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Autore: _Branwen_    13/02/2015    5 recensioni
«È possibile che la paura di morire sia inferiore a quella di soffrire?»
Sì, è così; è questa la risposta che si diede Charlie subito dopo esserselo chiesto.
La paura di restare soli è probabilmente la paura più grande che permette di accontentarsi e di circondarsi di cose e persone che non ci rendono felici.
Facendo una scelta di questa portata si paga lo scotto di quello che potrebbe essere il volo più splendido della propria vita, negandoselo volontariamente, mentre ci si appaga di poco.
Si agisce comunque così a dispetto della sofferenza che pare sopportabile rispetto al vuoto dell'anima che si avrebbe perdendo anche quel rapporto sbagliato, stretto per disperazione, e che più passa il tempo e più si rarefa.
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Ex cineribus


“Devo parlarti.”

Bastarono queste parole – e la subito precedente suoneria dei messaggi – a Charlie per capire che quel momento a lungo rimandato, fin troppo, era ormai giunto.
Non poteva più sfuggire al suo destino, quella parte del fato che le era già noto da circa sei mesi prima.

Quel fato che, da codarda quale non era mai stata fino a quel momento, non le aveva permesso di tirar fuori il coraggio per mettere la parola “fine” a un capitolo della sua vita tirato troppo per le lunghe, le cui pagine dell'esistenza erano state incrinate fino a sgretolarle.

Sentiva che la colpa non era sua, non questa volta, ma intanto si sentiva colpevole dinanzi a se stessa, responsabile della sua stessa sofferenza.
Avrebbe potuto dire o fare tante cose, ma non lo aveva fatto, aveva solo prolungato la sua agonia e si detestava per questo. Conoscendosi, immaginava che si sarebbe colpevolizzata per sempre.
Si morse il labbro inferiore fino a farselo sanguinare, assaporando l'aroma ferroso.

Nel mentre che digitava una semplice parola – Dimmi. – sospirò attendendo l'inevitabile.

«Finalmente finirà, questa pagliacciata» disse, mentre chiudeva il libro che stava leggendo, aspettando che lui digitasse quanto aveva da dirle.
Non avrebbe potuto definire meglio quel rapporto malato che aveva vissuto, che stava ancora vivendo, ma che nel giro di pochi minuti sarebbe stato per sempre reciso.
Lo sapeva, lo aveva intuito da tanto, eppure non aveva agito.
Si chiese il perché, ma non trovò risposta nell'immediato.
Tormentarsi in quel momento era inutile, ma la ragazza voleva conoscere più a fondo la verità nel suo animo.

«È possibile che la paura di morire sia inferiore a quella di soffrire?»

Sì, è così; è questa la risposta che si diede Charlie subito dopo esserselo chiesto.

La paura di restare soli è probabilmente la paura più grande che permette di accontentarsi e di circondarsi di cose e persone che non ci rendono felici.
Facendo una scelta di questa portata si paga lo scotto di quello che potrebbe essere il volo più splendido della propria vita, negandoselo volontariamente, mentre ci si appaga di poco.
Si agisce comunque così, a dispetto della sofferenza, che pare sopportabile rispetto al vuoto dell'anima che si avrebbe perdendo anche quel rapporto sbagliato, stretto per disperazione, e che più passa il tempo e più si rarefa.

“Sono felice di averti resa più sicura di te. Sono stato per te come un padre, in un certo senso. Hai bisogno di fare esperienze, io ho bisogno di rinascere.”

«Per quale motivo, semplicemente perché sei stato l'unico con cui sono andata a letto? Secondo te avevo bisogno di qualcuno per tale scopo? Su, dilla la verità, non è questa, c'è un'altra; poche stronzate, cocco. E poi mi hai resa più sicura di me? Non ti ha mai sfiorato l'idea che finalmente io potessi piacere davvero a qualcuno, grande uomo vissuto che vive sul piedistallo d'oro, piacerti? Credo di no, nemmeno per l'anticamera del cervello, e quando mai» sibilò tra i denti, ogni parola intinta di veleno ricco di rabbia.

Charlie non si era sbagliata, c'era davvero un'altra ragazza, che, a quanto pareva aveva permesso a lui di “ricominciare ad amare una persona da zero”, stando alle sue parole.

Per un attimo la giovane si chiese se era destinata a rivivere gli stessi avvenimenti per più volte nella vita, ogni volta con un climax di offese, velate e non alla sua persona che, per quanto armata delle migliori intenzioni e dai sentimenti di voler diventare più forte, la rendevano fragile, vulnerabile, a suo dire immeritevole di poter godere dell'affetto sincero di qualcuno considerando come è stata più volte trattata.

«Di nuovo sostituita da un'altra tizia, vogliamo scommettere questa volta che è più magra di me?» commentò sarcastica tra sé a voce alta, ma convinta nel suo intimo di aver azzeccato anche questa supposizione.

“Possiamo restare amici, se la cosa regge.”

«No, mai. Questo è un addio; non mi hai mai voluta, perché dovrei volerti nella mia vita in un'altra veste rispetto a quella che potevi pensare prima? Avremmo potuto costruire qualcosa, assieme. Se non ti vado bene come persona con cui condividere tanto, figurati se posso andarti bene come amica. Per me l'amicizia è più importante dell'amore. Andate a fare in culo, tu e quell'altra, e sparisci per sempre dalla mia vita.»

“Non finirai nel dimenticatoio.”

«Presto o tardi sarai tu a finire nel mio, non dubitarne. Mi sono lasciata molta merda alle spalle, tu non sei il primo tra gli stronzi con cui ho avuto a che fare, ma sei sicuramente il peggiore finora e non è un onore esserlo.»

Charlie non scrisse nemmeno una sola parola di quelle che disse tra sé, il volto rigato dalle lacrime che morivano tra le sue labbra increspate in un sorriso.

Era talmente stanca e stufa da non voler sprecare più parole del dovuto, quelle che aveva proferito bofonchiandole in camera sua dovevano restare lì; lui aveva avuto fin troppo da lei, a partire dalla sua – pressappoco inesistente – pazienza fino a giungere a un sincero affetto che avrebbe potuto trasformarsi in qualcos'altro.
Evidentemente le cose non dovevano avere questo sviluppo.
O,  per essere più precisi, qualcuno ha deciso che ciò non doveva accadere.

Sapeva che fingendo di incassare le sue parole non gli avrebbe dato tanta importanza.
La ragazza era consapevole di quanto lui amasse essere al centro dell'attenzione, persino nella mente e nel cuore delle persone, quelli di Charlie per primi.

Molte cose adesso le parevano più chiare, mentre quelle irrilevanti diventavano sempre più sfocate.
Si limitò a digitare semplicemente un “Non abbiamo più altro da dirci”, mentre a se stessa disse: «È finita, sono libera.»

Scritto ciò, iniziò a cancellare la conversazione sul cellulare, a eliminare ogni foto che gli aveva mandato, che aveva ricevuto, quelle fatte assieme, i video che aveva salvato, sia dal telefono sia dal computer.
Nessuna esitazione, nessuna incertezza o ripensamento nei gesti. Più a lungo avrebbe rimandato anche questa azione e più avrebbe sofferto.
Aver già avuto un'esperienza simile le aveva permesso di imparare cosa fare nel caso fosse ricapitata un'altra circostanza del genere.

Aver ammesso questo, a cuor leggero, fece capire alla ragazza che per sua immensa fortuna non era ancora giunta a innamorarsi di lui.

«Non era amore, non lo è mai stato, gli ho dato il mio bene, ed era tutto quello che potevo dargli. Sapevo che sarebbe finita così e mi sono messa i paletti da sola. Se qualche volta ho pensato di poter provare a iniziare qualcosa con lui, il pensiero sfumava dalla mia mente alla stessa velocità con cui lo avevo ideato. Che cogliona ad averci provato, vero?»

All'inizio era stata bene con lui, ma col tempo quella sensazione di benessere era stata sostituita da un alone molto pesante di tetraggine, sospetto, rabbia, sofferenza, che nel cuore della notte l'aveva assalita, facendola piangere a dirotto.

«Avrei continuato a piagnucolare per lui e per il mucchio di bugie che sentivo veritiere e ora confermate. Sicuramente piangerò nei giorni avvenire, specie grazie agli incubi che giungeranno; saperlo però mi rende conscia del fatto che ne uscirò viva, ancora una volta. E adesso è meglio che mi dia da fare.»

Non desiderava avere più nulla che potesse rimandare soltanto il pensiero a quella persona, un individuo che aveva deciso di uscire dalla propria e che, al tempo stesso, non desiderava più avere lei nella sua.
Si alzò dalla scrivania e prese dalla libreria in soggiorno un libro, regalo di lui, si diresse verso il salotto e lo gettò nel caminetto acceso.
Osservò il libro bruciare, mentre la carta alimentava le fiamme che la stavano riscaldando.
La lettura è sempre stata una delle sue grandi passioni, quel libro le era anche piaciuto e se il giorno prima un indovino le avesse detto che avrebbe compiuto un atto per lei così sacrilego non avrebbe creduto a nessuna parola del vaticinio; pensò però che avrebbe potuto ricomprarlo tra qualche anno, con i suoi soldi.

Tutto quello che importava in quel momento era cancellare ogni segno del suo passaggio.
Quelli lasciati nell'animo sarebbero stati più difficili da annullare, ma la fonte di sofferenza maggiore sarebbe sorta se non avesse iniziato a prendere concretamente in mano le redini della situazione.
Non si sarebbe più ripresa.

Lei, però, era fin troppo attaccata alla sua vita e ai suoi sogni per spegnerli a causa di un amore che non c'era mai stato e che non aveva mai chiamato a tal modo, a causa di una presa in giro mascherata dalle migliori intenzioni che si sono rivelate false, meschine, come lui.

Scrisse un SMS chiedendo a una sua cara amica se l'indomani sarebbe potuta passare da lei per chiacchierare un poco e per completare l'opera di buttare i frammenti di lui laddove lei non avrebbe più potuto vederli o toccarli.

Sorrise sarcasticamente. Il suo istinto aveva provveduto a dirle che non sarebbe finita bene, altrimenti non avrebbe impacchettato i vestiti del ragazzo per poi lasciarli dalla sua amica; una parte di lei non voleva più averci nulla a che fare da tanto tempo. Sia coi regali sia con lui, ovviamente.

Perché aspettare tanto, allora?

La paura era stata più forte, ma Charlie giurò a se stessa che questo non sarebbe più accaduto.
Non sarebbe più scappata dai suoi problemi, lasciando che fossero gli altri a tracciare l'epilogo di una relazione di qualsiasi genere e non lei, se riceveva con largo anticipo il sentore di un fallimento.
Non considerava lo scrivere quest'epilogo come una debolezza, un modo per arrendersi, alle volte è davvero necessario rendersi conto che se non si prova nemmeno più una forma di dolore nelle viscere, allora tutto quello che si pensava avere è già parte del pulviscolo, la cenere di un sentimento combusto e che non tornerà a essere alimentato.
Mai più.

Charlie sorrideva, si specchiò e se da una parte vide l'ombra della ragazza che era e che si era trascurata lasciandosi andare a crisi isteriche di pianto che non avevano risolto nulla, dall'altra si accorse che nei suoi occhi brillava una nuova luce, una fiamma, intrisa di quel vivo desiderio di scoprire cosa le avrebbe riservato il futuro, cosa avrebbe assaporato, a partire da quel giorno; una nuova alba.
Si vestì subito, non negandosi il piacere di truccarsi come più le aggradava.

Per quanto il lato più orgoglioso di lei, quello che non avrebbe mai facilmente accettato la presenza di quell'altra ragazza come “prima scelta” stesse scalpitando, l'altro lato della sua persona, quello che aveva capito quanto valesse come ragazza e come donna, sapeva che, un domani, se l'avvenire le avesse sorriso, avrebbe incontrato qualcuno, qualcuno per cui valesse la pena fermarsi e dire a se stessa di accoglierlo nel suo cuore. Ma non sarebbe proprio stato da lei cercare di vivere per qualcuno.

Adesso c'era solo lei. Era solo lei a contare nel suo universo.
Un universo fatto di ceneri, lasciate alle proprie spalle, per bruciare, tornare a nuova vita.
Era questo quello che reclamava a gran voce, da tempo, la fenice che albergava e dimorava in lei.
Finalmente era riuscita a raggiungerla, a farsi sentire, a essere ascoltata.

Accese il lettore musicale mentre prendeva la borsa. La riproduzione casuale sembrò dirle che la musica era con lei e non l'avrebbe abbandonata.
Ripose nella sacca il Moleskine; la sua fida compagna e amante aveva aspettato di varcare nuovamente la soglia del suo animo proprio nel momento in cui Charlie si sbarazzò delle erbacce che non avrebbero mai messo radici.

Scott Stapp iniziò a cantare e Charlie cantò assieme a lui.
Chiudendo la porta di casa, pronunciò delle parole che aveva sempre sentite sue, nelle corde del suo cuore e che avrebbe inciso, all'indomani, sulla sua pelle.

Era un canto di vittoria, il canto della sua rinascita.

«Ex cineribus resurgo.»


Angolino dell'autrice.

Non mi ritengo migliore delle altre persone, non voglio fare discorsi importanti o chissà cos'altro e se siete arrivati qui a leggere queste note, vi chiedo di non giudicarmi.
Ho semplicemente scritto per me, di me, esorcizzando con la mia alter-ego ciò che mi è accaduto un mese fa.
I fantasmi del passato possono essere soltanto un brutto ricordo ormai archiviato solo se sconfitti e io sono intenzionata a farlo; questo scritto mi servirà da memento sia perché ho deciso di tornare a volare bruciando dalle mie ceneri, come la fenice che so di avere e di essere, sia perché la Scrittura è tornata da me non appena mi sono lasciata questa persona alle spalle, come se non aspettasse altro;
Lei c'è sempre stata. Certo, mi sento ancora molto arrugginita, ma sento scorrere in me una nuova energia.
Dedico questo piccolo scritto a chi, come me, vive una cosa del genere e dico che, se vi siete resi conto che qualcuno vi fa soffrire quando dovrebbe farvi star bene, non aspettate che tronchi l'altra parte per voi, fate voi la prima mossa, il primo passo per rinascere è la consapevolezza di aver affrontato il grosso già a partire dall'inizio. Io non l'ho fatto e infatti mi sto riprendendo lentamente, più di quanto non avrei fatto se avessi detto io “basta”, lo so.
E lo dedico anche a me, un regalo-di-non-San-Valentino, perché mi amo e questa è la mia vittoria più grande di tutte.
Un abbraccio,
Barbara.
   
 
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