro Meriadoc!" gridò il nano, avviandosi verso la figurina barcollante, che si guardava intorno smarrita sbattendo le palpebre come un gufo alla luce del sole: "Anche tu qua?! Le sorprese non finiscono mai: prima Dama Éowyn, ed ora tu… mi sbaglio o il re aveva proibito ad entrambi di seguirci?" borbottò, con tono di rimprovero. Merry raggiunse i tre, ma senza degnarli di un’occhiata, lo sguardo rivolto alla figura prona della Scudiera di Rohan, i cui biondi capelli erano sporchi di terra e fango e sparsi sulle sue spalle.

"Oh Éowyn… no!" esalò l’hobbit, cadendo in ginocchio accanto a lei, temendo la morte dell’amica e compagna di battaglia, ma Aragorn lo rassicurò:

"E’ ancora viva, anche se le sue condizioni sono critiche. Ho mandato Legolas a chiamare dei barellieri: la porteremo alle Case di Guarigione, e ti prometto che farò il possibile per salvarle la vita. Purtroppo per Théoden Re è ormai troppo tardi, ma faremo in modo di trasportare anche lui all’interno della Cittadella, per non lasciare il suo corpo in mezzo ai cadaveri di queste immonde creature!"

Mentre così parlava, videro Legolas tornare con passo leggero e felpato, seguito da diversi uomini che recavano barelle di fortuna, costruite con teli ed assi di legno.

Deposero delicatamente il corpo di Éowyn in una di quelle, e quello del sovrano del Mark su un’altra, per poi condurre entrambi verso le mura della città.

I cinque compagni seguirono il triste corteo, Merry al fianco della fanciulla, tenendole la mano che sporgeva inanimata dalla barella. Boromir veniva subito dopo, ed anche lui stesso non riusciva a distogliere lo sguardo dal viso della dama, che nel pallore freddo sembrava ancora più bello. Il suo cuore ebbe un sussulto, ed involontariamente si mise a recitare a fior di labbra un’antica preghiera che sua madre Finduilas gli aveva insegnato quando era bambino: non voleva che ella morisse. Era come un fiore rarissimo e prezioso, l’unico che forse sarebbe stato in grado di mutare la sua vita di soldato e guerriero, e lui desiderava ardentemente con tutto se stesso che potesse continuare a vivere ed a sbocciare.

Una volta giunti in prossimità dei cancelli distrutti – dove già molti stavano tentando di costruire una barriera di fortuna con travi di legno e punte di lancia – due figure imponenti vennero loro incontro: Gandalf sembrava molto affaticato e si reggeva vistosamente al suo lungo bastone; il principe Imrahil di Dol Amroth invece pareva non aver risentito minimamente della battaglia appena combattuta ed accolse i nuovi arrivati, in special modo il nipote, con tutti gli onori del caso.

Alla vista di Éowyn, però, anche lui si meravigliò molto:

"Ma questa è una donna! Anche le donne Rohirrim sono dunque scese in battaglia per difenderci?" chiese, pieno di meraviglia e stupore, contemplando il volto della giovane.

"Solo una" gli rispose Aragorn: "Ma il cui valore supera di molto quello di parecchi uomini: ella è Dama Éowyn di Rohan, Scudiera del Mark e nipote di Théoden Re, le cui spoglie stiamo portando con noi!" e con un gesto del braccio l’erede di Isildur indicò la barella che conteneva il corpo del sovrano.

"Che venga condotto alla Casa dei Re, dove possa trovare riposo in attesa di poter tornare nella sua amata Rohan!" comandò il principe. Poi, riferendosi alla fanciulla: "Portate la dama alle Case di Guarigione, di modo che possa ricevere le cure dei migliori guaritori del regno!"

I barellieri obbedirono immediatamente all’ordine, seguiti da Merry, che non aveva accennato a lasciare la mano della giovane. Gli altri li seguirono con lo sguardo fino a che non ebbero svoltato un angolo, poi Imrahil riprese a parlare:

"Ella è dunque sorella di Éomer Re! L’ho incontrato sul campo di battaglia, ma non so dove sia, adesso. Spero con tutto il cuore che sia sopravvissuto: quando l’ho veduto l’ultima volta mi parve molto scosso…" aggiunse a mezza voce.

"Caro zio Imrahil, ti chiedo perdono, ma gradirei recarmi anch’io alle Case di Guarigione, per accertarmi personalmente che Dama Éowyn venga trattata con il dovuto rispetto!" lo interruppe Boromir, con forse più veemenza di quanto avrebbe voluto. Il principe lo guardò sorpreso, ma con un sorriso acconsentì alla richiesta del nipote:

"Ma certo nipote mio, ti lascio libero di andare, ed anche voi tutti, cari amici e compagni" aggiunse, rivolto ad Aragorn, Legolas e Gimli: "Riposatevi e ristoratevi!"

L’elfo ed il nano si inchinarono e si apprestarono a seguire i due uomini verso la parte alta della città. Prima però di poter muovere anche un solo passo, Gandalf afferrò Boromir per un braccio e lo trasse da parte:

"Non temere: Aragorn la guarirà, anche se le ferite dello spirito sono ben più profonde di quelle corporali. Ma prima che tu vada, devo darti un’altra notizia: anche tuo fratello Faramir si trova nelle Case di Guarigione. Egli è stato ferito da una freccia avvelenata durante il ritiro delle truppe da Osgiliath" le mani di Boromir si strinsero convulsamente, ma la presa di Gandalf sul suo braccio si fece più ferrea: "Anche lui si salverà: abbi fiducia in Aragorn! Ma ciò che devi sapere è altro: nella sua follia, tuo padre lo ha creduto morto, ed ha allestito una pira funebre per bruciare se stesso e tuo fratello. Per nostra fortuna Peregrino Tuc – che in fondo tanto idiota non è – è corso ad avvertirmi, ed insieme siamo riusciti a salvare Faramir. Ma per Denethor non c’è stato nulla da fare… è arso vivo per sua stessa mano."

Boromir chinò il capo per un breve istante, esalando un lungo sospiro, come a voler assimilare pienamente la notizia; poi alzò di nuovo lo sguardo e con un cenno di assenso e comprensione si liberò dalla stretta dell’Istari e si apprestò a seguire il corteo dei barellieri, con gli altri compagni al seguito.

 

* * *

 

I due giorni che seguirono la battaglia furono quanto mai frenetici, per Boromir. Egli aveva assunto subito la carica di Sovrintendente, nell’attesa che Aragorn reclamasse il trono che gli spettava di diritto, ed oltre a tutte le responsabilità che la sua nuova posizione gli imponeva, aveva dovuto affrontare anche lunghe discussioni con l’erede di Isildur, Éomer, Gandalf e suo zio il principe Imrahil, per decidere quale fosse la tattica migliore per distogliere l’occhio infuocato di Sauron da Mordor e permettere così a Frodo e Sam di raggiungere inosservati il Monte Fato.

Ma ogniqualvolta gli era possibile si recava nelle Case di Guarigione a fare visita ai due feriti che più gli stavano a cuore: suo fratello Faramir e la Bianca Dama di Rohan.

Entrambi erano stati curati da Aragorn in persona con l’Athelas, le cui proprietà avevano fatto letteralmente miracoli sui due moribondi, che a distanza di soli due giorni erano già in grado di parlare, anche se non potevano ancora lasciare i loro letti.

Il suo primo colloquio con il fratello fu quanto mai straziante: egli non sapeva ancora della triste morte di Denethor, e toccò a Boromir informarlo, anche se tenne per se i macabri dettagli. Faramir accolse con angoscia la notizia. Strinse i pugni, torcendo le lenzuola tra le dita, ed esalò in un sospiro strozzato:

"Nostro padre ha sempre avuto ragione: sono un fallimento. Sono stato persino la causa della sua morte…"

"Non dire così, fratello mio!" lo interruppe l’altro: "Gandalf mi ha rivelato molte cose in questi due giorni: nostro padre era ormai in preda alla follia. Tu lo sapevi che possedeva un Palantir?" Faramir scosse la testa in segno di diniego e Boromir riprese: "Neanche io… lo ha usato per spiare l’Oscuro Signore, senza riuscire a capire che in realtà era Sauron ad approfittare di lui… Ma ora non pensiamo alle cose tristi: devi solo rimetterti e guarire."

L’incontro con Dama Éowyn fu, se possibile, ancora più difficile: la fanciulla pareva chiusa in un cupo mutismo, con lo sguardo perso nel vuoto, come se avesse perduto ogni interesse alla vita.

"Ho perso ogni scopo…" mormorò soltanto, in risposta alle pressanti domande del Sovrintendente che tentava inutilmente di farla aprire.

"Perché dite così, mia signora? La speranza non è ancora perduta!"

"Dite bene voi, ma cosa ne sapete di me? Di quello che provo io?"

"Avete ragione, io non so nulla di voi… volete illuminarmi?"

Éowyn rimase in silenzio per un lungo istante, prima di rispondere sospirando:

"Avrei preferito morire, come mio zio Re Théoden… ed ora avrei avuto sia la pace che gli onori."

"Non parlate in questo modo: se foste caduta sul campo di battaglia io non avrei avuto il modo di parlarvi e di conoscervi meglio. Siete come una splendida rosa in boccio: un fiore bellissimo e delicato, ma anche pieno di spine. Voglio confessarvi una cosa: anch’io ho votato me stesso all’arte del combattimento, ed ho sempre pensato che amore e guerra non potessero convivere, ma da quando vi ho conosciuto mi sono ricreduto. Ho capito che queste due cose possono coesistere ed andare avanti di pari passo."

Boromir aveva parlato con tono così accorato, molto diverso dal suo solito, che la fanciulla ebbe come un lieve sussulto. Si voltò leggermente e lo guardò negli occhi per la prima volta. Ciò che vide la lasciò turbata e le fece battere il cuore: un uomo d’arme ed un soldato valoroso, ma allo stesso tempo pieno d’amore. L’unico, forse, in grado di farla sentire finalmente bene.

Ma la sua distrazione durò solo per pochi istanti, poi tornò a lasciar vagare lo sguardo fuori della finestra, che dava verso Est. L’uomo lo seguì e credette di intuire i suoi pensieri:

"Domani gli eserciti di Gondor e Rohan partiranno di nuovo: marceremo verso il Nero Cancello, nella speranza di distrarre l’occhio di Sauron da Mordor."

Éowyn tornò a volgersi verso di lui, forse più velocemente di quanto avrebbe voluto:

"Avete detto "marceremo". Questo significa che andrete anche voi?" e mentre pronunciava quelle parole la sua voce ebbe un tremito, che Boromir non mancò di cogliere:

"Il mio cuore è diviso: sarebbe mio dovere partire, in rappresentanza del mio popolo; ma è altrettanto doveroso rimanere qui a Minas Tirith ad organizzare la difesa della città, se la missione dovesse fallire. Non ho ancora preso la mia decisione, e se voi mi chiederete di rimanere, io lo farò."

Allora la fanciulla, rispondendo ad un impulso che stava crescendo forte dentro di lei, allungò la mano a sfiorare quella del Sovrintendente:

"Rimanete, vi prego!" disse, quasi con enfasi.

Boromir strinse delicatamente le pallide dita e se le portò alle labbra, sfiorandole con un bacio:

"Come desiderate, mia signora."

 

* * *

 

Boromir e Faramir assistettero insieme alla partenza degli eserciti: dopo aver salutato Aragorn e gli altri il Sovrintendente era tornato alle Case di Guarigione. Il custode delle Case aveva acconsentito a Faramir di lasciare il suo letto, così i due fratelli avevano raggiunto i giardini e seguito con sguardo attento la marcia dei soldati.

"Credevo che tu volessi partire con gli altri" ruppe il silenzio il minore, fissando i vessilli che garrivano al vento.

"Il mio spirito lo desiderava molto, ma il mio cuore era di parere diverso…" fu la risposta che ricevette.

Faramir si volse di scatto a guardare il fratello con sguardo curiosamente interrogativo. Boromir tentò vanamente di rimanere serio, poi la sua bocca si aprì in un sorriso sincero.

"Vedi, fratello mio, credo… credo di essermi innamorato."

Per un brevissimo istante le sopracciglia di Faramir si incresparono, per poi tornare subito dopo a distendersi. Gli occhi allenati del Sovrintendente non mancarono di notare il movimento.

"Innamorato?" chiese il più giovane, con voce quasi aspra: "Come? Non sostenevi tu stesso che nel tuo cuore non c’era, e non ci sarebbe mai stato, spazio per l’amore? Che il tuo corpo ed il tuo spirito erano votati soltanto al combattimento ed al sacrificio? Cosa è successo dunque al valoroso Boromir per farlo ricredere?"

Non avrebbe voluto essere così duro, ma non appena il fratello gli aveva confessato di provare un sentimento d’amore, lui aveva sentito dentro di se crescere il livore: gli era esploso in bocca un fastidiosissimo gusto amaro, come un accesso di bile, ed aveva provato un fortissimo quanto immotivato impulso di gelosia nei confronti della misteriosa donna che aveva acceso il cuore di suo fratello. Egli era tutta la sua famiglia, tutto ciò che gli rimaneva, ed all’improvviso si era reso conto di avere paura di perderlo definitivamente.

Il sovrintendente notò chiaramente il tono amaro di Faramir, ma finse di non avvedersene:

"Ho conosciuto una dama che mi ha fatto capire molte cose. Ella ha lasciato la sua casa, contro la volontà dei suoi cari, per combattere per i suoi ideali, in cerca della gloria, anche se ciò avrebbe significato morire in battaglia. In lei ho rivisto me stesso, ed ho compreso che amore e lotta possono anche convivere."

Le labbra di Faramir si strinsero involontariamente:

"E chi è questa fortunata fanciulla?"

"Dama Éowyn di Rohan, nipote di Théoden e sorella di Éomer Re, che vedi ora marciare alla testa del suo esercito di Rohirrim. Attualmente si trova qui, nelle Case, poiché anche lei è stata gravemente ferita durante la battaglia. Mi piacerebbe molto presentartela…"

"Se è ferita, di sicuro non vorrà affaticarsi! Rimandiamo ad un altro giorno le presentazioni!"

Ancora quel tono duro ed aspro: Faramir avrebbe voluto mordersi la lingua, ma ormai le parole gli erano sfuggite dalle labbra. Era geloso: geloso di Boromir, ma soprattutto di Éowyn, l’unica donna che era stata in grado di conquistare il cuore di suo fratello. Non avrebbe dovuto provare un tale morboso sentimento, anzi, avrebbe dovuto gioire per loro. Ma in fondo al suo cuore non riusciva ad evitarlo.

Boromir era stato tutto per lui: non solo fratello, ma anche padre e madre, amico e confidente, maestro ed infine comandante. Era stato un punto di riferimento nella sua vita, come un faro che indica la via più sicura alle navi in balìa della tempesta. Se quella luce si fosse spenta, anch’egli sarebbe andato alla deriva, proprio come un vascello privato della sua guida. Aveva paura. Paura di rimanere solo.

 

 

* * *

 

Nei giorni seguenti Boromir trascorse molto tempo in compagnia di Éowyn. Avrebbe tanto voluto che anche Faramir si unisse alle loro passeggiate, ma il fratello aveva sempre rifiutato di accompagnarli, lamentando ancora un forte dolore alla ferita e con la scusa di non voler disturbare i due innamorati.

Il Sovrintendente aveva capito benissimo che il fratello era vittima della gelosia, e ciò lo rattristava molto. Era intimamente convinto che la fanciulla gli sarebbe piaciuta moltissimo, ed inoltre risentiva molto della sua mancanza di approvazione: in fondo, Faramir era tutto ciò che rimaneva della sua famiglia, ora che anche il loro padre era venuto tragicamente a mancare.

Un pomeriggio confidò il suo dispiacere alla Bianca Dama di Rohan. Stavano camminando lentamente, fianco a fianco, lungo le mura orientali dei giardini delle Case di Guarigione. Indossavano entrambi pesanti mantelli, per ripararsi dal vento freddo che scendeva dal monte Mindolluin. Quello di Éowyn era stato un dono personale di Boromir: era appartenuto alla sua povera madre, Finduilas, morta anzitempo parecchi anni addietro, e bene si addiceva al portamento della giovane fanciulla.

"Il mio cuore è contento, poiché tu sei al mio fianco; ma il mio spirito è turbato" esordì il Sovrintendente, fermandosi a guardarla: "Temo che mio fratello Faramir sia geloso di noi, e ciò mi rattrista enormemente. Lui è l’unico di cui pavento il giudizio, e mi dispiacerebbe molto non incontrare la sua approvazione alla nostra unione."

"Devi cercare di capirlo: egli teme forse di perderti…"

"Ma questo non succederà: io sarò sempre suo fratello, la sua guida, il suo consigliere, se egli lo vorrà!"

"Allora diglielo, per evitare ogni fraintendimento. Io non voglio di certo essere causa di litigi fra di voi! Ma, allo stesso tempo, non voglio nemmeno perdere l’uomo che mi ha aperto gli occhi… ed il cuore…"

Éowyn si sporse audacemente verso Boromir, ed egli la baciò per la prima volta.

Non sapevano, i due, di essere stati seguiti: nascosto dietro un cespuglio di rose Faramir aveva osservato attentamente la scena. Alla vista del bacio egli aveva stretto i pugni, mordendosi le labbra fino a farle sanguinare. Un altro sbocco di bile gli aveva invaso il corpo e l’anima, facendogli perfino girare la testa. Involontariamente serrò le mani sui rami dell’arbusto che lo celava alla vista, conficcandosi profondamente le spine nelle palme delle mani, ed il dolore andò ad acuire il suo livore, alimentandolo come legna secca buttata sul fuoco.

Non avrebbe permesso a quella donna di portargli via il suo beneamato fratello: la sua guida, il suo confidente, il suo maestro. Avrebbe fatto di tutto pur di impedirle di strappare via Boromir al suo affetto!

 

 

* * *

 

Passò molto tempo, durante il quale inutilmente Boromir tentò di parlare con il fratello. Faramir si era chiuso in se stesso, vittima della sua stessa morbosa gelosia che gli attanagliava le viscere e gli rodeva il fegato, e vani furono i tentativi del Sovrintendente di spiegare ciò che provava, sia per lui che per Éowyn. Ogniqualvolta tentava di avvicinarlo, Faramir si allontanava con una scusa qualsiasi, con nello sguardo bene evidente tutto il livore ed il risentimento che gli invadevano lo spirito.

Gli avvenimenti che seguirono, poi, oltre alla ricostruzione della città che aveva preso avvio immediatamente dopo la fine delle ostilità, lo impegnarono a tal punto da costringerlo per diverso tempo a rinunciare a riappacificarsi con il fratello.

Gli eserciti tornarono vittoriosi dalla loro sortita, con Frodo e Sam che erano riusciti a compiere la loro terribile missione, distruggendo l’Anello del Potere nella Voragine del Fato; Aragorn fu incoronato re di Gondor ed Arnor ed egli convolò a nozze con Dama Arwen Undòmiel nel giorno di Mezza Estate.

Pochi giorni dopo, Boromir ed Éowyn resero ufficiale il loro fidanzamento, scambiandosi, alla presenza di testimoni, come di consuetudine, gli anelli d’argento.

Faramir non prese parte alla cerimonia: rimase ad osservare la scena, in disparte, ai margini della folla, il volto celato dal cappuccio del suo mantello. I giorni ed i mesi trascorsi avevano accresciuto in lui l’amarezza, la gelosia folle, il livore, accentuati anche dal distacco di Boromir: era da molto tempo, infatti, che egli non aveva più cercato il colloquio con lui e ciò lo aveva convinto maggiormente di averlo perduto definitivamente. Il suo risentimento era tale da annebbiargli il giudizio, tanto che persino Gandalf, che era stato il suo mentore in passato, colui che lo aveva avviato allo studio ed alla lettura, se ne accorse e decise di intervenire.

Al termine del rito di fidanzamento, da lui celebrato, l’Istari si recò alla sua ricerca. Lo trovò dopo molto girovagare, rinchiuso in una delle piccole celle sotterranee di cui era composta la biblioteca di Minas Tirith: nella sua lucida follia Faramir stava cercando, nei rotoli contenenti le trascrizioni delle leggi del regno, la presenza di qualche norma che potesse in qualche modo impedire le nozze tra Boromir ed Éowyn; nozze che erano state fissate ad un mese esatto a partire da quel giorno.

"Cosa stai facendo qui rinchiuso, Faramir?" esordì lo stregone con la sua voce grave: "Dovresti essere in compagnia di tuo fratello e della tua futura cognata, a congratularti ed a festeggiare con loro, non stare nascosto sotto una montagna di inutili rotoli polverosi."

Il giovane uomo alzò su di lui i suoi occhi febbricitanti ed esclamò:

"Aiutami, Gandalf! Aiutami a trovare un modo per impedire le nozze di mio fratello!"

"Impedire le nozze?! E perché mai?"

"Non posso permettere a quella donna di portarmi via Boromir! Ella lo ha già strappato da me: sono mesi che egli non viene più a cercarmi, che nemmeno si preoccupa per me! Se perdo anche lui, avrò perduto tutto!"

"Tu sei vittima della tua stessa follia, Faramir! Nessuno ti strapperà via tuo fratello, se egli non lo vorrà! Boromir ha tentato spesso di parlarti, ma tu ti sei sempre negato."

Il Gondoriano si alzò di scatto, facendo cadere a terra molti dei rotoli che ingombravano il tavolo:

"Anche tu, Gandalf? Anche tu sei contro di me? Ma non capite che senza Boromir io non posso esistere? Egli è stato l’unico che mi ha difeso, sostenuto, aiutato nei momenti difficili, quando nostro padre non faceva altro che disprezzarmi. E’ stato lui a guidarmi passo dopo passo, dopo che nostra madre ci ha lasciato! Se perdo anche lui che ne sarà di me?" la sua voce si spezzò in un singulto strozzato e finalmente le lacrime, troppo a lungo trattenute, cominciarono a cadere, lavando via i cattivi sentimenti che albergavano nella sua anima.

Gandalf si avvicinò all’uomo e lo strinse dolcemente, in un paterno abbraccio, lasciando che sfogasse nel pianto tutto ciò che si era tenuto dentro per così tanto tempo:

"Va a parlare con tuo fratello. Troppo a lungo hai celato ciò che provi: è giusto che anche lui lo sappia."

 

* * *

 

Faramir entrò timoroso nel vasto salone del Palazzo dei Sovrintendenti. L’antica struttura era stata ristrutturata insieme al resto della Bianca Cittadella, ed era tornata ad essere la dimora dei Sovrintendenti.

Boromir l’accolse con un sorriso ed un caloroso abbraccio, al quale il fratello rispose non senza esitazioni.

"Fratello mio! Finalmente acconsenti a vedermi ed a parlare con me! Troppo a lungo mi hai negato la tua compagnia, e di ciò ho molto risentito!" esclamò il Sovrintendente, allontanandosi di nuovo per poter guardare bene in viso il suo interlocutore.

Il più giovane chinò lo sguardo, mormorando: "Temevo di non essere bene accetto. Che ogni tuo sentimento fraterno nei miei confronti fosse stato annullato dall’amore che provi verso Dama Éowyn."

Boromir inarcò le sopracciglia, pieno di stupore:

"Credevi veramente che l’essermi innamorato di una donna potesse farmi dimenticare di avere un fratello? Chi ti ha messo in mente queste strane idee?"

Le spalle di Faramir si incurvarono ancora, mentre rispondeva con un filo di voce:

"Sono stato io stesso a convincermene…"

"E perché non me ne hai parlato subito? Ho cercato molte volte il colloquio, ma tu hai sempre rifiutato di vedermi."

"Ero accecato dalla mia stessa gelosia. La rabbia ed il risentimento mi hanno ottenebrato la mente, impedendomi di ragionare con coerenza. Avevo troppa paura di perderti, Boromir…"

"Perdermi? Tu non mi perderai mai, fratello mio. È vero, sono pazzamente innamorato di Éowyn, ma devi capire, Faramir, che esistono molti tipi diversi di amore! Lo so, è strano sentirne parlare proprio da me, che non ho mai aperto il mio cuore ai sentimenti, ma è stato proprio grazie alla mia amata che sono riuscito anch’io a capirlo. Ciò che provo per lei non potrà mai cancellare l’affetto che provo per te. Tu resterai per sempre mio fratello, qualunque cosa accada!"

Boromir spalancò di nuovo le braccia e questa volta Faramir vi si gettò senza esitazioni, stringendo forte il fratello maggiore.

"Bene. Ora che abbiamo chiarito il brutto malinteso, veniamo alle cose serie: vorresti essere mio testimone di nozze? Avrei già voluto chiedertelo anche in occasione della cerimonia di fidanzamento ma…"

"Certo che lo voglio!" lo interruppe Faramir, scoppiando a ridere, finalmente, dopo tutti quei mesi trascorsi nella paura e nel risentimento: "E voglio anche conoscere finalmente la mia futura cognata: mi sono comportato come uno stupido, ma ora ho capito i miei errori e voglio rimediare!"

Boromir si unì alla sua risata argentina, poi lo accompagnò al Palazzo dei Re, dove Éowyn risiedeva, ospite del Re e della Regina.

Come il Sovrintendente aveva predetto, Faramir rimase stregato dalla Bianca Dama di Rohan: le chiese perdono per il suo inqualificabile comportamento e lei glielo concesse con un sorriso ed un lieve bacio sulle guance.

E mentre, durante le nozze, egli porgeva a Boromir l’anello della promessa destinato ad Éowyn, Faramir tornò col pensiero a quanto era stato sciocco: suo fratello non l’avrebbe mai lasciato solo ma, anzi, gli aveva fatto dono di una sorella.



Spazio autrice:
Buonasera a tutti! E' la prima volta che partecipo ad un contest, quindi per me è stata una novità in assoluto quella di dover seguire determinate indicazioni piuttosto che la mia fervida immaginazione. Mi sono comunque divertita moltissimo a mettermi in gioco, e spero di essere riuscita a fare un buon lavoro! Cosa ne direste di farmi sapere cosa ne pensate? Ogni commento è più che bene accetto!
Bacioni!

  
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