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Autore: CuteLilShit    12/02/2015    2 recensioni
Camren AU!Into The Wild
Fanfiction Camren ispirata all'omonimo Libro/Film.
Il sogno di Lauren, una neo laureata nel 1990 è di vivere nelle "terre estreme", nella natura selvaggia. Intraprenderà un viaggio con la sua amica Camila, un viaggio pericoloso, emozionante, che le porterà a scoprire se stesse e cambierà per sempre le loro vite.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altri, Camila Cabello, Lauren Jauregui
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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— Zia Mija! — Grida Sinu. Sua madre, Sofi, le lascia la mano, permettendole di correre verso la zia. — Sei felice di vedermi? — chiede questa prendendola in braccio al volo. — Si! — risponde con un sorriso a trentadue denti la bambina. Presto la forza abbandona la più anziana che fa scendere la nipote. — Come sei diventata alta! Tra un po’ mi superi — scherza, dandole una pacca sulla spalla. Da poi un abbraccio a sua sorella, Sofi. Le occhiaie abbastanza evidenti… Ha fatto il turno di notte all’ospedale. — Gli altri due sono rimasti a casa? — le domanda, facendo riferimento all’assenza dei due figli maschi. — Gioventù moderna — risponde questa, sorridendo. Camila invita le due nel soggiorno, dove echeggia lo scoppiettio del camino. Sofi si siede sulla poltrona davanti a quella di Camila, mentre Sinu si stende sulle gambe della zia, ascoltando quieta le conversazioni, di argomenti poco interessanti per una bambina di 9 anni, delle due adulte.
— Vado a preparare la cena, tu tieni d’occhio la peste — dice poi Sofi, lasciando Camila sola con la piccola.
— Allora, come va a scuola? — chiede la più grande a quest’ultima. — Dobbiamo scrivere una poesia per Natale ma non me la cavo — risponde l’altra con gli occhi fissi sul fuoco. — Ah, conoscevo una persona brava a scrivere poesie… — sussurra la zia, continuando a giocare con i capelli della nipote fino a che questa non si alza, stiracchiandosi. Si avvicina di più al focolare, godendosi il calore, e si mette ad osservare le foto sopra di esso.
– Lei chi è? — chiede poi, indicando uno scatto quasi nascosto. Mila si alza e, ignorando il dolore alle vertebre lombari, si avvicina alla più piccola, afferra la foto e mette a fuoco un autoscatto del ’92. Un lancinante dolore al petto le fa quasi cadere la cornice. — Era un’amica — risponde infine. — Possiamo incontrarla? — chiede innocentemente Sinu, ancora sorridendo. La zia le poggia una mano sulla spalla, indecisa sul da dirsi, quando Sofi chiama le due per la cena.
Dopo essersi rifocillate, si risiedono davanti al camino caldo. Non voglio più avere freddo pensa Camila.
— Ora mi dici chi è? — chiede ancora Sinu sulle gambe dell’ormai cinquantenne. — La curiosità l’hai presa tutta da tua madre, eh? — risponde quest’ultima, ridendo. — Almeno questo l’ha ereditato dalla sottoscritta — interviene Sofi. La luce del camino le accentua le rughe. Il divorzio le ha solo peggiorate.
— Allora, niña, è una lunga storia… Oggi te ne racconto un pezzo, la prossima volta che verrai un altro, ok? — — Ok — annuisce la bambina.
— Ok, inizia in una fatidica estate del 1990…
 
 
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Camila era seduta sul divano di casa sua a leggere. Era l’unica cosa che le era concessa. Aveva 23 anni e, nonostante gli sforzi per lavorare e guadagnarsela, non era riuscita a pagarsi l’università. Is suoi genitori non erano benestanti e avevano egoisticamente speso la maggior parte dei loro soldi in droga, e lei, non appena diciottenne, era stata costretta ad andarsene, trascinando con se la sua ormai quattordicenne sorellina Sofi, cercando di salvarla.
Fortunatamente non era sola in quel limbo. I suoi nonni materni, ormai in pensione da anni, la aiutavano mantenendo la retta scolastica di Sofi, mentre la sua migliore amica occasionalmente le pagava qualcosa o accompagnava la piccola da qualche parte, come quella stessa sera. Probabilmente se le due Cabello non l’avessero bloccata le avrebbe pagato tutto dato la possibilità economica della sua famiglia.
— Buonasera — chiamò proprio questa, usando la chiave di riserva per aprire la porta. — Mila! Guarda cosa ha preso Lauren! — gridò Sofi, sbattendo in faccia alla sorella una busta del McDonald. — Ci vuoi viziare? — chiese ridendo questa all’amica, mentre la più piccola andava a cambiarsi. — È mio dovere, milady. Ieri ho festeggiato la laurea con i miei - un pizzico di amarezza su quest’ultima parola – quindi oggi lo farò con la mia famiglia — rispose Lauren, dando un bacio sulla guancia all’amica, preparando il salotto per la cena. Camila sapeva bene della condizione familiare della ragazza, la quale, quando, in estate per esempio, non era al college, passava le giornate là.
— Vediamo il Mickey Mouse Club? Ti prego, ti prego! — supplicò la più piccola, riferendosi allo show allora preferito dagli adolescenti e bambini. Mila consentì, accendendo la piccola televisione sul canale predefinito. Le due ventenni si sedettero sul divano mentre la quattordicenne si stese sulle loro gambe, cullata dalle dita della più grande delle tre nei suoi capelli. Lauren era di quasi un anno più grande di Camila, eppure avevano frequentato le stesse classi a scuola.
Si erano conosciute ad un campo estivo cristiano (si, esistono). Metà dei ragazzi erano razzisti e fin da subito avevano preso di mira Camila, dandole nomi ed escludendola. Lauren era una tipa… stramba. Di notte usciva dal dormitorio e andava nel boschetto. Una notte decise di seguirla, sentendosi a disagio tra tutti quei ragazzi, e la sorprese a parlare con uno scoiattolo. — Che stai facendo? — chiese la più piccola, non in tono giudiziario ma curioso, sorridendo. — Do la buonanotte alla natura — sussurrò l’altra per non spaventare l’animale appisolato sulle sue gambe. Rimasero un bel po’ a parlare. Scoprirono di vivere nella stessa città, seppur in scuole diverse. Camila pensò che quella bambina, allora dodicenne, fosse figlia della Flora e della Fauna. Come se la linfa scorresse nelle sue vene, rendendo i suoi occhi verdi come le chiome degli alberi, come gli smeraldi, la pelle bianca, come una betulla, le sue labbra carnose rosse, come le foglie dell’acero in autunno. Forse anche il loro sapore era dolce come lo sciroppo d’acero. Quando era tempo di andare nei dormitori la più grande fece qualcosa di completamente imprevisto: diede a Camila un bacio sulle labbra, uno di quei fugaci scambi d’amore che si danno i bambini di nascosto. Questa non indietreggiò ne si schifò, semplicemente attese che l’altra spiegasse quel gesto. Disse che era un suo modo per creare un legame. Se la persona non indietreggiava o la scacciava allora si poteva fidare. Era come se da quel momento fossero divenute l’una dell’altra, amiche, e così fu. Una volta ritornate a casa cominciarono a spedirsi lettere grazie agli indirizzi che si erano scambiate al campo, fino a decidere di incontrarsi.
Da allora cominciarono a farlo più spesso, fino ad arrivare quasi a vivere insieme.
Una volta finita la cena, le due ventenni portarono Sofi, addormentatasi in braccio a loro, in camera sua, per poi coricarsi anch’esse. Lauren adorava dormire nuda, quando andava a casa dell’amica indossava solo degli slip e una maglietta larga. Camila non aveva problemi, anzi, dopo anni di abitudine aveva deciso di imitarla, sentendosi subito più libera.
— Come va? — chiese quest’ultima. La ragazza dagli occhi di smeraldo fece intrecciare le loro gambe e sfiorare le loro fronti. Erano tipiche a farlo. Camila considerava Lauren quasi come una madre e viceversa. Spesso si toccavano, abbracciavano e si davano baci sulle guance, proprio come madre e figlia.
Camila sapeva di essere un calmante per Lauren. Quando s’incontrarono al campo le sembrò una tipa tranquilla, ma presto scoprì il suo disagio quando con i genitori. Scoprì come questi erano possessivi e oppressivi, che spesso suo padre picchiava sua madre e dell’arroganza di suo fratello e sua sorella. Adorava ascoltare le teorie anarchiche sul mondo consumista in cui vivevano, frutto di rabbia e disgusto repressi. Le diceva spesso di notte al parco, dove si incontravano di nascosto. La ragazza dagli occhi di caramello ascoltava l’altra, taciturna, massaggiandole le mani, giocando con i suoi capelli, calmandola. E funzionava! Lauren passava dall’essere un leone inferocito all’essere un gattino bisognoso di affetto. Non perdeva momento a ringraziare l’amica per tutto il bene che le facesse, anche semplicemente facendo sfiorare le loro gambe, le loro dita.
— Come al solito — rispose la più grande malinconicamente. Camila le spostò una ciocca di capelli, accarezzandole poi il collo. Passò due dita sul corpo pallido dell’amica, fino ad arrivare ai fianchi per poi risalire. — Sono stanca — disse poi la prima, in tono più distrutto che stanco.
La più piccola sorrise, rasserenando l’altra, per poi girarsi per prendere sonno. Sentì un movimento dietro di lei. Lauren le spostò i capelli per darle un bacio sulla guancia, sussurrando — Ti voglio bene —. Sentì poi la stessa rilassarsi dietro di lei e metterle una mano sulla schiena, sotto la maglietta, accarezzando la pelle morbida. Sentì il respiro caldo dell’altra sul suo collo e la sua mano viaggiare dalle sue spalle alle piccole fossette di venere. Adorava le dita affusolate dell’altra sul suo corpo.
La faceva sentire a casa.
 
Quando il vento caldo accarezzò i suoi capelli e le spalle scoperte, Lauren aprì lentamente gli occhi impastati. Davanti a lei Camila era ancora beatamente nel mondo dei sogni.
Si alzò e sbadigliò, stiracchiandosi. Si avvicinò alla finestra e sporse leggermente la testa, sentendo subito l’odore delle angurie che proveniva dal mercato biologico sotto casa loro.
Quando improvvisamente Camila aveva deciso di trasferirsi in un altro stato fu un disastro per Lauren, che però riuscì a trovare il modo di arrivare quasi ogni weekend da loro. Da Miami al Sud Dakota era qualche oretta di volo, poteva sopportarlo.
Rientrò nella camera e indossò degli shorts e gli stivaletti, intenzionata ad andare al bar a comprare la colazione.
— Lauren? — si sentì chiamare in salotto. Sofi era seduta sul divano, un libro tra le mani e una copertina sulle gambe. — Hey principessa — disse la più grande, avvicinandosi per darle un bacio sulla guancia come buongiorno. — Cosa leggi? — chiese poi, scompigliandole i capelli. — Narnia! I miei libri li ho finiti tutti, sto passando a quelli di Camila — rispose la ragazza, sorridendo al gesto. Lauren rise. — Oggi andiamo a fare compere, ok? — domandò, facendo un ghigno. — Sei la migliore! — continuò Sofi euforicamente (per quanto possibile dato il sonno della sorella). — Mi amate solo per i soldi! — inscenò la più grande con dei movimenti e una voce tragica, facendo ridere la più piccola. — Io sto andando a prendere la colazione comunque, vuoi venire con me principessa? — continuò poi, riprendendo le staffe.
Una volta pronte uscirono di casa, intente a non svegliare l’appisolata. Le strade erano affollate ed essendo le nove di mattina i bar erano abbastanza occupati, ma ciò non vietò alle due di prendere qualcos’altro. Dal supermercato comprarono un cocomero già tagliato e del latte di mandorla, il tutto accompagnato da dei biscottini al cacao. Le due ne approfittarono per andare anche in una libreria, dove comprarono un paio di libri, sia per l’adolescente che per la sorella.
Una volta ritornate a casa prepararono alla buona un pasto composto da dei bicchieroni di latte di mandorla, quattro biscottini a testa e dell’anguria. Finito di preparare Sofi si assunse il compito di apparecchiare mentre la più grande di svegliare la piccola orsa in letargo. Le si avvicinò lentamente e si sedette piano sullo spazio di letto tra la fine di esso e il corpo dell’amica. Spostò una ciocca di capelli dalla faccia della ragazza, osservando la goffaggine con cui dormiva, con la bocca semiaperta e le mani sotto il cuscino. Continuando a giocare con i suoi capelli, Lauren chiamò l’altra sussurrando, cercando di non svegliarla bruscamente. La risposta fu un brontolio, accompagnato da un nascondere la testa sotto le coperte. Al che la più grande guardò la scena con aria di sfida e, senza pietà, tirò via le coperte, facendo alzare l’altra che lanciò un’imprecazione. Mentre questa si risistemava sul letto la più grande si mise a ridere di gusto, prima, dato che l’altra non si muoveva, di buttarsi su di lei, con lo scopo di prenderla in braccio. Scopo che, dopo averla indebolita grazie al solletico, compì con successo. In mezzo al corridoio cedette al peso, costringendola a camminare con le proprie gambe. Sofi intanto, che aveva assistito alla scena, aveva già finito i suoi pezzi di anguria, senza riuscire a trattenersi dato lo stomaco che brontolava. — Buongiorno Camz — disse poi, ancora ridendo, la più grande, osservando lo sguardo sorpreso dell’amica alla vista dei libri nuovi. — Io… io… Lauren sei, o mio Dio! — boccheggiò, saltandole addosso, inglobandola in un abbraccio stritola ossa. — Dai mangiamo, sto morendo di fame — invitò infine la ragazza dagli occhi verdi.
Il cibo finì in poco tempo data l’ingordigia delle tre, e subito si misero a lavorare, pulendo un po’ la casa.
Il tutto potrebbe risultare noioso, ma le battutine di Camila tenevano su il morale generale, rendendolo quasi gradevole.
Una volta arrivata l’ora di pranzo andarono semplicemente a mangiare un toast preso alla buona al primo bar, per poi risalire ancora una volta nella casa e riposarsi.
Lauren si sedette sul divano, le gambe curve e i piedi a metà sofà, dove si trovavano anche quelli di Camila, seduta nello stesso modo ma dall’altra parte, intenzionata a leggere il libro comprato la mattina stessa. Sofi era stesa a terra, cercando di ricevere dal pavimento di ceramica un po’ di fresco, mentre leggeva anch’essa. La quiete della casa, dove echeggiavano ovattati i rumori della città, era interrotta da una pagina girata, o dal rumore del carboncino sul quadernetto di Lauren, la quale stava cercando di fare un ritratto all’amica di fronte a lei. Spesso faceva ritratti alle due sorelle, ne aveva fatti almeno una decina a Sofi e altrettanti alla più grande. Le sue occhiatine fugaci non passarono inosservate all’amica, la quale, dopo un’oretta buona, decise di cambiare improvvisamente posizione, saltandole addosso e facendola spaventare. Sofi rise alla scena. Era più abituata alle interazioni tra le due che tra i loro genitori, anzi le considerava come due madri. Con uno scatto Camila afferrò il quaderno e lo portò a distanza dall’altra. Non le dava fastidio che le ritraesse, anzi, ma era ancora più divertente darle fastidio. I suoi mugugni offesi mentre cercava di riprendersi i fogli la facevano sempre morire dal ridere. Osservò il disegno come una madre ne osserva uno di un figlio. Aveva sempre adorato il modo tutto suo di disegnare. Era abbastanza rudimentale, raramente rifiniva le figure, semplicemente prendeva il carboncino e lo muoveva sul foglio a tratti, creando un insieme di segni duri e segni dolci, facendo si che assomigliasse, in quel caso, ad una persona. Tuttavia se la cavava molto bene con le sfumature. Passava le dita affusolate e callose sul foglio fino ad ottenere la prospettiva e il colore perfetti, e avrebbe continuato per giorni, fino a che il disegno non fosse stato perfetto. E Lauren adorava disegnare, anzi, adorava qualsiasi cosa che avesse a che fare con la carta, con la cellulosa e quindi in qualche modo collegata alla natura.
Crescendo non era cambiata molto. Beh aveva perso qualche brufolo dell’adolescenza, ma i suoi occhi erano rimasti verdi luminosi, le labbra carnose e rosse e la pelle pallida, forse anche di più. Si era tinta i capelli di nero, affinché anche i loro riflessi fossero corvini. Insomma si poteva dire che fosse una bella donna. Camila invece era completamente diversa. Nonostante avesse acquisito più curve rispetto a quando era più giovane, era comunque più filiforme di Lauren. La sua pelle, a detta della più grande, era ambrata, i suoi occhi invece caramellosi e le labbra sottili soffici e rosee, come lo zucchero filato che si da alle fiere. I lunghi capelli erano castani, di un castano spento, un castano cenere. Nonostante avesse 23 anni, dall’atteggiamento e dalla forma del corpo la si poteva ancora scambiare per una quindicenne. Secondo Lauren era un vantaggio, era come se non invecchiasse. Lei sarebbe rimasta giovane per sempre, così come nelle vene della più grande scorreva la linfa nelle sue poteva scorrere l’elisir di giovinezza. Il tutto non era stato un problema fino a quando sua sorella, solo quattordicenne, era arrivata ad avere la sua stessa taglia di reggiseno, se non più grande. Seppur imbarazzata di ciò, Lauren l’aveva comunque fatta sentire perfetta, come se fosse un fiore, il fiore più bello della flora, o un diamante, il più prezioso. Era questo che Camila adorava dell’altra. Reduce da una situazione familiare non delle migliori riusciva a far fuoriuscire solo amore dalla sua bocca. Ti migliorava la giornata con una semplice frase, portava il malcontento via. Un po’ come Babbo Natale, che se sei stato cattivo ti da ancora un’altra chance di rimediare, senza punirti per sempre per un piccolo errore. Eppure, pensava Camila, l’amore e la beatitudine che Lauren dava a tutti le impediva di amare carnalmente. Come se lei potesse solo voler bene, senza andare oltre. Non aveva mai davvero frequentato nessuno, ne ragazzi ne ragazze. Per quanto cattivo potesse essere, la più piccola ne era felice, come se in quel modo fosse tutta per lei e nessuno gliela potesse portare via.
Un modo più semplice per definire la loro relazione era grazie lo Yin e lo Yang. Si completavano a vicenda. Non si poteva dire certo che Camila fosse cattiva, ma di sicuro non era una santa come l’altra ragazza. Era più iraconda, il che, a prima vista, era curioso. Seppur lo Yang non descriveva benissimo la più piccola, lo Yin descriveva alla perfezione l’altra ragazza. Mostrava a tutti che in lei ci fosse solo amore, e così era, ma solo se la conoscevi potevi sapere il male che aveva covato per anni, il male dovuto ai suoi genitori, ai suoi fratelli, al sistema corrotto e consumista di cui spesso si lamentava. Era come se tutto l’amore in lei nascesse da un odio ucciso sul nascere.

 
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— Camila? — dice Sofi, dolcemente. La signora si gira verso di lei, come risvegliata da uno stato di trance. Sinu ha un aspetto assonnato, ma continua a sorridere. — Dobbiamo andare. Continui la prossima volta, ok? — continua la madre. — La prossima volta te ne parlo ancora — chiede questa volta la più grande, dando un bacio sulla fronte alla bambina, che annuisce pazientemente.
Una volta in casa da sola afferra la foto.
Le due ragazze nella foto stanno sorridendo, un pulmino dietro di loro e un sole sorgente. Lascia la foto prima di farsi del male, rievocando alla mente ricordi sgradevoli, ma anche belli. A volte i ricordi belli sono più brutti da ricordare, perché ti ricordano che una cosa è successa e non accadrà mai più. Che non puoi ritornare indietro. Le persone si rifugiano nei ricordi, senza capire che in tal modo si fanno solo più male.
Camila si stende sul letto, lo stesso che trent’anni prima era occupato da lei e la sua vecchia amica, lasciandosi cullare dalla Luna bianca, bianca come il colore della pelle di Lauren.
  
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