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Autore: white mirror    13/02/2015    0 recensioni
Due gemelli uniti dal destino e dalla concreta passione.
Ares ed Eris, due facce della stessa medaglia, un'anima divisa tra due corpi, alla continua ed estenuante ricerca di una effimera pace. Un amore incopreso, una lealtà muta e una storia tutta da scoprire.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incest | Contesto: Antichità greco/romana
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Two sides of the same coin - Arris






"Ares!"

Gridò correndogli incontro e gettandosi su di lui per atterrarlo. Era sempre pronto a tutto, ma non all'imprevedibilità di quella dea, incapace di controllarsi ed essere controllata da alcuno.
"La vecchiaia ti sta rovinando! " aggiunse mettendosi a cavalcioni su di lui e bloccandogli i polsi a terra, poco sopra la testa.
Si divertiva a dargli fastidio, ma ancora di più a leggere nei suoi occhi lo stesso interesse e divertimento, scaturito dalla sfida iniziale della donna. Le dimostrazioni di forza facevano parte della routine del dio, ma non avevano come giudice la sua amata sorella, tanto determinata ad ottenere su di lui una costante vittoria.
La guardò dritto negli occhi, con un sorriso appena accennato, mostrato quasi a fatica.
"Parli di vecchiaia, eh?" Replicò stringendo i pugni e tirandosi su con estrema facilità, spostandola di dosso. "Tu invece? sempre con questi scherzi infantili..." Concluse, lasciando che la frase venisse accompagnata da una piccola risata soffocata, mentre si allontanava da lei senza guardarsi indietro.
Era infastidita dal suo comportamento, da mesi ormai non si rivolgevano la parola. Certo non era a seguito di una volontà precisa, ma il destino non lo aveva sicuramente aiutati. Tra i tanti problemi dell'olimpo si erano persi di vista, conducendo ognuno la propria vita come se nulla fosse. Non avevano il diritto di trattarsi così e eris non avrebbe lasciato che ciò accadesse ancora.
Lo inseguì, incapace di trattenersi e, senza farsi notare troppo cercò di attaccarlo alle spalle, come era solita fare quando era bambina. Sfortunatamente il suo piano non andò a buon fine poiché, prima che potesse sfiorare anche solo un lembo della pelle divina dell'uomo, si ritrovò con la sua mano alla gola, decisa a fermarla.
"Devi rinnovare il repertorio, sorellina " Disse con decisione,sollevandola da terra e sbattendola al muro. "Stai diventando troppo prevedibile.".
Il dolore provato non fu nulla in confronto alla sorpresa della donna, che cercava inutilmente di liberarsi dalla presa del giovane. Con le mani strette sulle sue, cercava di respirare, dandosi piccole spinte verso l'alto con le punte dei piedi per evitare di soffocare. Assottigliò lo sguardo, fissando quelle sfere cristalline che sembravano voler conoscere tutti i suoi segreti con una sola occhiata. Non era cambiato nulla, nulla di loro o del loro comportamento, erano sempre gli stessi.
"Prevedibile, eh?" Sibilò, stringendo i denti e guardandolo in cagnesco. Non aveva alcuna intenzione di farsi prendere in giro da lui, non ne aveva il diritto! Le iridi scure della donna non si spostarono da lui, studiandone la perfezione del volto. No, non era affatto cambiato, era sempre lo stesso Ares di una volta, la solita maschera gli copriva il volto, ma eris aveva imparato a vedere oltre e a scorgere ciò che lui desiderava tener celato.
"Allora avrai previsto anche questo." Sussurrò con il poco fiato che le rimaneva, lasciando che il suo piede lo colpisse nella zona più delicata di un uomo. Il dio, colto alla sprovvista, lasciò la presa e indietreggiò, barcollando a causa del forte dolore scaturito dal gesto improvviso.
"Ora chi è quella prevedibile..?" Chiese con un sorriso sulle labbra, avanzando con decisione verso di lui, mentre si massaggiava il collo, ancora dolorante. Sapeva di avergli fatto male, ma non le importava, quei piccoli litigi erano il loro modo per dimostrare l' "amore" che li legava.
Procedette senza indugio, fermandosi davanti a lui in attesa di una risposta, verbale o non.
"Spietata come sempre, eh?" Domandò il dio, lasciando che un angolo della bocca si muovesse verso l'alto, per mostrare al suo interlocutore una sorta di ghigno divertito. "Se la tattica è quella vincente perché cambiarla.. Dopotutto sono rimasta in vita grazie a queste mie qualità ." Replicò la donna allungando una mano verso di lui, quasi a voler sfiorare la spalla dell'uomo. Non ebbe il tempo di aggiungere altro, che si ritrovò di schiena, bloccata, con entrambe le braccia lungo il corpo, stretta nella presa del fratello che non le lasciava alcuna possibilità di movimento.
"Magari... Qualche volta riusciresti a cogliere impreparato il tuo avversario" sussurrò Ares, ad un soffio dalla perfetta pelle del suo collo, leggermente arrossato dalla presa di pochi istanti prima. Il suo petto premeva contro di lei con forza, tanta da permetterle di sentire i battiti del suo cuore. Quel povero cuore che tanto amava e che si era presa la briga di curare, ogni volta che tornava da una battaglia. Chiuse gli occhi, ascoltando solo quei colpi decisi, ritmici quanto i tamburi da guerra, lentamente il suono si stava uniformando, eliminando quel distacco che vi era tra i due cuori.
"Tu sei il mio avversario, Ares ......" Quella breve frase scivolò dalle sue labbra come un veleno, disperdendosi nella stanza con una tal rapidità, da mettere in dubbio la sua effettiva esistenza.
Lui era l'unico in grado di batterla, l'unico capace di tenerle testa e di farle comprendere ciò che realmente era. Una sfida ad armi pari che lei avrebbe perso, sempre.
L'uomo lasciò la presa e la girò velocemente verso si sè, in modo da poterla guardare in faccia, accogliendola ancora una volta tra le braccia. Annuì appena, per confermare le parole della donna che ora stringeva con forza, fissandola intensamente, incapace di distogliere l'attenzione dalla sua eterna rivale e compagna.
Sebbene fosse sua sorella non poteva negare a se stesso il piacere di amarla, anche solo in segreto.
Uniti dal sangue e separati da esso, avrebbero dovuto convivere con la consapevolezza di essere disprezzati da chiunque avesse scoperto la loro relazione.
Gli effimeri l'avrebbero definito incesto, ma loro non lo percepivano come tale. Era semplicemente un legame che andava oltre ogni cosa, anche dell'amore in alcuni casi; un vincolo eterno che non avrebbero mai rinnegato, a discapito delle avversità.

Sentì la salda mano dell'uomo scivolare sul suo fianco, mentre, chinando il capo, permetteva alle loro fronti di toccarsi. Il profilo della donna si fondeva con quello del dio, senza alcuna difficoltà, un'unica figura, un'unica anima divisa tra due corpi.
"Cosa c'è ?"
chiese notando l'insistenza con cui la fissava il giovane, quasi a voler carpire i suoi più oscuri segreti con una sola occhiata.
"Nulla... Non posso ammirare una splendida donna?" Replicò divertito, senza muoversi di un passo, staccando il capo dal suo e accarezzandole il viso.
"Prima ero «la tua» e ora sono «una» donna? " rispose colpita nell'orgoglio. "Sono così inutile da esser sostituita in così poco tempo? " scosse il capo inorridita " e poi sai bene che con me questi complimenti non funzionano. Sei diventato sdolcinato e debole, non so come tu faccia a vincere ancora delle guerre, non c'è alcuna possibilità che tu ries- "
Non riuscì a finire la frase che le labbra di Ares misero a tacere la dea. Un solo bacio bastò per firmare quella momentanea tregua, quel contratto di pace stipulato solo in rare occasioni.
Le rubò il cuore, il respiro e le parole per non sentire ancora un'altra accusa e scusa infondata. "te l'hanno mai detto che parli troppo...?" Aggiunse il dio, privandosi della dolce sensazione delle labbra carnose della sorella.
La donna in risposta accennò un sorriso, vittima del fascino di quel momento. Avrebbe voluto colpirlo ancora per punire tanta insolenza, spingerlo al muro e negargli la possibilità di respirare per una scorrettezza simile, ma non poteva. Per la prima volta, in tutta la sua esistenza, si arrese a quella che era la verità nascosta agli occhi di tutti, l'unica celata dal suo cuore; lo amava a discapito di tutto e non poteva farne a meno. Era il suo ossigeno, la sua casa, il rifugio in cui trovava la pace necessaria per continuare a vivere.

Lui era Lei e lei era lui.

Erano un'unica cosa.
 

  
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