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Autore: Danail    12/02/2015    0 recensioni
E se non fosse Ismaele a raccontare la sua avventura sulla Pequod?
E se fosse Moby Dick, la balena bianca, a narrare il suo scontro con Achab?
Cosa direbbe?
One shot nato come compito d'italiano, è tratto dal famoso romanzo di Melville, Moby Dick.
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Voglio raccontarvi una storia straordinaria che vi appassionerà, anche perché io ho avuto un ruolo primario.
Tutto cominciò quando...

… quando staccai la gamba al capo di una baleniera. Come faccio a capire che era lui? Semplice: gli altri umani mi colpirono con i loro arpioni con più ferocia.
Io odio gli umani.
Specialmente i cacciatori di balene.
Hanno sterminato la mia famiglia, poi il mio branco, le mie amiche, le mie compagne.
E pian piano ci stanno uccidendo tutte.

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 Ma quell'umano in particolare mi affascina: invece di fuggire, come del resto fanno tutti gli altri come lui, si attaccò a me e cercò ferirmi affondando un coltello nel fianco. Non mi fece nessun danno, perché lo spesso strato di grasso che ho era troppo profondo.
Me lo scrollai di dosso e continuai a distruggere le altre lance.
Risparmiai la nave solo perché ero stanca.
Penso che quell'umano si chiamasse Achab, perché gli altri marinai si rivolgevano a lui così.
Anche io ho un nome: Moby Dick. O semplicemente Balena Bianca., a causa della mia pelle bianchissima.

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Per questa mia particolare colorazione, i marinai riescono a riconoscermi anche a grosse distanze.
Quando mi avvistano, i casi sono due: o scappano, o cercano di abbattermi (senza successo...)
Passò il tempo, e di Achab non seppi più nulla.
Se avesse avuto buon senso, avrebbe rinunciato a cacciare noi balene.
Senza una gamba, poi, non riuscirebbe ad andare lontano.
Ma gli esseri umani sono imprevedibili.
Capitò che, dopo aver lasciato un branco di capodogli, mi imbattei in due balene franche scampate a una battuta di caccia di una baleniera di nome Pequod.
Ancora terrorizzate, mi raccontarono che il capitano urlava continuamente il mio nome, col chiaro intento di raggiungermi.
Iniziò così il mio viaggio, accompagnata dalla Pequod che voleva raggiungermi.

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 Non volevo scontrarmi di nuovo con Achab subito: sono stanca di continue battaglie, ho ferite ancora aperte.
Mano a mano che viaggiavo appresi dalle altre balene molte cose sulle abitudini delle baleniere.
Per esempio, quando due baleniere s'incontrano, uno dei due capitani sale sulla nave dell'altro e si scambiano lettere e notizie. Forse è così che Achab è venuto a sapere la mia posizione.
Dannazione!
Lo odio, lo odio più di tutti!
Ma lo rispetto: nonostante la mutilazione che gli ho inflitto, continua a cacciare le balene con la stessa ferocia di prima.
Ma credo che il suo scopo finale sia quello di finirmi.
Vuole vendicarsi della gamba perduta.
Non sopporta che un mero animale come me possa avere la meglio su di lui.
Si, dev'essere così.
Sciocco Achab: così facendo rischia la vita.
Ho imparato, col tempo, che gli umani sono così orgogliosi, così pieni di sé che morirebbero per amor proprio.
Sono arrivata sulle coste del Giappone quando vidi la Pequod in lontananza. Sembrava che sulla nave ci fosse un battibecco tra Achab e un suo subalterno, che penso fosse un tale Starbuck.
Avevo sentito che il Pequod avesse una falla da tappare.
Starbuck, da uomo pratico, penso che avesse proposto ad Achab di attraccare in un porto giapponese per riparare la falla.
Come se non conoscesse il suo capitano...

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Ovviamente Achab non ha voluto sentir ragioni e
vuole continuare ad inseguirmi.                            
Lo avrebbe fatto finché uno di noi due non fosse morto.
Grazie a Starbuck guadagnai un po' di vantaggio. Mentre nuotavo lontano dai miei nemici, riflettevo su quell'uomo tanto diverso da Achab: Starbuck è pratico, lucido, a volte subdolo (ricordo che provò a ingannare un'altra nave che stava smembrando una balena con una sostanza preziosa detta “ambra grigia". Inutile dire che il furbetto riuscì nel suo intento).
Non sembrava portare rancore nei miei confronti, forse perché lui non ha perso qualcosa a causa mia.
Durante il viaggio ho sperato che Starbuck distogliesse il suo capitano dalla sua nemesi, ma la sete di vendetta di Achab è troppo forte per non essere soddisfatta.
Il Pequod, pian piano, recuperò il vantaggio: dopo tre lunghi giorni d'inseguimento riuscì a raggiungermi.
Cercai di far perdere le mie traccie inabissandomi, ma inutilmente.
La lancia di Achab mi raggiunse in fretta, attorniata da un gran numero di squali affamati che volevano banchettare con i resti dei caduti.
Achab gridava ordini agli uomini sulla lancia, ma ne indirizzava qualcuno a coloro che erano rimasti sulla Pequod. Mi buttai all'improvviso tra le lance per separarle e distruggerle.
Sentii il fischio degli arpioni che mi mancavano. Alcune barche si fermarono, così da darmi il tempo di riemergere e respirare.
Ripreso fiato, cominciai a distruggere le lance inclinandole e, a turno, inclinavo la Pequod.
Non voglio che un altro Achab mi dia ancora la caccia.
Dopo pochi minuti di lotta, Achab cominciò a parlare.
Non capii quello che diceva, ma lanciò l'arpione all'improvviso e mi colpì.
Il Pequod era distrutto, le lance pure, ma Achab continuava a tenersi aggrappato alla corda.
S'inabissò con me, e solo allora notai la corda annodata intorno alla sua gola e gli occhi semiaperti, privi di vita.
Alla fine, uno di noi due era morto...
Il mio flagello, Achab, ora se ne era andato.
Ora sono libera...
Libera da lui...

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