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Autore: Harrys_bravery    12/02/2015    14 recensioni
Dicono che la seconda gravidanza sia la più semplice, bè se lo chiedeste ad Harry direbbe tutto il contrario.
Dal testo:
Non è che Darcy odiava il Fagiolino, Dio no. Odiare è una parola troppo grande per una piccola bambina di soli tre anni. Sarebbe meglio dire che lo detestava? Per diverse ragioni in realtà: il Fagiolino faceva stare male papà Harry. Passava giornate intere nel bagno per colpa delle nausee. Papà Louis le aveva già detto che quando la pancia di Harry sarebbe diventata troppo grande non avrebbe più potuto prenderla in braccio. Per colpa del suo fratellino (o sorellina) non avrebbero giocato tutti insieme sulla neve perché apparentemente il suo papà non poteva ammalarsi. Ugh.
Mpreg!; Preg!Harry; Parents!Au
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Mpreg
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Angolo Autrice

Indovinate chi è sopravvissuta alla sessione di esami? Io, già. Ed eccomi qua con una nuovissima Os! Come avrete già notato, si tratta di una Mpreg che non nasce assolutamente dalle vostre minacce di morte nel caso non avessi scritto una Preg!Harry dopo la mia prima Preg!Louis, no. Rispetto alla precedente Mpreg c'è un dettaglio in più: la piccola, gelosa, Darcy! Ancora una volta (come in ognuna delle mie Os che prevede marmocchi) voglio sottolineare che la mancata presenza di congiuntivi è per rendere verosimile il modo d' esprimersi di una bimba di 3 anni. Detto questo, voglio ringraziarvi in anticipo per chiunque la recensirà, la aggiungerà a preferite/ricordate/seguite. Perdonatemi, ma a Dicembre non sono riuscita a pubblicare la piccola storiella del Natale in casa Stylinson, ma in compenso ho aggiunto qui un bel cenone della Vigilia! Per farmi perdonare Quindi, questa è la prima One Shot del 2015 e spero di cominciare col piede giusto, e soprattutto vorrei ringraziare voi bellissime 342 persone che mi avete aggiunta tra gli autori preferiti, piccole bombe sexy! Comunque, non so se riuscirò a pubblicare a Marzo perchè... Bè esami. Ugh. Ma sicuramente ci vedremo ad Aprile e sì, tornerà il p0rn! You little perverts! Sicuramente dopo aver chiuso questo angolo autrice mi verranno in mente altre mille cose da dirvi, ma per adesso è tutto. Buona lettura, dalla vostra Harrys_bravery.
P.s. Harry con il tuppetto e i suoi grattini sullo stomaco è Pregnant as fuck!
 

In my daughter's eyes




Due lineette. Due lineette è un . Due lineette era positivo ed Harry lo sapeva, o meglio, se lo aspettava. Fissò le due striscioline di un rosa scuro mentre con mano tremante reggeva il test di gravidanza. Era incinto. Di nuovo. Un sorriso sincero ed emozionato gli si dipinse sul volto. “Quindi abbiamo un bebè in forno, mh?” mormorò sfregandosi dolcemente la pancia ancora perfettamente piatta. Non ebbe tempo per aggiungere nient’altro perché sentì chiaramente la chiave girare nella toppa. Nascose il test sul fondo del cestino che tenevano in bagno proprio mentre un “Papà!” allegro e spensierato riempiva la casa. Uscì dalla stanza fingendo di asciugarsi le mani sui jeans stretti e attillati e sorrise al pensiero che avrebbe dovuto rinunciarvici quando il suo pancione avrebbe cominciato a formarsi. “Sono qui, amore” disse entrando nel salotto, mentre una familiare figura minuta e piccola gli correva incontro. “Papà!” ripeté la bambina, per poi sollevare le braccia verso il ragazzo. Harry non ci pensò due volte e accolse sua figlia tra le braccia. Darcy lo strinse in un abbraccio stritolante, mentre sfregava la sua guanciotta con quella del suo papà. “Bentornata, fatina. Allora cos’ hai fatto oggi all’ asilo?” domandò cominciando a camminare verso la cucina. “Abbiamo colorato, e poi abbiamo giocato al gioco del fazzoletto e io ho vinto!” asserì tutta contenta, mentre le sue dita piccole e minute andavano a schiacciare le labbra carnose di Harry. Darcy aveva tre anni, una chioma lunga di capelli ondulati e gli occhi verdi. Gli somigliava molto, ma il nasino all’ insù e alla francese era la fotocopia di quello di suo marito, così come il caratterino. Era una bimba adorabile con una lieve ossessione per il mondo delle fate e per il giocare con le labbra del più piccolo dei suoi papà. Harry e Louis erano sposati da sei anni quando il primo era rimasto incinto, e la piccola aveva colorato le loro vite. Harry si chiese cosa sarebbe successo adesso, con un nuovo bimbo in arrivo. Personalmente, lui non desiderava altro. “Buongiorno” esclamò Louis portando con sé le buste della spesa, la sua ventiquattrore di pelle scura e perfino lo zainetto di Trilli che sua figlia usava all’asilo. Poteva quasi vedere i suoi bicipiti guizzare sotto il maglione per lo sforzo di tenere tutta quella roba, e Harry non si stupiva che fosse incinto di nuovo. Con tutta quell’ attrazione fisica, ogni scusa era buona per finire sotto le lenzuola (ma solo quando il sole era calato e la piccola era nel suo lettino, lontana da rumori molesti). Non sarebbe mai riuscito a resistere a suo marito. Mai. Era così bello con i suoi occhi azzurri dal tratto vagamente orientale, i lisci capelli acconciati sempre in modo diverso e il fisico formoso. Harry, invece, era quasi il suo opposto. Era alto e aveva dei capelli ricci che gli sfioravano la nuca, ma che non voleva tagliare, con dei brillanti occhi verdi. Louis aveva sempre detto di adorare il modo in cui i loro tratti si unissero nel creare il volto dolce e armonioso di loro figlia. Il più piccolo sorrise al solo pensiero di vedere come si sarebbero combinati questa volta, sul viso del loro secondo bambino. “Ciao” sussurrò Harry posando un bacio sulle labbra di suo marito; “Com’è andata la giornata?”. Louis sbuffò: essere l’architetto più famoso del loro piccolo paesino del Cheshire lo stressava notevolmente. “Ho un plico intero di progetti su cui lavorare, senza contare che devo rifare quelli che questa monella si è divertita a colorare con i pennarelli glitterati” rispose tirando il nasino di sua figlia, che gli rispose facendo la linguaccia. “Ti ha già chiesto scusa” la difese Harry, che era sempre dalla parte della sua piccola, anche quando non avrebbe dovuto come in questo caso. “Lo so, lo so” rispose rassegnato Louis posando le buste della spesa sul tavolo; “La tua giornata invece?”. Il riccio si morse il labbro inferiore per trattenere il sorriso che minacciava di uscire; “Ho dato una sistemata alla casa” rispose soltanto. Non avevano bisogno che lavorasse, non con uno stipendio a tre zeri come quello di Louis, quindi Harry si limitava a fare il casalingo e il papà a tempo pieno. Il più piccolo comunque non voleva dirgli la verità. Non quando mancavano solo due settimane al Natale e al compleanno di Louis. Avrebbe tenuto per sé la novità per quei giorni, sorprendendo suo marito e tutti quanti. Quale migliore regalo di quello infondo? “Papà” Darcy richiamò la sua attenzione tirandogli una ciocca di capelli, “Vediamo le Winx insieme?”.
 
 
“Harry ma dove sei?” chiese la voce di suo marito dall’ altro lato del cellulare; “Bloccato al centro commerciale. Hanno finito tutte le Barbie fate di primavera e qualsiasi altra bambola con le ali attaccate”. E questa, tecnicamente, non era una bugia. Certo aveva omesso il piccolo dettaglio, quello che effettivamente non gli aveva fatto più trovare bambole: era andato a fare un’ecografia. Quella che teneva stretta tra le mani, protetta da una carta giallognola era la prima ecografia del suo bambino. Louis sbuffò, “Darcy resterà delusa dal regalo di Babbo Natale quest’anno”. “Tu no” avrebbe voluto dirgli, ma si morse le labbra impedendo alle parole di uscire. Aveva resistito per giorni interi e non avrebbe ceduto in quel momento, non ad un giorno dalla Vigilia di Natale e dal compleanno di Louis. “Sto cercando di rimediare, comunque sono sicuro che tua madre le abbia già fatto un regalo simile quindi…” avrebbero trascorso i tre giorni seguenti tutti insieme, i genitori di Louis e quelli di Harry, tutti a casa di Anne e Robin. “D’accordo. Ti aspetto a casa, ciao amore”; il più grande riagganciò e il riccio poté tornare a fissare scaffali e scaffali di giocattoli per bambine. Tutto quel rosa gli stava quasi facendo venire un capogiro. Stava quasi per arrendersi quando i suoi occhi caddero sul regalo perfetto: un costume da fatina con tanto di alette azzurre da attaccare dietro la schiena. Harry sorrise pensando che adesso aveva il regalo giusto per tutti.
 
 
Nonostante casa di nonno Robin e nonna Anne fosse esattamente a due angoli di distanza, Louis ed Harry avevano con sé così tante borse che pareva si stessero trasferendo ad Hong Kong. “Hai preso il biberon, Lou?” domandò il più piccolo mentre lottava per infilare il cappottino color lavanda a sua figlia; “Dovrebbe esserci tutto. Nel caso contrario possiamo sempre tornare a prenderlo”. “Papà ma Babbo Natale mi porta il regalo anche se siamo a casa di nonna e non nella nostra?” chiese innocentemente Darcy, tutta infagottata in sciarpa e cappellino coordinati. “Sono sicuro che arriverà lo stesso, fatina” la rassicurò il liscio, prendendole poi la mano ed incamminandosi verso la porta. “Possiamo andare?” domandò con lo sguardo rivoltò verso suo marito, Harry gli schioccò un bacio sulle labbra prima di annuire (Louis era un anno più grande rispetto al giorno precedente e lui l’aveva baciato ancora troppo poco, grazie tante). “Papà ma Babbo Natale ti porta due regali?” domandò la piccola dondolando le braccia minute, le manine ben strette in quelle dei suoi genitori; “Non credo amore. Non porta regali per i compleanni”. Quando bussarono alla porta di casa dei nonni, un tornado dai capelli lilla si abbatté su Louis urlando “Auguri Loulou!”. “Grazie Gemma”, il più grande le restituì l’abbraccio oltrepassando la soglia e abbandonando all’ ingresso tutte le sue borse, i pacchi e le buste. Darcy intanto, era già sgattaiolata in cucina per mangiucchiare qualsiasi cosa nonna Anne stesse preparando. “Auguri, figliolo” asserì contento Robin e Harry non si sarebbe mai abituato a sentirlo chiamare così dal suo patrigno. Ogni volta che Louis interagiva con un membro della sua famiglia il cuore gli si riscaldava e minacciava di esplodergli. “Ben arrivati!” trillò nonna Anne contenta, con Darcy in braccio e il grembiule da cucina che Harry le aveva regalato l’anno scorso indosso. “Ehi tu!” Gemma indicò la piccoletta con l’indice e l’aria fintamente imbronciata, “Non si saluta la zia?”. La bambina sporse immediatamente le mani (unte per via della focaccia che aveva mangiato) e si sporse verso la ragazza. Harry sorrise con lo sguardo luminoso, pensando a quanto sarebbe stato bello doversi destreggiare con due piccole pesti di lì a poco. Le tolse il cappellino dalla testa, liberandole i capelli mossi e le aggiustò il fermaglietto rosa che avevano usato per tenerle indietro i ciuffi che le ricadevano dispettosi sugli occhi verdi. “Ho portato i miei giochi!” informò Gemma , correndo a prendere lo zainetto per mostrare alla zia tutto quello con cui avrebbero potuto giocare. Harry si rilassò e lasciò che sua madre gli desse un bacio sulla tempia. Quando anche i genitori di Louis arrivarono, Darcy risplendeva raggiante per l’essere il centro dell’ attenzione di tutti. Il riccio si lasciò abbracciare da Jay mentre sua figlia già tirava l’orlo del vestito della donna affinché la prendesse in braccio. “Abbiamo una piccola diva” commentò Dan, ma i suoi occhi erano pieni di affetto. La cena procedette in armonia, mentre Jay ed Anne si aiutavano in cucina e Robin, Dan e Louis erano nel bel mezzo di una conversazione sull’ andamento della loro squadra di football preferita. Harry prestava attenzione a Darcy, chiacchierando con sua sorella sulla sua ultima cotta. La bambine fece un po’ di storie prima di mangiare il tacchino appena sfornato e cedette al primo boccone solo dopo aver avuto la completa attenzione di entrambi i suoi papà. “Se non mangi tutto non avrai i regali” la minacciò Louis, e allora Darcy si affrettò ad ingurgitare il boccone che papà Harry teneva in equilibrio sulla forchetta. Quando fu piena, si limitò ad accoccolarsi sul petto del più piccolo dei suoi genitori. Nascose la testa nell’ incavo del collo del riccio che le accarezzò i capelli finché non sentì il suo respiro farsi sempre più lento e regolare contro la sua nuca. Louis le lasciò un bacio sul capo mentre la sollevava per adagiarla sul divano coperta da un plaid caldo. “È stata brava” sussurrò a suo marito stringendogli la vita e posando (con non poca fatica) il mento sulla sua spalla; “Già. Credo che Babbo Natale arriverà anche quest’anno”. Louis gli sorrise baciandogli l’angolo delle labbra, prima di domandare: “E per caso quel vecchio vestito di rosso ha qualcosa anche per me nel suo sacco?”.  Harry sorrise e gli riservò un enigmatico “Forse” per poi tornare in cucina a lavare i piatti. Dopo aver sistemato, si concessero un giro di tombola che, però, fu interrotto nel mezzo dal pianto di Darcy. Piangeva spesso quando si svegliava da sola, senza nessuno dei suoi papà accanto; “Continuate pure” disse Harry alzandosi dalla sedia. Quando scorse la sua piccola con i lacrimoni che le rigavano le guance il suo cuore si strinse in una morsa; “Sono qui, fatina”. Darcy si accoccolò contro di lui lasciando che le asciugasse le lacrime e le accarezzasse i capelli. “Papà Lou gioca a tombola, scommetto che ti fa abbassare le caselline se andiamo di là” le propose quando parve essersi calmata. Darcy, infatti, aveva ritrovato l’entusiasmo di sempre e corse verso il salotto. “Ciao amore!” la salutò il maggiore prendendola in braccio e lasciando che mettesse le mani ovunque. Alla fine Louis fu squalificato, perché Darcy abbassava le caselle a caso ma a nessuno dispiacque (bè di certo non a Gemma che vinse il piatto più ricco). Decisero di aprire i regali una volta calata la sera. Intorno alla bambina si ammucchiarono ben presto pacchetti di tutte le dimensioni e man mano che ne apriva, una montagnola di carte patinate e luccicanti cominciarono a circondarla. Darcy batteva le manine ad ogni dono che scartava, per poi correre a mostrarlo a papà Harry o chiedere a papà Louis di montarlo. Ricevette una nuova cucina componibile, l’intera collezione dei dvd dei film di Barbie e perfino un album di Principesse da colorare. Squittì e si portò le mani al viso, quando toccò al regalo dei suoi genitori. “È bellissimo papà! Sono una vera fatina adesso” mormorò tutta emozionata mentre zia Gemma le assicurava le ali intorno alle spalle con gli appositi nastri. Louis sorrise con lo sguardo innamorato mentre Darcy proclamava che “Non ho intenzione di toglierle mai più!”. Quando la pila dei regali per la piccola si esaurì, tutti gli altri cominciarono ad aprire i propri regali, molto spesso lasciando che fosse la bambina a rimuoverne la carta. Harry approfittò del trambusto generale e della lettura delle targhette con i nomi su ciascun regalo per trascinare suo marito in un angolo più appartato del salotto. Lanciò uno sguardo a Darcy, e sorrise quando la vide tra le braccia di nonna Jay intenta a sfogliare il libro di ricette che le aveva regalato Anne. “Ho un regalo per te” disse poi tornando a fissare Louis, seduto di fronte a lui sul divano; “Sì?” chiese il più grande già sorridendo. “Mhmh” il riccio tirò fuori la sua busta dalla carta giallognola su cui si era limitato ad applicare una coccarda rossa, “Vale sia per Natale che per il tuo compleanno”. “Bè di certo non è la nuova consolle che avevo chiesto a Babbo Natale” ironizzò sottolineando la piattezza del pacco; il riccio sbuffò, facendo così volare un ricciolo che gli ricadde sulla fronte. “È qualcosa di meglio” asserì convinto. Louis gli si avvicinò prendendogli il ciuffo tra le mani e spingendolo dietro il suo orecchio; “Qualunque cosa, se regalata da te è qualcosa di meglio” specificò per poi lasciargli un bacio dolce sulle labbra. Harry aveva gli occhi lucidi per l’emozione e le mani che si torturavano tra di loro quando Louis cominciò a sollevare la parte adesiva. Il sopracciglio del maggiore si sollevò stranito quando al tatto percepì una sorta di carta lucida. Estrasse i fogli e le sopracciglia sollevate si fecero due. Scrutò con attenzione l’immagine di un piccolo fagiolo grigiastro su uno sfondo quasi totalmente nero e le mani presero a tremargli mentre la realizzazione lo colpiva. “Sei- sei serio Harry?” domandò con gli occhi già lucidi davanti alle prime immagini di… Bè, suo figlio. “Sì, il dottore ha detto che va tutto bene per il momento e che-” ma non finì mai la sua frase perché dopo un “Oh mio Dio!” emozionato Louis gli gettò le braccia al collo e lo baciò. Non gli importava che ci fossero i loro parenti, i loro genitori e perfino la loro bambina ad osservarli, quello era l’uomo che amava, era suo marito ed era incinto. Louis fece schiudere le labbra di Harry con naturalezza, perché dopo tutti quegli anni non poteva essere altrimenti, e trovò subito la sua lingua calda ed umida pronta ad intrecciarsi con la propria. Una mano corse ai ricci, accarezzandoli mentre l’altra si posò sul suo stomaco. “Ti amo. Tantissimo” specificò non appena si separarono con un sonoro plop. Harry ridacchiò contro le sue labbra, imprimendovi un altro bacio innocente. La confusione che avevano creato aveva chiaramente richiamato l’attenzione di tutti i presenti su di loro, ma non se ne accorsero finché un “Oh Signore” quasi urlato non ruppe la loro bolla d’amore. Gemma se ne stava con l’ ecografia in mano e l’espressione stravolta. “È vero questo?” chiese mentre anche Jay si avvicinava a vedere l’ oggetto di tanto scalpore. Harry annuì raggiante mentre Anne si accingeva a stringerlo con le lacrime mal trattenute per l’emozione; “È una notizia bellissima, tesoro” sussurrò la donna passando poi ad abbracciare Louis. “Da quanto lo sai?” chiese Gemma mentre pian piano l’immagine del piccolo fagiolino passava di mano in mano e tutti si avvicinavano pieni di gioia a congratularsi con la coppietta felice; “Tre settimane” sussurrò Harry imbarazzato (non che lo loro famiglie fossero all’ oscuro della loro ricca attività sessuale eh). Darcy guardava la scena con il capo inclinato ed un’ espressione confusa sul visetto. Perché tutti facevano gli auguri ai suoi papà? Era solo il compleanno di papà Lou e nessuno faceva gli auguri anche ai suoi genitori quando era il suo di compleanno. Si arrampicò traballante sulla sedia e prese l’ecografia che qualcuno aveva lasciato sul tavolo, lasciando impronte con le manine umidicce. Ne capì ancora meno, quel disegno era davvero brutto. Perfino lei a soli tre anni sapeva fare disegni più belli e anche più colorati, non capiva perché tutti fossero così esaltati. “Cosa è questo?” domandò allora. La domanda non era rivolta a nessuno in particolare ma tutti si girarono ad osservare la bambina; “Vieni qui piccolina” la richiamò Louis e lei corse a sedersi sul divano proprio tra i suoi due papà. “Questo che vedi qui” disse il maggiore indicandolo con il dito “È un piccolo fagiolino che adesso si trova nella pancia di papà Harry. Tra qualche mese diventerà grande, sempre più grande finché un giorno non ne uscirà un bambino”. La spiegazione lasciò la bambina inorridita. Un bambino? Perché i suoi genitori avrebbero dovuto volerne un altro? Avevano già lei. L’idea che i suoi papà la potessero abbandonare per il nuovo bimbo le si presentò ben chiara nella mente e piccoli singhiozzi cominciarono a squassarle il petto. “No, amore. Perché piangi? Non è mica una cosa brutta” le sussurrò Harry prendendola in braccio e accarezzandole i capelli. “Volete mandarmi via per tenere il nuovo bambino? Volete più bene al fagiolino che a me?” chiese con le lacrime che imperterrite le lasciavano gli occhi. “Ma certo che no, piccolina” la rassicurò Louis raccogliendo le lacrimucce col pollice; “Sarà il tuo fratellino o la tua sorellina” le disse Harry con pazienza, scostandole un paio di ciuffi mossi che le ricadevano sugli occhietti umidi. “Ma io non lo voglio” esclamò Darcy decisa. Gemma ridacchiò ricordando d’aver avuto una reazione simile quando sua madre le aveva annunciato d’aspettare Harry. “Nessuno andrà via, tesoro. È una promessa” si affrettò a specificare Louis, “Ci sarà una personcina in più. Ma tutti noi continueremo a volerti bene. Anzi! Te ne vorremo anche di più”. Darcy annuì poco convinta accoccolandosi contro il petto di papà Harry, mentre con la mano piccola e paffutella andava a torturare le labbra carnose del suo papà. Non si mosse da quella posizione e non disse più nulla per tutta la sera.
 
 
Non è che Darcy odiava il Fagiolino, Dio no. Odiare è una parola troppo grande per una piccola bambina di soli tre anni. Sarebbe meglio dire che lo detestava? Non gli andava a genio ecco tutto. Per diverse ragioni in realtà: il Fagiolino faceva stare male papà Harry. Passava giornate intere nel bagno per colpa delle nausee (avrebbe voluto aggiungere mattutine ma a quanto pare si presentavano nei momenti più disparati, ugh). Papà Louis le aveva già detto che quando la pancia di Harry sarebbe diventata troppo grande non avrebbe potuto prenderla in braccio. Darcy si era imbronciata molto a quella notizia, perché come avrebbe raggiunto le labbra di suo papà per tenerle tra le dita? Era qualcosa che la rilassava molto e la faceva sentire al sicuro. Ma il colpo di grazia arrivò durante i primi di Gennaio. Aveva nevicato tutta la notte e Darcy corse felice nel lettone dei suoi papà per svegliarli e andare a fare un pupazzo insieme. “Papà! C’è la neve! Andiamo a giocare, andiamo, andiamo!” saltellò euforica al centro del lettone, mentre i capelli mossi le schizzavano in tutte le direzioni e i pantaloni del pigiama le scivolavano pian piano sulle cosce minute. “Darcy” mormorò Louis assonnato mantenendo sua figlia dai fianchi per evitare che continuasse a far sollevare e abbassare ritmicamente il materasso; “Ma papà c’è la neve” ricordò la bimba come se quel dettaglio fosse di notevole importanza. “Infatti. Sono certo che adesso papà Lou si alzerà e verrà a giocare con te con la neve. Non è vero amore?” domandò Harry alzando il busto. Intrappolò la vita della sua bambina tra le braccia mentre le risistemava i pantaloni del pigiamino per evitare che prendesse freddo. “Tu non vieni, papi?” chiese incerta mentre si abbandonava tra le braccia forti del riccio; “Oh. No”. Prima ancora che Darcy potesse mettere su il broncio, Louis riemerse dalle coperte e la tirò su come un sacco di patate; “Andiamo a giocare allora” urlò battendole delicatamente la mano sul sederino. La piccola rise contenta e per un momento quasi si dimenticò che non ci sarebbe stato papà Harry. “Perché papi non può giocare con noi?” chiese mentre il maggiore le toglieva i pantaloni del pigiama sostituendoli con dei jeans decisamente più adatti alla temperatura; “Papà Harry non può ammalarsi amore. Potrebbe essere pericoloso per il Fagiolino”. Quindi sì. Per colpa del suo fratellino (o sorellina) non avrebbero giocato tutti insieme sulla neve perché apparentemente il suo papà non poteva ammalarsi. Ugh. Harry si limitò a salutarli dalla finestra e a guardarli amorevolmente mentre si tiravano palle di neve addosso, sorseggiando il suo tè e sperando che restasse nel suo stomaco. Per una volta.
 
 
“Harry? È tutto ok?” chiese sua madre Anne bussando un paio di volte alla porta del bagno. Ricevette solo un conato di vomito in risposta. Il riccio si accasciò contro la vasca da bagno tenendosi lo stomaco con entrambe le mani mentre sua mamma entrava preoccupata. “Oh tesoro” sussurrò la donna offrendogli un bicchiere d’acqua per sciacquarsi la bocca. “Bisogna andare a prendere Darcy dall’ asilo” sussurrò stremato, mentre si lasciava accarezzare i capelli. “Vuoi che chiami Louis?” Harry scosse la testa, “Ha una riunione importante e non voglio farlo preoccupare inutilmente”. “Vado io. Riesci a cavartela da solo qui?” il riccio annuì flebilmente prima di chinarsi di nuovo sulla tazza. Quando Anne tornò con la bambina, Harry lesse nel suo visetto crucciato tutta la delusione di non averlo trovato fuori da scuola come sempre. “Ehi piccolina” sussurrò debole dal divano su cui era semisdraiato per riposare; “Ciao papà” lo salutò appena, sedendosi però accanto a lui. “È andato tutto bene oggi?” chiese mentre raccoglieva i suoi ricci in una coda scomposta. Darcy annuì ma continuò a guardarsi i piedini mentre la sua piccola gonna di tulle svolazzava ad ogni movimento delle gambe minute. “Papà stai bene?” chiese con apprensione e al riccio quasi si spezzò il cuore. La bambina non doveva preoccuparsi della sua salute perché era… una bambina! Doveva essere spensierata e felice come al solito. “Vieni qui” la richiamò facendola sdraiare e posandole il mento sul capo, mentre da salotto poteva chiaramente sentire lo spadellare di sua madre per preparare la cena. “Ti prometto che questa è l’ultima volta che nonna Anne viene a prenderti, mh?” le bisbigliò nell’ orecchio mentre la piccola posava la sua manina sulle sue labbra. “Va tutto bene, amore. Te lo giuro”.
 
 
Con l’arrivo del quarto mese, la pancia di Harry cominciava a farsi più evidente e, nonostante papà Lou la sommergesse di baci e carezze, Darcy era ancora restia a toccarla. Il Fagiolino stava diventando grande e di li a poco ne sarebbe uscito un bambino, e quello avrebbe cambiato tutto. Papà Harry continuava a tenerla in braccio, ma molto spesso di nascosto a papà Louis. Era strano però, perché sentiva questo gonfiore sotto il sederino e potrebbe giurare che ogni tanto qualcosa si fosse mosso lì dentro. “Stai buona, amore” la richiamò il liscio mentre le insaponava i capelli. Quando il Fagiolino sarebbe nato tutto sarebbe stato diverso. Anche fare il bagno, e Darcy adorava che papà Lou le lavasse i capelli mentre papà Harry le passava delicatamente la spugna su tutto il corpicino. Sbuffò e un paio di bolle di sapone si sollevarono facendola ridacchiare. Louis ne tenne una sul palmo della mano per poi avvicinargliela al volto e permetterle di scoppiarla con l’indice piccolo.  Sorrise soddisfatta sollevando una gamba per permettere al papà riccio di insaponargliela. “Umphf” sfuggì alle labbra di Harry dopo un quarto d’ora piegato nella stessa posizione; “Tutto bene amore?” chiese Louis apprensivo come al solito. Il riccio si stiracchiò portando poi le mani ancora insaponate sul pancione, “Mal di schiena” rivelò sorridendo al suo sguardo preoccupato. “Vai a sederti un po’, mh? Finisco io qui” propose il maggiore. Harry annuì lasciando un buffetto sul nasino di Darcy e avvicinandosi al marito affinché potesse baciargli lo stomaco pronunciato. “Vi aspetto in cameretta” li avvisò avviandosi poi. Aveva davvero bisogno di stendersi, era da quella mattina che non faceva altro che sistemare e correre dietro a sua figlia, la sua pancia stava diventando pesante grazie tante. “Andiamo, fatina. Accappatoio!” la spronò Louis tenendole l’indumento aperto. Non appena Darcy si sollevò, il lisciò la coprì in un dolce abbraccio di tessuto cominciando a sfregarlo sulle braccia per asciugarla. Il papà la asciugò per bene e la rivestì mettendole il pigiamino caldo e annodandole un asciugamano per mantenere i capelli bagnati. Harry si era quasi addormentato quando lo raggiunsero nella cameretta di Darcy, quella gravidanza più una bambina super gelosa del suo fratellino (o sorellina) non ancora nato lo sfinivano. Non appena sentì i passettini veloci di sua figlia, però, si ridestò prendendo la spazzola e il phon. “Pronta per asciugare i capelli?” domandò affabile, come se la stanchezza non lo scalfisse affatto; Louis sentendo il suo tono spento gli sorrise dalla porta. Il maggiore aveva cominciato ad amare il modo in cui Harry si sforzasse di non far notare le sue mancanze a Darcy. La piccola, infatti, era già abbastanza gelosa e nessuno dei due se la sentiva di toglierle attenzioni ancor prima del tempo. La bimba annuì felice e si sedette sul letto tra le gambe aperte del suo papà, a debita distanza da quel pancione che fissava con aria di sfida. Harry sbuffò ma non disse nulla, troppo stanco anche solo per provare a convincere sua figlia che non ci fosse niente di male nel toccare il suo stomaco rigonfio. Il più piccolo cominciò a pettinarle dolcemente i capelli e a lasciarle carezze amorevoli sul capo finché “Anche tu papà!” mormorò Darcy, prendendo dal suo set delle principesse una spazzola tutta rosa ed un elastico con una perlina a forma di stella. “Anche papà” ripeté mettendo gli oggetti nelle mani del maggiore. Louis sorrise posizionandosi dietro le spalle del più piccolo e lasciandogli un bacio sulla nuca prima di cominciare a prendere i suoi capelli tra le mani. Darcy ridacchiò soddisfatta nel vedere che aveva dato vita ad una vera e propria reazione a catena: papà Louis faceva i capelli a papà Harry, e quest’ultimo li faceva a lei. Batté le manine estasiata e per un momento quasi si posò con la schiena sul pancione di Harry. Il riccio trattenne il fiato per un attimo, ma poi vide la bambina saltellare più avanti e mettere distanza. Sospirò sconfitto. Forse non era ancora il momento giusto. Asciugò i capelli di Darcy mentre Louis acconciava i suoi in un codino soffice, sormontato dall’elastico con la stellina rosa. La bambina si sollevò saltellando sul letto e gettò le braccia al collo ad entrambi i suoi papà quando ebbero finito. “Vi voglio bene. Lo giuro sulla polvere di fata” e quelle parole bastarono per sciogliere un po’ il nodo che attanagliava lo stomaco di Harry. “Anche noi te ne vogliamo, piccolina” le assicurò il liscio prendendole in nasino tra le dita. La misero a letto, poi, e soltanto dopo una decina di baci su tutto il viso si addormentò serena.
 
 
“Darcy non l’ha presa come speravo” sussurrò Harry quella stessa sera a suo marito, la faccia seppellita nell’ incavo del suo collo mentre il maggiore gli accarezzava la schiena e in pancione. “È solo una bambina, amore. Vede il nuovo arrivato come una minaccia, dobbiamo solo farle capire che non è affatto così” gli rispose facendo strofinare i loro nasi in un moto di dolcezza. “Lo so ma… Lou non tocca nemmeno il mio pancione. É… Frustrante” rivelò premendosi ancor più contro il corpo solido di suo marito. “Gemma mi ha raccontato di aver avuto una reazione simile quando seppe della tua nascita, eppure ti vuole molto bene” tentò di rassicurarlo Louis. “Ero un bambino paffuto con gli occhi verdi e le fossette, faceva bene a sentirsi minacciata” ribatté ridacchiando mentre intrecciava le loro caviglie. Louis rise forte, tanto da doversi portare la mano a coprire la bocca per evitare che Darcy si svegliasse. Harry baciò le piccole rughe che nascevano al lato dei suoi occhi (che a detta sua erano “La vera ragione per cui ti ho sposato, Lou”). “Sai quanto ami le attenzioni, è una piccola diva e ,non negarlo, ha preso da te questo lato del suo carattere” il riccio gli morse la guancia per ripicca. “Sono sicuro che andrà meglio, diamole un po’ di tempo” sussurrò speranzoso Louis. Il più piccolo annuì per poi posare il capo sul suo petto e sussurrare “Buonanotte, ti amo”. “Ed io amo voi. Tutti voi” specificò il liscio premendo la mano sul pancione di suo marito. Harry sorrise.
 
 
I pantaloni da yoga gli calzavano ancora alla perfezione dalla scorsa gravidanza, un punto per la sua autostima yey. Peccato non si potesse dire della canotta coordinata che invece risaliva inesorabilmente sul pancione sporgente. Uno ad uno palla al centro. Prese il suo tappetino e si mise al centro esatto dello spazioso e luminoso salotto. Incrociò le gambe e cominciò i suoi esercizi di respirazione. Il bambino stava crescendo sempre di più, adesso riusciva anche a percepire dei piccoli spostamenti. Louis aveva un sguardo imbambolato ogni volta che sentiva qualcosa muoversi oltre la pelle tesa del pancione di suo marito, mentre Darcy sembrava ancora più spaventata. Manco potesse venire afferrata e risucchiata. C’era Louis, però, che lo apprezzava per entrambi. Gli ricordava continuamente di quanto fosse raggiante e quanto l’aria da SonoIncintoENeVadoFiero gli donasse alla perfezione. Inoltre Harry conosceva bene i pregi della gravidanza: pelle più lucida, capelli più lunghi e brillanti, un Louis più pretenzioso del solito in intimità. Sì, adorava essere incinto decisamente. Posò le mani sul suo pancione e poi gli fece una smorfia quasi il bambino potesse già vederlo; “Sei già l’amore di papà” sussurrò. “Bè di entrambi” precisò poi ridacchiando, “E zia Gemma ti sta già viziando, e non sei ancora nato!”. Si accarezzò il pancione e sorrise felice quando un lieve scalciare gli arrivò quasi come risposta. “Già sforziamo i nostri non formati piedini, mh?” domandò ancora, continuando a svolgere i suoi esercizi di respirazione. Capì di aver perso la cognizione del tempo e di aver parlottato tutta la mattinata col suo bambino quando sentì la porta di casa aprirsi e Darcy e Louis lo fissarono stralunati. “Papà?” chiese la bambina, mentre teneva la mano ancora stretta in quella del liscio; “Oh ciao, tesoro. Bentornati”. Louis scosse la testa e gli posò un bacio sul capo mentre si dirigeva in camera da letto per spogliarsi. Darcy lo guardò ancora un po’ diffidente e poi azzardò un passo verso di lui, ancora seduto sul tappetino. “Vieni, amore” la incoraggiò tenendogli la mano. La bambina di acquattò sedendosi anche lei sul tappetino, Harry le lasciò una bacio delicato sui capelli. Fu allora che Darcy fece una cosa che lo intenerì a dismisura: si sollevò la maglietta mostrando il suo pancino e confrontandolo con quello del suo papà. “Anche io aspetto un bimbo, papà?” chiese ingenuamente, schiacciandosi l’indice contro la sua tenera pancetta da bambina, davvero poco pronunciata. “Oh, no tesoro. È un po’ troppo presto ancora, non trovi?” Darcy annuì ma continuò a punzecchiarsi il pancino. Posò poi le manine nella stessa identica posizione di Harry sul pancione e sorrise “Possiamo giocare a fare le mamme” propose. Quando Louis tornò in salotto, la scena che gli si parò davanti gli tolse il fiato. Erano dolcissimi, davvero. Tutti e due che si accarezzavano lo stomaco con aria sognante. “Papà aspetto un bambino” urlò Darcy quando lo sorprese a fissarli. “Dio. Non credevo avrei sentito questa frase prima dei tuoi venticinque anni” sussurrò avvicinandosi e facendole una pernacchia sul pancino. Harry ridacchiò contento, ottenendo anche lui una pernacchia sul pancione in risposta. “Aspetto un bambino quindi devo passare tanto tempo in bagno, e non posso ammalarmi. E papà, dobbiamo fare un’altra stanza per il mio bimbo” disse decisa. Harry la bloccò per i fianchetti esili e lasciò che Darcy gli stringesse le braccia intorno al collo per poi schioccarle un bacio tenero sulle labbra a cuore. Louis sorrise alla scena, considerando quel giorno un piccolo passo in avanti. Darcy non aveva ancora toccato il pancione di suo papà ma per lo meno ne sembrava meno impaurita, quasi stregata a dire il vero. La prese tra le braccia quando gli corse incontro chiedendogli di preparare il pranzo insieme e Louis se la strinse al petto, la sua fatina, sussurrandole “Certo che lo prepariamo assieme, sei tu la donnina di casa”.
 
 
“Sai di cosa ho voglia?” e solo al suono di quella domanda, Louis tremò. Non che Harry avesse avanzato richieste prima d’allora, ma il maggiore aveva il vivido ricordo della gravidanza di Darcy, delle ciliegie al maraschino alle tre di notte, e delle sardine a colazione. “Di pesche” continuò Harry, nonostante il marito non gli avesse risposto. “Uhm. È un frutto che sarà di stagione solo tra un altro paio di mesi, amore. Non potresti resistere?” domandò cingendolo da dietro, le braccia che facevano fatica a congiungersi sul pancione. “Ma Loulou” mormorò col broncio girandosi nel suo abbraccio, “Io ne ho tanta voglia ora”. E ugh. Dov’era Darcy quando ne aveva bisogno? Avrebbe potuto usarla come diversivo, dire che non poteva lasciare la bambino o inventarsi qualcos’altro ma no. Gemma l’aveva portata via con la scusa di una “Serata tra donne, Haz. E no. Non sei invitato”. “Non ho speranze di svignarmela vero?” chiese sconsolato. Harry gli mordicchiò il collo, lasciandogli baci umidi e delicati mentre col retro della gola articolava un “Mhmh” per niente rassicurante. “Quindi vado” disse Louis, non muovendosi di un centimetro e lasciando che suo marito gli lasciasse un visibilissimo succhiotto sul collo. Dio, Harry era un tale adolescente. “Ora puoi andare” mormorò soddisfatto, con le labbra gonfie e lo sguardo luminoso; “Non potevo lasciare una tale bellezza a piede libero senza un reclamo di proprietà privata”. Louis rise, si sporse per baciarlo e poi prese la sua giacca di jeans. “Torno presto”; “Torna con le pesche o non tornare affatto!” sentì prima di chiudersi la porta alle spalle.  Ci mise un quarto d’ora e dovette cercare in tre supermercati diversi, ma quando scorse le pesche nel banco frutta di Tesco quasi urlò per la gioia. “Sono tornato” annunciò chiudendo la porta col piede, portando con sé i sacchetti della spesa; “Con le pesche spero” borbottò Harry, con la faccia immersa in una delle buste di carta riciclabile. Sorrise trionfante quando ne trovò una e poi corse a pulirla. “Pericolo voglia evitato” mormorò con il frutto fresco in bocca; “Avrebbe avuto un colore carino comunque. Sul nostro bambino, dico”. Il riccio annuì poco interessato, pulendosi un’altra pesca. “Sai che ti somigliano?” considerò il maggiore soppesando il frutto con la mano; suo marito gli lanciò un’occhiata interrogativa. “Sono rotonde e davvero dolci” spiegò sporgendosi per mangiucchiarne un pezzo; “Ah così io sarei rotondo” fece indignato l’altro. “Più del solito? Dai, sai cosa intendo amore” Harry scoppiò a ridere massaggiandosi il pancione. Per la fortuna di Louis non era uno di quei maniaci della linea, anzi. Non aveva cali di autostima né si lamentava per la crescita della sua pancia. Adorava essere incinto, ed era questo che lo rendeva così speciale agli occhi di Louis. Il fatto che amasse tenere i loro figli dentro di sé, quasi a volerli proteggere dal mondo. “Hai sentino cos’ha detto papà, mh?” domandò Harry al suo stomaco rigonfio, sorrise e prese una mano di Louis tra le sue appiccicaticce di succo di pesca. La posò all’altezza del suo ombelico e il maggiore sentì qualcosa muoversi. Si chinò a baciare quel punto per poi dire “Papà non vede l’ora di vederti, ma aspetterà ancora un po’”. Altri calci in risposta. La vita di Harry era felice, e aveva un vago retrogusto di pesca.
 
 
A metà del quinto mese, Harry aveva fissato un appuntamento dalla sua dottoressa per scoprire il sesso del bambino. Era in fibrillazione, non vedeva l’ora di scoprire se il piccolo Fagiolino fosse un lui, o una lei. “Dio, amore. Mi sento una persona terribile, un padre terribile” specificò Louis con il broncio e lo sguardo afflitto; “Dovrei essere lì con te”. “Ma se Darcy ti adora! Sei un papà meraviglioso, e non è mica colpa tua se ti hanno fissato una riunione” lo rassicurò Harry, tentando (invano) di chiudere il suo giubbottino leggero per proteggerlo ancora un po’ dal vento pungente d’Aprile. “Lo so ma mi sento comunque in colpa” borbottò il liscio, stringendo al petto la sua ventiquattrore. “Non farlo, Lou. Mia mamma verrà con me e anche la piccola. Andrà tutto bene” il più piccolo si premurò di lasciare un bacio sulle labbra di suo marito, prima di chiamare sua figlia. “Eccomi papà” strillò correndo in salotto con il suo set di Dotty Dottoressa Peluche. Prese il piccolo stetoscopio di plastica e si infilò le due estremità nelle orecchie, per poi premere la parte opposta sul pancione di Harry. “Cosa mi dici, dottoressa?” chiese Louis piegandosi alla sua altezza, “È un maschietto o una femminuccia?”. La bambina parve soppesare entrambe le idee, per poi muovere verso l’ ombelico ormai sporgente di papà Harry lo stetoscopio di plastica. “È… È un Fagiolino!” il suo verdetto fece ridere entrambi i suoi genitori. Poi Louis si piegò per aggiustarle il vestitino e le posò un bacio sul capo; “Ciao piccolo amore”. “Ciao papà” lo salutò allegra la bimba, riponendo i suo set di strumenti medici nella borsetta.
 
 
Louis sentì delle risate ovattate non appena aprì la porta d’ingresso, e già sorrise. Il suo lavoro lo stremava e la riunione di quel giorno era andata più avanti del dovuto ma alla fine il suo progetto era stato approvato. “C’è nessuno?” domandò posando la sua valigetta sul divano e dirigendosi verso la camera da letto: la fonte di quelle risatine contente. Quando si affacciò rimase per un po’ ammaliato dalla situazione. Harry aveva la t-shirt sollevata sul pancione e Darcy lo stava… Lo stava decisamente toccando. Finalmente! Sospirò di sollievo, ma poi aguzzò la vista e riconobbe tanti disegnini colorati sul pancione di Harry. “Lou!” lo salutò suo marito notando la sua presenza. “Papà!” Darcy corse giù dal letto, tra le mani una spugna umidiccia, e gli si gettò tra le braccia. “Ciao, fatina” sussurrò dandole un bacio leggero tra i capelli. “Vieni a vedere” lo spronò la bambina, “Abbiamo comprato i tatuaggi! Ma non quelli veri” specificò spingendo suo papà verso il letto. “Abbiamo preso quelli di Hello Kitty, se fosse stata femmina e quelli Spiderman per il maschietto” disse Harry con una luce brillante ad illuminargli il volto. “Ah sì?” Louis rise, perché aveva già notato dei segnetti  rossi e blu sul pancione di suo marito. “E qual è il risultato?” chiese sedendosi affianco al riccio e baciandogli la tempia; “Che io mi farò quelli di Hello Kitty!” Darcy esultò battendo le manine. “Amore” sussurrò il liscio nell’ orecchio di suo marito, baciandolo poi dolcemente. “Proprio così, un maschietto. Non è bellissimo?” chiese Harry con sguardo innamorato, mentre strusciava il suo naso sul collo di Louis. “È meraviglioso” garantì il liscio sfregandogli dolcemente il pancione chiazzato qua e là di tatuaggi ad acqua di Spiderman. Darcy posò la manina con il palmo completamente aperto sul pancione di papà Harry e ridacchiò quando sentì qualcosa muoversi sotto lo strato di pelle tesa. “Vado a prendere altra acqua” disse correndo poi con la spugnetta verso il bagno. Harry si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo, mentre inclinava il capo per bearsi delle coccole di suo marito. “Che le è preso?” domandò il maggiore, indicando col mento il punto in cui sua figlia era appena scomparsa. “La dottoressa ci ha fatto sentire il battito del cuore del bambino. Dio, Lou avresti dovuto vederla! È quasi scoppiata a piangere mentre mia madre la stringeva tra le braccia” spiegò, senza neanche cercare di trattenere il sorriso che gli adornava il volto. “Fa tanto la dura e poi…” commentò Louis ridacchiando. Quando Darcy tornò, continuarono ad applicare tatuaggi sul pancione di papà, lasciandone uno sulla fronte di Louis. La bambina volle poi i suoi di Hello Kitty e quasi non si accorse, o forse non le importava più, di quando papà Harry la prese in braccio e il Fagiolino continuava a muoversi sotto di lei. Ridacchiò contenta, mettendo la manina sulle labbra del papà riccio.
 
 
Quel giorno di Maggio faceva davvero caldo. L’estate era alle porte ed un pancione di sei mesi non aiutava sudare di meno, affatto. Harry raccolse i suoi capelli, che ormai con la gravidanza quasi gli sfioravano le spalle, in un tuppo disordinato per poi continuare ad infornare teglie di focacce. La sua fatina compiva quattro anni quel giorno e, nonostante Louis gli avesse raccomandato di non sforzarsi troppo, nessuno dei due voleva privare la piccola dei festeggiamenti. Avrebbero organizzato una piccola festicciola con i parenti e qualche amichetto dell’ asilo, niente di così impegnativo, eppure il riccio era in piedi dalle sette del mattino per preparare stuzzichini di tutti i generi. “La festeggiata è quasi pronta” lo informò Louis entrando in cucina; “Uh lalà! Ma che bontà” biascicò poi prendendo un tramezzino ripieno di salsa tonnata e ficcandolo in bocca prima ancora che suo marito potesse schiaffeggiargli la mano. “Lou!” lo rimproverò, però, con le mani sui fianchi. Il maggiore rise e se lo strinse in un abbraccio, il pancione premuto contro i suoi addominali gli faceva sempre un certo effetto. “Sono pronta!” annunciò Darcy facendo il suo ingresso in cucina, il vestitino floreale che le aveva sistemato Louis a svolazzare intorno alle sue caviglie. “Sei bellissima” disse Harry emozionato, cercando di chinarsi alla sua altezza, ma rinunciando all’ impresa a metà strada quando il Fagiolino gli comunicò con un paio di calci che non era una buona idea. Louis gli massaggiò la schiena e lo ammonì con lo sguardo, non voleva che Harry si stancasse troppo, doveva vivere altri tre mesi per due e voleva che entrambi i suoi uomini stessero bene. Quindi il liscio si chinò e prese sua figlia tra le braccia per poi posarla sul bancone della cucina. Darcy infilò il dito nel barattolo della Nutella per poi ficcarselo in bocca. “Ehi! Devo farci la torta con quella” la riprese Harry facendola ridacchiare. La bambina si affrettò a porgergli un nastrino rosso per poi dire “Da oggi sono una donna, devo aiutarti in cucina papi”. “Oh, la mia donnina” sussurrò Louis, ricevendo un bacetto sulle labbra sottili dalla sua principessa. “Sì? Allora da domani prepari tutto tu” Harry colse la palla al balzo, per poi cominciare ad intrecciare i capelli di sua figlia in una treccia. Fece un fiocchetto col nastrino e poi le baciò la fronte, “Ecco fatto amore. Che ne dici di aiutare papà Lou a gonfiare i palloncini prima che arrivino gli invitati?”. Alla sola proposta, Darcy saltò giù dal bancone correndo in salotto, dove il maggiore aveva cominciato a disporre le prelibatezze di Harry su vassoi ordinati, e posarli sul tavolo. “Allora, dammi una mano amore. Lo striscione è storto?” domandò Louis per l’ennesima volta e vide sua figlia annuire solo per il gusto di osservarlo sbuffare e tentare di risistemare la scritta Buon Compleanno. Quando il campanello suonò per annunciare l’arrivo dei primi invitati, Darcy abbandonò i palloncini con cui stava giocando e corse verso la porta. “Nonna!” saltellò quando Jay fece la sua apparizione. Doncaster distava diverse ore dal loro paesino del Cheshire quindi non si vedevano spesso, eppure i genitori di Louis cercavano di non mancare mai nelle occasioni importanti. “Ecco la mia bambina!” sussurrò Jay stringendosela al petto, le diede due baci sulle guance augurandogli un felice compleanno e lasciò che nonno Dan entrasse con un grande pacco regalo. “Oh Harry! Sei enorme” fece sua suocera sulla porta, e il riccio arrossì toccandosi il pancione pronunciato. “Si chiama essere incinta, mamma. Dovrebbe esserti familiare” lo difese Louis circondandogli la vita, ma sorridendo a sua madre. “Posso?” domandò la donna avvicinando la mano e il più piccolo annuì. Jay poggiò la mano sul pancione e sorrise nel sentire i piccoli spostamenti del bambino; “Qualcuno è sveglio” commentò. “Come sempre” sbuffò Harry tirandosi indietro i ciuffi che erano scappati dalla sua crocchia. Il suono del campanello li interruppe e Louis sussurrò un “Vado io” lasciando suo marito alle cure di sua madre. Dopo appena mezz’ora la casa era piena di persone, palloncini e bambini che si rincorrevano per il salotto. “Haz!” lo richiamò sua sorella non appena lo vide finalmente riemergere dalla cucina, “Ma dov’eri?”. Il riccio la abbracciò “Adesso è tutto pronto” le rispose, osservando poi la sua bambina seduta al centro del divano mentre giocava con i suoi amichetti ad un gioco di società. “Hai bisogno di sederti?” domandò Gemma accarezzandogli il pancione sporgente e lui negò. Tutto ciò di cui aveva bisogno era vedere la sua fatina felice. Louis gli cinse la vita, facendo aderire il suo petto contro la schiena del riccio e sussurrando “Guarda quant’è bella, la nostra creaturina”. Harry rise di gusto per poi lasciargli un bacetto sul collo. La festa trascorse veloce e allegra e quando fu il momento della torta, Darcy chiamò a gran voce i suoi papà per spegnere insieme l’unica candelina a forma di numero quattro. Gemma scattò loro una foto mentre la piccola teneva le braccia minute intorno ai loro colli e Harry si carezzava il pancione, Louis venne con gli occhi chiusi ma non importava perché il suo sorriso faceva invidia al mondo intero. Solo quando tutti gli invitati andarono via, lasciando regali e disordine in casa, il maggiore ebbe il tempo di spupazzare la sua bambina. “La mia piccolina ha già quattro anni!” sussurrò col volto schiacciato contro il pancino scosso dalle risate della bambina; “Tra poco andrà già via di casa e io rimarrò solo soletto” continuò fingendosi sconsolato. “Io non me ne vado papà” disse Darcy schiacciandogli le manine minute sul viso e facendolo ridacchiare; “Nessuno se ne va prima di aver scartato il suo regalo di compleanno” li interruppe Harry, stringendo tra le mani un pacco colorato con la coccarda lilla. Darcy si lasciò sfuggire un urletto eccitato per poi correre verso il riccio con le braccia tese, “Andiamo sul divano” la pregò suo padre, davvero esausto da quella giornata. Quando tutti e tre si furono accomodati sul sofà, il più piccolo le porse il pacchetto e la bambina cominciò a scartarlo felice. Trovò la nuovissima casa di Barbie e trattenne il respiro finché Louis non decise di mettersi ai piedi del divano insieme a lei e di montargliela pezzo per pezzo mentre suo marito leggeva le istruzioni. Darcy batté le mani estasiata e poi li ringraziò riempiendoli di bacetti. “Bè se ti è piaciuto così tanto, io direi di evitare di darle l’altro regalo, tu che dici Haz?” propose il liscio, attirando subito l’attenzione di sua figlia su di lui. “Non lo so, Lou. Ormai l’abbiamo comprato che ne facciamo?” lo assecondò Harry. “Datemelo!” Darcy saltellò sul posto all’ idea di un altro regalo, “Datemelo, datemelo, datemelo!”. “Ok, ok” rise Louis, prendendola in braccio e accomodandosi vicino ad Harry. Il riccio le passò un pacchettino piccolissimo, con un bigliettino colorato. “Leggi, papà” ordinò porgendo il cartoncino al più piccolo dei suoi genitori. “Buon compleanno, fatina. Papà Harry, Papà Lou e il Fagiolino” Darcy sgranò gli occhi all’ idea che anche il suo fratellino avesse contribuito al regalo, solo per un attimo rimase pensierosa. Solo uno, perché poi cominciò a scartare il pacchetto. Si ritrovò tra le mani una piccola sacchetta trasparente, piena di quelli che Louis e Harry sapevano essere brillantini. “Cos’è?” chiese la bimba affascinata dal brilluccichio della polverina dal lieve color rosa; “Ma come cos’è? È la tua polvere di fata!” le spiegò Louis accarezzandole il capo. “Davvero?” Harry annuì, “Davvero. Ogni volta che sei triste, o qualcosa non va come vorresti, chiudi gli occhi e spargine un po’. Vedrai che tutto migliorerà”. Darcy li ringraziò di nuovo stringendosi il suo regalo al petto, per poi sporsi a lasciare un bacio sul pancione di Harry. “Grazie Fagiolino” mormorò strofinando poi la guanciotta contro la pelle tesa dello stomaco del riccio. Harry fissò Louis sorpreso, un luccichio emozionato negli occhi. E forse, quella polverina aveva già fatto il suo primo miracolo.
 
 
Luglio e otto mesi di gravidanza… Un mix a dir poco esplosivo. Esattamente come si sentiva Harry, pronto ad esplodere da un momento all’ altro. Non riusciva più nemmeno a vedersi i piedi oltre il pancione, e pensare che aveva dei piedi davvero enormi. Anne e Gemma si alternavano per non lasciarlo mai da solo quando Louis era a lavoro e cercavano di tenere occupata Darcy per dare ad Harry il tempo di riposarsi almeno un po’. Quel giorno, però, Louis era andato a lavoro prima del solito per chiarire un disguido sulle linee del suo progetto e sua madre non sarebbe arrivata prima di un’ ora. Harry se ne stava con sua figlia in salotto a giocare con le Barbie e cercava di non cogliere lo sguardo dispiaciuto di Darcy ogni volta che lo invitava a sedersi insieme a lei sul pavimento. “Se mi siedo lì, non credo riuscirò più ad alzarmi” le rivelò come se fosse un loro piccolo segreto e allora la bimba non insistette più. Quando il telefono di casa squillò, il riccio si alzò facendo scricchiolare in modo macabro la sua schiena e Dio, in giorni del genere voleva solo non dover abbandonare il letto. “Pronto? Oh Jay, ciao” salutò una volta recuperato il cordless. Dalla cucina lanciò uno sguardo verso Darcy e la vide ancora china a giocare con la sua nuova casa di Barbie, quindi mise a scaldare l’acqua per un tè. “Va tutto bene, grazie” rispose mentre si accomodava su una sedia, i suoi piedi intonarono l’ alleluia. Jay intanto non faceva che fargli domande sulla gravidanza, su quanto mancasse al parto, e se era preoccupato; ricordò anche il suo travaglio e lo raccontò ad Harry. “Sì. Bè il Fagiolino sta arrivando dopotutto” bisbigliò il riccio accarezzandosi il pancione con sguardo assolutamente innamorato. Darcy osservava in silenzio la scena dallo stipite della porta e suo papà doveva essere davvero stanco se non si era nemmeno accorto di lei. “Certo. Lo aspettiamo tutti così tanto! Non vedo l’ora di tenerlo tra le braccia. Sarà un bambino davvero amato” nelle orecchie di sua figlia quelle frasi si ripetevano continuamente. Era stata brava, aveva cominciato a pensare che il Fagiolino non le avrebbe portato via i suoi genitori, ma sapeva che il pancione di papà sarebbe scoppiato prima o poi e ne sarebbe uscito un bambino. Un bambino che sarebbe stato davvero amato a quanto pare. “Sì Jay. Anche io spero abbia gli occhi di Lou” rivelò Harry, e fu un’ altra piccola pugnalata perché i suoi occhi erano verdi come papà Haz. Gli occhioni le si riempirono di lacrime mentre immaginava di esser messa da parte per il suo fratellino, le stesse sensazioni provate il giorno della Vigilia di Natale tornarono a tormentarla. E se i suoi papà stessero facendo un altro bambino perché non volevano più lei? Non era stata abbastanza buona? Impossibile. Si ricordava bene che la Befana non le avesse mai portato del carbone. Decise di non voler ascoltare più suo padre che parlava con la nonna. Corse nella sua cameretta e prese il sacchetto trasparente con la polvere di fata, chiuse gli occhi e poi ne sparse un pizzico.
 
 
Quella stessa sera, a cena, Harry non faceva che accarezzarsi lo stomaco e sembrava… Sembrava così incinto con i capelli legati in una crocchia e il pancione sporgente. Stavano chiacchierando mentre Louis imboccava Darcy per cercare di convincerla a mangiare un po’ di purè di patate. “Ohw” sussurrò Harry improvvisamente, massaggiandosi il punto preciso in cui il Fagiolino aveva puntato i piedi. “Sono contrazioni? Ti si sono rotte le acque? Devo chiamare Anne o l’ambulanza?” chiese Louis solo lievemente agitato. Il più piccolo ridacchiò incrociando le loro mani sul tavolo, “Sta solo scalciando amore”. “Parlate sempre di lui, ormai” sussurrò la bimba flebilmente, quasi sperando che non la sentisse nessuno. “Questo non è vero signorinella! Ho passato il pomeriggio a raccontare a nonna Jay di quanto sarai brava e bella nella recita di fine anno dell’ asilo” rivelò Harry, facendole poi la linguaccia. “Davvero?” chiese scettica. Il riccio annuì contento del sorriso nato sulle labbra di sua figlia. “Quindi verrete a vedermi!” strillò emozionata. Louis sbuffò “Certo che verremo a vederti, ci verrà anche il piccolino” disse indicando il pancione con la punta del mento sottile. “Oh” Darcy ammutolì per un secondo e poi scoppiò a piangere correndo tra le bracci di papà Harry. I due si lanciarono uno sguardo perplesso e il maggiore non protestò quando il riccio prese la piccola in braccio, nonostante volesse preservarlo da quell’ ulteriore fatica. “Amore che succede?” chiese con la sua voce dolce, quella da mamma chioccia, che fece piangere ancor di più sua figlia. “Papà sono una bambina cattiva” disse tra i singhiozzi, mentre Louis gli si avvicinava per accarezzarle i capelli. “Questo non è vero, e lo sappiamo tutti” la rassicurò Harry sollevandole il mento per raccogliere con un fazzolettino alcune delle sue lacrimucce. “Sì invece, oggi pomeriggio ti ho sentito parlare con nonna Jay ed ho espresso un desiderio. Un desiderio con la polvere di fata” specificò come se quel dettaglio fosse importantissimo. “E cosa hai chiesto?” domandò Louis. “Volevo che qualcuno si riprendeva indietro il Fagiolino” rivelò col volto rosso per la vergogna, un flebile “Oh” abbandonò le labbra di Harry prima che potesse trattenersi. “Darcy” la richiamò il maggiore passandosi la mano sul ponte del naso; “Lo so papà, però mi piace com’ è adesso” nuove lacrime rigarono il suo volto e Harry le allontanò con le sue mani. Il suo cuore era un tumulto di emozioni contrastanti, non voleva essere nervoso perché sapeva che non faceva affatto bene al bambino, ma non poteva trattenersi dal sentirsi rattristato e al contempo orgoglioso che sua figlia gli dicesse la verità. “Amore” la richiamò il maggiore piegandosi sui talloni così da trovarsi faccia a faccia con la sua bambina. “Tra poco il Fagiolino nascerà e non saprà niente. Niente di niente. Non saprà dove nascondere i giocattoli per evitare che papà Harry li trovi, non saprà come convincermi a comprargli una cosa che ha già dal supermercato, e non saprà nemmeno come si chiamano i nonni. Non saprà nulla, sarà un piccolo bambino sprovveduto che deve incominciare tutto da zero. E sai cosa gli farebbe comodo? Qualcuno che gli spieghi come sbattere gli occhioni verdi per convincermi a fare di tutto” Darcy ridacchiò alla menzione dei suoi occhi per poi premersi contro il pancione di suo papà. “Gli servirà qualcuno che gli trovi i nascondigli per i suoi giocattoli preferiti, e che gli spieghi che certi giorni è meglio stare lontani da zia Gemma” “Lou!” lo rimproverò Harry ridacchiando, e il maggiore sbuffò. “Insomma, gli servirà una sorella. E non è un lavoro facile, ma sappiamo che tu ce la farai” concluse stringendo tra le braccia la sua bambina, la sua donnina. “Sarò importante per lui?” chiese con il volto nascosto nell’ incavo del collo di Louis, mentre Harry osservava la scena con le lacrime agli occhi (per colpa degli ormoni, ovviamente). “Come lo sei per noi, amore” la rassicurò il maggiore. Darcy allora corse di sopra e tornò con la sua polverina di fata, ne sparse un po’ sul pancione di papà Harry, chiuse gli occhi ed espresse un nuovo desiderio. Poi allargò le braccia più che poté per abbracciare il riccio e il suo stomaco enorme. “Vi voglio tanto bene” sussurrò contenta, mentre Harry si lasciava andare ad un pianto liberatorio e Louis gli baciava il viso ed ogni singola lacrima con sempre più amore.
 
 
Quel giorno era strano. E questo Darcy lo aveva capito nel momento in cui a prenderla dall’ asilo trovò nonna Jay e nonno Dan. “Dov’è papà?” chiese lasciando lo zainetto all’ uomo, “È all’ospedale, amore”. “Papà è esploso?” domandò elettrizzata all’ idea di conoscere il nonpiùFagiolino; Jay si limitò ad annuire. Quando arrivarono all’ ospedale la bambina si guardò attorno sempre più confusa, c’era nonna Anne che stringeva le mani di Gemma e papà Lou che camminava avanti e indietro. “Papà” urlò facendo girare mezzo reparto verso di sé; “Amore” la richiamò il maggiore contento che sua figlia fosse lì: almeno l’avrebbe distratto un po’. La prese in braccio e si fece baciare le guance. “Dov’è papà Harry?” chiese e il maggiore le indicò una porta chiusa con la punta del mento. Quando gli si erano rotte le acque, Gemma aveva dato di matto e Harry era stato costretto a mostrarsi calmo per entrambi, salvo poi lasciarsi andare ad un pianto disperato quando suo marito l’aveva raggiunto in fretta e furia. Era davvero nel panico e il travaglio gli causava dolori allucinanti. Louis gli aveva stretto la mano per tutto il tempo in cui i medici gli avevano permesso di star lì, gli aveva tirato indietro i ricci madidi di sudore e gli aveva baciato ripetutamente la fronte. Gli aveva ripetuto quanto lo amasse e quanto amasse la loro famiglia e poi era stato costretto ad andar via, non prima di aver lasciato un bacio sulle labbra tremolanti di Harry. Il medico uscì dalla stanza solo dopo mezz’ora, comunque. Darcy intanto aveva svaligiato le macchinette di tutti gli snack grazie agli spiccioli di nonno Dan. “Il papà può entrare” annunciò con la mascherina ancora indosso, mentre a Louis già tremavano le mani. Quando entrò nella stanza, notò che le tende erano tirate e c’era una penombra che garantiva un atmosfera rilassante. Poi, oltre ai “Sssh” di suo maritò percepì dei vagiti e il suo cuore stava per scoppiare ancor prima di aver visto il bambino. Quando il letto d’ospedale entrò nel suo quadro visivo riconobbe Harry chinato sul bambino, i capelli stravolti e disordinati e gli occhi umidi di lacrime mal trattenute. “Lou” mormorò non appena lo vide, “Il Fagiolino è fuori dal forno” disse mentre le lacrime di gioia pura rigavano il suo volto. Il maggiore si chinò per baciargli la fronte e “Bel lavoro piccolo” gli sussurrò; “Piccolo” ridacchiò Harry, mentre un vagito attirava l’attenzione di entrambi su di sé. Louis sgranò gli occhi quando vide quel faccino roseo per la prima volta. Gli occhi ancora socchiusi ma le ciglia già abbastanza lunghe, le labbra piccole e carnose come quelle del riccio e il suo nasino alla francese che a quanto pare era il marchio di fabbrica dell’ intera famiglia. “Ciao” sussurrò mentre con l’ indice sfiorava il suo pugnetto chiuso. Le sue dita erano così piccole e delicate, a Louis si strinse il cuore quando il bambino prese il suo indice e lo strinse nel pugnetto gorgogliando. “Ciao, amore di papà” bisbigliò con le lacrime agli occhi; “Vuoi tenerlo?” chiese Harry. Louis annuì prendendolo tra le braccia; “Oh eccoci qui!” le labbra carnose del Fagiolino si stirarono in un sorrisino sdentato e sia Louis che Harry persero un battito. “Trovo che Fagiolino sia adorabile, ma pensa a come lo prenderanno in giro a scuola” sussurrò il riccio. Il maggiore rise, “Come lo chiamiamo amore?” domandò mentre cullava il piccolino. Giocherellò col braccialetto ospedaliero identico a quello legato al polso di Harry , mentre il bimbo pian piano abbassava le palpebre. “Jake” biascicò Harry, seguito da un gemito. Louis si voltò di scatto percependo il lamento e con gli occhi espresse la muta domanda perché il più piccolo rispose “Sono i punti che tirano, amore. È tutto ok”. “Hai sentito Jakey è tutto ok con papà” e Harry sorrise perché “Non abbiamo ancora scelto il nome e tu l’hai già storpiato”. “Jake è perfetto. Come lui” sussurrò mostrandogli il bambino che si era addormentato con parte del pugnetto in bocca. “Allora benvenuto Jake Tomlinson” disse Harry prendendolo in braccio e posandolo nella culletta affianco al suo letto. “Sei stato bravissimo amore” si complimentò accarezzandogli i capelli e sedendosi accanto a lui sul letto; Harry posò il capo contro la sua spalla e sorrise. “Ti amo” gli sussurrò direttamente nell’ orecchio. Si sporse, poi, per sostituire il pugnetto di Jake con il suo ciuccio e quando ritornò a guardare suo marito, il maggiore gli prese il capo tra le mani e gli concesse un bacio. Uno di quei baci da film, uno di quei baci che il tempo pare fermarsi e la stanza comincia a girare, uno di quei baci indimenticabili. “Ti amo” gli disse poi, con le labbra ancora incollate alle sue. “Ma dobbiamo fare entrare il tornado adesso non è vero?” ridacchiò il riccio; “Temo di sì amore”.
 
 
“Oh”. Darcy si aggirava intorno alla culla fissandola da ogni tipo di prospettiva, mormorando flebili “Oh”. Non voleva svegliare Jake, ma non voleva nemmeno rinunciare alla possibilità di osservare il Fagiolino. Lo aveva immaginato diverso… Tipo verde e senza braccia e gambe. Un fagiolo insomma. Invece era un bimbo bellissimo. “Papà perché non ha i capelli?” chiese ad un certo punto con l’aria seriamente corrucciata. “Gli spunteranno presto, amore” la rassicurò Louis che cercava di convincere Harry a riposarsi un po’, invano. “Papà perché non ha i denti?” domandò ancora Darcy, che non riusciva a staccare lo sguardo dalla figura di suo fratello. “Anche quelli arriveranno tra un po’” si premurò di specificare Louis; “Oh”. “Papà” li richiamò per poi rivelare “È uguale ad uno dei miei bambolotti”. Harry ridacchiò mentre il maggiore scuoteva la testa. I loro genitori avevano deciso di lasciarli soli dopo aver visto il loro nipotino, preferendo tornare dopo, magari quando Jake fosse sveglio. “Vieni a darmi un bacio, fatina! Papà se lo merita” fece il riccio quasi fingendo un broncio. Darcy allora si arrampicò sul letto abbracciando il suo papino, gli schioccò poi un bacio sulle labbra. “Il Fagio-Jake” si corresse la bambina, “È bellissimo”. E lo disse in modo naturale, come se non gli costasse niente ammetterlo. Harry comprese, allora, che tutte le gelosie erano sparite e strinse a sé il corpo della sua bambina ancora un po’. Rimasero accoccolati finché un pianto pungente non fendette l’aria; “Si è svegliato!” esclamò Darcy eccitata. Aveva voluto vedere suo fratello sveglio dal momento in cui era entrata nella stanza e Louis le aveva imposto di non punzecchiarlo com’era intenzionata a fare. Il maggiore prese il bambino dalla culla e lo portò sul letto. “Guarda Jakey, c’è ancora una persona che devi conoscere” mormorò nascondendo il naso nella guancia rosea di suo figlio. Lo posò sul grembo di Harry, e Darcy si affaccio per osservarlo, gli occhioni verdi spalancati; “Oh”. Il riccio prese la manina del bambino e la mosse come per fare ciao ciao e la figlia ridacchiò. “Ciao. Io sono Darcy e sono tua sorella, e sarò la sorella migliore del mondo” promise, toccando i suoi piedini con la punta delle dita. Jake ridacchiò a quel tocco lieve e Darcy parve illuminarsi, salvo poi modificare la sua espressione e scoppiare in un pianto immotivato. “Oh no, no” sussurrò Harry scuotendo le braccia per calmarlo. La bambina gli lasciò due carezze flebili sulle guance e gli sussurrò “Va tutto bene! Tutti ti vogliono bene qui”. Jake parve metterla a fuoco solo in quel momento, perché ammutolì e protese la manina per cercare di afferrare i suoi capelli. “ Io continuerò a chiamarti Fagiolino, però” lo avvertì sua sorella, lasciando che un ciuffo mosso fosse strinto dalle mani del neonato. Harry lanciò a Louis uno sguardo pieno di sottintesi e pieno d’amore e il maggiore si premurò di premere un bacio contro le sue labbra carnose, e uno sul capo di ognuno dei suoi bambini. “Guarda papà!” li richiamò Darcy quando il bambino posò la manina aperta sulle sue labbra, proprio com’era solita fare lei con Harry. “Sai cosa significa?” le domandò il riccio; “Che gli piaccio?” propose la piccola. “Che ti ama” la corresse Louis.
 
 
Di lì in poi, la strada fu tutta in salita. Jake si svegliava ogni notte alle tre e Darcy, per fratellanza, scoppiava a piangere anche lei chiedendo di stare tutti e quattro nel lettone. La bambina era diventata una sorellina esemplare, e proteggeva Jakey da chiunque, anche dai suoi genitori a volte. Un giorno Harry trovò il piccolo ricoperto di brillantini e alla sua occhiata ammonitrice, Darcy fece spallucce dicendo “Ho espresso un desiderio”. A sei mesi, il Fagiolino aveva cresciuto dei deliziosi capelli biondo cenere, lisci come quelli di papà Louis, e gli occhi verdi tendenti all’ azzurro. Adorava la compagnia della sua famiglia e passava la gran parte del suo tempo a ricevere coccole da chiunque. Ogni volta che Harry usciva col passeggino, anche per fare la spesa, doveva fermarsi dalle cinque alle dieci volte per permettere a tutti di spupacchiarlo. Di pari passo con la sua crescita, il frigorifero di casa loro si riempiva di disegni di loro quattro. Darcy disegnava due omini stilizzati più grandi, uno un po’ più piccolo con una cascata di capelli mossi castani e poi due piccoli cerchi, quasi concentrici, dal colorito roseo che rappresentavano suo fratello.  Quella domenica erano tutti a pranzo da nonna Anne, e Jake se ne stava nel suo seggiolone accanto al papà riccio. Aveva cominciato ad articolare dei suoni, dei “Pa’” che dovevano, di volta in volta, essere interpretati come pappa o papà. Aveva maturato il vizio di mettere le mani sulle labbra dei suoi genitori per sentirsi al sicuro, e continuava a succhiare il suo ciuccio nonostante Harry avesse provato e riprovato a toglierglielo. “Dai amore, apri questa bella boccuccia” lo spronò il riccio, con il passato di verdure preparato da nonna Anne che viaggiava sul cucchiaino di silicone. Louis sorrise intenerito alla scena, osservando il suo bambino allontanare il capo man mano che Harry si avvicinava. “Su, Fagiolino. Mangiane ancora un po’” lo pregò il più piccolo, e Jake per tutta risposta arricciò le labbra e tirò fuori la lingua. L’intera tavolata scoppiò a ridere, mentre Darcy aspettava che papà Lou le tagliasse la carne in pezzettini piccolini. “Dai marmocchietto, mangia” ordinò Gemma, piantando la sua mano smaltata sul tavolo e facendo sobbalzare involontariamente il bambino. L’espressione di Jake mutò da serena ad infastidita, per poi cominciare a piangere. “Zia!” la riprese Darcy, perché nessuno doveva spaventare il suo Fagiolino. “È tutto ok, amore” la calmò Louis accarezzandole i capelli. La verità era che quello di Darcy era stato amore a prima vista. Il suo fratellino era importante per lei e gli voleva bene, nonostante le avesse fatto la pipì addosso un paio di volte. Harry prese il bambino dal seggiolone e lo cullò un po’ ma quando vide che le lacrime non si placavano, si arrese e recuperò il ciuccio dalla sua borsa. Jake prese a ciucciarlo assorto e tutta la stanza si immerse nel silenzio. “Ha due polmoni enormi” commentò Anne e Louis rise, tornando a tagliare la carne di Darcy. La bambina si sollevò e lasciò due carezze delicate sul volto di suo fratello, per poi baciargli la fronte. Harry era sicuro che sua figlia avrebbe difeso Jake dai bulletti della scuola, che l’avrebbe (invano) protetto dalle sue prime delusioni d’amore e che gli avrebbe offerto una spalla su cui piangere sempre. Sollevò lo sguardo su suo marito, e si stupì di trovarlo già intento a fissarlo. “Ti amo” gli mimò con le labbra e il maggiore sorrise, sollevando il pollice e schioccandogli un bacio volante. “Mi dispiace, Haz non era mia intenzione” bisbigliò sua sorella con il volto corrucciato; “Ma figurati Gems! Ha un biberon intero di latte e biscotti che può mangiare più tardi” la rassicurò. “Dovresti farti perdonare dalla fatina qui” disse Louis indicando con la punta del mento la bambina. Darcy incrociò le braccia al petto e si girò dall’ altro lato. “Oh no!” mormorò Gemma fingendosi affranta, “La mia nipotina preferita  ha il broncio con me”. Le si avvicinò quatta quatta per poi prendere a farle il solletico. Darcy rise fino a che le lacrime non affiorarono dai suoi occhi, solo allora sua zia pose la domanda: “Mi perdoni?”. E lei annuì, per poi lasciarsi abbracciare e prendere tra le braccia. Harry intanto si diresse verso Louis, mettendo tra le braccia di suo marito il loro figlio più piccolo. Jake, mezzo addormentato, sollevò la manina piccola per posarla sulle labbra sottili del suo papà nel tentativo di trovare sonno. “Abbiamo fatto un bel lavoro con lei, mh?” domandò il riccio; “Con entrambi” rispose suo marito cullando il Fagiolino ormai quasi del tutto addormentato. Harry si sporse per baciarlo e rise, quando il suo bacio finì sulla manina di suo figlio ancora posata sulle labbra di Louis.
 
 
FINE.
  
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