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Autore: piccolo_uragano_    13/02/2015    18 recensioni
“Perché ogni volta che c’è in giro Lord Voldemort facciamo figli io e te, Martha?”
Martha accennò un sorriso. “Perché ogni volta che io e te facciamo figli c’è in giro Lord Voldemort, Sirius?”
Remus trattenne una risata. “Ed è per questo che sono vent’anni che ti ripeto che è quella giusta.”
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Non è una di quelle storie tutte miele e amore in cui Sirius trova la sua perfetta metà e vissero tutti felici e contenti. Martha darà a Padfoot del filo da torcere, insegnandogli ad amare e a restare.
(Si parte dal 1976 fino a poco dopo la battaglia di Hogwarts; in teoria è finita, dopo anni, ma in pratica.....)
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, I Malandrini, Lily Evans, Nuovo personaggio | Coppie: James/Lily, Remus/Ninfadora
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Più contesti
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- Questa storia fa parte della serie 'Ti amo più di ieri e meno di domani.'
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Erano stati moltissime cose.
Erano stati i Black, erano stati la piccola Redfort ed il suo ragazzo, oppure Sirius Black e la sua ragazza, erano stati amici, amanti, fidanzati, ricercati, membri dell’Ordine, genitori, marito e moglie, i migliori amici dei Potter, due Auror, e in un tempo che ora sembrava lontano anni luce, erano stati due sedicenni Grifondoro che si trovarono per caso in Sala Comune.
Lei era conosciuta come la piccola Redfort, Martha, la sorella minore della ragazza più bella della scuola, Rose Redfort, oppure era la migliore amica della Evans, la secchiona dai capelli rossi. Martha. Era stata la ragazza con i capelli spettinati e sempre raccolti da una matita, con le felpe larghe e i maglioni da uomo. Poi era stata la ragazza del Malandrino Black, la migliore amica di Potter e la confidente di Lupin. Era stata una guerriera, una tosta, una che non si era mai arresa. Una mamma, una testarda, una moglie ma una donna sola.
Eppure ora tutte le cose che era stata sembravano essere scomparse. Era una donna, una donna con i capelli chiari, gli occhi verdi e pieni di lacrime, era bellissima, ma sembrava che da un momento all’altro si potesse rompere in mille pezzi.
Stonava in quell’ambiente tetro e scuro: Azkaban, la prigione dei maghi. Era davanti ad una cella aperta, e davanti a lei vi era una via di mezzo tra un uomo, un fantasma, e un Dissennatore. Quello che un tempo era stato Sirius Black,  se ne stava con le mani sulla grata di una piccola finestra nella sua divisa da carcerato.
“Sirius.” Sussurrò la donna.
Lui non si mosse.
Accanto a lei, vi era un Patronus a forma di cane, e dietro di lei Albus Silente, Minerva McGranitt, Remus Lupin e Cornelius Caramell.
“Sirius.” Ripetè. Si sforzò di mantenere un tono fermo, ma la voce le tremava.
Di nuovo, lui non si mosse.
“Sirius, sono io, sono Martha.”
Martha vide quelle mani magrissime stringersi sulle sbarre della finestra. “Non mi porterete via anche lei!” urlò, con una voce fredda e lontana.
Martha capì che l’aveva scambiata per un ricordo. Un ricordo che i Dissennatori volevano portargli via. Chissà quanti ricordi di momenti felici gli erano stati portati via, in quei dieci, lunghi anni.
Anche Sirius era stato molte cose, ovviamente. Un Black, la pecora nera, la vergogna Grifondoro tra una famiglia Serpeverde, poi era stato un Malandrino, il fratello di James, un Animagus, era stato Felpato, il ragazzo più bello della scuola, era stato il ragazzo di Martha, suo marito ed il padre dei suoi figli. Era stato un guerriero, una delle colonne dell’Ordine, per alcuni, era stato anche il Custode Segreto dei Potter, un Mangiamorte, un traditore, un doppiogiochista, un criminale.
Ma per lei lui era sempre stato solo Sirius, e per lui lei era sempre stata solo Martha.
“Sono qui, Sirius, sono io, sono davvero io.”
“BALLE!”
Martha temette che quelle grate si sarebbero spezzate da un momento all’altro. “No, Sirius, sono qui davvero. Guardami.”
Lui tolse le mani dalle grate e se le guardò, come se non gli appartenessero.
“Guardami.” Ripeté lei. “Guardami, Felpato.”
Forse fu il nome da Malandrino a convincerlo, forse il fatto che lì dentro non avesse nulla da perdere, ma si girò.
Martha fece del suo meglio per non mostrarsi spaventata, ma quell’uomo era peggio di un cadavere. Magro, pallido e sporco. L’unica cosa che era rimasta di Sirius erano quegli occhi, gli occhi di Felpato, quegli occhi grigi, in cui solo lei e James erano riusciti a leggere pensieri e paure.
“Martha.” Sussurrò con un filo di voce, muovendo appena le labbra.
“Sono qui, Sirius. E ti riporto a casa.” tese la mano verso di lui, ma lui non la vide, era perso nei suoi occhi lucidi.
“Casa?”
“Casa, casa nostra, ricordi? Con il giardinetto e la porta di legno antico. A casa, a conoscere tua figlia e ad abbracciare il tuo bambino, che sta diventando un uomo. Ti porto a casa.”
“A casa.” ripeté.
“A casa!” esclamò lei, accennando un sorriso. “Sei innocente, Sirius Black. Ci ho messo dieci anni, ma ho trovato le prove. James aveva pensato di avvertirmi dello scambio, solo che io ci ho messo tanto a capire come mi avesse avvertita.”
Lui, di nuovo, non disse nulla. Si guardò attorno, come un folle. Era libero, libero, se ne poteva andare. Sarebbe tornato a casa, con la sua Martha, sarebbe tornato a casa, avrebbe avuto la vita da mago, padre, marito che aveva sempre sognato. James l’aveva avvertita, benedetto ragazzo. Era venuto meno ad una promessa, la promessa di  “non parlare mai a Martha dello scambio”,  ma così facendo lo stava salvando da Azkaban e gli stava ridando la libertà. Il suo sguardo si posò su Remus, che aveva uno sguardo colpevole ma sollevato.
Il Lupo Mannaro incrociò il suo sguardo. “Sei libero, Sirius.” Gli disse.
Lui sembrò notare solo allora la mano tesa di Martha. Lentamente, la afferrò, facendo del suo meglio per stringerla, ma non aveva più forza. Sentire la sua pelle liscia sotto le dita fu già come tornare a casa. Lei sorrise, e i maghi alle sue spalle si resero conto che erano anni che non sorrideva così,da anni Martha Redfort Black non era veramente sé stessa, non era veramente felice.
Usò quella stretta di mano per attirarla a sé e si abbracciarono, fondendo i cuori, le anime, i pensieri, stringendosi fino a farsi del male, perdendosi l’uno tra le braccia dell’altro.
Dopo un arco di tempo indecifrabile si presero per mano e uscirono da quella cella, camminando verso la ricostruzione di una felicità distrutta.



Finalmente sono riuscita a riscrivere il prologo! Ecco, quindi, se apri questa ff per la prima volta, benvenuto e considerati fortunato per non aver letto il prologo precente. Se apri questa ff per la millesima volta, ben tornato/a. In ogni caso, vi pregherei di lasciare una recensione in cui dite ciò che pensate ... ve ne sarei davvero grata!
C.

 
   
 
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